domenica 9 novembre 2025

Gli Yes e Richie Havens… forse non tutti sanno che…


 

Gli Yes e Richie Havens… forse non tutti sanno che…

 

Time and a Word è il secondo album degli Yes.

Pubblicato da Atlantic Records a metà del 1970 in Europa e in novembre negli Stati Uniti, fu l'ultimo realizzato dalla formazione originale del gruppo composta da Jon Anderson, Chris Squire, Peter Banks, Tony Kaye e Bill Bruford.

L'album rappresenta un tentativo ambizioso di far coesistere la musica rock dei primi anni Settanta con un accompagnamento di orchestra sinfonica (operazione in seguito ripetuta dagli Yes con l'album Magnification del 2001). Banks e Kaye si lamentarono del fatto che l'orchestra aveva sottratto spazio ai loro strumenti e fu per queste motivazioni che Banks fu costretto ad abbandonare il gruppo agli inizi del 1970 dopo le prime date del tour.

Time and a Word giunse alla posizione 45 delle classifiche inglesi di vendita, risultato che poteva essere considerato un successo rispetto al precedente album di debutto. Tuttavia, subito dopo la Atlantic iniziò a fare pressioni sul gruppo, minacciando di sciogliere il loro contratto se non avessero avuto successo col terzo album.

Fra i brani di Time and a Word, come nel precedente Yes, si trovano alcune cover, come Sweet Dreams (un brano in seguito riproposto occasionalmente dal vivo durante gli "assoli" di Anderson) è cofirmato da David Foster, con cui Anderson aveva suonato nella band The Warriors e che in seguito suonò con Kaye nei Badger. E poi No Opportunity Necessary, No Experience Needed, di Richie Havens, che ripropongo nelle due versioni.


 

Tracce

Edizione originale in vinile

 

Lato A

No Opportunity Necessary, No Experience Needed (Richie Havens) - 4:47

Then (Jon Anderson) - 5:42

Everydays (Stephen Stills) - 6:06

Sweet Dreams (Jon Anderson/David Foster) - 3:48

 

Lato B

The Prophet (Jon Anderson/Chris Squire) - 6:32

Clear Days (Jon Anderson) - 2:04

Astral Traveller (Jon Anderson) - 5:50

Time And A Word (Jon Anderson/David Foster) - 4:31

 

Edizione CD

No Opportunity Necessary, No Experience Needed (Richie Havens) - 4:48

Then (Jon Anderson) - 5:46

Everydays (Stephen Stills) - 6:08

Sweet Dreams (Jon Anderson/David Foster) - 3:50

The Prophet (Jon Anderson/Chris Squire) - 6:34

Clear Days (Jon Anderson) - 2:06

Astral Traveller (Jon Anderson) - 5:53

Time And A Word (Jon Anderson/David Foster) - 4:32

L'album è stato rimasterizzato e ripubblicato nel 2003, con l'aggiunta di diverse tracce bonus.

 

Formazione

Jon Anderson: voce, percussioni

Chris Squire: basso, seconde voci

Peter Banks: chitarra acustica, chitarra elettrica, seconde voci

Tony Kaye: pianoforte, organo, sintetizzatore

Bill Bruford: batteria, percussioni

 




sabato 8 novembre 2025

Marco Bernard – Moby Dick

 


Marco Bernard – Moby Dick 

Un doppio viaggio tra mito, identità e memoria sonora

 

Con Moby Dick, Marco Bernard firma un’opera che va ben oltre il formato dell’album solista. È un progetto a due volti, complementari e profondamente connessi: da un lato, un concept album ispirato al romanzo di Melville, che rilegge la figura della balena bianca come simbolo della nostra epoca; dall’altro, una raccolta di cover che omaggia le radici musicali e le passioni personali del suo autore. Il tutto pubblicato da Seacrest Oy in doppio CD e in vinile trasparente con copertina apribile, con una cura estetica e sonora che conferma la visione artigianale e collettiva che da sempre caratterizza il lavoro di Bernard e deu “suoi” The Samurai of Prog.

Il primo disco, che dà il titolo all’intero progetto, è un concept compatto ma densissimo, costruito come un viaggio in sei tappe. Ogni brano corrisponde a un momento chiave del romanzo, ma la narrazione non si limita a illustrare la trama: la trasfigura, la distilla, la rende specchio di un presente in cui l’ossessione per il successo e la perdita di senso collettivo si intrecciano come correnti contrarie. La balena non è più solo un nemico da abbattere, ma una guida silenziosa verso una consapevolezza più profonda. L’oceano, con la sua vastità insondabile, diventa metafora dell’inconscio e delle tensioni che abitano l’animo umano.

Musicalmente, il disco si muove tra melodie stratificate, ritmi articolati e arrangiamenti che alternano momenti di lirismo rarefatto a passaggi di grande intensità drammatica. Le composizioni sono firmate da autori diversi — Alessandro Di Benedetti, Octavio Stampalia, Linus Kåse, Mimmo Ferri, Marco Grieco, David Myers — ma l’insieme mantiene una coerenza narrativa e timbrica sorprendente. La varietà degli stili non spezza il flusso, ma lo arricchisce, come se ogni autore avesse contribuito a un affresco collettivo, guidato dalla visione di Bernard.

Va sottolineata la forte presenza italiana nel progetto: Bernard stesso, pur residente in Finlandia, è italiano, e molti dei compositori e strumentisti coinvolti provengono dalla scena prog nazionale, come Carmine Capasso, che ritorna nella scia della corrente finlandese. Questo conferisce all’album una sensibilità melodica e una profondità espressiva che dialogano con la tradizione italiana, pur inserendosi in un contesto internazionale.

Il secondo disco, Undercover Deux, è un omaggio personale e affettuoso a brani che hanno segnato la storia del rock progressivo e non solo. Qui Bernard si mette al servizio di composizioni altrui, ma lo fa con la stessa cura e lo stesso spirito collettivo del concept. Le reinterpretazioni non sono semplici esercizi di stile: sono riletture vive, rispettose ma mai calligrafiche, che rivelano un gusto preciso e una capacità di adattamento notevole. Dai Rush a Zappa, da Boston alla PFM, ogni brano è affidato a una formazione diversa, con voci soliste che danno colore e dinamismo all’ascolto. Chiude il disco una composizione originale di Marco Grieco basata su un solo di basso di Michael Manring, che si inserisce perfettamente nello spirito del progetto: un ponte tra memoria e invenzione, tra tributo e creazione.

Un elemento che merita attenzione speciale è, as usual, l’artwork firmato da Ed Unitsky: una copertina apribile che non trova pari per ricchezza visiva, coerenza simbolica e impatto estetico. Unitsky riesce a tradurre in immagini l’immaginario profondo dell’album, rendendo ogni dettaglio parte integrante dell’esperienza narrativa.

Altro aspetto fondamentale, per chi non conoscesse il lavoro con derivazione “Smurai”, è la modalità di produzione: Moby Dick è stato realizzato da remoto, con musicisti sparsi in più continenti. Eppure, il risultato è sorprendentemente coeso. Questo testimonia la capacità di Bernard di costruire ponti, di coordinare visioni e talenti diversi con precisione e sensibilità. Il lavoro di squadra è una cifra costante del suo approccio, già evidente nei progetti precedenti.

Moby Dick è, in definitiva, un’opera che unisce narrazione, riflessione e artigianato musicale. Un doppio viaggio — uno interiore, l’altro celebrativo — che conferma la vitalità del progressive rock come linguaggio poetico e critico. Un album che non si limita a raccontare una storia, ma invita a rileggerla, a riscriverla, a viverla di nuovo.

 

CD 1 – Moby Dick

1.   Loomings

2.   The Quarter Deck

3.   Fastfish, Loosefish

4.   The Quadrant

5.   The Chase

6.   Epilogue (bonus track, esclusa dalla versione LP)

CD 2 – Undercover Deux

1.   Anthem

2.   Good Times Bad Times

3.   Uncle Remus

4.   Foreplay / Long Time

5.   In the Dead of Night

6.   Race with the Devil on a Spanish Highway

7.   Impressioni di Settembre

8.   Stories of the Sea

 


Musicisti

Moby Dick Marco Bernard – Shuker basses Alessandro Di Benedetti – keyboards Riccardo Spilli – drums Carmine Capasso – electric guitar Michael Trew – vocals Giovanni Mazzotti – flute Octavio Stampalia – keyboards Tony Riveryman – electric guitar Marcelo Ezcurra – vocals Steve Unruh – violin, vocals Linus Kåse – keyboards, sax, vocals Erik Hammarström – drums Johan Öijen – electric guitar Sonja Kåse – acoustic guitar Mimmo Ferri – keyboards, guitars Kimmo Pörsti – drums Marco Grieco – keyboards David Myers – grand piano.

Undercover Deux Marco Bernard – Shuker and Rickenbacker basses Carmine Capasso – electric guitar, theremin Sean Francis – lead vocals Ovidio Catanzano – drums Steph Honde – lead vocals Kimmo Pörsti – drums Marco Grieco – keyboards, vocals, acoustic guitar Yannick Papail – lead vocal Valentina Bruno – backing vocals Tony Riveryman – electric guitar Stefano Vicarelli – keyboards Steve Unruh – acoustic guitar, drums, percussion Len Audsley – lead vocals Dennis Mahon – lead vocals, keyboards Hans Jörg Schmitz – drums Michael Manring – Zon Hyperbass




giovedì 6 novembre 2025

Glenn Frey: il cuore rock degli Eagles

 

Il 6 novembre 1948, a Detroit, Michigan, nasceva Glenn Frey, una figura destinata a diventare una delle colonne portanti della musica rock americana, co-fondatore, cantante, chitarrista e principale compositore (spesso in coppia con Don Henley) della leggendaria band Eagles.

Dopo un periodo formativo nella scena musicale di Detroit, dove fece anche un'apparizione come chitarrista e seconda voce nel brano "Ramblin' Gamblin' Man" di Bob Seger, Frey si trasferì a Los Angeles. Fu qui, nel 1971, che, insieme al batterista Don Henley, al bassista Randy Meisner e al chitarrista Bernie Leadon, diede vita agli Eagles, un gruppo che ridefinì il genere del country rock.

Frey fu una forza trainante per la band, distinguendosi per il suo talento di polistrumentista (chitarra e tastiere) e per la sua voce solista in molti dei brani più iconici. Sue sono le voci principali in classici come "Take It Easy" (il primo grande successo, scritto con Jackson Browne), "Peaceful Easy Feeling", "Tequila Sunrise", "Lyin' Eyes", "New Kid in Town" e "Heartache Tonight".

Come co-autore, spesso con Don Henley, contribuì a forgiare capolavori senza tempo, tra cui l'epica "Hotel California" e la malinconica "Desperado".

Gli Eagles, grazie anche al suo contributo, hanno stabilito record di vendite sbalorditivi, in particolare con la raccolta Their Greatest Hits (1971–1975), a lungo l'album più venduto di tutti i tempi negli Stati Uniti.

Dopo lo scioglimento iniziale degli Eagles nel 1980, Frey intraprese una carriera solista di notevole successo, dimostrando la sua versatilità con brani che si adattavano perfettamente al sound degli anni '80. I suoi successi più celebri in questo periodo includono "The Heat Is On" (colonna sonora del film Beverly Hills Cop - Un piedipiatti a Beverly Hills), "You Belong to the City" (inserita nella serie TV Miami Vice, in cui Frey fece anche un'apparizione come attore).

Gli Eagles si riunirono nel 1994 per il tour e l'album live Hell Freezes Over, con Frey che tornò al suo ruolo di leader e compositore fino alla fine.

Glenn Frey è scomparso il 18 gennaio 2016, all'età di 67 anni, a causa di complicazioni legate a un'artrite reumatoide, colite ulcerosa e polmonite. La sua morte fu un duro colpo per il mondo della musica, e il suo compagno di band Don Henley lo ricordò come "il fratello che aveva conosciuto per 45 anni".

L'eredità di Glenn Frey vive non solo nelle vendite multiplatino e nei sei Grammy Awards vinti con gli Eagles, ma soprattutto nella sua capacità di raccontare l'anima complessa e agrodolce della West Coast americana con armonie perfette e un rock onesto e indimenticabile.




mercoledì 5 novembre 2025

Un'icona senza tempo: Buon Compleanno a Bryan Adams!

 

Compie gli anni oggi, 5 novembre Bryan Adams: cantautore, musicista, fotografo e attivista canadese spegne le candeline, ma la sua energia e il suo impatto sulla scena musicale mondiale restano incandescenti come negli anni d'oro.

Nato a Kingston nel 1959, Adams è un artista poliedrico e instancabile la cui carriera abbraccia oltre quattro decenni, costellata di successi planetari e riconoscimenti.

Bryan Adams ha conquistato un posto d'onore nell'immaginario collettivo, grazie alla sua straordinaria capacità di spaziare tra potenti ballate rock e inni energici che hanno lasciato un segno indelebile in intere generazioni.

Il suo repertorio è un vero e proprio scrigno di brani iconici, che continuano a essere trasmessi e amati. Basti citare la celeberrima "Summer of '69", un'ode nostalgica che cattura perfettamente l'essenza dell'adolescenza e la passione per il rock. Accanto a questo inno generazionale, troviamo "Cuts Like a Knife", un classico rock dal sound inconfondibile, e la toccante "Heaven", universalmente riconosciuta come una delle sue ballate più apprezzate e diffuse.

Tuttavia, il brano che forse più di tutti ha cementato la sua fama mondiale è "(Everything I Do) I Do It for You". Questa power ballad per eccellenza, colonna sonora del film Robin Hood - Principe dei ladri, non solo ha dominato le classifiche globali ma detiene anche il notevole record per il maggior numero di settimane consecutive al primo posto nelle classifiche britanniche. A completare il quadro delle sue hit che hanno monopolizzato le classifiche, non si possono dimenticare "Please Forgive Mee "Have You Ever Really Loved a Woman?", testimonianza ulteriore della sua maestria nel creare melodie che entrano nel cuore del pubblico.

La sua musica, caratterizzata dalla voce roca e graffiante e da melodie che toccano il cuore, ha venduto milioni di copie in tutto il mondo, garantendogli un posto d'onore nella storia del rock.

Ma Adams non è solo un musicista eccezionale. Negli anni, ha sviluppato una parallela e acclamata carriera come fotografo. Le sue opere, spesso ritratti in bianco e nero di celebrità, musicisti e figure di spicco, sono state pubblicate su riviste di moda di prestigio e hanno dato vita a diverse mostre di successo. Un esempio notevole del suo lavoro è stato il ritratto della Regina Elisabetta II in occasione del suo Giubileo d'Oro.

Impegnato anche sul fronte sociale e ambientale, Bryan Adams è un convinto attivista. Attraverso la sua fondazione, si batte per diverse cause, sostenendo in particolare l'educazione e il benessere dei bambini. È anche un sostenitore dei diritti degli animali, un tema spesso affrontato nelle sue campagne e nelle sue opere.

Buon compleanno, Bryan!




UniSavona – Secondo incontro: Woodstock e i grandi festival rock

 

Il secondo appuntamento del ciclo “Il Rock negli anni ’70 e dintorni” (4-11-25), inserito nel programma dei corsi culturali di UniSavona, si è svolto, as usual, presso la Sala Stella Maris di Savona con una partecipazione numerosa e coinvolta. L’incontro è stato dedicato ai tre festival che hanno segnato la storia della musica rock: Monterey Pop (1967), Woodstock (1969) e Isle of Wight (1970), con un approfondimento particolare sul secondo, il celebre raduno di Bethel.

Attraverso una comparazione dettagliata, si è disegnato un viaggio che ha messo in luce le differenze tra i tre eventi: Monterey come apertura della stagione psichedelica e della “Summer of Love”, Woodstock come apice dell’ideale hippy, e Wight come chiusura malinconica di un’epoca. È stato analizzato il pubblico, l’impatto culturale, i momenti clou e i risultati economici, con l’ausilio di materiali originali e testimonianze.


Woodstock al centro: immagini, suoni, emozioni 


La parte centrale dell’incontro è stata dedicata a Woodstock.

Sono stati proposti estratti video dal documentario di Michael Wadleigh, presentato il triplo vinile originale e condiviso aneddoti legati agli artisti e agli organizzatori. Si è parlato di Jimi Hendrix, Santana, Crosby, Stills, Nash & Young, Joe Cocker, Ten Years After, Jefferson Airplane e delle parole di Graham Nash e Michael Lang, che restituiscono il senso profondo di quell’esperienza: condivisione, libertà, musica come collante sociale.

Sono emerse anche le presenze italiane, come Lucio Salvini e Simon Luca, e si è discusso del ruolo delle donne sul palco e tra il pubblico, della comunicazione dell’epoca e del contesto storico e cinematografico del 1969.

Tanti i partecipanti, con un coinvolgimento dei presenti che ha reso l’incontro particolarmente stimolante. Le immagini e il video che documentano la giornata testimoniano l’attenzione dei discenti, ed è sempre bello vedere come la musica riesca ancora a generare dialogo, emozione e riflessione.

Il ciclo proseguirà con il terzo appuntamento, previsto per il 18 novembre, sempre presso la Sala Stella Maris. Si continuerà ad esplorare il decennio con nuovi approfondimenti su album fondamentali, artisti rivoluzionari e mutamenti culturali.



Bruce Springsteen: il 5 novembre del 1973 usciva "The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle"


"The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle" è il secondo album in studio di Bruce Springsteen, pubblicato il 5 novembre del 1973 dalla Columbia Records.

Il disco rappresenta un passo importante nella carriera del Boss, in quanto contribuì a consolidare il suo stile distintivo e ad affermare la sua posizione come uno dei più grandi artisti rock.

Il ’73 è l’anno di debutto del cantautore americano, che a gennaio aveva già rilasciato l’esordio “Greetings from Asbury Park, N.J.,” ma non appena le vendite di quest’ultimo iniziarono a calare (forse mai decollate) ecco arrivare un nuovo progetto, il cui successo allontanerà le nubi grigie plafonate sulla testa di artista e label. E alla Columbia Records si ricrederanno in fretta.

L'album è una miscela di diversi generi musicali, tra cui il rock, il folk, il soul e il rhythm and blues. È caratterizzato da testi intensi e narrativi, che raccontano storie di personaggi marginali, sognatori e giovani ribelli che cercano una via di fuga dalla loro realtà. Springsteen dipinge quadri vividi e coinvolgenti con le sue parole, trasmettendo un senso di energia e di speranza.

Uno dei punti di forza di questo album è la potenza delle performance musicali. La E Street Band, la band di accompagnamento di Springsteen, suona con una passione e una maestria eccezionali, creando una colonna sonora coinvolgente per le storie raccontate nelle canzoni. L'uso di strumenti come il sassofono e il pianoforte aggiunge un tocco di profondità e intensità alla musica.

Tra i brani più noti dell'album si trovano "Rosalita (Come Out Tonight)", una canzone piena di vitalità e di energia contagiosa, e "Incident on 57th Street", una ballata epica che mescola abilmente elementi di rock e jazz. Altri brani degni di nota includono "4th of July, Asbury Park (Sandy)" e "Kitty's Back", che mostrano la capacità di Springsteen di scrivere canzoni coinvolgenti e ricche di atmosfera.

"The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle" è un album che richiede una certa attenzione da parte dell'ascoltatore. Le canzoni sono articolate e ricche di dettagli, e le storie che raccontano sono complesse e ben sviluppate. È un album che si svela gradualmente, offrendo nuovi strati di significato ad ogni ascolto.

Complessivamente è considerato un capolavoro musicale e mette in rilievo un giovane Springsteen che dimostra da subito la sua abilità come compositore e cantante, mentre la E Street Band offre una performance straordinaria.

Imperdibile per gli amanti del genere.

Nel 2012 l'album è stato inserito alla posizione 133 nella lista dei 500 migliori album di tutti i tempi della rivista Rolling Stone.


CREDITI

Testi e musiche di Bruce Springsteen; edizioni musicali Laurel Canyon Music Ltd.


Lato A (cliccare sul titolo per ascoltare)

The E Street Shuffle – 4:31

4thof July, Asbury Park (Sandy) – 5:36

Kitty's Back – 7:09

Wild Billy's Circus Story – 4:47

Lato B

Incident on 57th Street – 7:45

Rosalita (Come Out Tonight) – 7:04

New York City Serenade – 9:55

 

Formazione

Bruce Springsteen – voce, chitarre, armonica a bocca, mandolino, percussioni

Clarence "Nick" Clemons – sassofono, cori

Garry Tallent – basso, basso tuba, cori

David Sancious – pianoforte, piano elettrico, clavinet, organo, assolo d'organo in Kitty's Back, arrangiamento d'archi in New York City Serenade, sassofono soprano in The E Street Shuffle, cori

Danny Federici – fisarmonica, pianoforte in Incident on 57th Street, organo in Kitty's Back, cori

Vini Lopez – batteria, glockenspiel, cornetta in The E Street Shuffle, cori

Albany "Al" Tellone – sassofono baritono in The E Street Shuffle

Richard Blackwell – congas, percussioni

 

Produzione

Mike Appel, Jim Cretecos – produzione

Louis Lahav – tecnico del suono

Jack Ashkinazy – remissaggio per le edizioni su CD

John Berg, Teresa Alfieri – design

David Gahr – fotografia


Ma come si proponeva nei live del 1973 il Boss?

Ecco un esempio: Bruce Springsteen era uno dei nuovi artisti della Columbia Records quando salì sul palco dell'Ahmanson Theatre il 1º maggio 1973 come parte della vetrina della label, nella manifestazione denominata "Week To Remember".

Il set è importante perché rappresenta il capitolo iniziale nell'incredibile carriera di Bruce. Springsteen esegue "Wild Billy's Circus Story".





lunedì 3 novembre 2025

“Flipper (Folk Songs for the Judgment Day)” di NichelOdeon (Claudio Milano)

 


 Un’esperienza sonica inaudita che,

come tutte le rovine,

non bussa alla porta,

la abbatte!

Claudio Milano


Flipper (Folk Songs for the Judgment Day), di Claudio Milano (NichelOdeon), si presenta come un’opera fuori dagli schemi, capace di sorprendere e disorientare anche l’ascoltatore più esperto. Pubblicato in occasione del centenario di Luciano Berio, il progetto nasce da un lungo percorso di ricerca e rielaborazione che abbraccia oltre vent’anni di incisioni, studio e trasfigurazione sonora. La collaborazione con Teo Ravelli (borda) e una nutrita schiera di musicisti e autori, conferisce all’album una ricchezza timbrica e concettuale rara nel panorama contemporaneo.

L’album si configura come una celebrazione della “storia”, ma filtrata attraverso una lente distopica e personale: la paura, tema centrale, diventa il filo conduttore che lega citazioni, melodie e frammenti provenienti dall’Alto Medioevo fino ai giorni nostri. Il risultato è un medley in cui le melodie si rincorrono, si sovrappongono e si dissolvono, creando un limbo sonoro che sfida la percezione del tempo e dello spazio. L’ascoltatore viene così trascinato in un viaggio che oscilla tra realtà, finzione e sogno, dove la storia sembra non appartenere più a chi la genera, ma diventare patrimonio di un’umanità spaesata e in cerca di senso.

Dal punto di vista oggettivo, la produzione si distingue per la scelta radicale di partire sempre dalla voce a cappella, su cui vengono poi stratificati gli altri contributi sonori. Questa modalità di incisione, unita a una tracklist che spazia da Berio a De André, da Brel a Bowie, da tradizionali medievali a hit pop contemporanee, testimonia una visione musicale ampia e inclusiva, che rifiuta ogni barriera di genere e di epoca.

Personalmente, ciò che colpisce di più è il coraggio con cui Milano affronta la materia musicale: ogni brano viene smontato e ricostruito, privato della sua aura originaria per essere inserito in un contesto nuovo, spesso straniante, ma sempre profondamente sentito. L’ascolto di “Flipper” non è mai rassicurante: è un’esperienza che mette in discussione, che invita a riflettere sul senso della memoria, della tradizione e della contemporaneità. La sensazione è quella di trovarsi davanti a una rovina sonora che non bussa alla porta, ma la abbatte, costringendo chi ascolta a confrontarsi con le proprie paure e con la fragilità della storia personale e collettiva.

L’artwork, curato da Bamto e Niccolò Clemente su concept di Milano, e la scelta dell’etichetta TRUMPF! Records, aggiungono ulteriori livelli di lettura, sottolineando il carattere distopico e provocatorio dell’intero progetto.


  https://claudiomilano.bandcamp.com/album/flipper-folk-songs-for-the-judgement-day-2


TRACKLIST

  • Quando Ricordiamo (Luciano Berio/Italo Calvino) - 1980
  • La Fenice (Riccardo Cocciante/Rodolfo Santandrea) - 1984
  • Il Canto degli Italiani – per “Apostasia della Bellezza” di Marc Vincent Kalinka (Goffredo Mameli/Michele Novaro) – 1847
  • Albergo a Ore (Herbert Pagani) - 1969
  • La Chanson de Vieux Amants (Jaques Brel/Gérard Jouannest) - 1967
  • Avec le Temps (E. Medail/Léo Ferré) - 1970
  • La Costruzione di un Amore (Ivano Fossati) - 1978
  • La Canzone dell’Amore Perduto (Fabrizio De André) - 1966
  • Mi Sono Innamorato di Te (Luigi Tenco) - 1962
  • Non, Je ne Regrette Rien (Charles Dumont/Michel Vaucaire) - 1956
  • Cornflake Girl (Tori Amos) - 1994
  • I’m Late (Claudio Milano/Lewis Carroll) - 1856/2020
  • Alexanderplatz (Alfredo Cohen/Franco Battiato/Giusto Pio) - 1982
  • The Cold Genius Song (Henry Purcell/John Dryden) - 1691
  • Après un rève, op. 7 n. 1 (Gabriel Fauré/R. Bussine) - 1870-1878
  • Il Pianto della Madonna (Claudio Monteverdi/Ottavio Rinuccini) - 1641
  • Lusive la Lune – La Canzone della Notte di Natale (tradizionale friulano) – XVIII sec.
  • Lu Rusciu de lu Mare (tradizionale salentino) – XVI/XVII sec.
  • Maramao (Mario Consiglio/Mario Panzeri da “Scura Maje”/”Mara Maje”/”Lamento di una Vedova” – tradizionale Abruzzo e Basilicata XIV/XV sec., poi in dedica al brigante Giuseppe Nicola Summa; infine “canzone della fronda” antifascista)
  • Ahi! Amours (Conon de Béthune) - 1189 circa
  • So Ben Mi C'ha Bon Tempo (Orazio Vecchi) - 1590
  • Mad About You (Alex Callier) - 2000
  • Adesso Si (Sergio Endrigo) - 1966
  • Fenesta ca Lucive (Matteo Di Ganci/Guglielmo Cottrau/Vincenzo Bellini/Giulio Genoino, da una poesia del XVI sec. musicata nel 1842)
  • E Se Domani (Carlo Alberto Rossi/Giorgio Calabrese) – 1964
  • Una Lunga Storia d’Amore (Gino Paoli) - 1984
  • Lontano, lontano (Luigi Tenco) - 1966
  • Vecchio Frack (Domenico Modugno) - 1955
  • E non Finisce Mica il Cielo (Ivano Fossati) - 1982
  • Estate (Bruno Martino/Bruno Brighetti) - 1960
  • Summertime (George Gershwin/DuBose Heyward/Ira Gershwin) – 1935
  • Black Is the Color Of My True Love's Hair (tradizionale scozzese/John Jacob Niles) – XVIII sec. (?)
  • La Canzone dei Soli (Claudio Milano) - 2021
  • … Dopo (Claudio Milano/Vincenzo Zitello) - 2018
  • The Sleeper (Peter Hammill/Edgar Allan Poe) – 1831/1991
  • La Flagellazione di Cristo - recitarcantando (Claudio Milano) – 2025
  • From Her to Eternity (Barry Adamson/Blixa Bargeld/Nick Cave/Mick Harvey/Anita Lane/Hugo Race) – 1984
  • Don Giovanni (Lucio Battisti/Pasquale Panella) – 1986
  • La Realtà non Esiste (Claudio Rocchi) – 1971
  • L’Ombra della Luce (Franco Battiato/Giusto Pio) – 1991

In conclusione, “Flipper (Folk Songs for the Judgment Day)” è un’opera che sfida le convenzioni, capace di parlare sia alla mente che al cuore. Un lavoro che richiede attenzione e apertura, ma che ripaga con una ricchezza di stimoli e suggestioni rara nel panorama musicale attuale. Un inno alla coesistenza e alla trasformazione, che lascia il segno e invita a un ascolto attivo e consapevole.





domenica 2 novembre 2025

Cherry Wainer e Don Storer, precursori dei tempi

Beat-Club propone una coppia (anche nella vita) di musicisti del passato che non conoscevo ma che vale la pena approfondire.

A vedere una loro immagine dell’epoca sembrerebbero i protagonisti di una di quelle belle trasmissioni in bianco e nero di un tempo, quegli spettacoli definiti “Varietà” che tanto piacevano all’italiano medio a cavallo tra i ’60 e ’70.

In realtà furono due grandi musicisti e lei si può considerare una antesignana della figura di tastierista di organo Hammond.

Vediamo qualche nota biografica.

Cherry Wainer nacque il 2 marzo 1935 in Sudafrica ed è stata una musicista molto conosciuta come membro del Lord Rockingham XI (gruppo jazz di razza mista e di genere misto assemblato come house band nel pionieristico spettacolo pop “Oh Boy!”) e come solista all'organo Hammond.

Wainer sposò il batterista Don Storer con il quale apparve regolarmente come duo durante gli anni Sessanta. 

Viene ricordata in particolare la loro presenza in una serie televisiva tedesca, “Beat! Beat! Beat” (1967).

Wainer pubblicò diversi album solisti e singoli, nessuno dei quali entrò però a far parte delle classifiche del Regno Unito.

Lord Rockingham's XI

Lei e suo marito si trasferirono a Las Vegas nel 1968, dove lavorarono stabilmente nel cabaret.

In seguito, si ritirò dalla musica, ma rimase a Las Vegas e si impiegò in un negozio di articoli da regalo.

Don Storer è morto nel 2006.

Cherry Wainer è mancata il 14 novembre 2014 a Las Vegas, all'età di 79 anni.

Ecco di cosa si tratta…