Becca Stevensnasce il 14
giugno 1984. Cantante, compositrice e chitarrista, attinge a elementi di jazz,
pop da camera, indie rock e folk.
Un po’ di storia…
Nasce a
Winston-Salem, nella Carolina del Nord, è la più giovane di tre figli di
William Stevens, un compositore noto per la musica corale sacra, e Carolyn
Dorff, una cantante formata in opera e teatro musicale.
Durante la
sua infanzia si è esibita e ha fatto tournée regionali con suo fratello, sua
sorella e i suoi genitori nel gruppo musicale per bambini della sua famiglia, i
Tune Mammals. Quando aveva dieci anni, lei e sua madre recitarono in un tour
nazionale di un anno del musical “The Secret Garden”.
Dopo la
separazione dei suoi genitori ha frequentato la Peddie School nel New Jersey per
il 9 ° e 10 ° grado. Ha terminato il liceo alla North Carolina School of the
Arts, dove ha studiato chitarra classica; in questo periodo ha anche cantato
nella band jazz rock di suo fratello, Gomachi. Dopo il liceo ha trascorso un
anno lavorando con Gomachi prima di frequentare il college alla New School for
Jazz and Contemporary Music di New York City, dove ha conseguito una laurea in
jazz vocale e composizione.
La Carriera…
Stevens ha
pubblicato cinque album come leader: “Tea Bye Sea” (2008), “Weightless” (2011),
“Perfect Animal” (2015), “Regina” (2017) e “Wonderbloom” (2020). Ha lavorato
con Jacob Collier, Laura Mvula, Billy Childs, David Crosby, Taylor Eigsti, Timo
Andres, Brad Mehldau, Travis Sullivan's Bjorkestra, Michael McDonald e Snarky
Puppy. È stata membro della band Tillery con Gretchen Parlato e Rebecca Martin.
Una traccia
dell'album “Lighthouse”, prodotto da Michael League, di David Crosby, vede
Crosby, League, Stevens e Michelle Willis (con Bill Laurance al piano) eseguire
"By the Light of Common Day", una canzone scritta da Stevens e
Crosby. Il quartetto è diventato The Lighthouse Band, che si è esibito
nell'album di Crosby “Here If You Listen”.
Il cantante
jazz Kurt Elling l'ha elencata come una delle sue cinque cantanti jazz
preferite e il critico musicale Ted Gioia ha elencato i suoi album “Weightless”
(2011) e “Perfect Animal” (2015) tra i cento migliori album degli anni
corrispondenti.
L'album "Regina" (2017) di Stevens è stato prodotto da Michael League e Troy Miller e ha
ricevuto una recensione a cinque stelle dalla rivista Down Beat, che lo ha
definito "il più spettacolare degli album", mentre BBC Radio 2
ha elogiato l'album dicendo: "Liricamente, l'album è sbalorditivo".
Vita
privata…
Stevens ha
sposato Nathan Schram, il violista dell'Attacca Quartet, il 2 settembre 2017.
Stevens e Schram vivono a Brooklyn, New York City. Hanno una figlia (nata nel
2022).
Il 28 gennaio del 2005, a 60 anni, moriva Jim Capaldi, minato da uncancro allo stomaco.
Vera leggenda del rock, batterista di grande talento, fu il fondatore, assieme a Steve Winwood e al chitarrista Dave Mason dei Traffic, uno dei gruppi rock più amati tra gli anni '60 e '70.
Capaldi, a marzo 2004, era stato anche inserito nel "Rock N' Roll Hall of Fame".
Qualche nota biografica tratta dal sito Rockol
Nato il 2 agosto 1944 a Evesham, nel Worcestershire, da genitori musicisti e di origine italiana, Nicola JamesCapaldi si avvicina giovanissimo al mondo della musica acquisendo una discreta popolarità locale con gli Hellions, in cui suona la batteria accanto al chitarrista Dave Mason. Quando i due vengono ingaggiati di spalla alla cantante Tanya Day allo Star Club di Amburgo (lo stesso locale in cui si fanno le ossa i Beatles) hanno modo di fare la conoscenza di Steve Winwood, prodigioso e giovanissimo cantante e tastierista proveniente dalla vicina Birmingham e allora in forze allo Spencer Davis Group; nasce così un’amicizia da cui anni dopo scaturiranno i Traffic, formazione di importanza cruciale nella scena rock psichedelica inglese della seconda metà degli anni Sessanta. Scrivendo il testo di “Paper sun”, il primo singolo del gruppo che entra subito nella Top 5 delle classifiche inglesi, Capaldi inaugura un sodalizio compositivo con Winwood che farà epoca grazie ad album come Traffic, No Exit e John Barleycorn Must Die. Nel 1972, mentre fa ancora parte del gruppo, pubblica il primo album solista Oh How We Danced, con la collaborazione di altri membri della band e di Paul Kossof, chitarrista dei Free. Nel terzo disco, Short Cut Draw Blood, decisamente orientato verso tematiche sociali, ambientaliste e di protesta, viene inclusa una cover di “Love hurts” degli Everly Brothers che diventa un successo internazionale. Capaldi espande nel frattempo la sua cerchia di amicizie e collaborazioni musicali: nel 1973 è uno dei promotori del concerto al Rainbow di Londra che saluta il ritorno alle scene di Eric Clapton dopo un periodo di riabilitazione dalla droga; poi inizia a frequentare Bob Marley, a cui scrive il testo di una canzone (“This isreggae music”) e collabora con Carlos Santana, mentre lo stesso Clapton e George Harrison figurano come ospiti nel 1988 nell’album Some Come Running; nel frattempo, tra un disco e l’altro (e qualche hit, come “That’s love” da Fierce Heart, 1983, che riscuote successo negli Stati Uniti) si dedica con fervore alla causa ambientalista e all’assistenza dei ragazzi di strada brasiliani, obiettivo a cui la moglie (lei pure brasiliana) Aninha, sposata nel 1975, si dedica a tempo pieno; album come Let The Thunder Cry, del 1981, risentono tematicamente e musicalmente del periodo in cui la coppia risiede a Bahia, generando due figli. Nel 1993 Capaldi è invitato da Winwood a collaborare a un album che presto si trasforma in un disco dei riformati Traffic (senza Mason e Chris Wood, l’altro membro storico che nel frattempo è scomparso): ne seguono, l’anno successivo, un album, Far From Home, e un tour di grande successo negli Stati Uniti. Nello stesso periodo Capaldi scrive una ballata per gli Eagles, anch’essi rimessisi insieme da poco: il brano, intitolato “Love will keep us alive”, diventa uno dei titoli di punta dell’album che segna il ritorno sulle scene della band californiana, “Hell freezes over”. Qualche anno dopo Capaldi riallaccia anche i rapporti musicali col vecchio amico Mason, per un tour datato 1998 da cui viene ricavato anche un disco (Live – The 40,000Headmen Tour) e torna a occuparsi attivamente della sua carriera solista: nel 2001, con molti nomi illustri al suo fianco (Paul Weller, Gary Moore, Ian Paice, Winwood e ancora Harrison) pubblica Living On TheOutside, seguito nel 2004 da Poor Boy Blue. Nuovi progetti di reunion dei Traffic vengono stroncati brutalmente dal peggiorare di un tumore allo stomaco che stronca il batterista il 28 gennaio del 2005. Circa due anni dopo, il 21 gennaio 2007, Winwood, Weller, Moore e altri amici e collaboratori dello scomparso musicista (tra cui Pete Townshend, Joe Walsh, Yusuf Islam, Bill Wyman e l’ex tastierista dei Deep Purple Jon Lord) sono sul palco della londinese Roundhouse per un concerto tributo da cui viene tratto anche un cd.
Sono “caduto” casualmente su The Motowns, gruppo musicale beat britannico della
seconda metà degli anni Sessanta, noto in Italia come parte della cosiddetta
Brit-it invasion. Giunse a Firenze proprio nei giorni dell'alluvione del 1966,
nella quale perse la strumentazione e l'impianto di amplificazione. Un buon
inizio!
Li ricordo molto bene!
Scoperto e lanciato al Piper Club di
Roma dal produttore Alberigo Crocetta, poi scritturato dalla RCA Italiana, il
gruppo partecipò al film “L'immensità (La ragazza del Paip's)”, con Don Backy e
Patty Pravo. Comparirono poi - direttamente o con brani inseriti nella colonna
sonora - in altri film, fra cui Soldati e capelloni (1967) e La più bellacoppia del mondo (di Camillo Mastrocinque, 1967).
La figura più rappresentativa, quella
destinata ad avere successo singolarmente, era quella di Lally Stott, cantante,
compositore e paroliere; molto attivo in Italia, vantava collaborazioni con
diversi produttori e autori, come Franco Micalizzi, per il quale scrisse il
testo della sigla del film Lo chiamavano Trinità..., e i fratelli
Capuano, insieme ai quali compose diversi brani del gruppo pop Middle of the
Road.
Nativo di Prescot, cittadina inglese
a circa 10 km da Liverpool all'epoca in Lancashire, fece parte della scena beat
del Merseyside e a metà degli anni Sessanta, come già accennato, fu tra i
protagonisti dell'invasione musicale britannica in Italia.
A fine decennio, dopo aver lasciato i
Motowns, entrò in contatto con Giacomo Tosti, produttore del gruppo scozzese
Middle of the Road, per il quale scrisse il testo dell'hit Chirpy Chirpy Cheep
Cheep composto dai fratelli Giosy e Mario Capuano, che ebbe grande successo
nelle classifiche di Regno Unito, Australia, Italia ed entrò al 92º posto nella
Billboard Hot 100.
In collaborazione con Franco
Micalizzi, inoltre, compose il testo della title track del film Lo
chiamavano Trinità... brano ripreso quarant'anni più tardi nella colonna
sonora di Django Unchained di Quentin Tarantino. Per i Middle of the
Road scrisse i testi di altri singoli di successo come, tra l'altro, Bottoms Up, Samson and Delilah, Sacramento, Tweedle Dee, Tweedle Dum, tutti nelle
Top Ten di una o più classifiche europee all'inizio degli anni Settanta.
Scrisse anche canzoni per sé stesso,
come per esempio Jakaranda, in concorso all'ottavo Festivalbar nel 1971 e
Sweet Meeny, presentata nella nona edizione della stessa rassegna l'anno
dopo, e fu anche presente nella televisione italiana come ospite di
trasmissioni musicali.
Per Engelbert Humperdinck scrisse My Summer Song, in seguito ripresa anche da Jerry Reed e i Jigsaw; un'altra
sua composizione da lui personalmente interpretata, Good Wishes, Good Kisses,
fu impiegata come sigla di testa dello sceneggiato del 1972 La donna di
picche, della quadrilogia del tenente Sheridan.
Ma forse il suo brano più conosciuto è stato...
Tornato in Inghilterra, a soli 32
anni rimase vittima di un incidente stradale tra Liverpool e Prescot: il 4
giugno 1977 la sua moto urtò un veicolo proveniente in senso opposto e, a causa
delle lesioni a testa e gambe, fu ricoverato dapprima a Whiston e,
successivamente, al Walton Hospital di Liverpool dove morì due giorni dopo il
sinistro.
Fabrizio Poggi, cantante, armonicista e scrittore,
nominato ai Grammy Awards 2018 (secondo dopo i Rolling Stones), premio Oscar
Hohner Harmonicas, due volte candidato ai Blues Music Awards (gli Oscar del
blues), candidato ai Blues Blast Music Awards, vincitore del JIMI AWARD (gli
Oscar della prestigiosa rivista Blues411) come miglior album internazionale,
eletto artista dell’anno dalla prestigiosa rivista americana Bluebird Reviews,
apparso sulla copertina della prestigiosa rivista americana e internazionale
Blues Blast, appare sulla copertina dell’autorevole rivista Oltre, candidato ai
JIMI AWARD come miglior album dell’anno, Sigillo d’Oro della Camera di Commercio,
candidato ai JIMI AWARD come miglior armonicista, vincitore del FIM Award, è
tra i bluesmen italiani più conosciuti e stimati in America.
24
album incisi, di cui molti registrati negli Stati Uniti, ha suonato con tanti
grandi del blues, del rock e della canzone d’autore tra cui i Blind Boys of
Alabama, Charlie Musselwhite, Little Feat, Ronnie Earl, Kim Wilson, Marcia
Ball, John Hammond, Sonny Landreth, Garth Hudson of THE BAND and Bob Dylan, Guy
Davis, Eric Bibb,Ruthie Foster, Otis Taylor, Mike Zito, Bob Margolin, Flaco
Jiménez, David Bromberg, Zachary Richard, Jerry Jeff Walker, Billy Joe Shaver,
Bob Brozman, Eric Andersen, Richard Thompson, Tom Russell, Jimmy LaFave, The
Original Blues Brothers Band, Steve Cropper.
Con Guy Davis ha inciso “Juba Dance”
che è stato per ben otto settimane al PRIMO posto della classifica dei dischi
blues più trasmessi dalle radio americane e nominato ai Blues Music Award come
miglior disco acustico dell’anno; e “Sonny & Brownie’s Last Train”; appassionato
tributo alle leggende del blues Sonny Terry & Brownie McGhee che ha
ricevuto entusiastici consensi e una permanenza stabile nei primi posti delle
classifiche USA.
In Italia ha suonato con Finardi,
Ruggeri, Gang, De Gregori, Nomadi, Baccini e tanti altri. Viene anche citato in
due libri di Massimo Carlotto come uno dei grandi del blues.
Fabrizio Poggi ha suonato nelle
maggiori capitali europee e in grandi città come Londra e Parigi e nei maggiori
festival europei. Numerosi sono stati i suoi tour negli Stati Uniti a partire
dagli anni ‘80.
Si è esibito con grande successo alla
Carnegie Hall di New York con Guy Davis, Eric Burdon e Buddy Guy.
Ha suonato sulla Legendary Blues
Cruise con Guy Davis, Taj Mahal, Irma Thomas e tanti altri grandi artisti.
Ha tenuto anche diversi concerti
lezione alla prestigiosa Berklee Music University di Boston.
Di lui Dan Aykroyd, l’Elwood Blues
dei Blues Brothers ha detto che “è un armonicista da paura”. Fabrizio Poggi ha
scritto diversi libri sull’ armonica, sul blues e sulla musica folk.
I miei
commenti ai vari album che mi vengono proposti non hanno uno schema fisso, sono
molti i fattori che mi condizionano nelle scelte, ma non ho mai dubbi quando
devo scrivere di tutto quanto gira intorno al mondo di The Samurai of Prog.
In questo
caso il detentore dell’intero lavoro è Marco Bernard,
bassista e cofondatore della band, che si mette in proprio e realizza il suo
primo album solista, ispirato - o forse dedicato - a Peter Pan.
Oddio, quando
si parla di Bernard e soci l’affermazione “mettersi in proprio” non è proprio
la più indicata, perché non sarebbe nello “spirito Samurai” isolarsi e far
prevalere l’autarchismo musicale.
E ritorno al
mio concetto iniziale, quando scrivo di un “loro” disco - solista, in gruppo o
in qualsiasi forma possibile - uso il metodo dell’esposizione capillare,
giacché mi piace mettere in risalto tutti i partecipanti di quella che io
definisco la multinazionale del prog.
Ma lo spunto
nasce sempre in un punto preciso, e questa volta è Bernard che fa scoccare la
scintilla e la alimenta attraverso i collaboratori di fiducia, sparsi ovunque
per il mondo.
Qualche
notizia generica, riassuntiva dell’album.
“The Boy
Who Wouldn't Grow Up” è un concept album di rock progressive che prende per mano
gli ascoltatori e li accompagnaattraverso un viaggio musicale atto
a scrutare la mente di Peter Pan, l'eterno ragazzo, quello che non cresce mai.
L'album
esplora i temi della giovinezza, della speranza e della lotta necessaria per
aggrapparsi all'innocenza, in un mondo che richiede maturità.
Oltre a
trarre ispirazione dalla classica storia di Peter Pan, incorpora l'esperienza
dell’autore, della sua crescita e delle difficoltà trovate nell’affrontare le
sfide dell'età adulta.
Le influenze
vanno dal prog rock del 1970 alla musica sperimentale più moderna, avendo come
ulteriore obiettivo quello del trasporto degli ascoltatori in un viaggio sonoro
attraverso il tempo, dal passato al presente, e infine in un luogo in cui le
giovani speranze e i sogni non devono mai essere lasciati indietro.
Come già sottolineato il gruppo che
accompagna Bernard è corposo ed eterogeneo, fatto di compositori e musicisti di
grande spessore provenienti da tutto il mondo, che in questa occasione si
uniscono e ci regalano una storia significativa, che prova a fondere prog e
letteratura classica lasciando sul tavolo elementi di riflessione, legati alla
crescita e ai problemi che nascono al passaggio tra infanzia e adolescenza, e
poi oltre…
Nell’analisi a seguire ho inserito,
in corsivo, il pensiero dell’autore.
Si inizia con lo strumentale “Ouverture”,
di Octavio Stampalìa:
Marco Bernard: basso Shuker
Octavio Stampalìa: tastiere
Brody Green: batteria
Steve Hagler: chitarra elettrica
Marc Papeghin: corno francese e
tromba
Steve Unruh: flauto e violino
Una musica priva di lirica affida lo
suscitare delle emozioni ai soli aspetti sonori, lasciando spazio alla
reinterpretazione personale, e questo meraviglioso inizio spinge verso il lato onirico, che permette di raggiungere la piena libertà.
Chiudi gli occhi. Lascia che la tua
mente sia libera, lascia che i tuoi pensieri volino senza peso nello spazio
vuoto tra memoria e immaginazione. Non aprirli... anche quando tutto il tempo
sembra cristallizzarsi in un unico, impossibile, istante. Tieniti forte! È qui
che inizia il viaggio verso l'Isola che non c'è.
Un’apertura emozionante, che vede tra
i partecipanti tanti nomi conosciuti, e tra questi Steve Unruh, uno dei tre
Samurai.
A seguire “Never Never Land”,
musica e liriche di Alessandro Di Benedetti:
Marco Bernard: basso Shuker
Alessandro Di Benedetti: tastiere
Ruben Alvarez: chitarra elettrica ed
acustica
Kimmo Pörsti: batteria
Sara Traficante: flauto
John Wilkinson: voce
Neverland è forse solo un miraggio, un
desiderio che si è trasformato in sogno. Eppure, è un luogo (o forse sarebbe
più appropriato considerarlo un non-luogo) che ognuno di noi ha, più vicino di
quanto possiamo immaginare. In effetti, faceva parte del nostro essere quando
eravamo solo bambini. Abbiamo imparato a dimenticarcene crescendo. Tieni gli
occhi chiusi, e forse sarai in grado di dimenticare di dimenticare, e Neverland
accoglierà la tua nuova innocenza.
Entra in gruppo Kimmo Pörsti - altra
costola dei TSoP - e il ritmo diventa elemento trainante della traccia, mentre
la voce di Wilkinson riesce a caratterizzare il percorso.
Un suono “hammond” molto marcato ci
riporta ai fasti prog - e non solo - dei seventies mentre il rock si fonde ad
atmosfere sognanti. Non manca il virtuosismo chitarristico di Alvarez, che
appare come spina dorsale dell’episodio.
E arriviamo a “The Lost Boys”,
con il totale intervento autorale di Mimmo Ferri:
Marco Bernard: Shuker basso Shuker
Mimmo Ferri: tastiere e chitarra
addizionale
Beatrice Birardi: xylofono, bongos,
tamburino e doumbek
Marc Papeghin: corno francese e
tromba
Gennaro Piepoli: chitarra elettrica e
acustica
Kimmo Pörsti: batteria
Steve Unruh: voce
Marco Vincini: voce
Hai ancora gli occhi chiusi? Bene,
allora, mi chiedo come puoi leggere questo testo! Ah, certo... gli occhi che
tieni chiusi sono quelli della ragione. Gli occhi che leggono queste parole
sono quelli della fantasia. Le vostre orecchie, ascoltando tutta questa musica,
sono le orecchie dell'immaginazione! Qui, finché manterrai la ragione ben
silenziata e ti lasci guidare dall'immaginazione, rimarrai un bambino, e potrai
ben dire che sei con i "ragazzi perduti".
Davvero difficile descrivere il
contenuto musicale di questa perla che condensa cinquant’anni di stili e
visioni, tra rock, classica, prog e ricerca della melodia, caratteristica
dell’album probabilmente un DNA legato alle presenze italiane.
Rimbalzo vocale tra Unruh e Vincini,
con il ricordo acceso di un mondo progressive che, per chi lo segue, resta
un’ancora di salvataggio.
Yes, Gentle Giant, ELP… quanti
ricorda ascoltando “The Lost Boys”!
“The Home Under the Ground”
è un’altra creazione italiana, più precisamente di Andrea Pavoni, che firma testo
e musica:
Marco Bernard: basso Shuker
Andrea Pavoni: tastiere
Cam Blockland: voce (Peter)
Carmine Capasso: chitarra elettrica
Adam
Diderrich: violino
Audrey
Lee Harper: voce (Wendy)
Marc Papeghin: corno francese
Daniele Pomo: batteria e percussioni
Steve
Unruh: voce (The Lost Boys)
Tenere gli occhi chiusi è come essere
al buio ascoltando le mille voci della nostra infanzia. Ricordate tutta la
spensieratezza? Guardare! (sempre tenendo gli occhi chiusi, per favore!) Non
vedete anche quell'albero, proprio nel mezzo di questa stanza sotterranea? Ti
ricordi quanto sembrava lungo un giorno e come il numero di giorni sembrava non
avere fine? Tutto sembrava possibile. Tutto. Anche volando. Tutti noi, da
bambini, sapevamo volare. Ed ora? Non aprire gli occhi! Tenere la luce spenta. Concentrarsi.
Nell'oscurità, non ti senti come se stessi volando?
Una suite? Un mini-musical? Dieci
minuti di intrecci vocali (tre singer, ognuno recitante una parte) per un
racconto di una bellezza rara, la miscela tra rock e opera che rinfresca le
idee su quali siano gli stilemi - almeno alcuni - del prog, quello basato sulla
più completa libertà espressiva possibile. E poi, senza entrare in profondità e
soffermandosi sugli aspetti estetici, il pezzo dovrebbe colpire in modo
trasversale, dimenticando la voglia di incasellare la musica.
E arriviamo a “The Pirate Ship
(Hook or Me)”,musica e liriche di Marco Grieco:
Marco
Bernard: basso Shuker “JJ Burnel”
Marco Grieco: tastiere e cori
Matthew Parmenter: voce
Hans Jörg Schmitz: batteria
Marcel Singor: chitarra elettrica
Sara Traficante: flauto
Diavolo! C'è un gancio che prova ogni
trucco per afferrare le palpebre e farti aprire gli occhi! L'uomo che ha quel
gancio, invece di una mano, è sul ponte di una nave pirata. Se ti coglie, ti
farà fare un tuffo nel mare della concretezza! Forse è stato il primo ad
affrontare tutti gli incubi che hanno preso forma, più reali della realtà,
trasformandosi in un coccodrillo e mangiandosi la mano! Sarai in grado di
rimanere giovane per sempre? Sarai in grado di tenere gli occhi chiusi mentre
Capitan Uncino ti insegue per ricordarti quanto può essere terribile la vita?
Un'altra traccia impegnativa - e lunga
- una sorta di dialogo condito da numerosi cambi di scena e da un ritornello
che pone un quesito realistico e “preoccupante”:
Do
you really hope to stay young forever?
Musicalmente parlando emozionante,
carica di virtuosismo strumentale, con l’idea di essere al cospetto di una
creazione completa, a sé stante.
“The Return Home” è un
altro strumentale “inventato” da Oliviero Lacagnina.
Marco Bernard: basso Shuker
Oliviero Lacagnina: tastiere
Marek
Arnold: sax
Adam Diderrich: violino
Rafael Pacha: chitarra classica
Marc Papeghin: corno francese e
tromba
Charles Plogman: chitarra elettrica
Riccardo Spilli: batteria
Sara Traficante: flauto
Ogni viaggio ha un inizio e una fine,
una partenza e un ritorno. Quando viaggiamo - soprattutto sulle ali
dell'immaginazione - non sono i luoghi che cambiano, ma piuttosto noi, che li
percepiamo in modo diverso. E così, quando torniamo a casa, la troviamo diversa.
Gli oggetti fisici non sono realmente cambiati in nostra assenza, e le persone
hanno continuato ad abitare la nostra casa, proprio come prima. Eppure, ci
sembrano diversi. Tutto sembra diverso. Forse perché il viaggio ci ha cambiato?
No, non cedere alla tentazione di aprire gli occhi... non ancora. Hai un ultimo
piccolo grande passo da fare, ora che sei tornato a casa.
E vai a spiegare al nuovo che avanza
che esiste musica di questo spessore!
Lacagnina miscela le competenze classiche
e la sua vena - da sempre - prog, e il risultato è un estratto del concetto di “bellezza
musicale”, che si ottiene solo quando le idee brillanti vengono utilizzate da
protagonisti eccelsi.
Difficile da spiegare a parole, qui
ci vorrebbe un ascolto!
L’album si chiude con “Lunar
Boy”, musica e testo di Marco Grieco (ispirata da “Asylum”, di Giorgio
Mastrosanti)
Marco
Bernard: basso Shuker
Marco Grieco: tastiere, chitarra
elettrica e cori
Giorgio
Mastrosanti: chitatta Telecaster
Kimmo Pörsti: batteria e percussioni
Juhani Nisula: chitarra elettrica
Bo-Anders
Sandström: voce
Steve
Unruh: violin elettrico
Ora, prima di aprire gli occhi,
pensa: ti diranno che sei un "ragazzo lunare"; sopra le righe, con la
testa tra le nuvole - o con le nuvole nella testa. Ti diranno che credi ancora
nelle fiabe e insegui ancora i sogni. Diranno che sembri non essere mai cresciuto!
Sei pronto a sopportare tutto questo? Sei pronto ad accettare il cambiamento
che questo viaggio, queste parole, questa musica, hanno causato in te? Sei
pronto ad essere orgoglioso di trascorrere una vita impegnata a realizzare i
tuoi sogni? Sei pronto? Buono. Poi, quando questa musica sarà finita, solo
allora, aprirai gli occhi. E vola, ragazzo lunare. La vita ti aspetta.
Un inizio da ballad, da motivetto
orecchiabile, usato come introduzione per dare il via ad un nuovo turbinio di
emozioni; un’altra lunga traccia che contiene tutto ciò che si può chiedere
alla qualità sonora, tra melodia e difficoltà di esecuzione, tra atmosfere
sinfoniche e rock.
Sono molto soddisfatto di questo
nuovo album, come capita sempre quando ascolto il filone Bernard and friends,
ma a differenza di altre volte - in cui era necessario un tempo di
metabolizzazione, i soliti due/tre ascolti - in questo caso è bastato un primo
passaggio per catturare - o meglio farmi catturare - il disco nel suo insieme.
Non manca nulla, tutto adatto e
centrato per il pubblico appassionato del genere, con una buona propensione all’uso
didattico, visto il messaggio che Bernard propone.
Ma la bellezza non ha coordinate
precise, e penso che “The Boy Who Wouldn't Grow Up” possa essere “utilizzato”
da un pubblico trasversale, a patto che sia dotato di curiosità e apertura
mentale.
Musicisti stratosferici, modus
operandi aiutato dalla tecnologia, risultato fantastico.
Nel
gennaio del 1980 chiudevano i Morgan Studios di
Londra, i primi in UK ad avere un mixer con 24 piste.
In
quel luogo furono registrati album entrati nella storia del rock
Un po’ di
storia…
Il Morgan
Studios (fondato come Morgan Sound Studios) fu uno studio di registrazione
indipendente sito a Willesden, nel nord-ovest di Londra. Fondato nel 1967, è
stato il luogo usato per le registrazioni di artisti importanti come Jethro
Tull, The Kinks, Paul McCartney, Yes, Black Sabbath, Donovan, Joan Armatrading,
Cat Stevens, Rod Stewart, UFO e molti altri.
Glu Studi nacquero per
opera di Barry Morgan, Monty Babson, Jerry Allen e Leon Clavert, che gestivano
un'etichetta discografica jazz ai Lansdowne Studios e volevano uno spazio
ufficio dedicato per la loro label.
Dopo essersi
assicurati una posizione al 169-171 di High Road, nella zona di Willesden, nel
nord-ovest di Londra, decisero di costruire anche uno studio di registrazione. Per
la gestione tecnica assunsero l'ex ingegnere degli Olympic Studios Terry Brown,
che nominò un altro ex "alunno" degli Olympic Studios, Andy Johns come ingegnere
capo. Lavorò alla Morgan come assistente ingegnere anche Roy Thomas Baker, che
in seguito avrebbe raggiunto la fama come ingegnere e produttore ai Trident
Studios.
Brown sapeva
che Clive Green stava progettando una nuova console di missaggio per i
Lansdowne Studios e chiese se potesse acquistare il design. Green invece scelse
di costruire la console da solo, con conseguente fondazione del produttore di
console di mixaggio Cadac Electronics. La prima Cadac - una console
split a 8 canali cablata a mano, personalizzata con ingressi e uscite bilanciati
senza trasformatore - fu installata proprio presso i Morgan Studios.
Morgan
Studios inizialmente operava con una sala live di dimensioni modeste - 36 m2 - e
una sala di controllo di 15 m2, con un registratore Scully da 1 pollice a 8
tracce e registratori Ampex a 2 tracce e 4 rack. Gli studi avevano anche un
pianoforte a coda Steinway e un organo Hammond.
Nel 1969, un
nuovo e più grande Studio 1 fu costruito al piano superiore, con quello originale ribattezzato Studio 2. Il nuovo studio fu dotato di una console di
missaggio Cadac modulare 24x16, un registratore 3M a 16 tracce e uno Studer A80
a 2 tracce.
Lo stesso
anno, quattro dei dipendenti, tra cui il fondatore Barry Morgan, il
tastierista Roger Coulam, il chitarrista Alan Parker e il bassista Herbie
Flowers, unirono le forze con i cantanti Roger Cook e Madeline Bell per formare
il gruppo pop britannico Blue Mink.
Nel 1972,
Morgan aprì uno Studio 3 significativamente più grande al piano terra di un
edificio dall'altra parte della strada, equipaggiandolo con una console Cadac
24x24 e un registratore 3M M79 a 24 tracce.
Nel 1974,
Morgan acquistò un'altra proprietà dietro l'angolo per aprire lo Studio 4, il
più grande dei Morgan. Dotato di una console di missaggio Cadac 28x24, lo Studio
4 ebbe anche la particolarità di essere il destinatario del primo registratore
a nastro Ampex a 24 tracce in Inghilterra (anche se fu successivamente
sostituito da uno Studer A80).
Ciascuna delle
sale di controllo di Morgan aveva 3 riverberi a piastre EMT, 2 limitatori Pye e
2 limitatori UREI. Gli studi di Morgan utilizzavano anche microfoni Neumann U47
e U67.
Nel 1980, Morgan Studios 3 e 4 furono
venduti al gruppo Zomba e divennero Battery Studios. Nel 1984, i Morgan Studios
1 e 2 furono venduti a Robin Millar e rinominati Power Plant Studios, che
chiusero 6 anni dopo.
Aprile 1969: i Jethro Tull registrano
il loro secondo album, Stand Up e, in quegli stessi giorni, il singolo -
ritmo di 5/4 introdotto dal basso, diventato poi uno dei brani più noti del
gruppo - Living in the Past, che uscirà il mese seguente (sul retro, Driving
Song). Le registrazioni hanno luogo presso la nuova sede dei Morgan Studios
di 169-171 High Road, Willesden, nel nord-ovest di Londra. Nello stesso
edificio, come si può vedere nel video, c’erano stati prima i Grosvenor
Studios.
Impossibile stabilire se il
giornalista francese fosse davvero personalmente presente o se il servizio era
un originale inglese poi “ripassato” in salsa d’oltralpe. Anche se la sincronia
suono/immagini non è perfetta, il video della registrazione originale di quel
brano e Ian (a quei tempi un vero chain smoker,) che suona il flauto con la
sigaretta tra le dita della mano sinistra è da JT videoteca.
Blue Minké
stato un gruppo pop britannico attivo dal 1969 al 1977. In quel periodo realizzarono
sei singoli di successo Top 20 nella UK Singles Chart, e pubblicarono cinque
album in studio.
Roger Coulam
(tastiere) formò la band nell'autunno del 1969, con Madeline Bell (cantante),
Roger Cook (cantante), Alan Parker (chitarrista), Herbie Flowers (bassista) e
Barry Morgan (batterista). La maggior parte delle canzoni furono scritte da
Cook e Roger Greenaway. Flowers, Morgan e Parker erano stati “compagni” di
Coulam ai Morgan Studios di Londra.
I quattro
registrarono diverse basi musicali, con le quali Coulam avvicinò a Bell e
Greenaway (che era stato la metà del gruppo “David e Jonathan”), come cantanti.
Greenaway rifiutò, ma propose Cook (l'altra metà di “David e Jonathan”).
Il singolo di
debutto della band, "Melting Pot", scritto da Cook e Greenaway, fu
registrato con questa formazione e pubblicato il 31 ottobre 1969 dall'etichetta
Philips (catalogo BF1818), con il lato B "Blue Mink" (scritto da Alan
Parker); raggiunse la posizione numero 3 nella UK Singles Chart.
Una cover
americana intitolata "People Are Together" del cantante soul Mickey
Murray si rivelò troppo radicale per la radio americana e non riuscì ad
ottenere alcun airplay significativo. Un album con lo stesso nome fu pubblicato
all'inizio del 1970, contemporaneamente al secondo singolo, "Good Morning
Freedom", che raggiunse il numero 10 in classifica. La traccia non è presente
nella prima versione dell'LP, ma è stata aggiunta alle edizioni successive.
I membri
continuarono con il loro lavoro di sessione nonostante il successo della band.
Nel marzo 1970, Cook, Bell, Parker e Morgan apparvero nell'omonimo secondo
album solista di Elton John, che reinterpretò "Good Morning Freedom"
(scritta da Albert Hammond) in forma anonima nella compilation della Deacon
Records Pick of the Pops. In aprile, Cook e Greenaway suonarono
brevemente nei Currant Kraze, e insieme continuarono a scrivere canzoni come
"You've Got Your Troubles", "I've Got You on My Mind" e
"I'd Like to Teach the World to Sing". Altri
progetti collaterali includevano: il coinvolgimento della band di Parker The
Congregation; i contributi di Herbie Flowers all'album “Transformer” di Lou
Reed; il coinvolgimento di Flowers, Morgan e Parker nelle sessioni con Pete
Atkin nel marzo 1971, che in seguito apparvero nel suo album “Driving Through
Mythical America”.
Il secondo
album della band e il loro terzo singolo pubblicato dalla Philips nel settembre
1970 furono intitolati “Our World” (l'album fu pubblicato come “Real Mink”
negli Stati Uniti). Il successivo singolo pubblicato dalla band fu "The Banner Man" su Regal Zonophone nella primavera del 1971. Raggiunse la
posizione numero 3 nella classifica britannica, eguagliando il successo del
singolo di debutto, e notevole fu l'uso di una banda di ottoni.
Gli altri
progetti dei membri ebbero la priorità fino al gennaio 1972, quando i Blue Mink
suonarono due settimane al nightclub The Talk of the Town di Londra. Le
registrazioni di questo impegno furono pubblicate in marzo come album “Live at
the Talk of the Town” contemporaneamente all'album in studio “A Time of Change”.
Ray Cooper
(batteria) e Ann Odell (tastiere) si unirono alla band quell'estate e suonarono
nel singolo "Stay With Me" co-scritto da Herbie Flowers, che raggiunse
la posizione numero 11 nel novembre 1972. All'epoca del quarto album dei Blue
Mink, “Only When I Laugh”, il glam rock stava soppiantando il suono pop più
leggero degli anni precedenti. Il singolo associato, "By The Devil (I WasTempted)", scritto da Guy Fletcher e Doug Flett, raggiunse solo la
posizione numero 26 e il singolo Top 10 "Randy" nel giugno 1973 fu il
loro ultimo successo. Il loro ultimo album, “Fruity”, (gennaio 1974) e i
singoli "Quackers" (gennaio 1974) e "Get Up" (luglio 1974)
fallirono, e la band si sciolse quell'autunno dopo un tour d'addio negli Stati
Uniti.
Elton John
era tra le celebrità presenti a dire addio, presentando la band sul palco del
The Troubadour di Los Angeles.
La band si
riformò nel 1976 con Mike Moran. Registrarono alcuni singoli con l'etichetta
Target Records che era di proprietà di Cook e Greenaway. Il più noto dei loro
tre album è stato "Where Were You Today", scritto da Greenaway e
Dundas, precedentemente "Come and C & A", un jingle pubblicitario
televisivo e radiofonico per il grande magazzino C & A. Quando Capital
Radio, una delle prime due stazioni radio locali indipendenti del Regno Unito,
andò in onda a Londra nel 1973, i jingle identitari della stazione furono
scritti da Cook e Greenaway, eseguiti da Blue Mink e orchestrati da George
Martin. Madeline Bell aveva anche cantato i jingle originali per Radio
Caroline, la stazione pirata offshore che andò in onda per la prima volta nel
1964, alla fine sfidando con successo il monopolio della BBC delle trasmissioni
radiofoniche britanniche.
Dopo lo
scioglimento della band, ognuno dei membri ha mantenuto una presenza nel mondo
della session musicianship e del songwriting. I Rimshots reinterpretarono "Get Up"
dei Blue Mink, ribattezzata come singolo disco "7-6-5-4-3-2-1 (Blow Your
Whistle)" nel 1976, ed ebbero un successo. Nel 1994, Cook, Bell e Flowers
si riunirono per una versione televisiva del loro successo "Melting
Pot" nello show di Michael Barrymore.