giovedì 28 febbraio 2013

Maurizio Vandelli-L'intervista


Articolo tratto da MAT2020 (www.mat2020.com)

Maurizio Vandelli fa parte della storia della musica italiana, e questo non è uno scoop. Inutile evidenziare il suo valore, la sua importanza, la sua originalità. Ma per tutti quelli interessati ad indagare, curiosare e ricercare le verità musicali, non solo italiane,  dalla metà degli anni ’60 ai giorni nostri, un approfondimento con Vandelli darebbe grandi risultati. Equipe 84, sì, ma molto altro. Mi è venuto spontaneo chiedergli se avesse bisogno di un aiuto, di una spinta, per trasformare i suoi ricordi e le sue esperienze in qualcosa di concreto, incancellabile, magari un libro di memorie, ma come si potrà leggere nell’intervista a seguire i lavori sono già iniziati e… non ci resta che attendere.
Nei miei buoni propositi iniziali c’era soprattutto quello di evitare di cadere in un’atmosfera nostalgica, ma la storia di Maurizio Vandelli riporta inevitabilmente alla mia giovinezza, e quindi… mi sono lasciato un po’ andare.

Quando penso ai gruppi famosi - che sono  tantissimi - che da metà anni ’60 sono prolificati, in Italia e fuori dai nostri confini, mi viene da rifugiarmi dietro a luoghi comuni, come “essere al posto giusto nel momento giusto…”, ma resta il fatto che a quei tempi il talento e le idee potevano essere premiate con una certa facilità. Cosa occorre ai giorni nostri per poter vivere di sola musica?

Il diritto d’autore è morto grazie a Internet! Dopo pochi minuti dalla sua pubblicazione, una nuova realizzazione è a disposizione di tutti in rete, illegalmente, scavalcando ogni tipo di precauzione adottata da artista ed etichetta! La vendita dei CD si è ridotta all’osso! Le discografiche chiudono! Si può avere un colpo di fortuna venendo selezionati da “Amici” o da “X Factor”? Sì ma poi… che fare? I concerti! Con i concerti si può vivere… ma ora c’è la CRISI! Insomma, in questo momento, anche per gli artisti… VITA DIFFICILE!!!

Esiste il rammarico per un treno - vincente -  passato davanti a te e mai preso per eccesso di cautela?

No, non cambierei nulla del passato.

Se dovessi scegliere un brano dell’Equipe 84 che più ti è rimasto addosso, quale sceglieresti?

SEI GIA’ DI UN ALTRO! Praticamente irrealizzabile per il mio LIVE sul palco!!!

Mi parli del tuo rapporto umano con Battisti?

Eravamo molto amici nei primi tempi! Stavamo molto insieme, avevamo il gusto della battuta, dell’ironia, della musica! Firmavamo ogni muro della RICORDI in via Berchet così: Lusti Batticio e Maurelli Vandizio! Il resto… è troppo difficile e lungo da raccontare!

Leggere della tua stretta conoscenza con Brian Jones, o dell’ascolto in diretta di qualche prova di registrazione dei Beatles provoca in quelli come me una sana invidia. Immagino che a quei tempi fosse per te/voi abbastanza normale ma, a distanza di tempo, che tipo di giudizio ti senti di dare di quel periodo d’oro?

Non ho mai assistito a prove di registrazione dei Beatles! Non so da dove arrivi questa notizia! Ho conosciuto John Lennon, sono stato allo stesso tavolo con Paul. Sono stato amico di Brian Jones e Keith Richards che sono addirittura venuti a trovarmi in un locale di Roma insieme a Mick Jagger, Anita Pallenberg e Marianne  Faithfull. Tutto questo sarà chiaramente leggibile nel mio libro … quando uscirà! Sono a 250 pagine e … sono circa a metà! Dante Alighieri trema!

Mi racconti un aneddoto significativo od un’immagine particolare che ti lega a Jimi Hendrix?

Dopo una giornata insieme, mi viene l’idea di fare ascoltare a Jimi una cosa che avevo sullo stomaco! Avevo copiato (malamente!) nel finale di “Nel ristorante di Alice”, un assolo di Hendrix! Jimi ascolta attentamente il mio disco e alla fine, dopo aver ascoltato il SUO assolo storpiato da me… MI ABBRACCIA RINGRAZIANDOMI !!!

Che tipo di soddisfazione trovi nel suonare con Adelmo e i suoi Sorapis?

E’ una straordinaria, divertente e improvvisata “ammucchiata” tra musicisti con LE PALLE!

Esiste qualche musicista italiano che ti ha dato qualcosa di concreto, a cui magari ti sei ispirato?

Tutti i musicisti con cui canto, suono e collaboro, ho cantato, ho suonato e collaborato, mi hanno dato molto!

Prova a immaginare e pianificare il futuro: cosa vorresti ti capitasse, musicalmente parlando, nei prossimi tre anni?

Potere, per magia, ascoltare in anteprima la musica dei prossimi TRECENTO anni!


mercoledì 27 febbraio 2013

Alessandro Monti-Unfolk+Live Book


Dopo una serie di disavventure organizzative, non certo interessanti per i lettori, sono venuto in contatto con una musica ed un musicista imperdibile. Mi riferisco ad Alessandro Monti, artista veneziano dall’indole itinerante.
Ciò che ho ascoltato è un doppio CD, Unfolk+Live Book, che raccoglie una vita di suoni e di situazioni.
Come al solito resta determinante il pensiero dell’autore, esposto a seguire, che risulta il modo migliore per entrare in un mondo affascinante, tutto da scoprire e, soprattutto, da condividere.
Partiamo dai dati oggettivi.
Il primo CD è la riproposizione del lavoro di “start up” di Monti, quell’ Unfolk nato nel 2006, e ora rimasterizzato con l’aggiunta di alcuni inediti. La riedizione dell’album aveva come obiettivo la creazione di una nuova veste, che potesse raggiungere canoni di estrema qualità, per effetto delle cure di un professionista assoluto, Jon Astley, non uno qualunque! Operazione riuscita.
Il secondo CD è live, Live Book, con estratti da due soli concerti disponibili, realizzati sull’asse  Venezia-Leicester, basato sul materiale compreso nel secondo disco, il concettuale The Venetian Book Of The Dead, che vede la partecipazione del chitarrista e vocalist Kevin Hewick.
Intanto è bene sottolineare come Alessandro Monti lasci trasparire, senza alcuna volontarietà, la status di genio musicale, rilasciando con estrema semplicità una musica che sembra la sintesi dell' impegno musicale di lustri… il tutto in una sorta di contrasto che si può riassumere nell’urlare con moderazione, nel proporre tematiche sociali enormi attraverso suoni dolci e sognatori.
Pare l’inventore di un nuovo genere, quell’unfolk che non rappresenta una negazione ma una evidenziazione di diversità.
Tutto il primo album è caratterizzato dal suono del mandolino, una vera scoperta che cambia la vita quando avviene in età matura, quando cioè si pensa di avere molte certezze musicali e all’improvviso si aprono nuovi e positivi orizzonti. E di quei suoni non si riuscirà più a fare a meno.
Altro elemento importante è il tema del viaggio, che significa ampliamento culturale riversato poi sulle creazioni proprie. Ma significa anche nuovi stimoli, scoperte strumentali, sfumature ambientali, conoscenze umane e interazioni che conducono verso percorsi musicali impensabili.
E tutto questo va condiviso, soprattutto nella fase originale, quella della nascita, da cui poi dipenderà la piena accettazione da parte del pubblico.
Il gioco di squadra - anche questo è spesso una tardiva e felice scoperta - porta alla definizione di “collettivo”, l’ensemble che lavora con e attorno a Monti, creando trame uniche, che uniscono acustica, elettronica, etnia, sperimentazione ed un folklore trasversale, che pare non avere precise coordinate spaziali e temporali.
Il  secondo CD introduce novità.
Intanto è live…
E poi racconta di accadimenti drammatici e di morti legati al degrado ambientale e manageriale di Venezia e dintorni.
Ciò comporta l’utilizzo di testi e di un elemento nuovo, Kevin Hewick, la cui voce potrebbe da sola dare l’impronta ad un intero album.
Un po’ più elettrico, un po’ più tipico, strutturalmente parlando, questo concept, nel descrivere una situazione particolare, si adatta ad atmosfere e temi universali, uscendo da una iniziale dimensione ridotta, arrivando  rapidamente ad una rappresentazione globale, che assume valore assoluto perché raggiunta attraverso mezzi e metodi originali, qualcosa a cui pare nessuno abbia mai pensato.
E ritorno alla genialità di un  musicista che sembra veda chiaro anche nel buio, riuscendo ad inventare metodi espressivi innovativi, racchiusi a parole nell’etichetta unfolk.
Riassumo.
Un viaggio di cui non si cerca la fine…
Tanti compagni, nella speranza che aumentino…
La continua ricerca, tra tradizione e novità…
L’impressione è che Alessandro Monti sia solo all’inizio… nel suo cassetto ancora molte frecce mai scagliate, ma i calcoli non c’entrano, non ci sono pianificazioni e botti a orologeria… la musica uscirà da sé, al momento opportuno.
E che la condivisione abbia inizio!



L’INTERVISTA

Partiamo dal doppio CD che ho nelle mani, “Unfolk+Live Book”. Puoi sintetizzare la genesi e il percorso realizzativo?
Si tratta della ristampa del mio primo lavoro solista (Unfolk appunto) in versione rimasterizzata, arricchita da vari inediti e un intero cd extra registrato live e in studio, ma con materiale appartenente al concept successivo "The Venetian Book Of The Dead". Io lo chiamo "The Young Person's Guide To Unfolk" (!) perché in effetti é una bella sintesi del nostro percorso. Il primo cd era stata una completa autoproduzione ed era uscito in un'edizione limitatissima di 350 copie. Nonostante questo si era guadagnato un piccolo spazio di culto tra il pubblico alternativo, grazie anche al catalogo indipendente Cd Baby (vedihttp://www.cdbaby.com/cd/alessandromonti) al cui interno erano apparse recensioni entusiastiche. In passato avevo collaborato con numerose band dell'area veneziana (tra cui gli amici Quanah Parker), ma soprattutto avevo realizzato due lavori "ambient" con Gigi Masin (1986-91) che si sono guadagnati nel tempo un grande numero di appassionati, soprattutto all'estero:
Poi avevo pensato di interessarmi alla produzione ed avevo avuto una grande occasione negli Usa producendo i Caveman Shoestore nel 1992, un gruppo di musicisti in bilico tra grunge e prog (!) e che sarebbero andati avanti collaborando addirittura con il grande Hugh Hopper dei Soft Machine. Francamente non avevo mai pensato di iniziare una mia avventura solista fino a quando non ho acquistato un bel mandolino in Irlanda e ne é uscito Unfolk, che successivamente é divenuto il nome del progetto e del Collettivo di musicisti.
L’incontro con Jon Astley appare come una svolta nella tua vita professionale. Come è avvenuto e come ha realmente inciso sul tuo percorso musicale?
Per spiegarti questo link devo partire da Kevin Hewick: ci siamo conosciuti tramite il vecchio myspace e siamo rimasti in contatto per mesi. Io avevo i suoi dischi degli anni ‘80 (su Factory e Cherry Red); Kevin era - ed é tutt'ora - una delle voci più belle di tutto il post punk inglese, con radici nel classic rock, nella new wave e nel folk alternativo (da Bob Dylan a Neil Young, dai Joy Division ai Led Zeppelin). Volevo registrare un tributo alla mia città Il Libro Veneziano dei Morti ("The Venetian Book Of The Dead") per dedicarlo a tutte le vittime del Petrolchimico di Porto Marghera; così ho deciso di spedirgli le basi strumentali nella speranza che potesse magari inserire delle voci… é stato così entusiasta dei pezzi e della tematica da venire qui a Mestre e registrare l'intero album! Mentre era qui abbiamo capito quanti ascolti avevamo in comune (King Crimson, Genesis, Vdgg, Dylan, Miles Davis ecc.). Il disco era talmente bello che volevo avesse un suono il più professionale possibile. Così dopo una serie di emails, su suggerimento di Steven Wilson, Kevin mi ha consigliato il grande Jon Astley che ha una politica molto interessante per gli indies con prezzi molto inferiori a quelli delle majors. Considero il mastering un momento fondamentale nella produzione di un cd e così ho deciso di spendere qualche soldo in più e farlo con lui: credo che abbia fatto un lavoro straordinario in The Venetian Book Of The Dead e ho voluto che eseguisse anche il remaster del primo lavoro. Ti confesso che sono fiero che Unfolk sia stato toccato dalle stesse mani che hanno toccato perle come "All Things Must Pass", "Led Zeppelin IV", "Who's Next" o "Small Faces"… Jon é anche una persona gentilissima e cordiale.
L’idea che ci si può fare, avvicinandosi superficialmente al tuo mondo, è quella di trovarsi al cospetto di un talento che emerge per caso, e che si fa largo senza forzare più di tanto la situazione? E’ una valutazione totalmente fuori strada?
E' tutto così strano: io ho scelto di non essere un musicista "professionista", ma di dedicarmi alla musica dal punto di vista puramente artistico ed espressivo. Non so che forza misteriosa abbia contribuito alla riuscita della mia visione musicale ma tutto, dalla copertina alla musica, per me é stata pura magia.
Venezia e la sua laguna. Quanto può essere influenzato un musicista dal luogo in cui vive?
Io sono per metà Veneziano (madre) e per metà Romano (padre) ma, nonostante sia andato spesso a Roma e ami molto quella città, ho vissuto sempre a Venezia-Mestre. Nel caso del mio secondo lavoro, The Venetian Book Of The Dead, l'influenza della mia città é stata totale, essendo un lavoro di denuncia sulla situazione ambientale in cui ho vissuto. Ma nel caso del primo, Unfolk, ho semplicemente tracciato una sorta di  geografia dei miei viaggi, ma ho condito il tutto con il mito di un musicista immaginario in cui peraltro mi sono identificato in pieno. Qualcuno ha colto delle antiche influenze Veneziane nel primo lavoro: ci sono senz'altro in alcuni punti e ne sono orgoglioso... pensa che un brano inedito é la famosa Peregrinazione Lagunaria, un pezzo tradizionale di autore anonimo. 
Mi parli del tuo impegno sociale, portato avanti attraverso la tua musica?
Appartengo ad una generazione di artisti in cui l'aspetto dei testi é stato molto importante, sia dal punto di vista sociale che politico. Credo che un artista abbia il dovere di comunicare dei messaggi importanti attraverso le sue opere… ho cercato di farlo con il "Libro Veneziano", ispirato dal libro di Gianfranco Bettin "Petrolkimiko". Credo che l'impegno sia un aspetto che completa l'altro lato della mia musica, quello più strettamente musicale ed esoterico (del primo "Unfolk").
I viaggi sono in genere una incredibile fonte di stimoli. Cosa significa per te venire a contatto con nuove culture?
Gioia infinita e scoperta senza fine: sono un entusiasta della musica etnica e cerco sempre di portare a casa dai miei viaggi qualcosa da poter suonare ed utilizzare nei miei lavori…  
Faccio un po’ di fatica nel collocare la tua musica in qualche categoria conosciuta -  e ne sono felice. Tu come la definiresti?
"Non folk", ovvero quel folk immaginario che può essere o non essere, e può contenere qualsiasi stile o trasformazione. Un pezzo del doppio cd si intitola Secular Kosmisch Folk, un termine che avevo creato quasi per gioco per definire la mia musica. Secular sta per musica antica "profana", che si differenziava da quella religiosa; Kosmisch é un riferimento alla musica dei Corrieri Cosmici degli anni 70 (un pezzo é dedicato a Florian Fricke, grande ispirazione del mio lavoro); mentre Folk non ha bisogno di essere spiegato, ma é importante comprendere che la musica popolare é una materia organica che si evolve con i tempi inglobando tutto il possibile. Ho notato che molti hanno trovato accostamenti lontanissimi, dal prog alla musica etnica, dalla new wave al folk rock, dall'elettronica al jazz: per me é un buon segno! 
Come nasce in Alessandro Monti l’amore per la musica? Quali gli esempi seguiti?
Sono cresciuto in una famiglia in cui si ascoltava molta musica: mio padre aveva costruito con le sue mani un vecchio mobile giradischi. Ricordo che da bambino ero rimasto affascinato da un "microsolco" che si trovava su una mensola, la Sagra della Primavera di Stravinsky, un'opera fondamentale! La vera scoperta della musica é stata un momento sconvolgente: avevo 11-12 anni (circa 1971-72), un'emozione indescrivibile e che non si é più fermata. Così appena ho avuto la possibilità ho iniziato ad acquistare 45 giri, cassette e poi sono passato agli albums. Il primo disco serio che ho deciso di comprami era dei Van Der Graaf Generator, tutt'ora una delle mie bands preferite. Oggi ascolto soprattutto classica, antica, jazz e molta musica etnica…
Abbiamo una cosa in comune, l’incontro casuale - e il successivo amore - per il mandolino, strumento che una volta conosciuto ti rimane attaccato per sempre. Che cosa ti da in più rispetto a tutti gli altri strumenti?
E' davvero impossibile da spiegare… dal primo momento che ho sentito quel suono (in The Battle Of Evermore) sono rimasto letteralmente in estasi. Credo che dipendesse molto anche dal tipo di effetti e ambience di quella registrazione, ma ogni volta che nei dischi sentivo un mandolino ero felice. Io resto soprattutto un bassista e forse il doppio remaster esaurisce quello che volevo fare con il mandolino. Dopo i miei lavori come Unfolk sono tornato al mio vecchio strumento, il basso. Ho intenzione di mettermi a studiare la musica seriamente.
Forse c’è un’altra cosa che abbiamo in comune, il piacere del lavoro di squadra. Sbaglio nel dire che è una cosa in cui credi molto?
Hai assolutamente ragione e sono felice che tu abbia colto il mio concetto di "Collettivo". Ognuno dei musicisti ha dato un contributo determinante agli arrangiamenti. Se ho fatto qualcosa di valido é stato certamente l'aver scelto i giusti amici per creare pezzi diversi, ben sapendo le loro caratteristiche: senza di loro il lavoro sarebbe stato molto diverso.
Che cosa hai pianificato, o cosa speri di realizzare, nell’immediato futuro?
Vorrei ampliare questa mia piccola etichetta Diplodisc (marchio non depositato), un'occasione per produrre cose interessanti che non voglio assolutamente restino in un cassetto. Il prossimo lavoro é pronto: si tratta di "Spirali", il primo cd solista di Massimo Berizzi, tromba del Collettivo Unfolk, in cui partecipo al basso e alle percussioni etniche; un lavoro indefinibile che definirei "post jazz". Infine ho l'idea di un omaggio a Don Cherry, musicista che amo e che potrei davvero definire Unfolk per la sua visione multietnica... ho decodificato dai dischi (Relativity Suite e Brown Rice) le strutture portanti del basso di Charlie Haden e ne vorrei dare una mia personale rilettura... forse un giorno, chissà!

martedì 26 febbraio 2013

Art Of Infinity-Raumwerk


Un altro incontro casuale quello con gli Art Of Infinity.
Chi sono, che cosa pensano e come si sono evoluti, si evince dalla biografia finale ma, soprattutto, dall’intervista realizzata con uno dei due fondatori del progetto, Thorsten Sudler-Mainz.
Ho ascoltato il loro nuovo album, Raumwerk, e ho cercato scampoli di loro musica pregressa, per farmi un’idea generale di cosa essi propongano e di come siano cambiati nel tempo, musicalmente parlando.
Accadeva ad inizio anni ’70 un fenomeno tipicamente tedesco, che viaggiava parallelo rispetto alla”nuova” musica che stava nascendo in Europa. Si guardava con estremo rispetto verso quel versante, anche se a volte sembrava più un dovere, un obbligo intellettualoide rivolto a suoni che non si comprendevano appieno, ma che bisognava tenere in considerazione e, soprattutto, far sapere a tutti che erano parte del nostro know how. Mi riferisco a band che hanno poi fatto la storia, come Tangerine Dream, Popol Vuh, Kraftwerk e Amon Duul. La loro musica aveva alla base l’elettronica, la sperimentazione, l’ambiente, le visioni musicali.
Art Of Infinity, appaiono come i degni discendenti di quella stirpe di musicisti innovativi e intraprendenti.
Il loro sviluppo ha portato ad una maturazione tale che il nuovo disco presenta liriche in lingua tedesca, come ad evidenziare una buona sicurezza dei propri mezzi e la determinazione nell’imporsi senza particolari accorgimenti ammalianti.
La loro musica, inizialmente concepita come espressione”studio”, esplode ora come “live”, dando ai protagonisti una piena soddisfazione espressiva.
Undici tracce per oltre cinquanta minuti di suoni che accompagnano in un’altra dimensione. L’aspetto “cosmico”e le atmosfere “ambient” che gli Art Of Infinity propongono, trovano punti di interruzione in brani come Arena, dove la chitarra incontra un mondo Pop creando qualcosa di inconsueto e gradevole. Affascinante la commistione tra il classicismo del piano e del violino con i programmatori, l’elettronica e un po’ di etnia.
Ma la parte che più colpisce è l’introduzione di una sequenza vocale, mutevole a seconda dei brani, che si inserisce come strumentazione aggiunta, trasformando le liriche in parti soliste e accompagnamenti strumentali emozionanti: Die Zeit e Zur zweiten Welt ne sono un rappresentativo esempio.
Un disco tutto da gustare, capace di adattarsi al nostro stato d’animo e al contempo modificarlo.
E in attesa di vedere gli Art Of Infinity in Italia, leggiamo il loro pensiero e ascoltiamoli.




Intervista a… Thorsten Sudler-Mainz...

Potreste raccontare un pò di storia della band al pubblico italiano?

Ho fondato Art Of Infinity insieme al mio amico e compagno musicale Thorsten Rentsch nel 1996. Insieme a diversi musicisti e cantanti ospiti abbiamo prodotto quattro album, che sono stati distribuiti dalla famosa German Label BSC Music / Prudene. Il nostro nuovo album Raumwerk è stato pubblicato nel novembre 2012.

Come definireste il genere musicale che proponete?

La musica di Art Of Infinity è influenzata dall’ elettronica, ma anche dall’ Art Rock e dalla Pop Music. Gli arrangiamenti dei nostri brani sono sostanzialmente elettronici, ma comprendono anche voci, chitarre, percussioni e altri strumenti suonati realmente. La musica che realizziamo a volte può sembrare complessa e un po’ “pomposa”, spesso con l’aggiunta di voci femminili, e talvolta si può chiamare semplicemente "Ambient-Pop".

Siete una band tedesca e proponete musica elettronica. Esistono analogie rispetto ai gruppi degli anni ’70?

Sì, penso di sì, e i recensori dei nostri album spesso parlano di somiglianze con i grandi gruppi tedeschi, come i Kraftwerk e Tangerine Dream, ma penso che con Art Of Infinity siamo riusciti a creare uno stile unico che ci caratterizza e ci rende differenti dalle altre band, attuali e del  passato.

Esiste un artista che ha influenzato la vostra musica e su cui siete tutti d’accordo?

Oh sì, io in particolare sono influenzato dalla musica dei Pink Floyd. La magia di quella musica è davvero grande, e  amo soprattutto i loro album seventies.

Come si è evoluta la vostra musica dal 1996 ad oggi?

Con i nostri primi tre album, New Horizon, Dimension Universe  e " Endless Future, abbiamo creato e completato una trilogia. Il nuovo album "Raumwerk è diverso, perché abbiamo usato per la prima volta testi in tedesco. Abbiamo anche utilizzato alcuni nuovi elementi tipicamente pop, che è possibile ascoltare nel nostro nuovo singolo Raum und Zeit. Allo stesso tempo abbiamo prodotto anche una nuova long track, molto complessa, il cui nome è Zur Zweiten Welt. Su questa traccia è possibile ascoltare la chitarra del chitarrista tedesco Klaus Maggiore Hauser e le percussioni del percussionista americano Byron Metcalf. Sono molto orgoglioso del fatto che questi grandi musicisti, e molti altri guests siano parte della famiglia Art Of Infinity. A tal proposito vorrei dire che tutti i musicisti ospiti vengono introdotti sul nostro sito web. Abbiamo migliorato il nostro sound, di album in album, ma ci sono un sacco di cose attuali fatte nello stesso modo in cui venivano realizzate nel 1996, quando iniziammo la nostra avventura.

Che importanza hanno i testi rispetto alla musica, nelle vostre composizioni?

Le liriche sono molto importanti per me. Scrivo testi per esprimere l'idea del tema dell'album o per raccontare delle piccole storie. Ma noi tutti amiamo anche comporre brani strumentali, come Das Tor ad esempio. A volte la musica parla da sé e non servono le parole. Nei primi album abbiamo anche creato i cosiddetti "fantasy voicings", con la nostra ospite, la cantante Eva Wolf, e nell’ album Endless Future con la cantante Alquimia. Nel nuovo album abbiamo lavorato con la nuova cantante Ilona Gerulat che arriva da Colonia. Con Ilona abbiamo prodotto alcuni chant-like vocali, questa volta in lingua tedesca.

Cosa significa per voi una performance live?

Art Of Infinity è soprattutto un progetto “studio”; nel novembre 2012 abbiamo eseguito un concerto al Planetarium Bochum, in Germania, per la prima volta: è stata una grande esperienza per noi! Con quattro musicisti ospiti e i cantanti, abbiamo presentato brani vari di tutti gli album degli Art Of Infinity. Suonare dal vivo significa molto per me. Per chi fosse interessato è possibile vederci su YouTube. Abbiamo pubblicato un documentario dell’esibizione live, con le immagini del concerto e i provini che abbiamo fatto nello studio di Thorsten Rentsch, a Colonia.

Che cosa potete dire del nuovo album “Raumwerk”?

"Raumwerk" è il nostro quarto album ed è stato pubblicato il 2 novembre 2012. Il tema centrale, e ciò che ruota attorno, ha a che fare con il concetto di “sogni terreni”. Abbiamo cercato di creare un suono spaziale. In "Raumwerk" è possibile trovare musica dal pop alla musica sperimentale. Così il nostro nuovo singolo, Raum und Zeit (Camera e spazio) suona più come l’Ambient-pop dei Kraftwerk o dei German Project Schiller. Ma ci sono anche elementi di Art Rock, come Pink Floyd (Zur Zweiten Welt, Arena) e qualcosa di più sperimentale (Traumraum, Sternenhalle). Sono molto contento di questo album e le reazioni della stampa internazionale sono confortanti.

Quale rapporto avete con le nuove tecnologie?

Noi componiamo le nostre tracce di base con il programma Logic Audio. Quindi, se ho una nuova traccia o idea, ascolto tutto assieme al mio compagno Thorsten Rentsch. Di solito questo è l'inizio per la produzione di una nuova creazione di Art of Infinity. Thorsten Rentsch è anche il proprietario di uno studio professionale di registrazione. Una grande “console” SSL per il mixaggio, analogica, capace di miscelare un suono fantastico, antico e caldo, che è il cuore dello studio. Ma c'è anche un moderno sistema Pro Tools, e un sacco di apparecchiature all’avanguardia. Così il suono di Art Of Infinity nasce e si sviluppa con tecnologie studio vecchie e nuove, mix di cui il primo beneficiario è il sound finale.

Cosa dobbiamo aspettarci nell’imminente futuro da ART OF INFINITY?

Nel futuro immediato cercheremo  nuove idee musicali, dopo di che si vedrà.
Non ci sono ancora piani concreti, ma posso immaginare un allargamento di Art of   Infinity per quanto riguarda le esibizioni live, con una set list che includerà alcune  delle nostre long tracks, come Evolution, Drift Upon The Sky, Utopia, o Zur Zweiten   Welt.




Note Biografiche

La band tedesca ART OF INFINITY, progetto tedesco, fu fondata nel 1996 dai musicisti e produttori  Thorsten Sudler-Mainz e Thorsten Rentsch.
In collaborazione con diversi ospiti,  musicisti e cantanti, hanno prodotto quattro album che sono stati distribuiti dalla famosa label BSC Music / Prudence. La combinazione affascinante di Ambient, Art rock e Pop è il marchio di fabbrica inconfondibile di Art of Infinity.
Il loro album di debutto New Horizon ha visto la luce nel 2000.
 Nel 2004 ART OF INFINITY  firma un contratto con la Musica BSC. Dopo il successo del secondo disco, Dimension Universe, canzoni come Cosmic Rain or Drift Upon The Sky furono inserite anche all’interno di  compilation internazionali.
Il loro album  studio del 2008, Endless Future, ha ricevuto numerosi e positivi consensi dalla stampa.
Una relazione dettagliata sui lavori “studio” è stata pubblicato sul loro sito web.
Con The Flow Of Time (Radio Version)" ART OF INFINITY ha realizzato nel 2009 il primo singolo.
Il nuovo album Raumwerk,  e il nuovo singolo Raum und Zeit (Radio Version) risale al 2012. Questa volta i testi  sono in lingua tedesca.
Con il loro spettacolo dal vivo, Raumwerk 2012, hanno fatto il loro debutto live nell’autunno 2012.

Rassegna stampa internazionale:


 

lunedì 25 febbraio 2013

Alba Angelo, il figlio Davide e Beppe Crovella...


Beppe Crovella utilizza il suo talento e la sua esperienza per realizzare un progetto di estremo valore sociale.
Inutili le mie parole… lascio la spiegazione ad elementi oggettivi, in attesa di poter fare parlare Alba. Nel frattempo ne ascoltiamo la voce, capace di descrivere sentimenti e desideri rivolti verso un sogno, con la speranza che diventi realtà.

Cari amici,
sono lieto di presentarVI “Meja Tama” il singolo di Alba Angelo, dedicato al figlio Davide, autistico. 
Gran rispetto, una forte stima ed una costante ammirazione va alle persone come Alba, che vivono in silenzio, con serenità, senza clamore, non solo, ma con creatività una vita non facile, alimentando continuamente un sogno, una indomabile voglia di avere un domami migliore  e sereno per il figlio autistico, vivendo  una vita che richiede ogni giorno costante sacrificio ed un amore senza limiti.

La canzone “Meja Tama” nasce da una grande sofferenza a cui ha fatto seguito un grande sogno.
Alba Angelo è la mamma di Davide, un bimbo autistico che non parla, se non pronunciando alcune“sue parole”, “Meja” è la parola che Davide ha inventato per quando vuole ascoltare musica ed Alba ha preso spunto da questo per scrivere, insieme a Beppe Crovella, questa canzone per Davide.
Alba ha un sogno, che potrà sembrare impossibile a verificarsi per molti, ma non per lei, ossia che Davide prima o poi possa parlare.
Alba nutre questo sogno scrivendo poesie, melodie, dedicate a Davide ed al suo immaginarlo felice ed in grado di poter aver quella vita serena che, per lui, come mamma desidera “Meja Tama”, diventa quindi una sorta di inno alla gioia, nonostante l’avversità.
Alba Angelo canta accompagnata dal coro “le Faville”, mentre Davide stesso appare nel ritornello con le parole da lui inventate.
La produzione artistica e l’arrangiamento sono di Beppe Crovella, che ne ha curato la registrazione ed il mixaggio all’Electromantic Synergy Studio di San Sebastiano da Po.
Il brano singolo esce ora su I-tunes, mentre il CD singolo uscirà a breve seguito dall’album “Aspettando la tua voce” con canzoni e “poesie musicate” scritte da Alba da sola ed in collaborazione con Beppe ed i 15 musicisti che hanno anche partecipato alla registrazione dell’album.

domenica 24 febbraio 2013

Alex Snipers Experience-Familiar To Someone Liv… ing In Action!


Familiar To Someone Liv… ing In Action!  è l’ultimo album che scaturisce dal progetto Alex Snipers Experience, disco totalmente live che prevede, oltre alla presenza del leader - voce e  chitarra - Alessandro “Snipers” Cecchini, il complementare Alessandro Castelli - lead guitar e voce.
E’ una sorta di selezione, di riassunto di brani significativi presentati su e giù per la nostra penisola.
La dimensione musicale è quella acustica, i luoghi sono… la strada e ogni tipo di spazio, avendo come obiettivo la spontaneità e la voglia di esprimersi davanti ad un qualsiasi pubblico.
La musica è varia, nelle intenzioni e nei fatti, e la struttura di base è fatta apposta per raccontare storie - in lingua inglese - e per fare buon esercizio di blues, rock e folk, con l’aggiunta di quel pizzico di psichedelica e lucida pazzia che riconduce alla genesi dei Floyd e del suo originario alfiere Barrett.
Ma ciò che potrebbe essere un facile peregrinare da un luogo all’altro, stile Bennato anni ’70, è in realtà qualcosa di molto curato nei dettagli, con un utilizzo della tecnologia che esalta la voglia di presentare suoni precisi, di testare nuovi risvolti, di coprire l'apparente “semplicità” tipica dell’azione del cantautore, di sperimentare nuove soluzioni nel tentativo di presentare un sound attuale che profumo di passato.
Ogni traccia una storia… tante storie per un contenitore che, come spesso accade, riporta ad una concettualità di intenti.
La copertina è molto forte, un’immagine di guerra ispirata al Vietnam che è utilizzata come simbolo di un grande contrasto tra materia e spirito, tra azione e riflessione, tra energia e rassegnazione.
Ascoltare questo lavoro “vivo” e volgere al contempo lo sguardo alla copertina, mi ha riportato al Barry McGuire di Eve of Destruction e nell’evoluzione della musica sono arrivato al Jim Croce di I’ve Got a Name, capisaldi del genere folk/protesta.
Inevitabile correre con la mente verso il conosciuto, ma questo Familiar To Someone Liv… ing In Action!  brilla di luce propria.



ALEX SNIPERS – Biografia

Il progetto Alex Snipers nasce con l'idea di prendere a prestito sonorità blues, country e folk, dilatandole e portandole nella modernità mantenendo un cuore antico. Il primo disco di Alex Snipers uscì nel 2007 e si intitolava Slackness: un lavoro acustico, scarnissimo negli arrangiamenti, la semplicità al servizio del minimalismo. L'anno seguente fu la volta di Utopia Live in Turin, un concerto tenutosi a Torino nel settembre del 2008, acustico ma riverberato fino al midollo. Echi, effetti e delays in un continuo gioco di policromie tra chitarra e voce. E l’attività live di Alex Snipers continua ad essere inarrestabile.
2009 e 2010 sono gli anni del tributo, doveroso, ai Pink Floyd: in questo biennio escono When the Snipers Broke free, raccolta di brani floydiani completamente riarrangiati, e il Dvd Magnesium Proverbs Live in Alessandria, dai forti contenuti psichedelico-visionari, diviso tra cover dei Pink Floyd e brani propri, un vero e proprio trionfo in technicolor.
Si arriva così al presente: l'attività live dell’inarrestabile Alex Snipers è il punto forza della sua ricca avventura musicale. Dopo un periodo fittissimo di concerti, Snipers pubblica Familiar To Someone Liv…ing In Action!, raccolta di registrazioni di live sparsi per la Penisola. Il cd offre il meglio dell’artista in 14 pezzi:  è il documento fedele delle esibizioni dal vivo, con una scaletta equamente divisa tra pezzi autografi di blues, folk, rock, psichedelia.
Alex Snipers vive in azione suonando dovunque, nei locali, nelle strade, nelle piazze: un busker, un artista di strada travolgente e originale. Alla base del suo progetto artistico l’idea di esibirsi in uno spettacolo di ottimo livello senza rinunciare all’impatto e alla qualità del suono. Per questo motivo egli utilizza – e sperimenta – dal vivo apparecchiature all’avanguardia portatili per l’amplificazione e una perfetta accordatura degli strumenti. Una mentalità progressive, perché la musica possa fare dei progressi.

My Space: www.myspace.com/alexsnipers


sabato 23 febbraio 2013

Cosimo Morleo-video da "Geni Dominanti"


Cosimo Morleo - "Turing" - il primo video dall'album "Geni Dominanti" 
dedicato al matematico Alan Turing - da Controrecords / New Model Label


Non c'è pietà per chi guarda crescere le margherite.”
Un modo di dire per descrivere coloro che osservano il mondo con lo sguardo sognante del poeta. Tratto dall'album “Geni Dominanti” del cantautore torinese Cosimo Morleo (Controrecords / New Model Label Dicembre 2012), questo video arriva a cento anni dalla nascita di Alan Turing uno dei padri dell'informatica e dell'intelligenza artificiale, matematico tra i più grandi del XX secolo. Geniale, introverso, dalla personalità complessa e biografa poco nota fece parte del gruppo di scienziati di Bletchely Park scelti dal governo britannico per contrastare le strategie militari naziste durante la seconda guerra mondiale, fornendo in qualità di cripto analista un contributo fondamentale alla decodifcazione della nota macchina “Enigma”. Venne processato per omosessualità e nel 1954, morì suicida mangiando una mela avvelenata con cianuro di potassio. Nel testo del brano i rimandi alla vita di Turing si intrecciano ad elementi d'una contemporaneità spietata nei confronti della diversità, qualunque essa sia per questo perseguibile, condannabile. La produzione del video, tutta torinese è stata affdata a Filmine snc per la regia di Valerio Valente e Enrico Cannizzo, direttore della fotografa Simonluca Chiotti.



Credit:

Video: "TURING" da "Geni Dominanti"(Controrecords / NewModelLabel 2012)
Artista: Cosimo Morleo
Regia: Valerio Valente e Enrico Cannizzo
DoP: Simonluca Chiotti
Attrezzista: Marco Baracchini
Grazie a: Alberto De Rosa, Roberta Montaruli, Max Zarri
Gli attori in ordine di comparizione:
Cosimo Morleo, Giulia Famiglio, Massimo Zarri, Silvia Iracà, Isabella Lami, Francesca
Capetta, Sabrina Martinez, Fabrizio Bergmayer, Alessandro Ventrice, Joseph Scicluna,
Michela Di Martino, Cristina Salà.
prodotto e realizzato da Filmine Snc