lunedì 4 febbraio 2013

Fabio Biale - La sostenibile essenza della leggera



Fabio Biale esce allo scoperto e presenta il primo album solo, “La sostenibile essenza della leggera”.
Pare sia nato col violino in mano, Fabio, ma conoscendolo meglio appare chiaro come la sua predisposizione per gli strumenti in genere sia molto marcata, e poco importa se le dita scorrono su di una tastiera o creano il ritmo per mezzo dei famosi “cucchiai”.
Prendiamo il kazoo, quello reso famoso da Bennato… lui soffia dentro proteggendolo all’interno di un bicchiere e … nasce il suono di una tromba!
Niente da dire, un talento.
Ma non bastano tecnica e  virtuosismo per camminare con forze autonome; fare un album proprio significa cambiare pelle mantenendo vivo l’artista, diventando manager, leader e… facendo tornare i conti, avendo ben presente che nel momento in cui la divisa non è più la solita, ma è quella di chi coordina, i collaboratori, anche se amici, ti scoprono come nuovo e ti giudicano… e un po’ ti mettono alla prova.
Cosa c’entra tutto questo con la musica? Mettiamola così, dall’esito del progetto può dipendere il futuro “solo” di Fabio Biale, e a giudicare da ciò che ho ascoltato sarebbe un vero peccato troncare l’esperienza.
Ho sempre visto Fabio come un ottimo comprimario, geniale, ma al servizio della squadra, qualunque essa fosse: incredibile spalla di Zibba in un disegno folk rock cantautorale, cultore della tradizione - rivisitata - con i Liguriani, tanto per citare i suoi binari.
Non era un giudizio riduttivo il mio, il mondo musicale è pieno zeppo di enormi artisti che svolgono un lavoro superiore al visibile, e godono nell’agire di cesello, ma nelle retrovie.
Forse Biale è anche questo, ma non solo, che gli piaccia o no, ed è stata una scoperta.
Ho ascoltato il CD, e ho visto un po’ di live, lui completamente solo, un one man band che mi auguro di ritrovare molto presto, perché i numeri per tener il pubblico in tensione ci sono tutti, compresa un’eccellente predisposizione alla comunicazione verbale e gestuale.
Nel disco dieci tracce, episodi di vita vissuta non uniti da tratto concettuale.
Il titolo è il frutto di un gioco di parole, ma non è casuale, e dall’utilizzo di non so quale figura retorica emerge il termine “leggera”, che nella tipica concezione ligure identifica un “mascalzone bonario” - in cui Fabio si ritrova - e allo stesso tempo sottolinea il tratto un po’ pop - e in ogni caso molto immediato - delle canzoni dell’album.
In quello che lui definisce ”disco onesto”, c’è il ricordo della prima delusione d’amore, così come la creazione musicale estemporanea legata ad un evento lieto; c’è la testimonianza delle origini e la celebrazione del mito.
L’essenza dell’album è rappresentata dall’amore, dalla riconoscenza, dal dolore, dal rispetto e dalla paura di perdere il riferimento della vita, un punto fisso, come solo certe figure familiari possono esserlo.
Per questo momento magico Fabio resta solo, la voce e la chitarra bastano e avanzano per decantare una poesia.
Varia la musica, molteplici i generi, perché un racconto di parte di vita non può essere dipinto con un solo colore, e così lo swing si mischia al blues, al rock e alla melodia tipica dei nostri luoghi.
E’ anche un bravo cantante Fabio, capace di miscelare le carte e presentare le sue diverse sfaccettature  vocali tra una traccia e l’altra, e l’iniziale “Al mio funerale”, ad esempio, non da l’esatta misura di ciò che si troverà cammin facendo. Tutto da scoprire.
A seguire propongo un filmato che potrà aiutare, più delle mie parole, a comprendere il personaggio e la sua musica, uno stralcio della presentazione ufficiale del 31 gennaio alla Ubik di Savona.
Una bella e positiva sorpresa!