Per anni si è parlato
del capolavoro prog Zarathustra e di chi lo realizzò, il Museo Rosenbach. Opera prima e
unica - sino alla recente reunion - era considerato un caposaldo del genere, e
ha assunto maggior quota col passare del tempo, dopo aver superato qualche
iniziale “falso” problema ideologico inventato, da terzi, ai danni della band.
E poi accade che si
ritrova lo spirito per ricominciare, spinti da tante motivazioni di natura
diversa, così come sono tante, probabilmente, quelle che avevano stoppato
l’inizio di una promettente carriera musicale.
Il
sunto è che, in un paio di anni, lo sviluppo discografico prende una via
inaspettata, e di fatto nei primi sei mesi del 2013 gli appassionati e seguaci
del prog si ritrovano tra le mani ben due album: Zarathustra, Live in Studio, rivisitazione del disco del ’73, e Barbarica, un album nuovo di zecca che
sancisce la rinnovata voglia di proporre immacolate creazioni, con una formazione
che, come vedremo, miscela l’originale al nuovo.
Per chi fosse interessato ecco qualche nota relativa alle due uscite precedenti:
http://athosenrile.blogspot.it/2013/01/museo-rosenbach-zarathustra-live-in.html
http://athosenrile.blogspot.it/2013/06/museo-rosenbach-barbarica.html
Ma ciò di cui parlerò
oggi è qualcosa di diverso, che non necessita di particolari considerazioni dal
punto di vista dei contenuti, perché una performance live va trattata per
quello che è nella sua natura, e anche se è obiettivamente impossibile captare l’esatta
atmosfera del momento, se non si è presenti, alcuni particolari indicano la
piena riuscita di una serata probabilmente storica, memorabile per chi
aspettava il Museo da una vita, e
altrettanto per la sezione primitiva della band, riconoscente per il costante
supporto. E credo indimenticabile anche per i più giovani componenti, pronti a
tuffarsi nella storia.
Ma di cosa sto
parlando?
L’aprile 2013 ha visto
lo start up dell'Italian
Progressive Rock Festival, realizzato al "Club Citta'" di
Kawasaki, a Tokyo. Da quel
contenitore sono scaturiti album legati ai Maxophone, al Rovescio della
Medaglia, ed ora il “Live in Tokyo”
del Museo
Rosenbach ci riporta alla registrazione del giorno 26.
Quasi un atto dovuto verso un pubblico che, seppur
distante, non ha mai abbandonato la band, nonostante la produzione limitata. Il
“seppur distante” ha oggi ben poco valore, ma se si pensa a cosa poteva essere
la diffusione delle informazioni, tre o quattro decenni fa, qualche riflessione
va fatta.
“Live in Tokyo”
è la perfetta sintesi di una vita di musica.
Doppio CD che simbolicamente potrebbe rappresentare
il lato A e il B di un vinile, con una prima parte dedicata in toto a Zarathustra, e la seconda alla più recente
Barbarica. Di questo ultimo album fa
parte anche Fiore di vendetta, che è l’unico brano che è stato registrato
al Rosenhouse Studio il 10 Febbraio 2013, ed è presentato come bonus track.
Accennavo prima a come un disco dal vivo debba essere
considerato secondo canoni differenti rispetto all’originale in studio. I
significati sono già noti, ed è più interessante capire le analogie, le
sfumature differenti, le innovazioni da palco e il coinvolgimento dell’audience:
in uno studio di registrazione, potenzialmente, tutto è possibile, ma la prova
live non mente. Esiste poi nello specifico il problema della lingua, perché se
è vero che il linguaggio di Albione è il denominatore comune (ma in ogni caso
il cantato non permette di capire al volo) l’idioma utilizzato dalla band è
quello italiano (e non potrebbe essere diverso, vista l’importanza delle liriche
proposte), una lingua impossibile per un popolo orientale.
Eppure dall’ascolto emerge l’alchimia, l’atmosfera, il
feeling tra i due poli, opposti solo per posizione all’interno del club.
Il sound appare potente, una solida base per il
racconto vocale di Stefano “Lupo” Galifi, ed il susseguirsi degli episodi di Zarathustra fanno sorgere nell’ascoltatore
un piccolo grande rimpianto, quello di aver perso una vita di possibili perle
musicali, rimaste colpi in canna di una pistola poco usata, ma sempre
efficiente, come gli attuali accadimenti dimostrano.
Certamente gli innesti giovano, la nuova linfa cresce
mentre aiuta a rigenerare quella più matura, ma ciò che interessa al fruitore
musicale è il risultato, che in questo caso ha valenza superiore al normale
disco.
Provo a disegnare il percorso: una musica antica (a cui
sarebbe impossibile dare un’età) si siede accanto ad un’altra appena
realizzata, e l’ampio spazio temporale si annulla, tanto che, se non lo si
dichiarasse, verrebbe da pensare ad una normale consequenzialità evolutiva.
E i protagonisti sono anch’essi bilanciati: gli
originali Stefano “Lupo” Galifi (voce
solista), Giancarlo Golzi (batteria)
e Alberto Moreno (tastiere)
interconnessi con Fabio Meggetto
(tastiere), Sandro Libra (chitarra),
Max Borelli (chitarra e voce) alle
chitarre e Andy Senis (basso).
L’entusiasmo del popolo giapponese - ma vale anche per
altri paesi dell’estremo oriente - per la musica progressiva italiana è
sorprendente, e la loro curiosità verso il nuovo fa il paio con la perfetta
conoscenza del pregresso, e immagino quindi la soddisfazione provata dal Museo
Rosenbach nel corso dell’esibizione. Certo è che il positivo della serata è
rimasto racchiuso in questo Live in Tokyo
che mi pare sia al contempo un testamento e una dichiarazione di intenti per il
futuro.
Sono certo che tutto ciò è molto chiaro alla band e
quindi la marcia continuerà, non solo difendendo nello scrigno il masterpiece
anni’70, ma anche preparando nuove creazioni e nuove possibilità di incontro
col pubblico.
Un album che non può mancare nelle raccolte degli
amanti della buona musica.
Da non
dimenticare che il progetto, analogamente ad altri già citati è da attribuire
all’etichetta Immaginifica by
Aereostella (distribuzione:
Self/Pirames International).
CD1
Intro/Dell'eterno ritorno
Degli uomini
Della natura
Zarathustra:
-L’ultimo uomo
-Il re di ieri
-Al di là del bene e
del male
-Superuomo
-Il Tempio delle
Clessidre
CD2
La coda del diavolo
Abbandonati
Il respiro del pianeta
Il re del circo
Fiore di vendetta (Bonus track)