Ancora una volta incontro la poesia di Gianni Venturi, artista che conobbi molto tempo fa
nel ruolo di musicista e che negli ultimi tempi ho visto più volte allargare i
confini del suo modus espressivo; ma non ci si improvvisa, in questo caso,
poeta, solo che, ad un certo punto del percorso, ci si trova sorprendentemente a
proprio agio mettendo in evidenza ciò che in gioventù si tendeva a celare, per
pudore forse, magari per vergogna, ma quando l’elemento anagrafico ci annuncia
che il tempo scorre veloce e che la riservatezza e la discrezione non hanno più
ragione di esistere, gli argini si rompono e la piena del fiume inonda tutto
ciò che trova innanzi a sé.
Sono solo congetture le mie, non conosco nel profondo la
storia personale di Venturi, ma il fatto che ad ogni suo progetto poetico -
oltre che quello musicale - il suo pensiero arrivi anche a me, mi autorizza a
commentare, non dal punto di vista “tecnico”, non ne ho le competenze, ma da
quello emozionale, immedesimandomi e scrivendo di getto ciò che la sua
scrittura mi suscita.
La prendo alla larga, partendo dal ruolo della poesia e dai
suoi tanti volti, iniziando dal concetto di strumento per esprimere le emozioni
più profonde, i pensieri più intimi e le esperienze più significative
dell'essere umano, dando voce a ciò che spesso rimane inespresso. La poesia ha
il potere di creare bellezza, di evocare immagini e sensazioni piacevoli
attraverso il suono delle parole, il ritmo e le figure retoriche, non limitandosi
a descrivere la realtà, ma interpretandola, analizzandola, trasformandola, aiutandoci
a comprendere meglio noi stessi e il mondo che ci circonda.
E poi credo che l’espressione poetica svolga un ruolo fondamentale nella società, fungendo da veicolo di protesta, di denuncia sociale, di affermazione di valori e di ideali, uno dei principali mezzi attraverso cui si trasmettono i valori, le tradizioni e la cultura di un popolo.
Mi perdonerà l’autore per questa mia lunga introduzione, ma
credo sia utile alla fruizione di un libro che contiene 47 componimenti,
anticipati dall’introduzione di Alessandro Seravalle, compagno di
viaggio e anima affine.
Ho divorato in rapida sequenza i sonetti e ne scrivo di getto, dando una mia interpretazione personale, quindi probabilmente lontana dalle intenzioni dell’autore, ma è questo il rimbalzo che posso proporre, senza pensarci troppo su.
Il titolo è "Succo di tenebra che goccia", estremamente suggestivo.
La "tenebra" rappresenta forse la morte, l'ignoto, la malinconia, il pessimismo, la perdita di speranza… e il suo gocciolare suggerisce un processo lento, inesorabile, come una malattia che si diffonde, mentre il tempo passa senza chiedere il permesso, lasciando tracce indelebili sulla nostra anima, quando il vuoto di chi ci ha lasciato diventa insostituibile.
succo di tenebra che goccia come sabbia sperduta sulla riva un verso rannichiato tra le dita vaga e si posa senza fiato come scheggia di sale sulla ferita in questo viaggio, nella valigia stracci imbevuti di memoria la parola avvampa i cuori null’altro che amore in questo quieto, naufragare.
La punteggiatura utilizzata da Venturi è poco convenzionale - ciò che al poeta è concesso - ma risulta chiaro il flusso dei pensieri e delle emozioni, che attira l'attenzione del lettore sui particolari, enfatizzandone il significato.
Dal primo testo, apparentemente semplice, l'uso sapiente delle immagini, delle metafore e delle figure retoriche crea un'atmosfera coinvolgente, da cui si desume una profonda riflessione sulla condizione umana e sulla bellezza della parola poetica.
A seguire vorrei proporre una sintesi della proposta di Gianni Venturi attraverso piccoli esempi, alcuni dei quali mi hanno particolarmente colpito.
In questa cava di embrioni fluttuanti. troppa beata santissima zuppa di fede avvolgente giacciono in pose oscene filosofi che abitano libri desiderosi di occhi.
Ho trovato un profondo senso di disagio e di inquietudine nei confronti di un mondo dominato da ideologie e da sistemi di pensiero che tendono a omologare e a soffocare l'individualità. L'autore, attraverso un linguaggio provocatorio e visionario, ci invita a riflettere sulla natura della fede e dell'esistenza umana.
Ci sono spazi vuoti tra la poesia ed il resto dei giorni
La poesia si colloca in una dimensione temporale e spaziale diversa rispetto alla vita quotidiana. È un luogo dove il tempo si dilata, le emozioni si intensificano e la realtà viene filtrata attraverso una lente soggettiva. La poesia vista come un rifugio, un modo per evadere dalla monotonia e dalla routine della vita quotidiana, fatta anche di spazi vuoti, che rappresentano la distanza che separa la bellezza e la profondità della lirica dalla banalità e dalla superficialità del quotidiano.
nessun dio nella fame. Eppure trema la scintilla, mentre balla la scimmia. Si placa l’orrizzonte in una terra piatta, cavalca la tigre sul disco cannone, pare vuoto ogni momento di dolore nel silenzio, ma un tuono che rimbomba nello sprofondo. Anarchia utopia, l’esplodere dell’empatia.
Ho letto un profondo senso di disagio e di inquietudine nei confronti di un mondo che appare allo stesso tempo crudele e pieno di possibilità. Venturi, attraverso un linguaggio ricco di simbolismi e di immagini potenti, ci invita a riflettere sulla condizione umana e sulla necessità di costruire un futuro più giusto ed equo.
Le farmacie, gli ospedali, cattedrali, buie officine della vita, aggiustano corpi che si spengono spazzati da un vento che non perdona, il dio dei pezzi di ricambio non ha pietà, cantano il falegname, il muratore, l’idraulico, ma la casa, desolata, oramai, inerte crollata.
Pessimismo? Rassegnazione di fronte alla morte? Al di là della cupezza, emerge una certa dignità nell'affrontare il tema della fine. L'immagine della casa che crolla, pur nella sua desolazione, suggerisce un senso di accettazione della propria condizione umana.
C’è stato negli anni un tracollo intellettuale così radicale da spegnere ogni possibile sviluppo sociale oggi, come per magia, un’unica soluzione un tuffo nell’empatia mentre nell’aria si espande una inarrestabile poesia. Alcuni la chiamano utopia, io la conosco come Anarchia.
Nell’insieme l’espressione di una profonda speranza nel futuro dell'umanità. L’autore, pur riconoscendo la gravità della crisi attuale, invita a non perdere di vista la possibilità di un cambiamento radicale, basato sulla riconquista dei valori fondamentali dell'umanità. La profonda crisi culturale e sociale, caratterizzata dalla perdita di valori e di ideali trova conforto nell’empatia, che viene presentata come l'unica via d'uscita, un modo per riconnettersi con gli altri e costruire una società più equa, mentre l’anarchia, in questo contesto, non va intesa come caos o disordine, ma come assenza di autorità e di gerarchie, come un modo di organizzare la società basato sulla cooperazione e sulla solidarietà.
Potrei tra le case, di pietra lucida, aggrapparmi sconfitto dentro l’indigesta ricerca metafisica. Tutto questo grande e freddo ipermercato delle menti vuote, una cattedrale di luce sbiadita tutto ciò che appariva rosso è nero come sangue sulle lenzuola
Ho captato un profondo senso di solitudine e di alienazione. Attraverso un linguaggio ricco di simbolismi e di immagini potenti, ci viene offerta una rappresentazione della condizione umana, segnata dalla ricerca di un senso in un mondo spesso freddo e indifferente.
la voce delle pietre il canto dei sassi L’ineffabile sintonia delle foglie che danzano l’autunno. Nell’ombra giacciono reminiscenze oggetti, di un futuro già stato
Malinconia, nostalgia, ma anche profonda bellezza, un invito a rallentare il ritmo e a prestare attenzione ai dettagli della realtà, per cogliere la poesia nascosta nelle cose più semplici.
tutto è entropia, nel sublime luminoso non vi è traccia del subliminale. Una risposta al teorema ancestrale del cadere dove brucia la notte: La rete è libertà? Il pescatore sorride, e sussurra sferzato dal vento dell’oceano: la rete imprigiona il pesce! Il mercato lo divora!
È questa, secondo la mia visione, un'allegoria della condizione umana, che si dipana attraverso una profonda riflessione sulla natura dell'esistenza, sulla libertà e sulla nostra relazione con il mondo esterno. L'entropia, concetto fisico che indica il grado di disordine di un sistema, viene esteso a descrivere l'universo intero, suggerendo un'ineluttabile tendenza verso il caos e la decadenza.
Ma è sui due concetti contrapposti -"Sublime luminoso" e "subliminale" - che viene evocata la dualità tra ciò che è evidente e ciò che è nascosto, tra la superficie e la profondità. Critica alla società contemporanea? Riflessione sulla condizione umana? O forse una metafora della vita, vista come un viaggio verso l'inevitabile declino?
ogni goccia di vita, che guerreggia di gente in gente, in una entropica e distonica follia, questa tenebra è solo luce che spenta attende di illuminare la rugiada nell’erba di un nuovo mattino.
La poesia mi è apparsa come una riflessione sul ciclo della vita e della morte, sulla continua trasformazione della natura e dell'uomo, all’interno di una critica alla società contemporanea, vista come un luogo di disuguaglianze e di conflitti, dove prolificano vite umane spesso prive di valori. Ma nel complesso si avverte un senso di profonda ambivalenza: da un lato la consapevolezza della sofferenza e della precarietà dell'esistenza umana, dall'altro, la speranza in un futuro migliore, in una rinascita.
Mi fermo qui, per non svelare troppo, provando a sintetizzare un pensero personale, quindi opinabile, ma organizzato.
Le poesie sembrano mostrare una certa propensione alla
sperimentazione linguistica e all'uso innovativo della punteggiatura, come già
evidenziato.
I temi affrontati sono complessi e stimolanti, e invitano a una riflessione profonda sull'uomo e sul suo modello di vita.
Le immagini poetiche sono potenti, in grado di suscitare
emozioni intense nel lettore - forse per l’allontanamento dai canoni
tradizionali - presentando una visione originale della realtà.
In alcuni casi, la sperimentazione a cui accennavo, e l'uso
di immagini complesse, potrebbero rendere la lettura ostica, e l’eccessiva densità
di significati potrebbe obbligare ad una interpretazione della poesia troppo
soggettiva. Forse.
Concludo con uno di miei pallini, che esercito sempre nei
commenti di nuovi album, ovvero la ricerca della concettualità.
Il fil rouge mi pare ben definito e risiede nella dettagliata
riflessione sull'esistenza umana, sulla società contemporanea e sulla ricerca
di un senso più profondo. Emerge un profumo di disagio, di disillusione nei
confronti della perdita di umanità - vera o apparente - e una costante
ricerca di un'alternativa, di una nuova utopia.
Ho trovato una forte sensazione di vuoto, di perdita di
significato, di esistenze prive di scopo, mentre la società viene rappresentata
come un luogo malato, corrotto, dominato dal consumismo e dall'alienazione. Ma
Venturi sembra costantemente alla ricerca di una verità ultima, da ricercare
con sguardo positivo.
Esiste una contrapposizione tra la natura, vista come un luogo di autenticità e di bellezza, e l'artificiale, rappresentato dalle possibilità tecnologiche, e l'autore sembra quasi auspicare una rivoluzione, un cambiamento radicale della società, per costruire un mondo più giusto ed equo.
E questo punto mi piacerebbe sapere se il mio sentimento da
lettura immediata collima, almeno in minima parte, con il pensiero di Gianni
Venturi!