Sono abituato all'ecletticità di Francesco Paolo Paladino, il cui incessante lavoro
artistico è caratterizzato dalla sperimentazione, dal sapere/volere osare, ma
di certo dietro ad ogni angolo le peculiarità di un nuovo progetto presentano essenza
ed estetica differenti.
Ecco il suo racconto in pillole dell’album “The Plains of PO”, di imminente uscita…
In questo ultimo lavoro progetto io e Ana Spasic abbiamo
costruito musica sulla poetica del grande poeta contemporaneo vivente George Wallace.
Insieme a lui abbiamo scelto alcune poesie che Ana ha cantato sulle mie musiche
(create, elaborate e sorrette dall’inestimabile aiuto di cari amici e
musicisti).
Tutto nasce da... George Wallace ha regalato un bouquet di
sue poesie tratte dalla raccolta “Resurrection Song” ad Ana Spasic lasciandola
libera di interpretarle secondo la sua sensibilità artistica.
Ergo, il lavoro di un visionario, di un poeta e di un soprano.
Cliccando sul link a seguire rimando alle note ufficiali, per
non perdere la sostanza di ciò che i creatori regalano all’ascoltatore, mentre in
questo spazio mi lascerò andare alle mie impressioni di ascolto…
https://athosenrile.blogspot.com/2024/11/introduzione-allalbum-plains-of-po.html
Sono otto le tracce proposte, e la commistione tra l’ortodossia strumentale classica, la qualità vocale e la “manipolazione” tecnologica producono un risultato che trascende ogni possibile incasellatura di genere.
Le immagini inserite nel booklet, le parole e le trame sonore diventano un mosaico le cui tessere non potrebbero trovare differente collocazione.
Il peso delle parole rispetto alla musica è sempre stato oggetto di argomentazioni, anche accese, ma la piena fruizione di un progetto di tale portata risponde in toto ad ogni possibile dubbio, perché nella creazione musicale perfetta non esiste elemento predominante.
Ana Spasic, in quanto frontwoman in un ipotetico concerto, emerge, per il
ruolo e per le sue incredibili skills, per una voce che conquista, per la
capacità di arrivare anche a chi è dedito ad altre tipologie musicali.
Il resto è poesia pura, quella di George Wallace, lirica in movimento accostata nella narrazione alla cultura legata ad una terra specifica, quella in cui è cresciuto Paladino, quella vita che da secoli ruota attorno alle rive del PO, un tempo protagonista di un grande sviluppo economico e culturale ma che, con l'avvento dell'industrializzazione, è divenuto oggetto di un forte impatto ambientale, a causa dell'inquinamento e dello sfruttamento eccessivo delle sue risorse.
Decodificare i testi di un brano, e quindi i pensieri dell’autore, è sempre cosa ardua, ma nella logica dell’interazione tra chi scrive e chi gode del risultato, provo a evidenziare ciò che i singoli episodi mi hanno suscitato, diventando anche io, almeno per un istante, parte del progetto!
Si parte con The Plains of PO.
Il testo presenta una forte carica poetica e un'intensa
riflessione sulla condizione umana e sulla società. L'autore sembra voler
sottolineare la complessità e la contraddittorietà dell'esistenza, intrecciando
immagini di violenza, passione, spiritualità e natura. Il riferimento a
Pasolini e al paesaggio italiano sottolinea la ricerca delle radici e di un senso
di appartenenza. La poesia diventa quindi uno strumento per comprendere e
interpretare la realtà, per denunciare le ingiustizie e per cercare un
cambiamento.
Doveroso citare i musicisti che contribuiscono alla
realizzazione del pezzo:
Violin: Giampaolo Verga al violino, Gino Ape all’oboe e Pierangelo Pandiscia al Cello samples.
A seguire The Horse That Never Was.
Il componimento poetico ci trasporta in un momento storico
preciso: la Milano di fine Quattrocento, dominata da Ludovico il Moro. Al
centro della scena, un'opera d'arte colossale, il cavallo di Leonardo da Vinci,
destinato a una tragica fine. Wallace, attraverso un linguaggio evocativo e
ricco di immagini forti, ci invita a riflettere sulla precarietà della
bellezza, sulla vanità dei progetti umani e sulla violenza della storia.
Una riflessione sulla natura effimera della bellezza e sulla
crudeltà della storia attraverso un linguaggio evocativo e ricco di immagini
forti, che ci offre una rappresentazione potente della fragilità dell'uomo di
fronte alle forze del destino.
Nel pool di musicisti si unisce Alessandro Fogar (keyboard texture).
La voce di Ana si manifesta come strumento puro che si lega all’aspetto interpretativo, e l’atmosfera che si viene e creare, tra il distopico e l’onirico, riempie e traborda dal luogo di ascolto.
Arriviamo a The Kiss: mistero, sorpresa, attesa, crescita, rigidità, viaggio e peso per sostenerlo, un cuore che pulsa sofferente rispetto al carico da sopportare. Metafora della vita? Dell'amore? Della spiritualità o di un qualsiasi altro aspetto dell'esistenza umana? L'apertura a molteplici interpretazioni è una delle caratteristiche più affascinanti di questa poesia.
Un duetto tra Spasic e Paladino è alla base della traccia, toccante,
con la sottolineatura di alcune parole in lingua italiana che emergono dalle
vocalizzazioni della cantante.
Magnifico!
Summer Daisies, oltre ai “due soliti noti”, vede la presenza di Byrn
D. Paul (guitar strategy).
Trattasi di un invito a un'introspezione profonda, ponendoci
di fronte a un dualismo affascinante: quello tra l'essere e il vuoto, tra la
vita e la morte, tra l'infinito e il finito. L'immagine centrale è quella del
fiore, un simbolo universale di nascita, crescita e decadimento, che diventa
qui metafora dell'esistenza umana e cosmica.
Da brivido!
In The Future mette in evidenza il
piano di Umberto Petrin (Bechstein del 1826 accordato a 432Hz).
Nella mia interpretazione la poesia si presenta come un
manifesto ottimista e visionario, una sorta di incantesimo lanciato verso un
domani migliore. L'autore dipinge un quadro di un'umanità redenta, capace di
superare le divisioni e le sofferenze del presente per raggiungere una
condizione di armonia e di felicità, un linguaggio semplice e diretto, che ci
invita a immaginare un mondo migliore, in cui l'amore, la bellezza e la
fratellanza prevarranno sulla violenza e sull'odio.
Ma anche il mero ascolto fornisce grandi soddisfazioni!
In California ritornano al Cello & Viola
samples Gino Ape & Pierangelo Pandiscia.
Wallace ci trasporta in un paesaggio notturno della California, dove la luna piena, sul punto di tramontare, illumina una scena di natura selvaggia e incontaminata, e attraverso un linguaggio ricco di immagini evocative e sensazioni tattili, ci invita a immergerci in un'esperienza sensoriale intensa e profonda, dove la solitudine trova la connessione con la natura, e tutto trova un suono adatto alla situazione.
Avvicinandoci alla fine dell’album troviamo A Butterfly
On A Grindong Wheel, con la presenza di Verga al violino,
Ape all’oboe e Pandiscia alle percussioni.
La farfalla diventa una metafora potente. Non è solo un
semplice insetto, ma un simbolo di resilienza, adattabilità e saggezza. Vola da
un ambiente all'altro, affrontando situazioni diverse mantenendo sempre la
propria identità.
Una riflessione sulla nostra vita e sulle nostre scelte, che
spinge ad imparare a vivere come la farfalla, in armonia con la natura, rispettando
tutte le forme di vita.
È questo il brano a mio giudizio meno assimilabile all’impatto, forse il più vicino al concetto di musica contemporanea, ma l’atmosfera creata da Paladino e Spasic è qualcosa di unico.
E arriviamo al termine del percorso con Resurrection
Song, che vede alla chitarra Sean Breadin.
Un intenso e commovente canto alla vita, alla morte e alla
rinascita, un viaggio introspettivo attraverso i sensi, le emozioni e le
esperienze di una vita che volge al termine, esaltando la caducità della vita
stessa, la bellezza della natura, la spiritualità e la trascendenza… l’amore!
Nonostante il tema della morte, la poesia appare come una
celebrazione della vita, della sua bellezza e della sua complessità, con un finale
particolarmente suggestivo, dove il poeta esprime il desiderio di tornare a una
dimensione originaria, un luogo di purezza e di luce, rappresentato dal colore
"azul" (blu in spagnolo), che rimanda al cielo e all'infinito.
Segnalo un piacere fisico che mi è arrivato nel corso dell’ascolto del brano!
Senza parole al cospetto di un lavoro complesso - non è un
caso che mi sia preso fin troppo tempo per la mia analisi - ma al contempo di facile
fruizione per i sensibili e virtuosi d’animo.
Una presentazione errata di “The Plains of PO” relegherebbe
il progetto all’interno di una nicchia, quella più open mind ma, conoscendo
Paladino, sono certo che l’espansione del suo lavoro a tutti i livelli di
fruizione lo renderebbe felice.
La complessità a cui accennavo è più di natura creativa, e non
credo di poter avere un’idea precisa di cosa voglia dire assemblare in tal modo
varie arti, giacché la sola tecnologia non può bastare a giustificare un
risultato positivo così evidente.
Mi godo l’album, che consiglio vivamente e di cui allego frammento
video…