Il chitarrista americano sapeva che
le sue registrazioni non sarebbero mai apparse sul disco, ma sa che il suo
contributo ha fatto la differenza nella canzone del 1979
Quando i Pink Floyd stavano lavorando a The Wall, decisero di chiamare il maestro del jazz americano Lee Ritenour, le cui centinaia di crediti includono Steely Dan e Sparks, per aiutarli a rinforzare alcune delle sezioni di chitarra. Nel 2020 Ritenour raccontò a Prog del suo coinvolgimento in Another Brick In The Wall, Part 2, e di come l'esperienza accrebbe il suo rispetto per la band.
Gli anni '70 sono stati un periodo fantastico a Los Angeles.
Ero in giro per un po' di roba prog rock, quando ricevetti una chiamata da Bob
Ezrin che mi diceva: 'Vorresti registrare con i Pink Floyd?', ma non mi disse che
era per The Wall.
Dissi che sarebbe stato meraviglioso ma… David Gilmour aveva
davvero bisogno di me?" Bob rispose che volevano un po' di ritmo e colore
in più, e forse avrei potuto dare una mano. Ho finito per suonare il ritmo su “One
Of My Turns” e la chitarra acustica su “Comfortably Numb”.
Mi presentai con una enorme cassa piena di chitarre e mi sistemai pensando che avrei fatto colpo su David Gilmour. Entrai nel laboratorio del produttore e David aveva circa 21 chitarre allineate nella stanza, tutte le più grandi chitarre che si possano immaginare! È stato fantastico!
Erano molto cool, e stavano lavorando all'assolo di chitarra
per Another Brick In The Wall. Ricordo che Bob, David e l'ingegnere proposero
un ascolto: suonava davvero bene!
Era Gilmour al 100%... anche se forse ci sono un paio di riff a cui diedi un po' di ispirazione.
Dissero che non sapevano come uscire dall'assolo e mi chiesero se mi sarebbe piaciuto provare qualche riff alla fine. Era solo per vedere cosa avrei fatto, anche se poi non l'avrebbero usato. Insomma, volevano solo rinfrescarsi le orecchie, nel tentativo di ottenere il punto di vista di qualcun altro per trovare ispirazione.
Impostai il mio sound e cercai di avvicinarmi un po' a quello che stava facendo David, che non era poi così lontano dal mio modo di suonare dell’epoca. Quando il disco uscì, era al 100 percento Gilmour con le sue idee. Ma forse ci sono un paio di riff lì dentro per i quali ho dato loro un po' di ispirazione!
Con tutta la mia roba jazz e pop che ho fatto, i Pink Floyd mi
risultano come un’esperienza insolita una cosa insolita, ma quel disco regge
ancora. In quel periodo, i Pink Floyd, insieme ai Genesis, in particolare col versatile
Phil Collins, erano i miei preferiti.