mercoledì 29 luglio 2009

Concerto a Savona:Bruce, Trower and Husband


Ero un ragazzetto, forse adolescente, a completo agio negli anni '70.
Anche allora le pubblicità televisive dettavano legge, ma la serie “Carosello”, ad esempio, è qualcosa che i nostri figli potranno seguire solo attraverso youtube, ed è un vero peccato.

Tra i tanti “consigli” televisivi ce n’era uno che ci spingeva ad acquistare “La gomma del ponte”, la mitica “cincingomma” Brooklyn.
Ho ricordi sfuocati relativi alla durata dello spot, ma non posso dimenticare la colonna sonora.
Variava nel tempo, ma io ricordo bene Hendrix, i Led Zeppelin e i Cream… robbetta da niente!
Credo proprio di essere arrivato a Clapton, Bruce e Baker attraverso questa pubblicità.

Il titolo del loro brano era “Traintime”, e ho bene in mente l’armonica di Jack Bruce che simulava l’andamento di un treno.


Rammento anche di aver successivamente litigato “violentemente” con un D.J. che sosteneva che i Cream non avevano mai usato un’armonica a bocca.
Tutto questo lungo preambolo per dire che giovedì scorso mi sono trovato davanti Jack Bruce, accompagnato nell’occasione dall’ex Procol Harum Robin Trower alla chitarra, e dall’ex Level 42 , Gary Husband.

È stata una settimana musicale a cui non avrei mai potuto immaginare di partecipare.
Martedì Eric Burdon da lontano, mercoledì Pamela Des Barres da vicino, giovedì Jack Bruce e company.

Sono sul lato sinistro del palco e riprendo da vicino la seconda parte del concerto (la prima parte ero seduto in platea).
Non so dove ho trovato il coraggio per spingermi così tanto, ma Zibba, organizzatore dell’evento assieme a Marco Traverso (ovvero i “signori “Raindogs), mi lascia gentilmente “lavorare” senza protestare.

Il concerto finisce e incomincia il rito della falsa fine e dell’attesa, prima del bis.
I tre musicisti sono in un angolino del palco, al buio, a due metri da me che li osservo mentre parlano tra di loro.
Immagino che chi subisce il fascino dei musicisti che hanno fatto la storia del rock possa capirmi.
Davanti a me persone inarrivabili, artisti visti solo sulle copertine dei vinili, e ora a un passo dalla mia videocamera.
Di fronte a me la mia giovinezza lontanissima, anche se la sensibilità nei riguardi dei tanti aspetti relativi al rock è probabilmente sintomo di freschezza interna.

Ritornano sul palco per il canonico bis ed è un successo.



Il brano finisce, Bruce si gira verso la mia direzione, pronto a “scappare”.
Sul suo volto è sparito il pur debole sorriso, per lasciar posto ad uno sguardo tra il serio e il funereo.
Provo a chiedergli un autografo ma senza riscontro… tira dritto e sparisce.
Trower e Husband si dimostreranno più cordiali.

Il mio concerto era iniziato nel tardo pomeriggio, quando mi ero recato al Priamar per “rubare" il soundcheck.

Avevo solo scontrato la band in uscita a fine prove, constatando, da dietro, la piccola statura di Jack Bruce.
Qualcuno mi aveva poi raccontato di un Bruce abbastanza decadente nel fisico, forse eccessivamente affaticato… 67 anni sono ormai la norma per i nostri rock heroes!

Il primo atto del concerto prevede l’esibizione di Zibba e Alma Libre.
Pubblico è numeroso, ma ancora una volta non è pienone.
Zibba e Marco Traverso si presentano e forse... si trattengono .
Un mezz’ora di buona musica, con un ospite di estremo valore, Rigo Righetti, già bassista di Ligabue.
Ma probabilmente anche loro hanno voglia di vedere all’opera il supergruppo.

Ho rivisto i Cream.
Il sound è quello e Jack Bruce è un forte elemento condizionatore.
“Sunshine of your love”, “White Room”… come non fare paragoni!?
Emozioni e ricordi si mischiano allo sforzo di valutazione oggettiva.
Il pregio di questa formazione è forse quello di essere costituita da tre grandi solisti, e il limite è quello che l’amalgama non sempre è evidente: tre eccellenti musicisti che forse sono poco “gruppo”.

Qualcuno il giorno dopo mi ha fatto notare che Husband è davvero di una “leva” inferiore, che non significa minor qualità, ma la differenza di età è riscontrabile anche sulla tecnica.
Ma queste insignificanti disquisizioni spariscono, svaniscono, come con Winter, Majall, Clapton, quando rifletto su chi ho avuto l’opportunità di ascoltare e vedere.
E ogni volta che assisto ad un concerto di ultrasessantenni penso sempre che potrebbe essere l’ultima occasione per vedere miti che, da un momento all’altro, potrebbero decidere di godersi un meritato riposo, lontani dalle scene.

E nei miei piccoli vanti quotidiani risulta piacevole poter dire:”… io, ancora una volta, c’ero!”




martedì 28 luglio 2009

Pamela Des Barres a Savona



Circa un anno fa, rimasi colpito da una bella intervista di Red Ronny a Pamela Des BarresSdraiati entrambi su un letto, in una maliziosa cornice ideata dall’esperto Red, entravo nel mondo della conosciutissima Pamela che raccontava la sua vita votata al contatto con le star del rock.
A fine estate comprai uno dei suoi libri, “Io sto con la band”, e divorai le pagine alla ricerca di aneddoti… rock. 
Qualcuno mi aveva stroncato sul nascere la lettura, raccontandomi di come fosse noiosa. Io ho letto con piacere e, pur non condividendo certe scelte, ho iniziato a pensare a Pamela come a una rock star indotta, ovvero un mito per effetto della confidenza di cui ha goduto con i vari Page, Jagger, Moon, Hillman, Redding, Hendrix, Morrison e… tre anni in casa Zappa la dicono lunga.
Pamela Des Barres è calata a Savona, madrina della rassegna “Just Like a Woman”. Incredibile... a Savona!

Arrivo nel centro storico con tanto di famiglia e libro nella borsa. Magari un autografo ci scappa! E’ prevista una sua “esibizione” on stage, accanto ad Andrea Mirò, con Enzo Guaitamacchi a condurre il gioco.
Pam non canterà, anche se occorre ricordare che ha fatto parte del primo gruppo tutto femminile della storia del rock, le GTO’S.
Risulteranno 45 minuti piacevoli, tra intervista, canzoni e, sullo sfondo, i quadri di Carlo Montana, che riesce a realizzare davanti a noi i ritratti di Jim Morrison e Jimi Hendrix. Ma prima di tutto ciò vivo un momento magico da ricordare.
I tavolini del dehor davanti al palco sono pieni, e in prima fila vedo una coppia di amici. Chiara mi chiede se ho un libro da autografare e io: “… of course!” Poi aggiunge: “... ma lo sai che è seduta dietro a poca distanza da noi?”
Mi giro e la vedo intenta a chiacchierare con una signora distinta, di stampo inglese. Mi faccio coraggio e chiedo a Chiara di seguirmi.
Non dimostra i suoi anni Pam, e il fascino è rimasto intatto. I capelli, forzatamente rossi, contrastano con gli occhi blu nascosti dagli occhialoni, mentre accavalla con semplicità le gambe.Pamela si dimostra gentilissima, mi autografa il libro e accetta di farsi fotografare con me.Io e lei seduti al bar! Ritorno adolescente sotto agli occhi di mia moglie che sorride, anche se non mi è chiaro se si tratta di divertimento o “compassione”. Non importa, anche questa foto innocente troverà posto sulle pareti del mio garage, assieme a decine di altre dello stesso “valore”.
Salutandola le strappo la promessa di un’intervista via mail. Difficilmente mi risponderà, ma ricorderò con piacere questo momento vissuto nel centro storico di Savona, in una calda serata di luglio.





lunedì 27 luglio 2009

Eric Burdon a Genova


Martedì 21 luglio mi sono trovato, non casualmente,  nel porto antico di Genova, all’Arena del Mare: in questo periodo ad alta densità musicale, non potevo perdermi Eric Burdon and the New Animals.

Per i più giovani - ma amanti della buona musica - e desiderosi di risalire alla radici del rock, evidenzio che gli Animals sono una band britannica, nata negli anni '60, ancora oggi rappresentata dall’ultra sessantenne Eric Burdon.
Chi non conosce “The house of the rising sun”?

A seguire la propongo in versione 2009.

Gli Animals, dal 1994 nella Rock and Roll Hall Fame, sono anche considerati precursori di un certo rock “duro”, rappresentato da un brano come “We’ve Got to Get Out of This Place”.


E’ quindi con una certa emozione che ho atteso l’inizio del concerto, ormai convinto che certe occasioni potrebbero essere le ultime, data l’età e la volubilità di certi artisti.
Avere davanti la storia del rock giustifica in ogni caso il prezzo del biglietto!
Scenario fantastico, con navi e passeggeri che, transitando a lato del palco, contribuiscono a creare un’atmosfera unica.
Musica e mare, connubio indissolubile per noi liguri… chissà se Eric Burdon si accorge di qualcosa?!

Il pubblico è numeroso e io sono abbastanza lontano dal palco, ma c’è una buona visibilità da qualsiasi posizione.

Il gruppo è on stage, tutti musicisti a me sconosciuti.
Ma la sorpresa è la violinista, giovane di cui non conosco il nome.
Mi colpisce il suo modo unico di suonare, con il violino verticale e la mano sinistra che sostiene il manico mentre le dita scivolano sulla tastiera.

Nel brano a seguire, lo sgabello aiuta nell’apparente complicata operazione.


E poi entra lui, Eric, e si ritorna indietro nel tempo, con i brani più famosi del repertorio Animals.
Gli anni ci sono, ma la voce regge bene e sul palco non manca l’energia.
Mi ha particolarmente colpito Red Young alle tastiere, elemento di alta caratura.
Bene anche la chitarra di Billy Watts mentre Brannen Temple dà il meglio di se nel lungo bis, “We’ve Got to Get Out of This Place”.

Un’ora e mezza di musica e ci troviamo sotto al palco nella speranza di vedere Burdon.
Mancano in due, lui, forse il meno giovane, e lei sicuramente l’ultima arrivata, anagraficamente parlando.
Ci viene spiegato che Eric è già a riposare… della brava violinista si sono perse le tracce.
Nell’insieme un concerto da sette, senza grossi acuti, ma globalmente riuscito.


In attesa di qualche altro mito vivente…

venerdì 24 luglio 2009

Aldo Ascolese



Circa un mese fa, ho assistito ad un concerto a Oviglio, nell'alessandrino.
Era la replica di quanto avevo visto un paio di mesi prima ad Alba, e in quell'occasione i protagonisti erano i Beggar's Farm e svariati ospiti d'eccezione: Clive Bunker, Bernardo Lanzetti e Rodolfo Maltese.
Uno dei più bei concerti degli ultimi tempi:

A Oviglio non era presente Bunker, ma in compenso ho avuto l'oportunità di scoprire un cantautore genovese, con una lunga storia alle spalle, ma per me (chiedo venia ad Aldo!) sconosciuto.
Ho cercato quindi di approfondire.

Aldo Ascolese nasce a Genova il 17 marzo 1964.
Il pubblico e gli addetti ai lavori definiscono Aldo uno tra i migliori cantautori genovesi in circolazione. Molti lo definiscono il vero erede di Fabrizio De André, non solo per la pasta vocale e la profondità timbrica, che in effetti ricorda il compianto cantautore scomparso, ma soprattutto per i suoi testi, che si sviluppano sempre su temi riguardanti il sociale, i suoi vicoli e la sua Genova.
La musicalità in lui è innata, e senza aver preso lezioni ne aver studiato lo strumento, scrive i testi e compone le musiche delle sue canzoni da oltre 30 anni.
Le sue canzoni le canta accompagnandosi con la chitarra, che ha imparato a suonare da autodidatta.
Ha fatto da spalla per anni a illustri cantautori, tra i quali De Gregori, De André, Guccini , Bertoli e Vecchioni.
Il suo genere sfiora il tango e la milonga, la sua voce è calda e profonda e l'intonazione precisa.


L’INTERVISTA

Con un po’ di pudore ammetto di averti scoperto solo al concerto di Oviglio, eppure viviamo a 45 km di distanza e, con ruoli differenti siamo dentro la musica.

Non sei il primo a farmi questa domanda... pensa che io ho iniziato a esibirmi all'età di 14 anni, al Teatro Margherita di Genova; eravamo pochi pochissimi cantautori allora, io, Francesco Baccini, Enrico Lisei... ora a Genova ci sono più cantautori che topi! Diciamo che quello era un bel periodo, lavoravo parecchio grazie anche ad un carissimo amico, Michele Maisano che mi aveva voluto come ospite fisso nei suoi concerti; quello è stato il periodo più bello a cui è seguito un momento negativo in cui ho dovuto mollare per alcuni anni e sono sparito dalle scene.

Cosa ti ha impedito sino ad ora di ottenere la visibilità che meriti, visto che il talento non ti manca?

Diciamo l'invidia di alcuni colleghi cantautori che hanno molto potere a Genova e cercano di nascondermi chiudendomi le porte; sono costretto a trovarmi del lavoro fuori Genova, ma non ci sono problemi, va bene così, anzi, devo ringraziare perchè ho conosciuto persone nuove che credono in quello che faccio. 

Ho letto di un tuo rallentamento delle attività in un momento doloroso della tua vita. La musica può dare un po’ di sollievo nei momenti più difficili che la sorte ci riserva?

Sì, e stato un momento difficilissimo, un male incurabile si è portato via mia moglie che aveva solo 33 anni. Beh, li smisi totalmente ogni mia attività; sono stato parecchi anni solo e con una fortissima depressione, ma poi ho conosciuto Angela Baggi, un donna stupenda dotata non solo di una grande umanità, ma anche di un talento fuori dal comune, una voce stupenda, nera, soul.
La conobbi a Milano ad un suo concerto gospel; devo dire grazie a lei se io sono ritornato a scrivere, o meglio a rivivere.

I vicoli , il porto di Genova, così come accade a Savona, la mia città, erano un tempo zone “pericolose”, molto diverse da ciò che sono oggi. E’ più difficile adesso, rispetto al passato, trarre spunto per raccontare le vite comuni che frequentano la parte vecchia della città?

Guarda, se ti inoltri nei vicoli, ancora oggi ogni dieci metri incontri un personaggio strano, anche se non ci sono più le storie di un tempo.
Prima i vicoli erano governati dalla mafia italiana; io ho conosciuto Carmela Ferro, in arte Marechiaro: era famosa per essere riuscita a evitare più volte il carcere grazie a ben dieci gravidanze.
La storia di Carmela, e quella della malavita napoletana degli anni '50 e '60, trapiantata nei caruggi di Genova, legata in particolare al contrabbando di sigarette, ispirò De Sica e Edoardo De Filippo nel 1963 e anche io ne rimasi colpito e scrissi una canzone riguardo quella storia, ma credimi, preferivo i vicoli di un tempo che gli attuali; prima se ti facevi i cavoli tuoi nessuno ti toccava e potevi girare tranquillo, adesso è molto peggio, non sei più padrone della tua città, o meglio dei tuoi vicoli.

Mi hanno detto della tua passione per la fotografia. Quali similitudini e differenze esistono tra il fissare un’immagine in una cornice e una strofa musicata? Non è molto diverso fissare un'immagine o una storia cantata e musicata... alla fine! 

Nessuna differenza, tutte e due le cose devono alla fine raccontare una storia, avere un senso, lasciarti a bocca aperta, ma sopratutto fissare un ricordo che duri nel tempo.

Cosa accomuna l’Ascolese cantautore/cantastorie con l’Hendrixiano Bambi Fossati? Cosa significa musica rock per te?

Bambi mi ha visto crescere, è stato il mio maestro, il mio idolo; frequentava un centro sociale dove insegnavano parecchie cose, arti marziali, disegno e la musica.
Lui insegnava gratis a tutti i ragazzi che non potevano permettersi una scuola vera e propria.
Mi ricordo che io gli chiesi: "Bambi io non voglio scrivere la musica a me serve solo saper mettere le mani sulla tastiera!" , cosi mi fece lezione a parte, mi insegnò a suonare le canzoni di Battisti.
La musica rock per me? Posso non risponderti? Sono veramente ignorante su questo genere.

Tutti abbiamo dei rimpianti. Dimmene tre dei tuoi.

Il primo non aver voluto mai studiare musica.
Il secondo non aver mai voluto leggere un libro e continuare con gli studi... ho solo la licenza media.
Il terzo... il mio essere stato sempre troppo pigro... mi ha fatto perdere un sacco di occasioni davvero importanti.

E’ impressionante la somiglianza della tua voce con quella di De Andrè. E’ sempre stato così, o il cantare un particolare repertorio induce ad una certa emulazione?

Si e sempre stato cosi, la mia voce è questa, sono nato così, con questo timbro. Beh, oggi che sono invecchiato la mia voce e migliorata, è diventata più potente nei bassi; poi fumo anche molto e questo mi aiuta parecchio, non con la salute però. In molti dicono che la mia voce è più bella e più calda di quella di Faber.

Sono curioso di sapere quale strada ti ha condotto a Franco Taulino e alla Beggar’s Farm.

Ci siamo conosciuti a Castel San Giovanni. Io ero ospite con Paolo Bonfanti; diciamo che ci siamo piaciuti sin da subito, e dopo una settimana ci siamo chiamati e parlati, ed eccoci qui.

La formula che ho visto ad Oviglio ( per la seconda volta)mi sembra rivoluzionaria e vincente, perché tanti artisti diversi sul palco, ma uniti come uno solo gruppo, danno un’idea positiva della musica, l’immagine che preferisco. Che tipo di valutazione dai?

Guarda quando Taulino mi propose questa cosa, con Bernardo Lanzetti, Rodolfo Maltese, Clive Bunker,personaggi che hanno fatto la storia della musica italiana, rimasi un'attimo brasato, ero al settimo cielo. Poi i ragazzi del gruppo sono bravissimi lavorano benissimo trovare dei musicistii che suonano a questi livelli non è facile credimi. Diciamo che è una grande famiglia quella di Taulino.
la valutazione? La vorrei lasciare al pubblico, sempre stranumerosissimo ai nostri concerti.

Cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo Aldo Ascolese ?

Di immediato un libro molto importante che dovrebbe uscire per dicembre: sono una cinquantina di scatti per una artista famosa che crea gioielli.
Siamo stati circa due mesi in Marocco per il servizio fotografico e questa è la terza edizione; la prima era stata affidata ad uno tra i più grandi fotografi al mondo, Fabrizio Ferri; la seconda edizione a un fotografo bravissimo tedesco, Heinz Shattner, e quest'ultima edizione e stata comissionata a me... belin sarò mica bravo anche io?
Riguardo alla musica invece, sto lavorando a un bellissimo progetto che tengo chiuso dentro... non a un cassetto, ma a un un armadio! E' troppo grande credimi... non ho mai inciso un cd tutto mio, mentre tanti miei colleghi come minimo ne hanno già 3 o 4 alle spalle; ho sempre preferito aspettare e fare le cose per bene e sopratutto con una casa disgografica importante... e un grande arrangiatore per le mie canzoni. Uno di questi è Mauro Pagani... non ti posso dire altro per scaramanzia... ti dico solo... va bene cosi !!!

Un 'ultima cosa, ci sono attualmente cantautori che potrebbero in qualche modo prendere il posto del grande Fabrizio De Andrè ?

Tanti ci provano ad imitarlo, ma senza nessun risultato apprezzabile. Poi ci sono quelli che con l'aiuto dell'amico giornalista che fa articoli pazzeschi cerca di farsi largo con interviste enormi, inondando non solo pagine e pagine di giornali, ma anche internet, forum, blog, myspace. facebook...ma quello che conta di più, la cosa fondamentale è il pubblico; se fai 3 cd in più hai delle persone importanti che ti spingono in tutti i modi, e malgrado ciò non riesci a vendere, vuol dire che qualcosa non quadra, non funziona
Anche io sono contro i discografici che non capiscono un "azz" di musica, investono miliardi su un Marco Carta qualsiasi, quando nei locali più svariati ci sono ottimi cantanti con venti anni di gavetta alle spalle e che "gli fanno un c..o tanto" ... ma non diamo solo la colpa a questi; io credo che se una canzone è bella e alla gente piace, la gente la compra.
Al momento, per quello che si sente in giro, diciamo che siamo orfani di belle canzoni.




lunedì 20 luglio 2009

Concerto dei Delirium e Cerchio d'Oro a Savona


Alcuni giorni fa avevo chiesto a Cinzia Bruzzone una collaborazione, un resoconto del concerto dei Delirium e Cerchio d'Oro, che si sarebbe tenuto il 17 luglio.
I motivi di questa richiesta erano due, la mia continua voglia di condivisione delle esperienze musicali, e l'impossibilità di segure l'evento nella mia solita maniera, essendo in parte occupato dall'aspetto organizzativo.
Cinzia Bruzzone è una "penna autorevole" di contrAPPUNTI, il giornale che si occupa di musica Progressive, e fa parte dello staff del "Centro Studi per il Progressive Italiano", coordinato da Riccardo Storti.
Chi meglio di lei poteva correre in mio aiuto?


Quando l’amico Athos tempo fa mi propose una collaborazione per il suo blog, in occasione del concerto dei Delirium a Savona, subito pensai a una cronaca più o meno dettagliata della serata, insomma, la classica recensione. Il 17 luglio ho dovuto ricredermi.
Innanzi tutto le condizioni meteo, non certo favorevoli, hanno contribuito non poco a compromettere un evento che avrebbe dovuto essere una vera e propria occasione di promozione del nostro amato prog a Savona, ma soprattutto un preludio a una stagione di concerti in questa città, per me ancora un po’ estranea, che vorrebbe risvegliarsi dal torpore.
Due gruppi sul palco a sfidare le intemperie (vento forte e una coltre di umidità), Il Cerchio d’Oro in apertura e i Delirium, giusto in tempo, prima del nubifragio di qualche ora dopo.
Non è certo facile rimanere obiettivi dopo aver assistito a questo concerto. Di sicuro non ha aiutato il volume fuori controllo della chitarra di Solinas o il gong di Di Santo, a ogni percussione del quale i timpani sembravano andare in pezzi! Né il fatto che le tastiere di Piccolini (padre e figlio) si sentissero poco o niente. E l’elenco potrebbe continuare. Restano da indagare le responsabilità; di certo i fonici hanno fatto il possibile, ma ormai il danno era stato fatto. E di questo inevitabilmente ha risentito anche la resa della performance, non è difficile capirlo.
Ma difendiamoli, questi artisti! Solleviamoli dal coro delle voci scontente, dalle continue occhiatacce di molti nel pubblico verso il banco di regia, dalla scelta, peraltro giustificabile, di chi ha lasciato la platea a metà concerto a causa del volume intollerabile e del sonoro pessimo (platea già di per sé decimata dal maltempo). La prima ondata di rabbia cede il passo alla consapevolezza, di chi questi gruppi li conosce bene e ha avuto altre -migliori- occasioni di ascoltarli dal vivo, che nonostante tutto hanno dato il massimo, come sempre; e di chi, nel frastuono, ha saputo cogliere la bellezza di un brano come Quattro mura o l’intensità di una Dolce acqua. D’altronde sono cose che capitano, non lasciamo che un inconveniente scalfisca l’immagine che abbiamo di questi musicisti, o peggio ancora, il nostro interesse nei loro confronti: ci saranno altre opportunità e la grinta e la bravura di certo non mancheranno, come non sono mai mancate.

giovedì 16 luglio 2009

Focus


Oggi e' il turno di un altro grande (per me )gruppo Prog, credo ancora in attivita', dal momento che lo scorso anno ho ascoltato un loro nuovo lavoro.

Sto parlando dei Focus, gruppo olandese degli anni 70.
A quei tempi (come oggi d'altronde) avevo una passione smisurata per i Jethro Tull, e dopo aver ascoltato i primi lavori dei Focus, pensai di aver trovato un gruppo che poteva eguagliarli , se non superarli.
In realta' era solo il flauto di Van Leer che mi riportava a Ian Anderson, e... il sorpasso non avvenne mai( e che bisogno c'era?)
Nondimeno i Focus hanno rappresentato qualcosa di significativo per quel tipo di musica e alcuni brani sono dei must per gli amanti del genere.
Parlo di "Hocus Pocus", di "Sylvia" e di "The House of the King".
Quest'ultima e' stata spesso scambiata per un pezzo dei Tull ed e' stata anche la sigla di qualcosa di radiofonico o televisivo (non ricordo bene) nel panorama mediatico di quel periodo.
Da segnalare due ottimi strumentisti:
il tastierista/flautista/voce , Thijis Van Leer e, soprattutto il chitarrista Jan Akkerman, piu' volte nela classifica dei migliori dell'epoca.

Vediamo qualche breve nota relativa al gruppo.
Spesso chiamati i Jethro Tull olandesi, i Focus passano alle cronache per i loro brani pop, piu' o meno sinfonico, costruito su orecchiabili ritornelli e ripetuti virtuosismi di Akkerman e Van Leer. Sono la piu' famosa band olandese di progressive (forse piu' nelle intenzioni che nei risultati) divenuta famosa in tutto il mondo. Il loro stile si puo' definire classicheggiante , con influenze jazz e numerose parti strumentali, assoli virtuosistici e cantati enfatici.
Per chi volesse accostarsi adesso alla loro musica passata, segnalo" Focus 3", doppio album di studio, con una jam strumentale lunga una facciata e mezza, piu' i loro pezzi piu' famosi (tranne Hocus Pocus).
Una curiosita': il solo brano cantato e' in latino ed e' un testo che prende spunto dall'Eneide.

Ascoltiamoli in "The House of the King" e "Sylvia"



Ed ecco una versione dei Focus piu' recente



Citazione del giorno:

"L'oblio e' una forma di libertà" ( Kahlil Gibran)



lunedì 13 luglio 2009

Cabaret ai Bagni Nilo


Lo scorso anno, più o meno di questi tempi, raccontai qualcosa dei Bagni Nilo, stabilimento balneare che frequento dal 1976, luogo che è stato testimone di importanti avvenimenti della mia vita.
Le mie riflessioni del giugno scorso si posso reperire qui:


Ieri sera, partecipando alla serata dedicata al cabaret, ho ricordato di portare con me la mia videocamera, di infima qualità, ma di dimensioni contenute e quindi comoda, quella che normalmente mi accompagna nei concerti rock, di cui sono assiduo frequentatore.
I ricordi sono una parte importantissima della nostra vita, e più l’età avanza e maggiore è il piacere che si prova nel raccontare il passato, ovviamente con un po’ di nostalgia.
Ogni tanto sfoglio le fotografie degli antichi bagni Nilo, ritrovo le feste (a cui un tempo partecipavo), ritrovo amici, persone ormai scomparse, rivedo affetti e riesco a ripercorre tutta una vita attraverso poche immagini.


Ciò che sto scrivendo, ciò che ho filmato( il video ufficiale renderà giustizia allo spettacolo!) verrà rivisto tra molto tempo dai miei figli, ad esempio, e probabilmente da qualche altro presente, e la serata del cabaret, quella che Luca ha voluto fortissimamente, assumerà contorni che vanno oltre la mera serata tra amici, e non si confonderà con i tanti eventi estivi a cui solitamente presenziamo.
Non mi dilungherò sulla lista dei nomi, anche perchè alcuni dei presenti erano per me solo visi conosciuti, nonostante i miei 37 anni di frequentazione.
Però tutti si sono divertiti, anche io che sono tendenzialmente un po’ “orso”, ammalato di musica e concentrato solo su quella, nel tempo libero.
La “costruzione" della serata sarà forse costata un po’ di sacrificio, ma il risultato ha ricompensato gli sforzi, e credo che la più grossa soddisfazione per chi si è prestato alla realizzazione dell'evento, sia stata la dimostrazione spontanea( non obbligata) di gradimento incondizionato.
Un altro piccolo pezzo di storia dei Bagni Nilo….

I filmati a seguire possono essere visti anche su Youtube, ai seguenti indirizzi:

















venerdì 10 luglio 2009

Wet Willie


Fra i tanti gruppi che negli anni '70, sull'onda del riflusso, celebrarono lo sposalizio fra il blues-rock e le jam dei primi gruppi hard, i Wet Willie si distinsero fin dall'inizio per un cipiglio più vibrante, per il mordente feroce, la carica aggressiva, e soprattutto per il viscerale taglio rhythm and blues (mediato dal più cruento Otis Redding). D'altronde il gruppo (cinque maschi e due femmine da Mobile, Alabama) poteva contare sul miglior cantante del Sud, Jimmy Hall, incrocio di razza fra rocker e soul-man, e sul chitarrista quasi heavy Ricky Hirsch.
Red Hot Chicken, su Wet Willie I (Capricorn, 1972) il gospel a ritmo reggae Keep On Smilin', su Keep On Smilin' (1974), l'hard-rock soul Dixie Rock, su Dixie Rock (1975), Everything That 'Cha Do, su The Wetter The Better (1976), Street Corner Serenade, su Manorisms (Epic, 1978), Weekend su Which One's Willie (Epic, 1979), segnano un progressivo allontanamento dal country-boogie degli Allman Brothers.
La loro originale sintesi di hard-rock, soul, e gospel, rappresenta un coriaceo contributo al progresso del rock.

giovedì 9 luglio 2009

Foreigner


I Foreigner sono un gruppo hard rock nato a New York nel 1976 e divenuto famoso negli anni 80 per canzoni indimenticabili come Waiting For A Girl Like You e I Want To Know What Love Is.
La band fu fondata dall’ inglese Mick Jones, già nei Nero and the Gladiators, Spooky Tooth e The Leslie West Band che nel 1976 conobbe Ian McDonald, ex membro dei King Crimson, e formò i Foreigner, di cui facevano parte anche Lou Gramm, Dennis Elliott, Al Greenwood e Ed Gagliardi.
L’omonimo primo album del sestetto, uscito nel 1977,vendette più di quattro milioni di copie negli Stati Uniti e rimase nella Top 20 per un anno con diverse hits, quali Feels Like The First Time, Cold as Ice e Long Long Way From Home.
Il loro successivo album Double Vision ebbe un successo addirittura maggiore del precdente grazie anche ai singoli Hot Blooded e la titletrack.
Head Games, il terzo album della band, ebbe anch’esso abbastanza successo grazie anche ai due singoli, la titletrack e Dirty White Boy.
Nel 1980 Greenwood e Gagliardi lasciarono la band per aggregarsi agli Spys e dunque i Foreigner divennero un quintetto con l’entrata del bassista Rick Willis.
Il quarto album dei Foreigner, 4, contiene hit leggendarie come Waiting For A Girl Like You, Urgent e Jukebox Hero.
Il successivo album, Agent Provocateur, realizzato nel 1984, conteneva l’unica canzone del gruppo che giunse al primo posto nelle chart, I Want To Know What Love Is.
Dopo questo album, giudicato da molti il migliore, Jones e Gramm intrapresero la carriera solista per poi ritornare in studio nel 1987 insieme al resto della band per registrare Inside Information, un ottimo album che conteneva hits come Say You Will e I Don’t Want To Live Without You.
Lontani dai riflettori per tre anni, nel 1990 i Foreigner ritornarono in studio con un nuovo cantante, Johnny Edwards, e registrarono Unusual Heat, album definito "peggiore"
A confronto con i precedenti album della band, questo fu definito il peggiore.
Nel 1992 la band pubblicò la raccolta The Very Best And Beyond e tre anni dopo, con il ritorno del cantante Lou Gramm, realizzò Mr. Moonlight che fu definito ai livelli del mediocre Unusual Heat.
Nel 2003 Lou Gramm intraprese nuovamente la carriera solista e formò The Lou Gramm Band e Jones, l’unico superstite della line-up originale, decise di riformare nuovamente la band e Gramm fu rimpiazzato alla voce da Kelly Hansen.
Lat.fm


martedì 7 luglio 2009

Jethro Tull a Bergamo- 4 luglio


Ancora un concerto, ancora i Jethro Tull.
Per i fan del gruppo l’appuntamento è a prescindere.
Ci si interroga speranzosi sulla situazione vocale di Ian Anderson, si è curiosi di vedere se i nuovi si sono finalmente integrati decentemente, si pensa che sia bene esserci, avendone la possibilità, perché potrebbe non esserci un altro tour … e alla fine si è sempre presenti.
Questa volta la location più vicina è Bergamo, due ore e mezza da casa.

Ho memoria di tutti i concerti visti, sin dall’adolescenza, ma su alcuni c’è qualcosa in più da raccontare, magari l’episodio sfortunato, o un piccolo incidente di percorso.
Spesso questi momenti esulano dal fattore musicale e magari lo superano o riescono a “nobilitare” una giornata da “normale performance”.
Ricorderò Bergamo per il concerto più corto a cui abbia mai assistito, il tutto motivato da situazioni climatiche novembrine, con bufere di vento, cartelli stradali per aria, lampi, tuoni, pioggia… è mancata la neve!

E’ stata comunque una serata di buona musica, ma le condizioni atmosferiche sono state determinanti e hanno impedito, ad esempio, di ascoltare Ray Wilson il cui compito era quello di aprire la serata.

Ma vediamo con ordine un pò di cronaca.
La partenza da Savona avviene con largo anticipo e alle 17, 30 siamo già sul posto.
Lo spazio dedicato all’evento è adiacente allo stadio e il contesto sarebbe stato davvero fantastico se il tempo fosse stato clemente.
Il green che accoglie il palco e gli spettatori è di forte impatto scenico e ho a lungo immaginato, in attesa di una decisione degli organizzatori, come sarebbe stato bello vedere i numerosi presenti seduti a terra, come ai raduni di un tempo.
Unico sollievo il porticato sul perimetro del cortile: poca acqua sulla testa ed esercizio di socializzazione.

Si incontrano vecchi conoscenti, si abbinano facce sconosciute a nomi noti, si trovano persone che vivono nella stessa città, che seguono i Tull da sempre e che non sanno dell’esistenza di un fanclub.

Il fanclub ha un grosso pregio, dal mio punto di vista: da concerto a concerto, da convention a convention, di anno in anno, si incrementano e si fortificano le conoscenze, che passano dal superficiale al profondo, e alla fine il collante principale, i Jethro, si affievolisce a favore della voglia di ritrovarsi, per parlare di musica in generale, ma non solo.

Wazza Kanazza, arrivato appositamente da Roma per il merchandaise, si sgola per vendere le magliette ufficiali del tour, mente i chioschi iniziano la vendita di birre e panini.
Dalle 18.30 piove e qualcuno azzarda che le saette che illuminano il cielo siano lanciate da Ian in persona.

I più esperti di meteo prevedono le nubi lontano dal palco per le 21, altri si aggrappano alle iettatuture lanciate da chi non è potuto venire e provano a supplicare via telefono un rallentamento delle attività, ma da lassù nessuno sente.
Il tempo passa, qualcuno urla e un organizzatore interviene chiedendo pazienza… occorre suonare ed ascoltare in sicurezza e nulla deve essere lasciato al caso.

Sono forse le 22.45 quando i dubbi si sciolgono e i Jethro iniziano: non piove più e i problemi tecnici e di sicurezza sono stati risolti.
Non so esattamente in quanti fossimo, le cifre che giravano erano le più disparate e partivano dai 2500 per arrivare a 4000; però il tappeto verde mi è sembrato tutto pieno.
Lo start è per Nothing is Easy.

Ian appare in buona forma e la sua voce è migliore rispetto ad altre occasioni del passato.
Sono mancate quelle sue alzate in punta di piedi, che tanto mi fanno soffrire, quegli sforzi tesi al favorire la fuoriuscite di note particolarmente alte.
Sul palco si muove come un ragazzino e al flauto e alla chitarra è sempre LUI.
Martin Barre guadagna spesso il centro del palco, quasi a condividere la leadership con Anderson.
Grande come sempre, così come Doane Perry che si esibisce in un grande assolo in Dharma for One.
Prima del pezzo tratto da This Was, ascoltiamo A new Day Yesterday, Mother Goose, Bourèe, King Henry's Madrigal (mai sentita dal vivo, una bella sorpresa), Heavy Horses e Farm on the Freeway.

David Goodier mi è piaciuto e ho anche apprezzato una diversa scioltezza di John O'Hara, meno ingessato del solito sul palco e alle tastiere.
Momento topic This as a Brick unito ad Aqualung e … il concerto è finito.
Ovviamente il solito bis, Locomotive Breath.

Un’ora e un quarto di musica quando si arriva alla mezzanotte e l’organizzazione prevede lo stop. Concerto brevissimo quindi, ma gente soddisfatta: altra mostrina da mettere sulla divisa!
Il rammarico è rivolto al pensiero che con una serata più mite tutto si sarebbe svolto in modo più piacevole e la musica sarebbe stata quantitativamente (e forse qualitativamente) più importante.
I Jethro Tull ci sono ancora e stando a quanto visto sul palco (tutto è riferito ovviamente a Ian) potremmo goderli ancora per molto nelle performance dal vivo.
Ma viviamo alla giornata e accontentiamoci della … pioggia di Bergamo… per il momento.

Prossimo appuntamento 27 agosto, dalle parti di Ravenna.