martedì 30 maggio 2023

THE SAMURAI OF PROG featuring OLIVIERO LACAGNINA-"THE MAN IN THE IRON MASK"-Intervista all'autore

 

Per chi come me sente la necessità di condividere sino allo sfinimento la musica che ritiene valida, cercando di arrivare laddove non esiste l’interesse del mainstream, descrivere il “mondo Samurai” diventa atto imperativo. Non mi dilungherò sulla storia dei finlandesi The Samurai of Prog e dintorni, essendo questo spazio carico di esempi concreti, dal momento che seguo da anni la band, la più prolifica che abbia mai visto ed ascoltato.

Sintetizzo: serio e rigoroso lavoro in team (a distanza), enormi collaborazioni in giro per il mondo, largo spazio - anche compositivo - ai vari musicisti, proposizione del prog sinfonico tanto amato dai seguaci del genere e tanta attenzione ai dettagli visuali.

Impossibile ritrovare, in genere, l’emozione tutta seventies legata all’acquisto di un vinile, ma i cd dei Samurai sono quanto di più affascinante si possa immaginare, e l’approccio fisico è assicurato. Personalmente credo che Ed Unitsky - generatore di immagini e artwork per i Samurai, sia geniale e tra i più grandi della storia, almeno nell’impiego musicale.

Il nuovo lavoro proposto vede in primo piano Oliviero Lacagnina, uno dei normali ausili nei progetti del passato e nell’occasione quasi titolare. 


Vediamo le denominazioni corrette.


Album: THE MAN IN THE IRON MASK

Band: THE SAMURAI OF PROG featuring OLIVIERO LACAGNINA

 

Un disegno del genere richiede tanto spazio e tante parole, perché se è vero che la musica può essere fruita in modo spontaneo e senza tante complicazioni cervellotiche, quando si è al cospetto di progetti di questa portata è meglio, a mio giudizio, dare tutte le indicazioni oggettive possibili, tenendo conto che un tale impegno potrebbe e dovrebbe trovar spazio in un teatro, in una scuola e, ovviamente, su di un palco. Difficile che tutto questo potrà realizzarsi ma resta un forte potenziale che magari, in futuro, potrebbe trovare sbocchi.

Per non lasciare nulla di incompreso (ad esempio, le tracce strumentali presenti nascondono pensieri a cui l’ascoltatore non ha accesso) ho inserito tutto il materiale utile (crediti, sinossi, descrizione delle singole tracce), fornito dagli autori, in altro spazio, a cui si arriva cliccando sul seguente link:

https://athosenrile.blogspot.com/2023/05/the-man-in-iron-mask-samurai-of-prog.html

È una storia compiuta, un iter in progressione commentato dalle musiche, e per ulteriore approfondimento ho chiacchierato con Lacagnina, che propone a seguire un prezioso contributo, quello che solo l’autore può fornire…

Per comprendere le motivazioni di tale lavoro occorre partire dalla formazione di Oliviero Lacagnina, uno straordinario musicista dalla formazione classica - ma baciato dal rock -, che nei suoi anni giovanili, i ’70, ha trovato perfetta crasi in un genere che successivamente è stato definito “Prog”, e che oltre alle tante linee guida che non sto qui ad elencare, contiene nel termine l’idea di dinamicità, di miglioramento, di allargamento di ogni tipo di confine.

Oliviero Lacagnina è sinonimo di “Latte e Miele”, band di inizio seventies (la prima che ho visto dal vivo a sedici anni, spalla dei VdGG) che nel 1972 esordiva con “Passio secundum Mattheum”, oggi come allora un concept, oggi come allora, e sono passati più di 50 anni, una lunga ed elaborata “vicenda”, tra sacro e profano, che si presta ad una realizzazione operistica. È lo stesso autore che, nel corso dell’intervista, marca analogie e differenze tra passato e presente.

Il mio consiglio è quello di ascoltare e al contempo leggere la storia che si cela dietro ad ogni traccia (cliccare sul link precedente).

Metà dell’album è strumentale e qui l’autore si è davvero lasciato andare, in piena libertà espressiva, spingendo la sua tendenza verso la musica barocca, usando tutto il suo DNA classico e contaminato, una gioia per le orecchie e per l’anima, trame capaci di disegnare e far sognare, perché in grado di sollevare la polvere e far emergere mille ricordi, non necessariamente musicali. Ecco, ho sognato ad occhi aperti, e ho avuto conferma che certa musica è l’equivalente di uno di quegli incontri gruppali in cui si cerca di tirar fuori il sommerso…

Magnifico, e anche se il mio giudizio può essere condizionato dall’amore per certe sonorità “NICE ed ELP”, ho la quasi certezza che esista una grande, seppur potenziale, trasversalità di fruizione.

Le parti cantate sono da attribuire al “Samurai americano”, Steve Unruh (con gli interventi di Lauren Trew) che oltre ad essere un grande violinista e flautista ha una voce incantevole, di quelle caratterizzanti che tanto piacciono ai followers del prog.

A chiudere la band ufficiale Marco Bernard - bassista italiano trapiantato in Finlandia - e Kimmo Pörsti alla batteria. Per la lunga fila dei collaboratori rimando ancora al link precedente.

Un’ora di musica che non lascia tempo per pensare, un turbinio di emozioni e sensazioni disegnate da un pool di professionisti, in questo caso a disposizione dell’autore italiano. I riferimenti con la storia della musica saranno immediati, ma la cosa importante non è cercare analogie e similitudini ma godere in pieno una storia conosciuta, e in questo caso musicata, seguendola traccia dopo traccia, come si usa all’opera, provando ad immedesimarsi, facendosi avvolgere da trame sonore che sono nutrimento per l’anima.

Grande… grande lavoro!

 


La chiacchierata con Oliviero Lacagnina…


Un nuovo lavoro targato “Samurai…”: come è cambiato il tuo impegno, in questo caso, rispetto alle precedenti collaborazioni?

Essendo il mio primo CD completamente con musiche mie – gli altri erano sempre in collaborazione con altri compositori – ho potuto liberare meglio la creatività cercando di dare omogeneità alla forma musicale in un ambito stimolante, ma certamente irto di difficoltà varie. Il fatto che la scrittura sia durata un anno intero dà idea della dimensione del tutto.

Come hai scelto l’argomento? Cosa ti ha ispirato?

L'idea mi è stata data da Aldo Cirri, un commediografo e scrittore romano. Della “Maschera di Ferro”, a parte la nota produzione cinematografica, nessuno si era avventurato a farne una versione cantata e strumentale su CD. Pertanto, lo stimolo è stato notevole. In più l'ambientazione storica – primi decenni del '700 – ha fornito l'alibi perfetto per stratificare suoni elettronici, orchestrazioni varie e soprattutto citazioni di temi musicali di grandi compositori del periodo... da Bach a Purcell, da Couperin a Lully e Rameau; insomma, il meglio della musica “barocca” dell'epoca che tanto amo.

Un’ora di musica suddivisa su 17 capitoli… una vera storia che si snoda, un concept tra classico e prog: è questa la dimensione che ti gratifica maggiormente?

Da sempre il mio linguaggio alterna la musica classica al rock, in quella dimensione “progressive” chiamata appunto “prog sinfonico”. Certo ciò costituisce una continua sfida nel cercare di amalgamare due forme musicali così distanti ma che, a quanto pare, spesso l'ascoltatore apprezza.

Anche in questo caso abbiamo un numero di qualificati collaboratori: me ne parli?

I progetti dei “Samurai of Prog” hanno un notevole pregio, quello di riuscire a coinvolgere musicisti di varie nazionalità (USA, Giappone, Finlandia, Messico, Italia, Francia ecc ...) con grandi capacità sia tecniche che prettamente musicali. Gli interventi solistici (che sia voce o strumenti vari) che vengono effettuati aggiungono suoni e climax particolarmente efficaci, aggiungendo quel quid indispensabile per fare del brano un lavoro compiuto. Una collaborazione alla quale non posso più fare a meno! In questo progetto la voce di Steve Unruh, ad esempio, interpreta con diverse sfumature i vari personaggi che raccontano le vicissitudini del racconto per non parlare delle chitarre di Rafael Pacha, Marcel Singor Federico Tetti, Juhani Nisula e Thomas Berglund o Marek Arnold per gli interventi al sax, oppure la bellissima voce di Lauren Trew, oltre agli storici componenti dei “Samurai”, ovvero Marco Bernard, Kimmo Pörsti e il già citato Steve Unruh.

Se ci riferiamo alla tipologia della proposta, possiamo trovare un aggancio con qualche progetto del passato… i Latte e Miele in particolare?

Direi al “Marco Polo” e, ovviamente alla “Passio”, dato che ambedue raccontano un'intera storia. Qui però la connotazione “classica” è più marcata visto i riferimenti al genere barocco.

È questo un album che senti più tuo, rispetto agli altri progetti “Samurai”?

Certamente, anche perché, come scrivevo sopra, è il primo CD nel quale tutte le musiche sono mie, anche se sono contento delle partecipazioni nelle altre produzioni del gruppo.

Esiste una dedica particolare nel brano “I am no more” …

L'anno scorso, mentre scrivevo le musiche per “The Iron Mask”, ricevetti una telefonata di Aldo De Scalzi che con la voce rotta dal pianto mi diceva che oramai il fratello Vittorio era in come irreversibile. Un'emozione e una tristezza incommentabili! Subito chiesi a Sonia Vatteroni, la poetessa che ha scritto insieme ad Aldo Cirri i testi, di modificare il significato di “I am no more” per poterlo adattare a quella tragica situazione. È vero che è la “Maschera di ferro” che piange la sua condizione di persona che non è più, ma in quel momento non era più il grande Vittorio che, oltretutto, avevamo ospitato nel 2016 con i New Trolls - con Aldo De Scalzi e Roberto Tiranti - in un concerto che i Latte e Miele fecero a Kawasaki. Ma con Vittorio c'era anche una lunghissima amicizia fatta di tanta musica con progetti che si sono incrociati. La dedica credo sia il minimo che potevo fare per ricordare un grande musicista che tanto ha dato al “prog” italiano.

Trovi ci sia un nesso, una sorta di collegamento tra presente e passato quando racconti una storia come questa, risalente a secoli fa?

“The Iron Mask” è una truce storia che riguarda il potere... pertanto da allora nulla è cambiato, compresi i vari intrighi che Dumas aveva evidenziato.

Non pensi che la “Maschera di Ferro”, così come l’hai concepita, dovrebbe/potrebbe prendere la direzione della messa in scena, magari non suonata dal vivo ma portata sul palco con la tua colonna sonora?

Non sei il primo a dirlo e non sarai l'ultimo. Sinceramente avevo pensato che la destinazione potesse essere anche quella dello spettacolo teatrale/musicale... esiste un musical italiano fatto proprio l'anno scorso sulla “Maschera di Ferro”, pertanto le possibilità di una realizzazione del genere è tramontata... però in inglese ancora non credo esista... mah chissà!

A proposito, impensabile una rappresentazione live?

Mettere insieme su un palco un italiano che vive in Finlandia (il bassista Bernard), un batterista che vive in Grecia (Kimmo) e un violinista e cantante che vive negli USA credo sia praticamente impossibile. Certo se i riscontri positivi del pubblico asiatico (giapponese soprattutto) dovessero diventare pressanti, un “live” di questo progetto potremmo cominciare a pensarlo seriamente.