martedì 25 agosto 2015

OLD ROCK CITY ORCHESTRA-"Back to Earth"


Il secondo impegno discografico sulla lunga distanza degli OLD ROCK CITY ORCHESTRA (ORCO) si intitola Back to Earth, dieci brani che costituiscono un album concettuale dai contenuti complessi, ancorché comuni e popolari. Provo a spiegare.
L’attitudine al concept è prerogativa di chi attinge e ama la musica progressiva, una sorta di brand che costituisce una delle molteplici linee guida di chi aspira ad esprimersi in quell’ambito. Credo però che l’album degli ORCO sia molto di più, prog o non prog, perché la possibilità di raccontare una storia, con un inizio e una fine, magari lasciando intravedere un sequel, è situazione stimolante che, previo enorme sforzo, conduce verso grandi soddisfazioni personali.
Ci si è domandato, sin dagli albori della musica di impegno, quale fossero le reali possibilità di un artista/band che decide di passare alla massa un messaggio, rivolto al sociale, alla riflessione comune, ai grandi temi che affliggono l’uomo: non credo ci siano ricette magiche e medicine per ogni male, ma va sottolineato come un musicista abbia la possibilità di amplificare un pensiero, veicolandolo verso milioni di canali, che esistono ma, ahimè, spesso sono interdetti a chi è dedito alla musica di nicchia.
Back to Earth, non mi pare un disco tradizionalmente prog, musicalmente parlando, ma il fil rouge che lega i brani annoda un mondo che parla di noi, dell’uomo comune -al di là delle differenze sociali spesso insormontabili- e traccia un percorso, un viaggio reale che diventa metafora di qualcosa di più profondo, di interiore e caratteristico di ogni anima presente sulla terra.
C’è proprio tutto nel disegno proposto dagli ORCO, un panorama che cambierà cammin facendo, partendo dalla consapevolezza delle colpe originali, passando per l’impotenza che si manifesta realizzando di essere pedina di un gioco superiore, attraverso i solchi della “non conoscenza”, che si riempiranno solamente con il cumulo delle esperienze capace di fornire energia -e quindi luce- che schiarirà il sentiero che riporta a casa, in una terra familiare, provata e mortificata dal passare del tempo, ma buon rifugio e, soprattutto, punto di partenza per un nuovo viaggio, probabilmente più sereno di quello appena terminato.
La progressione temporale, la ricerca continua, il bisogno del miglioramento passo dopo passo, rappresentano davvero un moto “PROG”, che diventa un’attitudine mentale e non la mera somma di tastiere vintage.
I risvolti prettamente musicali raccontano di una diffusa atmosfera rock-psichedelica, dove una sorta di acid rock californiano pesa più del british di inizio seventies -anch’esso presente- e dove è difficile trovare una netta separazione tra i tanti apporti dei singoli musicisti.
Partendo da una decisa e precisa sezione ritmica (Giacomo Cocchiara e Mike Capriolo), diventano fondamentali i fraseggi liquidi di Raffaele Spanetta, complementari alla tastiere di Cinzia Catalucci, che tesse trame di Manzarekchiana memoria. La Catalucci è anche “proprietaria” di una signora voce, che all’uopo si dimostra uno strumento che oltrepassa le esigenze della proposizione lirica, compito suddiviso con Spanetta.
E così ci si ritrova immersi in un’epoca antica -ma forse tale giudizio vale solo per chi ha vissuto quel periodo- catapultati nel cumulo dei ricordi che provocano la comparsa di un velo di soffusa tristezza, assolutamente in linea con il racconto concettuale e con la filosofia musicale della band.

Un disco che non lascerà indifferenti, un racconto sviscerato nell’intervista a seguire e riassunto in un video musicale.


L’INTERVISTA

Chi sono gli  OLD ROCK CITY ORCHESTRA? Come si formano e che collante musicale utilizzano?

Gli Old Rock City Orchestra sono quattro ragazzi con la voglia di esprimere le proprie idee musicali senza troppi ragionamenti. È la spontaneità ciò che caratterizza maggiormente l’identità della band. L’esigenza e il desiderio di “dire la nostra” in questo variegato mondo musicale ha fatto sì che sei anni fa quattro amici, musicalmente diversi fra loro, si riunissero e decidessero di dar vita a un progetto originale. Old Rock City Orchestra è un nome che racchiude in sé con un gioco di parole sia il “vecchio rock” dal quale traiamo ispirazione, sia il nome della città da cui proveniamo, Orvieto, in latino Urbs Vetus, ovvero “città vecchia”, che sorge appunto su un’antica rupe, una vecchia roccia. In altre parole l’“orchestra dell’antica città rupestre”, ma anche ORCO non suona male!

Come si può definire, a parole, la vostra musica?

Qualcuno ha definito la nostra musica una sorta di proto-prog con influenze psichedeliche, altri l’hanno denominata art rock, altri ancora hard-prog. Sicuramente ognuno di noi ha contribuito con il proprio bagaglio musicale al sound della band arricchendolo di molteplici sfumature di genere, dal rock classico al blues, dal folk fino al metal. Da questa sintesi emerge la natura “prog” degli Old Rock City Orchestra, un atteggiamento più che un genere. Al di là dei nomi e delle etichette ci piace comunque pensare la nostra musica come un rock dal sapore onirico, sognante, talvolta decadente.

Come si è evoluta la vostra discografia?

Dopo un breve periodo di rodaggio della band trascorso a suonare cover di gruppi storici della scena musicale anni ’70 abbiamo deciso di mettere in musica le nostre nuove idee e così nel 2010 abbiamo realizzato il nostro primo EP di cinque canzoni, diventato un vero e proprio album l’anno successivo con l’aggiunta di altri quattro brani, per poi essere pubblicato nel giugno 2012 con il titolo “Once Upon A Time” per l’etichetta M. P. & Records. Un disco rock dal sound psichedelico, vintage, che non guarda però con nostalgia al glorioso passato musicale, anzi, è un voltarsi indietro per proiettarsi in avanti. Dopo diverse esperienze live e molto tempo passato in sala prove, a distanza di tre anni, è uscito lo scorso aprile il nostro secondo lavoro “Back to Earth”, un album sicuramente più maturo, meditato e per certi aspetti più esoterico.

Quali sono le maggiori soddisfazioni che avete ottenuto, qualcosa che rimarrà per sempre nell’album dei ricordi?

Abbiamo avuto la fortuna di toglierci diverse soddisfazioni in questi anni, in primis i concerti in Inghilterra, Olanda, Belgio, Francia, ma soprattutto in Bulgaria nel 2013 in occasione del Balkan Youth Festival, un evento internazionale che ci ha fatto sentire quasi delle star! Ma anche le belle recensioni e i passaggi in radio italiane ed estere, gli apprezzamenti e la stima di artisti affermati, così come i “semplici” messaggi e telefonate di persone più o meno vicine che esprimono il loro affetto per la nostra musica. La soddisfazione più grande però è stata certamente l’apertura al concerto di Bernardo Lanzetti nel 2014. Ascoltare da sempre la sua voce “impossibile” e leggendaria in dischi come Mass-Media Stars dei suoi Acqua Fragile o Chocolate Kings targato PFM o ancora I Sing The Voice Impossible come solista, e riuscire poi a condividere con lui lo stesso palco, è stato davvero un sogno diventato realtà.

Come sono gli OLD ROCK CITY ORCHESTRA in fase live?

Durante i concerti cerchiamo sempre di trasmettere tutta la nostra passione per il suonare e questo fa sì che il nostro atteggiamento live sia piuttosto “rock”e diretto. Ogni concerto ha una storia a sé, anche in base al pubblico, all’atmosfera e alla sintonia che si crea tra ognuno di noi e tra la stessa band e gli ascoltatori. Ogni volta è come affrontare un nuovo viaggio sotto forma di spettacolo,  con l’alternanza di momenti molto energici e momenti più intimi, più riflessivi. La durata dell’esibizione non ha importanza; in quindici minuti o in due ore cerchiamo sempre di offrire un vero e proprio show e non una semplice sequenza di brani, curando moltissimo anche il “look” della band. 

A proposito, vista la vostra esperienza all’estero, quali sono le maggiori differenze che rilevate tra la situazione musicale italiana e quella riscontrata in altri paesi?

Le difficoltà nel trovare i giusti spazi per esprimere la propria musica in Italia sono maggiori che all’Estero. Non suonando un genere commerciale le problematiche si ingigantiscono, ma la vera differenza tra il nostro paese e il resto dell’Europa, almeno in base alla nostra esperienza, è nella cultura dell’ascolto e nella curiosità di sentire anche qualcosa di nuovo e non solo il gruppo storico, la tribute band o il fenomeno del momento. Essere disposti ad ascoltare e ancor più ad ascoltare qualcosa che non si conosce sono i due aspetti fondamentali per la sopravvivenza e la crescita di una band che tenta di affacciarsi nel panorama musicale con un progetto originale. All’Estero la sensibilità nei riguardi degli artisti cosiddetti “emergenti” è sicuramente maggiore, in Italia invece, forse per pigrizia, forse per ignoranza, molto spesso, senza generalizzare, ci si trova di fronte a un vero e proprio rifiuto della novità. 

Mi parlate del nuovo album? Trattasi di concept?

Uscito lo scorso 30 aprile per la stessa M. P. & Records, “Back to Earth” è il nostro secondo lavoro, realizzato nel 2014 tra Italia e Bulgaria. È una sorta di concept album che narra la storia di un personaggio che, dopo un senso di smarrimento, decide di intraprendere un viaggio alla riscoperta di se stesso e del mondo che lo circonda. È un viaggio musicale, surreale e introspettivo, a tratti fiabesco. Alla fine il protagonista giunge in un luogo dal sapore antico dove lo attende la visione del Pianeta Terra, il suo mondo originario e ritrovato, abbandonando così il suo status di “pedina” costretta a muoversi su una scacchiera che non lascia spazio all’esprimersi della natura autentica dell’uomo, insieme ragione e istinto. Questo è il quadro generale dell’album, dieci brani “autonomi” ma allo stesso tempo legati tra loro da un unico filo conduttore.

Che giudizio date dell’attuale stato della musica?

Oggi la musica viaggia a due tempi. Esiste il mondo delle Major, dei talent show e di tutto quello che il grande business musicale propone come prodotto commerciale all’ascoltatore di massa. Poi esiste il mondo della musica indipendente nel vero senso della parola, quello degli ascoltatori appassionati che acquistano ancora i dischi, quello degli artisti che seguono la propria strada e che spesso sono di grandissimo livello e con un’importante carriera e storia musicale alle spalle. Anche chi vuol provare a far conoscere la propria musica, quella non conforme alla moda del momento, si muove su questo terreno, sperando di essere prima o poi notato. In un periodo di profonda crisi sociale e culturale anche la sfera della musica inevitabilmente soffre, ma la presenza sempre maggiore di vecchi e nuovi artisti che portano avanti con passione il discorso musicale autentico, la musica come espressione artistica, è di buon auspicio per il futuro.

Si scrive musica per se stessi, ma subito dopo nasce l’esigenza di diffondere il più possibile il proprio credo musicale. A chi vi rivolgete principalmente, tenuto conto della particolarità della proposta, che richiede impegno compositivo, ma anche concentrazione nell’ascolto?

Il primo passo è scrivere per se stessi, poi effettivamente l’esigenza e il desiderio di far conoscere le proprie idee e di comunicare la propria arte viene fuori, e la scommessa più grande per noi è proprio quella di non rivolgerci esclusivamente a un ascoltatore ideale. Ovviamente l’amante e il conoscitore di un certo genere musicale piuttosto che di un altro è facilitato nell’ascolto e nella comprensione della nostra musica, ma la vera conquista è quando il “digiuno” di questo tipo di musica apprezza i nostri dischi, assiste magari per caso a un nostro concerto e dice di essersi emozionato ascoltando il nostro sound. Noi come tanti altri nuovi artisti di questo genere abbiamo in un certo senso il dovere di educare ad una musica particolare e a volte difficile come può essere quella della grande categoria del progressive rock, così come hanno fatto i nostri “padri musicali” prima di noi lasciandoci in eredità un patrimonio dal quale riprendere non tanto i contenuti, quanto la forma, lo spirito e la voglia di creare sempre qualcosa di nuovo.   

Provate ad esprimere un desiderio… realistico: cosa vorreste vi accadesse, musicalmente parlando, nei prossimi tre anni?

Innanzitutto, musicalmente parlando, vorremmo continuare ad esistere, cosa non scontata viste le innumerevoli difficoltà, e ci piacerebbe farlo con un terzo album, partecipando magari alla tournée di una band affermata come supporting act o più semplicemente gruppo spalla e, perché no, partecipare ad un grande festival. Sognare non costa nulla!


Tracklist:
1- When you pick an apple from the tree 4:14
2- Feelin' alive 4:08
3- Rain on a sunny day 2:09
4- Mr Shadow  3:45
5- Melissa 2:54
6- Lady Viper  2:38
7- My love  3:01
8- Tonight tomorrow and forever 3:02
9- Why life  3:52
10- Back to Earth  9:17

LINE UP
Membri: Cinzia Catalucci - Vocals/keyboards
Raffaele Spanetta - Guitars/vocals
Giacomo Cocchiara - Bass/backing vocals
Mike Capriolo - Drums/percussion

BIOGRAFIA
La band nasce ad Orvieto nel 2009 da un’idea di Cinzia Catalucci (voce e tastiere) e Raffaele Spanetta (chitarra). L’intenzione è quella di fondere le sonorità tipiche del rock delle origini, psichedelia, musica progressiva, blues-rock, il tutto arricchito da atmosfere classicheggianti e orchestrali. La line up è completata da Giacomo Cocchiara al basso e Michele “Mike” Capriolo alla batteria.
Alla fine del 2010 il gruppo registra un EP. I brani della band sono trasmessi in numerose radio e webradio nazionali ed internazionali, tra cui la radio statunitense Aural Moon che trasmette integralmente l’EP nel corso del programma New Moon on Monday dedicato alle novità della scena progressive mondiale.
Nel 2011 gli Old Rock City Orchestra sono citati nel capitolo dedicato alla scena prog contemporanea del libro Rock Progressivo Italiano - An introduction to Italian Progressive Rock scritto da Andrea Parentin.
Tra il 2011 e il 2012 la band completa la registrazione in studio del suo primo lavoro. L'album d'esordio, dal titolo Once Upon A Time, esce il 20 giugno 2012 per l'etichetta indipendente M. P. & Records (Rick Wakeman, Sonja Kristina, Bernardo Lanzetti, Le Orme, Pierrot Lunaire, ecc.) ed è distribuito in tutto il mondo da G. T. Music Distribution.
Recensito anche dal magazine Classix! e dalla rivista olandese di musica prog iO Pages, Once Upon A Time è stato presentato ufficialmente il 29 dicembre 2012 presso il negozio di dischi Tarkus Records di Roma.
Nell'estate del 2013 la band intraprende un tour europeo in Inghilterra, Francia, Belgio e Olanda concludendosi, infine, in Bulgaria con la partecipazione degli Old Rock City Orchestra al 18° Balkan Youth Festival di Sandanski.
Nell'estate 2014 la band è opening act per Bernardo Lanzetti, ex-cantante di PFM e Acqua Fragile, nonché voce storica del progressive rock internazionale e vincitore del FIM Award 2015 alla carriera.
Nell'aprile dello stesso anno gli Old Rock City Orchestra tornano in studio per le registrazioni del secondo album, pubblicato il 30 aprile 2015 per la M. P. & Records, mixato in Italia, masterizzato in Bulgaria e distribuito dalla G. T. Music Distribution.

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