La prima volta che sono entrato al DISCO CLUB di Genova
era il 4 novembre del 2023. La precisione è dovuta al fatto che, insieme ad
Angelo De Negri, avevo presentato un libro dedicato a Woodstock alla Mondadori,
in via XX Settembre, a pochi passi dal negozio di dischi che si trova in via San
Vincenzo. Alla fine di quell’evento - era un sabato mattina - Angelo mi
accompagnò in negozio e mi omaggiò del book “Il
mondo visto da DISCO CLUB-Un diario comunitario pazientemente raccolto da
Giancarlo Balduzzi”.
GB è il titolare, e per uno come me, che si occupa di musica
da sempre - prima come semplice ascoltatore e poi… qualcosa in più - il fatto
che lo abbia conosciuto in tarda età - mia e sua - è una grave mancanza -
questa solo mia.
Rimarco che il mio primo atto musicale live, quando avevo 16 anni, ebbe luogo proprio a Genova, teatro Alcione, e quindi a pochi passi dalla stazione di Brignole, quella che consente agevolmente di arrivare al negozio per chi è “foresto” come me, che provengo dalla “lontanissima” Savona.
Insomma, mi ritrovo tra le mani un contenitore storico prezioso
e lo metto in coda, in modo rigoroso, e mi propongo di commentarlo, as usual,
appena possibile.
Ma quando arriva il turno della lettura - un paio di
settimane fa - lo divoro, e sì che è un discreto tomo, ma le vicende scorrono
mentre mi faccio un sacco di domande, rivango il mio passato e mi chiedo cosa
mi sono perso.
Che sia un luogo speciale è testimoniato dal fatto che i
negozi di dischi genovesi hanno chiuso uno dopo l’altro - e qui mi fido di
quanto ho letto - mentre DISCO CLUB compirà 60 anni nel 2025.
C’è stato un pre-Balduzzi, ma ciò che possiamo leggere riguarda la gestione di Giancarlo, l’uomo che lasciò il posto di lavoro sicuro in banca per seguire le sue passioni e le incognite connesse. Era il 1984, e il suo impero dura quindi da quarant'anni.
Un inciso, mentre chiacchiero col padrone di casa - parlo sempre
del 4 novembre scorso - gli faccio notare che sono di Savona e lui mi indica
immediatamente un altro cliente, anche lui mio concittadino, ma bastano poche parole per capire
che abita a 200 metri da casa mia e… non l’ho mai visto! Beh, il fatto che sia
un frequentatore assiduo del negozio la dice lunga sul legame tra “gestore e
clienti”, qualcosa che va oltre il normale rapporto tra negoziante e
acquirente.
Le pagine scorrono e io ritorno con la memoria ai “miei
negozi cittadini” (ho scritto un saggio sui negozi di dischi di Savona) e al modo
in cui li ho vissuti, al rapporto con i commessi/leggende - che tutto
sapevano - arrivando al culmine, quando dentro ad una cabina da ascolto, chiusi
dentro in tre, iniziammo ad azzuffarci per stabilire se i Deep Purple fossero
meglio dei Genesis, e il padrone - Rossocci - ci cacciò fuori con una certa comprensibile
veemenza. Ma eravamo adolescenti, mentre qui si parla spessissimo di adulti e
oltre.
Tutto questo non è niente rispetto ai racconti di
Balduzzi!
La mia frequentazione dei negozi di dischi non ha mai toccato
nessuna delle vette che GB raggiunge nel libro.
Chiariamo per chi leggesse casualmente queste righe ma non
sapesse nulla dell’argomento specifico.
In una panetteria, macelleria, pasticceria, ovvero in uno
normale luogo in cui si cede un prodotto/servizio in cambio di denaro, non esiste il
concetto di “stazionamento”, anzi, la tendenza potrebbe essere quella della "toccata e fuga".
In un negozio di dischi si diventa frequentatori stabili,
stanziali, spesso pronti a socializzare e pontificare, mettendo in mostra le
competenze personali, ondeggiando tra gli scaffali per ore, cazzeggiando e,
molte volte, oltrepassando l’argomento musicale, che dovrebbe essere
preminente.
Tutto ciò ha subito un’evoluzione nel tempo, e se dalle storie raccolte in passato ho appreso che certe stagioni del Teatro Chiabrera di Savona nacquero proprio dagli incontri pomeridiani che avvenivano da Sperati (due negozi famosi ormai chiusi, uno dedicato agli strumenti e un altro ai dischi), Balduzzi mi ha messo davanti agli occhi un mondo nuovo, che non avevo mai valutato correttamente, fatto di personaggi che potrebbero essere caricature da film, costituito da regole più o meno rigide, carico di anime strambe di ogni genere e portata, di ogni età e ceto sociale: U megu, Il Biondo, Devid, Quasimodo, Tabletman, Scussi, Il Batterista di James Brown e molti altri...
Molte di queste figure - immagino le "migliori" - sono analizzate
nei dettagli da Balduzzi, che dimostra che, oltre a Giurisprudenza e Musica
avrebbe potuto avere successo alle facoltà di Psicologia/Sociologia/Antropologia, per la maestria con
cui disegna sé stesso e gli uomini in movimento nel suo regno. Sì, un regno in
cui lui decide le regole, che pratica e modella a piacimento, e la cosa
che ho apprezzato, story by story - ma è solo un’impressione che scaturisce
dalla lettura e quindi potrebbe essere fallace - è la gestione dei livelli di
pazienza al cospetto di situazioni spiazzanti, e per ogni racconto - o quasi
tutti - mi è sembrato di vedere il ”capo” contare sino a cento prima di
esplodere, sino ad arrivare all’inevitabile reazione, quella sollecitata da
comportamenti che, all’interno del libro, appaiono barzellette ma, ahimè non lo
sono.
Me lo vedo il Giancarlo, rispondere al telefono a tal Alessandro:
“Ciao, sono Alessandro da Alessandria, scusa, ma siccome
devo venire a Genova, mi devo portare l’ombrello?”.
Oppure ad Antonio:
“Gian, sono Antonio, ti è mica arrivato quel CD di Pino
Daniele che non si trova?”, “E no, non si trova”, “Lo so, ma lo sai che io
cerco i dischi che non si trovano; se per caso lo trovi, mi telefoni per dirmi
che l’hai trovato?”.
Gentile, ma ironico con chi è più indifeso:
“Discoocluuub”, è un anziano, “A Natale ho cercato in tutti i canali della Rai il Concerto di Natale, ma non lo hanno fatto, Lei ha il cd?”, “Di questo Natale?”, “Sì”, “È appena nato, per i miracoli gli dia ancora un po’ di tempo”.
Giancarlo Balduzzi è il padre padrone, il burbero col cuore
tenero, probabilmente unico, nel senso che i suoi risultati professionali - e mi
riferisco alla longevità della sua attività - potevano essere ottenuti
solamente con il piglio del manager buono, concetto che unisce oculatezza e
attenzione verso i rapporti umani, senza l’ossessione della ricerca dell’empatia
a tutti i costi, perché a volte diventare antipatici ha a che fare con la
sopravvivenza.
Ma sono certo che i vari ausili che si sono succeduti non avranno vissuto male!
Anche se lo conosco poco abbiamo in comune due passioni - e non
è mica poco” -, oltre la musica il calcio, argomento che ogni tanto fa capitolino
tra le righe.
Sono tanti gli aneddoti, alcuni spassosi, altri dolorosi, ma
il piglio del racconto semiserio resta una caratteristica importante, starà poi
al lettore estrapolare qualcosa in cui rispecchiarsi. E sì, mentre le pagine
scorrono passano le stagioni, le ere, i gusti, le immagini, e viene da pensare
come ogni tipo di cambiamento, in primis tecnologico, sia stato attutito e
forse cavalcato da un saggio uomo, probabilmente modesto, ma con le idee
talmente chiare da applicare concetti guida in grado di sconfiggere crisi per altri
insuperabili.
Io consiglio di leggerlo… davvero uno spaccato dell’ultimo
mezzo secolo della nostra società, con la presenza di immagini e situazioni
davvero uniche e inaspettate. Dove trovarlo? Sicuramente in negozio!
Ovviamente sono tanti gli accenni alla musica e a chi la crea, e mi sono accorto - ma di questo sono conscio da molto tempo - quante cose mi sono perso, tra nomi sconosciuti e dimenticati, e allora viene in mio soccorso la saggezza di Giancarlo Balduzzi che chiosa:
“Lo so, non conosci quasi nessuno dei
nomi dell’indice, ma è proprio per questo che sono ancora aperto”.
Continua a prendere appunti Giancarlo… raccontaci l’evoluzione
della specie!