Questo articolo è limitato, temporalmente,
nei ricordi, essendo il concerto di Lugano del '79 (fruibile a fine articolo) l’argomento da evidenziare.
La miscela tra miei frammenti
personali e oggettività è, in questo caso, obbligata. Ma la musica di Finardi
ha proseguito a stupire - stupirmi - nei decenni, ed è di questi giorni l’uscita
del nuovo album Tutto
Quando si parla dei cantautori italiani degli anni '70, si
tende spesso a raggruppare le figure più iconiche in un unico calderone,
dimenticando le sfumature e le peculiarità che li hanno resi unici. Tra questi,
Eugenio Finardi ha
sempre rappresentato un'eccezione, un artista che ha saputo distinguersi per la
sua spiccata attenzione agli aspetti musicali, con un'anima profondamente
radicata nel rock e nelle sue declinazioni. Questo articolo nasce proprio dalla
volontà di far riemergere un momento significativo della sua carriera: il concerto
di Lugano del 1979, che lo vide esibirsi con la sua band di supporto, i Crisalide,
offrendo uno spaccato della sua evoluzione artistica fino a quel periodo e del
contesto sociale che la accompagnava.
Finardi, a mio giudizio, si è sempre differenziato dai suoi
colleghi coevi per una cura quasi maniacale della componente musicale. Non si
trattava solo di testi profondi e impegnati - sebbene il suo repertorio ne sia
ricchissimo, con una canzone per qualsiasi aspetto del quotidiano - ma di
un'attenzione particolare agli arrangiamenti, alla potenza sonora e all'energia
che il rock poteva sprigionare. Una visione che lo ha reso un precursore,
capace di anticipare sonorità e tendenze che sarebbero emerse solo anni dopo.
La sua carriera musicale prese il via in modo insolito, con
l'incisione di canzoni per bambini a soli nove anni. Ma è negli anni '70 che
Finardi si immerge nel rock, militando in gruppi come Tiger e Il Pacco, spesso
con un altro giovane genio, Alberto Camerini.
I primi anni '70 lo vedono già attivo con singoli come
"Spacey Stacey/ Hard Rock Honey” (1973), che mostrano un'inclinazione per
sonorità più hard rock rispetto al cantautorato tradizionale.
La vera svolta arriva con la firma per la Cramps, etichetta
discografica simbolo della sperimentazione e della controcultura italiana. Gli
album Non gettate alcun oggetto dai finestrini (1975), Sugo
(1976) e Diesel (1977) lo consacrano come una figura unica nel
panorama italiano. "Musica Ribelle" (1976) diventa un vero e
proprio manifesto, una canzone che univa l'urgenza sociale a un sound rock potente.
Era un'epoca in cui, come Finardi stesso ha dichiarato, la sua musica
rappresentava "il massimo della sonorità alternativa" in un
contesto quasi pop, spaziando dalla sperimentazione radicale alla popolarità
delle canzoni, funzionale al "movimento" sociale di quegli anni.
L'album Diesel in particolare risente delle influenze jazz-rock
dei musicisti degli Area, mostrando una capacità di assorbire e rielaborare
diverse correnti musicali.
Nel 1978, con l'album Blitz, Finardi consolida
ulteriormente la sua direzione artistica. Qui, in collaborazione con i
Crisalide già citati, la band che lo accompagnerà anche a Lugano, nascono brani
iconici come "Extraterrestre” e "Cuba".
L'incontro con i Crisalide fu cruciale per la sua evoluzione.
Questi musicisti di grande calibro e affiatamento permisero a Finardi di
esplorare nuove sfumature sonore, arricchendo il suo sound con una qualità
tecnica e una grinta notevoli.
Il mio avvicinamento a Finardi avvenne proprio attraverso questa sua peculiarità. Era l'agosto del '77 quando, su un campetto di calcio di Vado Ligure, lo vidi suonare "Musica Ribelle". Fu un'esperienza folgorante. Ricordo ancora il ritorno ai nostri bagni a fine concerto, dove, entusiasti, suonammo quel brano in gruppo, contagiati dalla sua energia. Quella "musica ribelle" non era solo un inno generazionale, ma il manifesto di un'urgenza espressiva che Finardi incarnava alla perfezione.
Il 1979 fu un anno complesso per l'Italia, segnato da
profonde tensioni sociali e politiche, ma anche da una straordinaria
effervescenza culturale. La musica, in particolare il rock, diventò un veicolo
potente per esprimere disagi, speranze e nuove visioni del mondo. In questo
scenario, Finardi si muoveva con la sua cifra stilistica inconfondibile,
proponendo un rock d'autore che non aveva paura di confrontarsi con la realtà.
Il concerto di Lugano del 1979, spesso ricordato
grazie a registrazioni e bootleg della Radio Televisione Svizzera Italiana
(RSI), si colloca in un momento cruciale. L'album Roccando rollando
(1979), pubblicato proprio in quell'anno, segna un ulteriore spostamento dalle
sonorità rock più pure verso una maggiore sperimentazione. Brani come "Legalizzatela"
(con influenze reggae), "15 Bambini" (calypso, presentato
anche al Festivalbar 1979) e la ballad acustica "La canzone dell'acqua"
mostrano la sua apertura a generi diversi, senza mai perdere la sua identità
rock.
La band dei Crisalide, che lo accompagnava sul palco
di Lugano, era composta da musicisti eccezionali. Oltre a Mark Harris (tastiere)
e al bassista Stefano Cerri (scomparso prematuramente), vi era Luciano
Minzetti alla chitarra solista, Mauro "Motore" Spina alla
batteria e Maurizio Preti alle percussioni. La loro affinità e la
libertà che Finardi lasciava loro per esibizioni soliste durante i concerti,
come testimoniano alcuni bootleg, contribuivano a creare performance live di
grande impatto e dinamismo. Il set live di quel periodo era una miscela potente
dei suoi successi precedenti e delle nuove sonorità di "Roccando Rollando",
dimostrando la sua evoluzione costante e la sua capacità di rimanere rilevante
in un panorama musicale in continua trasformazione.
Rivivendo mentalmente quel periodo, mi torna alla mente un
altro concerto, sempre nell'agosto del '79, a Varazze, con un set simile
a quello di Lugano. Davanti a me, in mezzo alla folla, c'era una diciottenne
che di lì a poco sarebbe diventata mia moglie. Un ricordo che lega
indissolubilmente la musica di Finardi a momenti personali significativi, a
dimostrazione di quanto le sue canzoni siano state la colonna sonora di intere
esistenze.
Gli anni '70 in Italia furono caratterizzati da un fermento
sociale e culturale senza precedenti. Le radio libere, che fiorirono in quegli
anni, divennero un veicolo fondamentale per la diffusione di musica alternativa
e per dare voce alle istanze giovanili. Finardi stesso ha contribuito a cantare
questo fenomeno con brani come "La radio". Era un'epoca in cui
la musica aveva una "centralità di un fuoco sacro", e i musicisti
erano visti quasi come "sorvegliati speciali", con ogni dettaglio che
straripava di significato. Il "movimento" giovanile trovava nella
musica una propria identità e un modo per esprimere il desiderio di cambiamento
e di condivisione, al di là degli ego individuali.
Anni dopo, nel luglio del 2012, ho avuto l'onore di
intervistare Finardi ad Albisola, davanti a un vasto pubblico. È stato
un momento emozionante, in cui ho potuto aiutarlo a presentare il libro sulla
sua vita, alternando le sue parole a brani eseguiti in acustico. L'incontro con
Finardi è proseguito nel tempo, tanto che nel 2015 ho avuto il piacere di
organizzare un suo concerto a Noli, in un evento che ha richiamato una
folla cospicua. In quell'occasione, la sua profondità e la sua autenticità, già
percepite sui palchi del '77 e del '79, si sono rivelate in tutta la loro
forza, confermando la sua statura di artista a 360 gradi. La sua capacità di
esplorare generi diversi – dal blues al fado, dalla classica contemporanea –
senza mai tradire la sua essenza rock e la sua vocazione
"anti-cantautorale" (come lui stesso si è definito, più vicino alla
scuola inglese e alla canzone di protesta americana che a quella francese), lo rende
una figura unica e intramontabile.
Il concerto di Lugano del '79, dunque, non è solo un aneddoto
nella vasta discografia di Finardi. È un tassello fondamentale per comprendere
la sua evoluzione, il suo ruolo nel panorama musicale italiano e la sua
capacità di rimanere, ancora oggi, un punto di riferimento per chi cerca nella
musica non solo intrattenimento, ma anche riflessione, energia e, soprattutto,
una sana "ribellione".


