mercoledì 16 luglio 2025

Finardi a Lugano '79: il suono di una ribellione in evoluzione

 


Questo articolo è limitato, temporalmente, nei ricordi, essendo il concerto di Lugano del '79 (fruibile a fine articolo) l’argomento da evidenziare.

La miscela tra miei frammenti personali e oggettività è, in questo caso, obbligata. Ma la musica di Finardi ha proseguito a stupire - stupirmi - nei decenni, ed è di questi giorni l’uscita del nuovo album Tutto

 

Quando si parla dei cantautori italiani degli anni '70, si tende spesso a raggruppare le figure più iconiche in un unico calderone, dimenticando le sfumature e le peculiarità che li hanno resi unici. Tra questi, Eugenio Finardi ha sempre rappresentato un'eccezione, un artista che ha saputo distinguersi per la sua spiccata attenzione agli aspetti musicali, con un'anima profondamente radicata nel rock e nelle sue declinazioni. Questo articolo nasce proprio dalla volontà di far riemergere un momento significativo della sua carriera: il concerto di Lugano del 1979, che lo vide esibirsi con la sua band di supporto, i Crisalide, offrendo uno spaccato della sua evoluzione artistica fino a quel periodo e del contesto sociale che la accompagnava.

Finardi, a mio giudizio, si è sempre differenziato dai suoi colleghi coevi per una cura quasi maniacale della componente musicale. Non si trattava solo di testi profondi e impegnati - sebbene il suo repertorio ne sia ricchissimo, con una canzone per qualsiasi aspetto del quotidiano - ma di un'attenzione particolare agli arrangiamenti, alla potenza sonora e all'energia che il rock poteva sprigionare. Una visione che lo ha reso un precursore, capace di anticipare sonorità e tendenze che sarebbero emerse solo anni dopo.

La sua carriera musicale prese il via in modo insolito, con l'incisione di canzoni per bambini a soli nove anni. Ma è negli anni '70 che Finardi si immerge nel rock, militando in gruppi come Tiger e Il Pacco, spesso con un altro giovane genio, Alberto Camerini.

I primi anni '70 lo vedono già attivo con singoli come "Spacey Stacey/ Hard Rock Honey” (1973), che mostrano un'inclinazione per sonorità più hard rock rispetto al cantautorato tradizionale.

La vera svolta arriva con la firma per la Cramps, etichetta discografica simbolo della sperimentazione e della controcultura italiana. Gli album Non gettate alcun oggetto dai finestrini (1975), Sugo (1976) e Diesel (1977) lo consacrano come una figura unica nel panorama italiano. "Musica Ribelle" (1976) diventa un vero e proprio manifesto, una canzone che univa l'urgenza sociale a un sound rock potente. Era un'epoca in cui, come Finardi stesso ha dichiarato, la sua musica rappresentava "il massimo della sonorità alternativa" in un contesto quasi pop, spaziando dalla sperimentazione radicale alla popolarità delle canzoni, funzionale al "movimento" sociale di quegli anni. L'album Diesel in particolare risente delle influenze jazz-rock dei musicisti degli Area, mostrando una capacità di assorbire e rielaborare diverse correnti musicali.

Nel 1978, con l'album Blitz, Finardi consolida ulteriormente la sua direzione artistica. Qui, in collaborazione con i Crisalide già citati, la band che lo accompagnerà anche a Lugano, nascono brani iconici come "Extraterrestre” e "Cuba".

L'incontro con i Crisalide fu cruciale per la sua evoluzione. Questi musicisti di grande calibro e affiatamento permisero a Finardi di esplorare nuove sfumature sonore, arricchendo il suo sound con una qualità tecnica e una grinta notevoli.

Il mio avvicinamento a Finardi avvenne proprio attraverso questa sua peculiarità. Era l'agosto del '77 quando, su un campetto di calcio di Vado Ligure, lo vidi suonare "Musica Ribelle". Fu un'esperienza folgorante. Ricordo ancora il ritorno ai nostri bagni a fine concerto, dove, entusiasti, suonammo quel brano in gruppo, contagiati dalla sua energia. Quella "musica ribelle" non era solo un inno generazionale, ma il manifesto di un'urgenza espressiva che Finardi incarnava alla perfezione.

Il 1979 fu un anno complesso per l'Italia, segnato da profonde tensioni sociali e politiche, ma anche da una straordinaria effervescenza culturale. La musica, in particolare il rock, diventò un veicolo potente per esprimere disagi, speranze e nuove visioni del mondo. In questo scenario, Finardi si muoveva con la sua cifra stilistica inconfondibile, proponendo un rock d'autore che non aveva paura di confrontarsi con la realtà.

Il concerto di Lugano del 1979, spesso ricordato grazie a registrazioni e bootleg della Radio Televisione Svizzera Italiana (RSI), si colloca in un momento cruciale. L'album Roccando rollando (1979), pubblicato proprio in quell'anno, segna un ulteriore spostamento dalle sonorità rock più pure verso una maggiore sperimentazione. Brani come "Legalizzatela" (con influenze reggae), "15 Bambini" (calypso, presentato anche al Festivalbar 1979) e la ballad acustica "La canzone dell'acqua" mostrano la sua apertura a generi diversi, senza mai perdere la sua identità rock.

La band dei Crisalide, che lo accompagnava sul palco di Lugano, era composta da musicisti eccezionali. Oltre a Mark Harris (tastiere) e al bassista Stefano Cerri (scomparso prematuramente), vi era Luciano Minzetti alla chitarra solista, Mauro "Motore" Spina alla batteria e Maurizio Preti alle percussioni. La loro affinità e la libertà che Finardi lasciava loro per esibizioni soliste durante i concerti, come testimoniano alcuni bootleg, contribuivano a creare performance live di grande impatto e dinamismo. Il set live di quel periodo era una miscela potente dei suoi successi precedenti e delle nuove sonorità di "Roccando Rollando", dimostrando la sua evoluzione costante e la sua capacità di rimanere rilevante in un panorama musicale in continua trasformazione.

Rivivendo mentalmente quel periodo, mi torna alla mente un altro concerto, sempre nell'agosto del '79, a Varazze, con un set simile a quello di Lugano. Davanti a me, in mezzo alla folla, c'era una diciottenne che di lì a poco sarebbe diventata mia moglie. Un ricordo che lega indissolubilmente la musica di Finardi a momenti personali significativi, a dimostrazione di quanto le sue canzoni siano state la colonna sonora di intere esistenze.

Gli anni '70 in Italia furono caratterizzati da un fermento sociale e culturale senza precedenti. Le radio libere, che fiorirono in quegli anni, divennero un veicolo fondamentale per la diffusione di musica alternativa e per dare voce alle istanze giovanili. Finardi stesso ha contribuito a cantare questo fenomeno con brani come "La radio". Era un'epoca in cui la musica aveva una "centralità di un fuoco sacro", e i musicisti erano visti quasi come "sorvegliati speciali", con ogni dettaglio che straripava di significato. Il "movimento" giovanile trovava nella musica una propria identità e un modo per esprimere il desiderio di cambiamento e di condivisione, al di là degli ego individuali.

Anni dopo, nel luglio del 2012, ho avuto l'onore di intervistare Finardi ad Albisola, davanti a un vasto pubblico. È stato un momento emozionante, in cui ho potuto aiutarlo a presentare il libro sulla sua vita, alternando le sue parole a brani eseguiti in acustico. L'incontro con Finardi è proseguito nel tempo, tanto che nel 2015 ho avuto il piacere di organizzare un suo concerto a Noli, in un evento che ha richiamato una folla cospicua. In quell'occasione, la sua profondità e la sua autenticità, già percepite sui palchi del '77 e del '79, si sono rivelate in tutta la loro forza, confermando la sua statura di artista a 360 gradi. La sua capacità di esplorare generi diversi – dal blues al fado, dalla classica contemporanea – senza mai tradire la sua essenza rock e la sua vocazione "anti-cantautorale" (come lui stesso si è definito, più vicino alla scuola inglese e alla canzone di protesta americana che a quella francese), lo rende una figura unica e intramontabile.

Il concerto di Lugano del '79, dunque, non è solo un aneddoto nella vasta discografia di Finardi. È un tassello fondamentale per comprendere la sua evoluzione, il suo ruolo nel panorama musicale italiano e la sua capacità di rimanere, ancora oggi, un punto di riferimento per chi cerca nella musica non solo intrattenimento, ma anche riflessione, energia e, soprattutto, una sana "ribellione".