venerdì 21 novembre 2025

“Shine On You Crazy Diamond: il rito infinito”

 


Shine On You Crazy Diamond – Il ritorno del diamante

C’era una volta un uomo che camminava tra le ombre del suono. Aveva gli occhi pieni di stelle e la mente piena di fuoco. Syd Barrett non era solo un fondatore: era un faro, un’anomalia, un sogno che bruciava troppo in fretta. E ora, cinquant’anni dopo, i Pink Floyd tornano a raccontarlo. Non con parole nuove, ma con un respiro più lungo. Un unico flusso, venticinque minuti di luce e abisso: Shine On You Crazy Diamond, pts. 1–9, come non l’avevamo mai ascoltato.

Il nuovo mix stereo di James Guthrie non è solo una pulizia sonora. È un rituale. Le tastiere si aprono come porte cosmiche, il basso pulsa come un cuore antico, la chitarra di Gilmour piange e canta. E nel mezzo, quella voce che non c’è più, ma che tutti sentiamo.

Nel video, Noel Fielding dipinge Syd. Non lo copia: lo evoca. Pennellate che sembrano sogni, occhi che non guardano ma ricordano. “Quando avevo dodici anni”, dice Fielding, “ho ascoltato The Piper at the Gates of Dawn e ho capito che la realtà poteva essere piegata.” È così che si entra nel mondo di Barrett: non con la logica, ma con la vertigine.

La nuova edizione di Wish You Were Here è un viaggio. Cofanetto Deluxe, Blu-ray, 3LP, 2CD. Dentro ci sono demo, filmati, cortometraggi. Ma soprattutto c’è The Machine Song, la prima bozza di Welcome to the Machine, portata da Roger Waters come un messaggio in bottiglia. È grezza, è fragile, è vera.

Simon Armitage ha scritto una poesia. Fielding ha dipinto. I Floyd hanno rimixato. Tutti, in modi diversi, hanno detto la stessa cosa: Syd era un diamante. Non perfetto, non eterno, ma luminoso.

E noi, cinquant’anni dopo, siamo ancora qui a guardarlo brillare.