Il 3 ottobre 1954, a Dallas, Texas, nasceva Stevie Ray Vaughan, uno dei chitarristi più incendiari e influenti della storia del blues moderno. Con la sua Stratocaster tra le mani e l’anima intrisa di soul, Vaughan avrebbe ridefinito il linguaggio della chitarra elettrica, fondendo il blues più viscerale con l’energia del rock e la raffinatezza del jazz.
Cresciuto in una famiglia dove la musica era pane quotidiano
— il fratello maggiore Jimmie Vaughan era già un chitarrista affermato — Stevie
Ray si avvicinò alla chitarra da bambino, imitando i grandi del blues come
Albert King, Buddy Guy e B.B. King. Ma fu Jimi Hendrix a segnare la svolta:
Vaughan ne assorbì lo spirito, la teatralità, la furia creativa.
Negli anni ’70, tra club fumosi e jam notturne, Stevie Ray
affinò uno stile unico: tecnica vertiginosa, feeling profondo, e un suono che
sembrava graffiare l’anima.
Nel 1983, con la sua band Double Trouble, pubblicò Texas
Flood, un album che fece tremare le fondamenta del blues. Brani come “Pride and Joy” e “Love Struck Baby” mostrarono al mondo che il blues non
era morto — anzi, poteva essere giovane, feroce e sexy.
Il suo stile era un mix esplosivo: il fraseggio blues
tradizionale, la potenza del rock, la sensibilità jazzistica. E tutto questo,
senza mai perdere il contatto con le radici.
Stevie Ray Vaughan: fu un ponte tra generazioni, tra il blues
delle origini e il rock contemporaneo. Collaborò con David Bowie (memorabile il
suo assolo in “Let’s Dance”), con Jeff Beck, e con il fratello Jimmie in
Family Style, pubblicato poco dopo la sua morte.
Morì tragicamente il 27 agosto 1990 in un incidente in
elicottero, a soli 35 anni. Ma il suo impatto è eterno: ogni chitarrista blues
moderno, da John Mayer a Joe Bonamassa, porta con sé un frammento del suo
spirito.
Ogni 3 ottobre, gli appassionati di musica celebrano la
nascita di un artista che ha reso il blues di nuovo giovane, che ha suonato
come se ogni nota fosse l’ultima, e che ha lasciato un’impronta indelebile
nella storia della chitarra.
.jpg)