Non ho vissuto bene il periodo a cavallo tra il ’60 e il ’70,
diciamo… i giorni delle scuole medie.
Il mio malessere non era motivato da nulla che avesse a che
fare con la ragione, e ancora oggi, ripensandoci non mi capacito di quei
momenti, credo, tipici di ogni preadolescenza: voglia di scoprire il mondo mentre
la TV, tra il 1° e il 2° canale, ci inondava di diversità che arrivavano da
altri lidi. Eppure, in quei giorni, regole famigliari imponevano, giustamente, un’etica
da rispettare.
E così accadeva che la domenica fosse d’obbligo il cinema
pomeridiano (con mamma, papà e fratellino), e al ritorno ci aspettasse lo
sceneggiato del dopocena.
Tra i tanti, il più “devastante” mi è sempre sembrato “Il
Commissario Maigret”, magnifico, senza dubbio, ma ancora oggi, il
connubio tra il bianco e nero tipico di quelle storie - mancava ancora qualche
anno all’arrivo del colore - e la canzone di Luigi Tenco mi procura un’esplosione
di spleen che col passare dei lustri non si è attenuata di una virgola.
Eppure, riconosco la grandezza di tutti quei protagonisti, ma
la sigla di Maigret mi fa sanguinare il cuore, mi tocca nel profondo e mi
riporta alla mente quel bambino di 13 anni a cui un mondo in bianco e nero
stava già stretto!
Ripropongo la canzone, e per giungere al top della malinconia
utilizzo la versione francese, una lingua che amo ma che, se applicata alla musica,
diventa particolarmente adatta a rendere triste ogni situazione.
E oggi va così.
La sigla iniziale de 'Le nuove inchieste del Commissario Maigret', è la canzone "Le temps file ses jours", versione in francese di 'Un giorno dopo l'altro' scritta ed interpretata da Luigi Tenco.
La versione in italiano è la sigla finale e il testo della versione iniziale in francese è di Jacques Chaumelle.
Le temps file ses jours
l'eau coule sous les ponts,
sur les bords de la Seine
des ombres s'en vont.
Le temps file ses jours,
rien n'a changé ici,
Montmartre et sa bohéme
dorment sous la pluie.
À chaque jour sa sans qu'on y pense,
la vie s'en va emportant nos
souvenirs.
Le temps file ses jours
à Paris comme ailleurs
et passent les semaines
et l'espoir se meurt.
À chaque jour sa change
et tous ses pleurs qu'on ne peut pas
retenir,
et puis, sans qu'on y pense,
on s'habitue à vivre sans avenir.
Le temps file ses jour,
l'eau coule sous les ponts,
sur les bords de la Seine
des ombres s'en vont.