mercoledì 6 luglio 2011

Quattro chiacchiere con Lincoln Veronese



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Tra qualche giorno, l’8 luglio, il Lincoln Quartet si esibirà a Fontigo(TV), assieme a Clive Bunker. Lincoln Veronese, il cuore della band e uno dei cardini del fan club, ha risposto ad alcune domande tra passato, presente e futuro.


Dall’ultima volta che vi ho sentito la line up è cambiata, con un nuovo flautista e l’inserimento delle tastiere. Se ci riferiamo esclusivamente al lato tecnico /musicale, come giudichi l’evoluzione del gruppo?

Per sopperire alla mancanza del tastierista il quartetto in origine sviluppò quella che si può benissimo definire “l’arte di arrangiarsi”. Per poter eseguire i brani storici dei Tull, anche quelli conditi da tante tastiere, dovevamo ristrutturare i brani cercando di esprimere al massimo tecnica e creatività, mantenendo altresì il più fedele possibile la struttura ritmica. Ciò era fondamentale per non mettere in crisi la band nei momenti in cui si creava l’avvicendamento fra Manuel Smaniotto e Clive Bunker, laddove le versioni dei brani fossero diverse dagli originali. Smaniotto dovette quindi impararsi per bene tutte le soluzioni ritmiche di Clive ed è qui che probabilmente, lavorando sodo sotto questo aspetto, è maturato come batterista.
Il flauto, oltre alle parti obbligate, suonava le linee fondamentali di tastiere, mentre il basso di Iacopo Gobbato ripeteva addirittura parti di pianoforte, come ad esempio all’inizio di My God. Il sottoscritto, come chitarrista e cantante del gruppo, alle parti acustiche doveva passare direttamente a quelle elettriche senza alcuna scorciatoia, come ad esempio su Thick as a brick, e cantarci sopra contemporaneamente il riff in cinque quarti per sostenere il groove assieme a basso e batteria.
Molte di queste soluzioni sono rimaste tuttora e caratterizzano la personalità del gruppo.
L’ingresso del bravissimo Andrea De Nardi alle tastiere è stato per noi un valore aggiunto, perché si è inserito perfettamente senza togliere al DNA del gruppo la tecnica e la creatività acquisite, ma mettendo più ordine e definizione soprattutto nelle parti armoniche.
Il nuovo flautista Fabio Bonacotta invece, bravo anche come chitarrista acustico, ridefinisce alcune soluzioni inevitabili ma necessarie che c’erano nel quartetto, dando più respiro al sottoscritto in quei brani dove all’acustica si imponeva inevitabilmente l’elettrica.

Seguo con interesse le Tribute Band dei Jethro Tull e mi pare che, nonostante i vari progetti personali e il lavoro quotidiano, suonare la loro musica sia sempre una priorità, una specie di collante inattaccabile. Qual è la tua opinione, riferita all’esperienza del Lincoln Quartet?

Il vero collante è la passione per questa musica ed il rispetto per i musicisti storici e non, che l’hanno suonata e che la suonano assieme ad Anderson. Il merito nostro, come cover bands in generale, è forse quello di riuscire a diffonderla nelle piazze e nei pub, laddove l’eco dei media non avesse prodotto risultati soddisfacenti, soprattutto nei giovani. Ed è proprio da loro che noi traiamo il beneficio maggiore quando, alla fine di un concerto, ti vengono a salutare e ringraziare per aver suonato Thick as a brick o Aqualung.

Mi riallaccio alla domanda precedente. Tu hai vissuto gli inizi del movimento che ha creato l’aggregazione degli appassionati della musica dei J.T., gruppo di fan che, nonostante le peripezie, è ancora in buona salute. Eppure Anderson e soci non hanno più sfornato “nuove idee” da molto tempo. Come spieghi questo atto di fede, dimostrato dalle forti presenze a tutti i concerti?

Per carità, se dovessero sfornare nuove idee ben vengano, sono sempre le benvenute.
L’atto di fede dei fans , secondo il mio punto di vista, non è per quello che i Jethro faranno in futuro ma per quello che hanno fatto nei quarant’anni precedenti, altrimenti , li avrebbero già abbandonati da tempo.

Essere una cover band conduce ad un immediato processo di identificazione che potrebbe essere professionalmente limitante. Esiste una certa frustrazione derivante dal fatto che, al di là della musica “Jethro”, musicisti come voi potrebbero presentare al pubblico proprie creazioni ?

Suonare in una cover band dei Jethro, se uno si impegna davvero, significa maturare umanamente e professionalmente. Umanamente perché condividi problemi e fatiche, tra l’altro poco remunerate, per il bene comune che è la musica, professionalmente perché ti pone in vista in una vetrina a cui possono attingere anche i grandi per rafforzare il loro gruppo, e questo non è poco. Poi ognuno di noi ha percorsi paralleli anche di musica propria nella quale sperano sempre in un ingaggio discografico.

Ho avuto la possibilità di vedere il vostro batterista, Manuel Smaniotto, in concerto con le ex ORME. Avventura finita, ma Tagliapietra mi ha detto che “si terrà molto vicino” Manuel. Che tipo di soddisfazione si prova nel veder crescere e migliorare un giovane, provato per caso (mi raccontasti tu del suo provino) che arriva a suonare stabilmente con personaggi storici della musica italiana?

La soddisfazione è enorme. Se si hanno entusiasmo e voglia di fare, un giovane in questo gruppo si trova in una vera e propria palestra. Oltre a Manuel, ora, anche il nostro tastierista Andrea De Nardi è alla corte di Aldo Tagliapietra e ti assicuro che, conoscendo i gusti sopraffini di Aldo, non è entrato con una semplice raccomandazione. Ora stiamo portando a “regime” il nuovo flautista Fabio Bonacotta che in soli tre mesi ha fatto passi da gigante. Lui non è un flautista puro, suona però molto bene vari strumenti, è un ottimo musicista e siamo convinti che, se continua così, ce la farà alla grande.

Ci siamo trovati a Roma per la Prog Exhibition e abbiamo visto passare la storia del prog, non solo italiana. Non hai qualche rammarico, qualche dispiacere per una scelta non fatta per estrema cautela, che di fatto ti ha portato a relegare la musica come sola passione e non come “mestiere”?

Chi comincia a suonare, di solito, lo fa per passione e non per soldi, quelli casomai arrivano dopo.
Fare buona musica di solo mestiere in Italia è improponibile oppure si è costretti fare gli equilibristi.
Io ho sempre suonato per passione facendo l’equilibrista solo con il mio lavoro e finora, per fortuna, non sono mai caduto ed ho portato a casa grosse soddisfazioni.

Ho ancora in auto il tuo CD che mi regalasti nel 2007, in occasione del concerto di Noli. Esiste nei tuoi progetti un seguito, come Lincoln “solo” o come Lincoln Quartet?

Potrei dirti che ho appena firmato un contratto di un milione di euro con la Sony che mi produrrebbe 4 Cd in cinque anni ma, purtroppo … non è vero!
Ti ringrazio, invece, di cuore per la bontà di tenertelo ancora in auto!

Conoscendo i musicisti che suonano la musica dei JT penso che una Convention “starebbe in piedi” anche da sola, magari con uno o due ospiti… alla mano. Ci sono anche molti fan che se la cavano con i diversi strumenti per cui, sarebbe qualcosa di meno professionale ma certamente aggregante. Pensi che 500 persone si muovano solo perché c’è Anderson o… la voglia di stare insieme con un unico, “onesto”, obiettivo potrebbe decretare uguale successo?

Le convention con gli ospiti illustri sono straordinarie e devono essere sempre fatte.
Quando però anche ad una di queste manca Clive Bunker, chissà perché, non hanno più il sapore di convention.
Clive ha saputo creare con i fans il contatto umano che difficilmente si crea in altre situazioni.
Un altro big dal contatto umano straordinario è Glenn Cornick che speriamo di riavere presto tra noi.
Darei certamente più spazio pomeridiano alle band ed agli incontri dei big con i fans, quello sicuramente.
Tutto ciò potrebbe contribuire favorevolmente ad una convention cosiddetta povera di ospiti illustri, ma ricca di tanta partecipazione ed aggregazione da parte dei fans, che è quello che in sostanza desiderano alla fine.

Oltre a mille altre cose sei anche il webmaster del sito. Che tipo di gratificazione ti arriva dal ruolo di ogni notizia “tullica”?

Dire webmaster è un complimento che mi lusinga; un vero webmaster ad un certo punto si aggiorna sulle ultime tecniche di linguaggio multimediale e le mette in pratica facendo ogni tanto un vero e proprio restyling del sito! Io invece continuo con quel poco che sapevo una decina di anni fa convinto ancora che l’html sia il linguaggio del secolo.
Per quello che riguarda le notizie mi piacerebbe invece che gli stessi fans mi aiutassero un pò di più nelle informazioni che spesso devo scovare da solo nei meandri del web; del resto io dovrei essere un esecutore materiale della notizia ma spesso mi ritrovo a dover costruire delle vere e proprie recensioni giornalistiche, cosa che non avevo mai fatto in passato.

Domanda d’obbligo. Come vorresti si sviluppasse l’immediato futuro del Lincoln Quartet?

Per l’immediato futuro mi piacerebbe una collaborazione con una vera e propria orchestra d’archi con la quale suonare brani prog ed, ovviamente, Jethro Tull!
Il resto fa parte ancora dei miei sogni per cui, non ti offendere Athos, li racconterò solo in presenza di … Gigi Marzullo! J


Un grazie di cuore a te ed un saluto a tutti i Fans dei Tull!!