martedì 13 dicembre 2011

OUTOPSYA-FAKE



FAKE  è  il secondo album degli OUTOPSYA, duo trentino che in questa occasione si presenta col “vestito” della  Lizard Records.
Rimando a fine post per le generiche e oggettive informazioni.
Credo sia sufficiente la lettura dello scambio di battute a seguire,  per capire quasi tutto di questa inusuale band di musicisti “anomali” e originali. Quasi tutto? Non è una forzatura, perché nello spazio di dodici domande mirate emerge un mondo molto più obiettivo ed interessante del commento che qualsiasi osservatore musicale possa tracciare.
Ho taggato OUTOPSYA con  l’aggettivo “anomalo”, ma è forse meglio sostituirlo con “atipico”.
E’ atipico il doppio album, in assoluta controtendenza.
E’ atipico considerare “il terzo componente” dal vivo un ordinatore, Mister PC.
E’ atipico fuggire quasi dalla fase live e nel caso di apparizioni preferire la penombra alla visibilità.
E’ altresì atipico musicare un film muto.
Sgombro il campo immediatamente da ogni dubbio, perché non vorrei si scambiasse per poco gradimento un qualcosa che al contrario ho apprezzato molto.
Sto parlando di musica di discreta nicchia, come spesso accade per gli artisti che gravitano attorno a Loris Furlan… sto pensando ad atmosfere molto particolari miscelate a ritmi e tecnologia.
Io credo che un bravo giornalista musicale potrebbe fare un trattato, o una tesi di laurea commentando FAKE, un’opera che trasuda cultura, impegno, innovazione ed esasperazione di ogni concetto applicato ai suoni.
E ci si trovano discrete contaminazioni, dalla voce dell’ Hammill vandergraafiano all’Hendrix da cui, mi pare, si prendono le distanze, tanto per citare due poli opposti.
Ma se dovessi dare un giudizio “bignamico” di questo album scenderei forse a concetti molti più … terreni e -per me- soddisfacenti, perché FAKE, e ogni parola che esce dalla penna di OUTOPSYA, profumano semplicemente di libertà, libertà espressiva, libertà di muoversi in tutte le direzioni con ampia possibilità di scelta, libertà di rimanere nell’oscurità dando visibilità soltanto a ciò che realmente conta, libertà di spaziare su un tema ampio – e musicare il film muto di Rupert Julian,  “Il Fantasma dell'Opera” da garanzie in tal senso.
La varietà della proposta, il “contenitore” pieno di atmosfere rarefatte e solenni, la melodia e i suoni ricercati, rendono FAKE un lavoro di estrema qualità, di grande quantità e … multifunzione. Ma sono certo che OUTOPSYA  non ha ne pianificato ne riflettuto sulla progressione temporale dell’album, dopo la sua uscita: questa sarebbe stata la vera anomalia!

L’INTERVISTA
Parto spesso con un accenno al nome della band, a volte collegato, magari inconsciamente, alla filosofia musicale che si adotta. So che la frase “OUT Of PSYchical Activity”  è nata solo a posteriori come sorta di joke legato al nome della band, OUTOPSYA. Ma … dopo aver ascoltato la vostra musica, il “joke” a cui accennavo diventa una cosa tremendamente seria, e i suoni riconducono ad un mondo metafisico complesso e completo. Come si può collegare, dopo due album, la musica di OUTOPSYA al nome … OUTOPSYA?
OUTOPSYA è una parola che non esiste e forse si può collegare alla nostra ambiziosa ricerca di creare musica che in un certo senso “non esiste”. La cosa più importante comunque è che qualcuno ascoltando la nostra musica la colleghi inequivocabilmente al nome OUTOPSYA!!!
La prima “anomalia” –positiva- che si rileva, avendo in mano il vostro CD, è la quantità disponibile, il doppio album. Quantità e qualità non viaggiano obbligatoriamente assieme, ma incuriosisce quella che voi avete chiamato “provocazione”.  Era l’unico modo possibile per far nascere “FAKE”?
Certo che no. Fake è stato concepito come  sonorizzazione del film muto “Il fantasma dell’opera” che dura una novantina di minuti. La provocazione, se così vogliamo chiamarla, potrebbe essere l'aver pubblicato tutti i 90 minuti in un'unica confezione, in un periodo in cui si prediligono gli EP o addirittura i singoli. Avremo potuto estrarre solo alcuni “pezzi” da includere in un cd ma la cosa, almeno per noi, non avrebbe avuto molto senso in quanto abbiamo sempre pensato a Fake come ad un'unica composizione.
La vostra musica sfrutta in maniera decisa le tecnologie disponibili. Secondo voi, si può ancora innovare, creare, stupire in piena libertà, utilizzando invece la tradizione?
Sicuramente sì e questo sarebbe il nostro più grande desiderio; anche il materiale di Fake si presterebbe in gran parte ad arrangiamenti per strumenti più tradizionali. Abbiamo solo un grande problema: trovare musicisti capaci e motivati, disposti a dedicare il tempo necessario ad una esecuzione delle parti che ci soddisfi. Abbiamo fatto dei tentativi e dei provini ma deludenti al punto che senza dubbio ci han fatto optare per l’uso delle tecnologie che fortunatamente in questi nostri tempi esistono e abbiamo fatto nostre; non per niente il terzo componente del gruppo l’abbiamo chiamato Mr. Pc che ci supporta anche nelle rare esibizioni live.
Il vostro album è anche legato alla simbologia dei numeri (lo spiegherò in fase di recensione), ma in questo caso mi pare che non ci sia necessità di rifarsi ad una scienza esatta, ma piuttosto affidarsi ad elementi casuali che appaiono come segni del destino. Cosa rappresenta l’imponderabile nella vostra vita di musicisti?
Mah, in realtà siamo piuttosto “terra-terra” da questo punto di vista. Cerchiamo di tenere tutto sotto controllo, ogni nota o arrangiamento è ragionato e valutato e lasciamo il meno possibile al caso (che comunque la sua bella parte la fa lo stesso).
La vostra proposta è intrisa di cultura, ma che cosa ha scatenato, in origine, l’amore per la musica? Chi erano/sono i vostri “spiriti guida” o quelli che comunque vi hanno dato maggiori soddisfazioni?
Credo sia nato tutto in modo piuttosto naturale. Abbiamo iniziato a suonare da piccoli, forse anche un po' spinti dai genitori e forse un po' controvoglia, almeno all'inizio. Poi, col tempo, suonare è diventata praticamente un'abitudine, una necessità.  Abbiamo sempre ascoltato molta musica e siccome ci stufiamo in fretta è stato, ed è tutt'ora, un continuo saltellare da un genere all'altro cercando qualcosa di appagante. Ci sono moltissimi musicisti che stimiamo per le ragioni più disparate ma gli “spiriti guida” sono pochi e preferiamo tenerli insvelati, tanto sono importanti per noi.


OUTOPSYA sembrerebbe in perfetto agio in un laboratorio musicale. Qual è invece il vostro lato live? Che tipo di piacere trovate nell’incontrare il vostro pubblico?
Alle nostre, ultimamente  rare e mirate, esibizioni abbiamo notato spesso facce perplesse ed interrogative, a volte quasi seccate... Il “nostro pubblico” probabilmente non esiste o quantomeno non abbiamo ancora avuto modo di incontrarlo … forse non abbiamo ancora proposto la musica adatta o forse è poco il pubblico adatto alla nostra musica. In passato suonavamo piuttosto spesso ma, a dir la verità, non abbiamo mai avuto grandi soddisfazioni dall'esibirci live. Attualmente, per una serie interminabile di ragioni, fatichiamo a trovare motivazioni che ci spingano a suonare dal vivo.


Parliamo di “FAKE”: come è avvenuto il passaggio da musica per  film muto a doppio CD?

La durata non è stata modificata, la struttura portante è stata sfruttata in toto rimpolpandola di voci e suoni amalgamati con arrangiamenti idonei a rendere il tutto  più adatto all’ascolto, anche senza l’ausilio delle immagini. Niente di più.
La musica non è la sola vostra passione. Nell’ambito del mio “lavoro” mi capita quotidianamente di trovare giovani musicisti che non si accontentano di musica e testi, ma sentono la necessità di esprimersi attraverso arti differenti, inserite nello stesso contenitore. E’ questa un esigenza caratteristica del momento attuale o anche in passato esistevano certi bisogni, e magari restavano nascosti per eccesso di cautela?
Noi siamo molto attratti da tutte le arti, soprattutto dalle altre “temporali” che hanno quindi un legame per così dire naturale, con la musica. Abbiamo infatti collaborato con registi, poeti e soprattutto coreografi di danza contemporanea. Oltre che una passione oggi è anche una necessità di lavoro; vista l’enorme crisi del mondo musicale in genere è diventato fondamentale ampliare il più possibile i contatti e avere più possibilità di esprimerci e farci notare...
Quanto sono importanti per voi le liriche?
Ci interessano principalmente il suono ed il ritmo delle parole che vengono usate soprattutto in funzione della loro musicalità. Comunque i nostri testi hanno, almeno per noi, un significato ben definito; non ci interessa “comunicare” o esprimere qualcosa in particolare con le liriche.
Sono fuori strada se dico che nel vostro album ho sentito, tra le tante cose, anche un sottile frammento hendrixiano?
Potrebbe benissimo sentirsi anche quello ma sarebbe assolutamente casuale e non voluto. Hendrix non rientra per nulla o quasi nelle nostre influenze, almeno non direttamente.
Mi date una spiegazione dell’artwork, elemento a mio giudizio sempre molto importante?
Volevamo per questo disco un artwork che si discostasse dalle cover abituali, almeno per quanto riguarda la scelta dei colori. Abbiamo optato per un sfondo bianco, con elementi viola e nero, pensiamo sia un modo per farla risaltare in mezzo ai classici artwork dalle tonalità scure e quindi richiamare l'attenzione dell'ascoltatore alla ricerca di nuova musica. Per quanto riguarda le illustrazioni non hanno un significato particolare abbiamo pensato a qualcosa che potesse rappresentare o descrivere la nostra musica tramite le immagini. Tuttavia lasciamo che ognuno sia libero di darne la propria interpretazione.

Provate ad aprire il libro dei desideri e a formulare un pensiero musicale rivolto ai prossimi tre anni.
Fare un altro disco diverso e migliore di questo, possibilmente suonando con musicisti che stimiamo.



INFO
OUTOPSYA e
Lizard Records

FAKE

Lizard Records (Micio Poldo Edizioni Musicali)
22 brani - 91 minuti

Line up

Luca Vianini (chitarre, voci, synths e batteria) e Evan Mazzucchi (basso e violoncello)

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