lunedì 5 luglio 2010

Una chiacchierata con Joe Vescovi


Da quando alcuni mesi fa ho notato la presenza del mio concittadino Joe Vescovi su facebook, ho iniziato un moderato approccio nella speranza di soddisfare qualche curiosità.
Ovviamente non mi conosceva, ma io ho di lui ricordi indelebili, musicali e non, con intrecci di conoscenze personali, che proprio in questi giorni sono venuti a galla prepotentemente.
Joe si è dimostrato gentile e disponibile, e così ha accettato di rispondere a qualche domanda via mail, che ho prontamente inviato.
Quando poi mi è arrivato un suo messaggio che era il presupposto a un’intervista telefonica, ho pensato che il mondo è davvero cambiato: quel musicista per me inarrivabile, visto sul palco di Cisano nel 1974, e “sfiorato” più volte nelle vie cittadine, aveva deciso di raccontarmi qualcosa … che cosa non lo sapevo ancora.
Sono le 21.30, il registratore è pronto e il viva voce anche, e lui, puntuale, mi chiama e inizia uno scambio di opinioni di … quaranta minuti.
Voce spiccatamente savonese … una sorpresa per me che immaginavo chissà quale accento!
I miei schemi saltano e le domande già pensate non hanno più ragione di esistere.
Ne esce fuori una chiacchierata molto piacevole ( almeno per me) che spazia dalle origini dei Trip sino ai giorni nostri.
Si è parlato molto del futuro e degli obiettivi di cui molti sanno o immaginano ( e sperano), ma è questa una parte su cui sarò superficiale, aspettando che i giochi siano fatti e il progetto divenuto pubblico.


LA TELEFONATA


C’è un gran movimento sulla reunion dei Trip, ma resta difficile capire se siamo realmente vicini all’evento. Chi meglio di te può fare il quadro della situazione!? 
Il progetto Trip esiste e la “macchina organizzativa” è partita; le possibilità di realizzare un nuovo corso sono concrete e siamo al punto che occorre discutere dei dettagli, anche se esistono difficoltà legate alla riunione fisica tra chi abita nelle Marche, chi a Torino e chi ai confini tra la Svizzera francese e quella tedesca, ma la volontà da parte di tutti c’è. 

Bazzicando su facebook sono chiare le “spinte “ pressanti da parte di chi non vi ha dimenticato
! 
In realtà la reunion era nell’aria. Le spinte partono addirittura dagli anni 90, quando ancora suonavo con i DIK DIK, e periodicamente l’argomento veniva a galla. Ma io sono dell’opinione che se una cosa non si fa con i sacri crismi è inutile iniziare, e quindi occorre tempo, volontà e situazioni favorevoli al contorno. Dodici anni fa se ne era parlato concretamente, su pressioni di Beppe Crovella ( che tra l’altro suonava con Furio Chirico), ma un incidente grave occorso a Wegg interruppe il discorso. Stessa spinta 4-5 anni fa, ma anche in quel caso Wegg fu l’ago della bilancia e preferì declinare l’invito e io rispettai il suo volere. 

Niente Trip senza Wegg?
Dico sempre che i Trip non si sono sciolti ma si sono solo interrotti. Quando Wegg Andersen ebbe il primo grave incidente, nel 1974, molta gente si propose per una sostituzione, ma i Trip sono fondamentalmente due persone, Wegg Andersen, il fondatore, e Joe Vescovi, il coordinatore. Il fatto che formalmente il nome “Trip” sia attribuito a me è solo perché avendo la cittadinanza italiana ero l’unico in grado di registrarlo alla Camera del Commercio (di Savona). Proprio per un fatto morale, considerando che per me Wegg era come un fratello, non accettai mai proposte alternative e preferii buttarmi su altri progetti, lontani dal nome Trip. 

Ad esempio?
 
Una proposta arrivò dal “Rovescio della Medaglia” di Roma, che conoscevo dai tempi del Piper, e poi dagli Acqua Fragile, che scelsi per motivi logistici (Parma era più vicino rispetto a casa) e per il genere, sulla scia di Yes e Genesis, più vicino ai miei gusti musicali. Finì presto perché Lanzetti andò l’anno dopo nella PFM e il progetto si arrestò. Un’altra proposta arrivò da Ritchie Blackmore e i Raimbow, in America, e un’altra dai DIK DIK. Rimasi in America un mese senza concretizzare l’opportunità, e al ritorno in Italia mi stabilii definitivamente col gruppo di Petruccio e con loro rimasi un bel po’ di tempo. 

Va avanti...
 
Sono stato otto anni con Tozzi, di nuovo con i DIK DIK, e solo da un anno e mezzo ho smesso i concerti live e da un po’ di tempo mi sto dedicando a tempo pieno al ritorno dei Trip. Le collaborazioni non si contano e tengo a sottolineare un progetto di Paolo Siani, a scopo benefico, un album i cui proventi sono destinati all’ospedale Gaslini di Genova, fondi quindi destinati a bambini poco fortunati. 

Ma non vieni mai a Savona?
 
Da quattro anni non vedevo mio fratello e avevo messo in preventivo una visita in Liguria, ma lui mi ha raggiunto a Salso Maggiore dove mi trovavo e quindi.. tutto è saltato. Ma farò un salto di sicuro, tra l’altro volevo ritrovare Fabrizio Cruciani, con cui ho suonato nei Knife Edge, per vedere il suo “Van Der Graaf pub”. 

Se lo farai, ricordati, appena entrato nel pub, di guardare in alto a destra, e troverai “Atlantide” , intendo l’album, che ho regalato a Fabrizio e che lui ha incorniciato. Pensa che è originale dell'epoca e ne sono ritornato in possesso dopo trentacinque anni, quando un mio vecchio compagno di scuola me lo ha riportato. E’ ovviamente inascoltabile, e ricco di solchi, ma credo abbia un valore affettivo immenso
. 
Mi sono reso conto che i primi LP, quelli che io firmavo a quei tempi, hanno assunto grande valore per i collezionisti e sulle riviste specializzate esiste un vero “borsino” che vede i dischi dei Trip in ottima posizione e compagnia. 

In questi giorni ho ritrovato dopo una vita 
Beppe Aleo, patron di Videoradio (http://athosenrile.blogspot.com/search/label/Beppe%20Aleo), e abbiamo riesumato il vecchio aneddoto che riguarda il giudizio che tu desti al lavoro del “Sigillo di Horus”, quando li ascoltasti nelle loro prove ( e io ero presente): “bocciasti” (direi elegantemente) il loro lato prog, a favore di un brano più melodico (Tu che sei tra gli Angeli). Probabilmente giudicasti la musica progressiva in fase calante (era il 1973 e di li a poco l’interesse sarebbe scemato). Hai qualche ricordo in proposito
Certamente. Il papà di Beppe era anche collega di mio padre, e ricordo dell’aneddoto della stroncatura. Il mercato stava calando, anche per i big, come BANCO e PFM, e mettere sul mercato altro prodotto “prog” non avrebbe pagato, considerando anche che stava esplodendo il fenomeno cantautorale, con Bennato, De Gregori ecc., Inoltre era in corso l’arrivo della prima ondata di “Disco”, Gaynor, White. I gusti stavano cambiando, e proporre il prog del Sigillo di Horus sarebbe stato difficile. 

A me, ragazzetto sedicenne, l’episodio rimase impresso, primo perché esercitavi un fascino enorme si di noi, e il solo fatto che si fosse sparsa la voce che tu stavi arrivando ci procurò forte emozione e nessuno di noi ebbe il coraggio di rivolgerti la parola; poi mi sembrò strano che uno con la tua fama privilegiasse una canzone che, vista la mia intransigenza rockettara dell’epoca, era … improponibile
Sì, ma il mio non era un rinnegare il passato o il non credere in quel gruppo, e il rock non l’ho mai abbandonato, tanto è che anche andando con i DIK DIK, mettevo, laddove potevo, frammenti di rock e prog, rivoltando interamente brani già costituiti. Pensa che quando mi fecero la proposta, nel 1977, dissi:”.. ok, ma cerchiamo di aggiornarci un po’..” e appena potevo mettevo “del mio”, rispettando ovviamente i loro pezzi e il loro modo di vedere la musica. Questo era per me il segno che, nonostante la situazione, non avevo abbandonato il genere che più amavo. Ma tornando all’episodio del Sigillo, i tempi stavano cambiando e sarebbe stato stupido combattere contro i mulini a vento. Da li a poco si sarebbe sciolta anche la PFM e i gruppi storici sarebbero rimasti davvero pochi. 

Sai che qualche giorno fa ho risentito suonare il BANCO, quasi al gran completo, con l’aggiunta di Bernardo Lanzetti?
 
C’era Bernardo? Bernardo è uno molto bravo, anche se ha il suo caratterino, e forse anche io ho avuto con lui qualche discussione giovanile.

Mi sbaglio o eri anche tu professionalmente rigido? Ti sei ammorbidito nel tempo?
 
Sul lato professionale sì, ero e sono rigoroso, indipendentemente dal genere che suono. Quando ero con i Trip puntavo alla ricerca della perfezione. Con i DIK DIK fu lo stesso. Loro non avevano l’abitudine di provare in modo insistente e io riuscii a imporre il mio metodo di lavoro e la mia filosofia, riuscendo a farla comprendere e accettare. Con Tozzi fu lo stesso. Lui è una persona squisita, anche dal punto di vista musicale e io “curai” i musicisti, praticamente i miei Knife Edge, e ci sarebbero aneddoti divertenti da raccontare, come quando andai a Parma, da Davoli, a comprare il “Chierici” contente 2600 accordi per chitarra, per insegnare qualche variante al chitarrista, bravo ma legato alla musica metal, meno esigente dal punto di vista dell’architettura compositiva.

Hai qualche altro aneddoto in proposito?
Sempre riferito all’acquisto del prontuario per accordi, devo dirti che il fatto accadeva esattamente un mese prima di suonare allo stadio di Hokey di Toronto, con i News Trolls di spalla, nel tempio del rock. Due ore di concerto con musica completamente diversa dal quasi metal che erano soliti fare i Knife Edge. Quindicimila persone paganti, venute li per ascoltare Umberto Tozzi, con la sua”Gloria”, in classifica in Canada con la versione di Laura Braningan. Conoscevo Umberto da anni, ma non mi ero mai reso conto di quanto fosse grande. 

In effetti si fa fatica a capirlo dall’esterno.
 
Io avevo pensato,:”..sarà il solito giro di italiani, italo americani…”, ma Tozzi rappresentava davvero “un nome”, una sorta di Bryan Adams italiano dell’epoca. Il pubblico non era tutto di origine italiana, ma buona parte era indigeno. Quindi, anche in quel caso il mio rigore ha pagato e negli anni ho mantenuto intatto il mio credo, in qualunque situazione musicale. 

Qual è la vera molla che fa scattare la voglia di Trip ... ai Trip?
 
Alla base c’è il fatto che i Trip non sono considerati un gruppo prog italiano, ma una band internazionale. Ovviamente non stiamo parlando di YES, Genesis o Jethro Tull, ma resta comunque un nome di tutto rispetto. Pensa che un amico di Los Angeles, la scorsa settimana mi diceva che gli unici due gruppi prog italiani degli anni 70 di cui ci si ricorda in quella parte del mondo, sono PFM (più volte negli USA) e I Trip. Non parlo delle rimembranze del pubblico, ma di quelle dei musicisti . Come vedi, la mia rigidità a cui accennavi e il non svendere il nome “Trip”, alla lunga ha pagato. Ricordo di aver visto i nostri dischi in Giappone. A New York, negli anni 70, guardando i dischi di importazione, potevi trovare, ad esempio: Tangerine Dream-Germany ; Traffic- England; Trip – Italy. E’ chiaro che andavano anche forte Toto Coutugno, Romina e Al Bano, ma erano cose ben suddivise, grazie anche alla multinazionale RCA, che aveva la possibilità di ottimizzare la gestione delle vendite. 

Soddisfatto di quel tipo di gestione?
Beh, ci avessero spinto un po’ di più, forse… la versione italiana della RCA era un contenitore variegato, e all’interno potevi trovare da Ennio Moricone a Morandi, da Nada a Vianello, sino a Jimmy Fontana. Fondamentalmente musica leggera quindi. 

Torno alla carica. Quando potremo parlare chiaramente dei prossimi Trip?
Ci siamo vicini, credo sia il momento di venire un po’ più allo scoperto sull’intero progetto e sulla formazione. 

Qualche anticipazione in proposito?
 
Quando Bill Grey decise di abbandonare il gruppo per suonare blues, fu Wegg a dire:”perché non proviamo il trio?”, come lui aveva già fatto con Blackmore e Page, anche se non c’era il trio con tastiere, ma con chitarra. Io ero un po’ titubante, perché avevo sempre suonato in un gruppo con la presenza della chitarra, ma i Nice e ELP sembravano aver aperto la via e ci convincemmo. E quindi rimanemmo io, Wegg e Pino (Sinnone). Quando Pino decise di andarsene il posto venne preso da Furio (Chirico). La formazione dovrebbe quindi essere un trio. Ma dimmi, il tuo interesse per la musica, passa anche attraverso l’ utilizzo di qualche strumento? 

Beh, ho sempre suonato la chitarra, e mi piacciono quasi tutti gli strumenti, che raccolgo tra casa e garage.
 
Avevo intuito che anche tu fossi “musicista”( parola grossa aggiungo io), perché di solito chi ha queste grandi passioni come te, ha suonato nel passato. 

Proprio nei giorni di cui abbiamo parlato, mi ricordo alcune jam fatte con Aleo e Bertone (io al basso) e una volta io Aleo e Pignata (mitico bassista de “Il Giro
 Strano”). Ti ricordi di lui? 
Certo che lo ricordo, era uno molto bravo! Avrà la mia età? 

 Anno più anno meno! 
Ma tu quanti anni hai… la voce è molto giovane! 

Anche la tua è giovane, ma sembra appena uscita da via Pia (via storica savonese), con l’accento che ti ritrovi!
 
Questo è un complimento! Nonostante abbia girato il mondo in lungo e largo, l’accento della mia città è rimasto. 

Quanti ricordi ... pensa se vieni a Savona e incominciamo a raccontarci tutte queste storie, quanti pianti ci facciamo! Ma a proposito di via Pia, mi pare di averti già raccontato di quando ti incontrai lì, un pomeriggio, vestito con una tunica bianca, capelli lunghi biondi e barba. Mentre passavi i ragazzi si spostavano incantati e sembravi un tizio che … camminava sulle acque! Di certo non capivi cosa suscitavi in noi ragazzetti aspiranti musicisti
! 
Sì. All’epoca ero abbastanza folcloristico! A proposito di eventi passati, so che eri alla ricerca di notizie sul Festival di Cisano. Ho trovato la locandina perché non butto mai via niente, come ogni buon ligure… era il 24 luglio 1974. Fu organizzato da me, e dal fratello di Flavio Scogna, e parteciparono, oltre ai Trip, Edoardo Bennato, i Dedalus, il Biglietto per L’inferno e La Corte dei Miracoli. Mi pare che nella tua intervista a Sinnone ci sia un’inesattezza, perché alla batteria, con i Trip, c’era Cucciolo. Fu un evento particolare( che si rifece dopo un mese a Sarzana), e ricordo che siamo stati la un anno a provare. Ma tu c’eri? 

Certo. Presi il treno sino ad Albenga e poi arrivai in autostop sino a Cisano, con la mia chitarra sulle spalle, come un veri hyppie.
 Rinneghi qualcosa del tuo passato musicale?
Guarda, quando ho fatto il canzonettaro è stato perché non potevo fare altro in quel momento, ma non me ne vergogno, e come ti ho spiegato, ho cercato di dare il meglio anche in quelle occasioni. In ogni caso il mio amore resta la musica prog e non mi spiego perché tanta gente che nel tempo ha cambiato la propria proposta, oggi quasi si vergogna di ammettere che un tempo ha fatto musica progressiva.

Dopo qualche giorno invio a Joe tre domande scritte, che vanno a completare il quadro.

Non ho mai approfondito che tipo di formazione tu abbia, come hai fatto a diventare Joe Vescovi tastierista.
La mia formazione musicale e' quella di uno che ha studiato musica da bambino, poi ha continuato come autodidatta e poi ?... Ma come faccio a dirti come sono diventato "Joe Vescovi tastierista", di certo non ho partecipato ad un concorso tipo "X Factor", ci fu tutta una serie di coincidenze per cui all'epoca anche se ero molto giovane, gli Inglesi Trip mi accettarono, poi io presi le redini in mano con il loro consenso e il resto e' storia. Ti faccio un esempio: quando all' epoca conobbi Ritchie Blackmore, al limite potevo chiedergli che formazione musicale aveva, ma non lo feci,perché sapevo che era un autodidatta, come Jimmy Page, Hendrix, Clapton, ma comunque era Ritchie Blackmore é uno di quelli che già sono nella storia del rock mondiale e questo e' ciò che conta. Detto in parole povere, musicisti si nasce, non si diventa neanche se studi venti anni al conservatorio: il talento o c'e' o non c'e', poi lo studio e' ovvio che serve, sempre però in rapporto la genere che uno fa. 

Ho sentito mille definizioni di musica prog, spesso diverse tra di loro. Mi dai la tua?
 
Io faccio parte di quella generazione che il Prog l'ha visto nascere, anche se non si chiamava ancora così. Ne parlavamo circa due mesi fa con Wegg: quello che oggi chiamano prog, non e' altro che rock con l'aggiunta di vari ingredienti: musica classica, jazz, psichedelica, etnica e chi più ne ha più ne metta, ma alla base ci deve essere assolutamente "rock and roll"(non quello di “Happy Days”, ma quello nel suo significato vero del termine), perché quando uno dei sopracitati generi prevalgono a discapito del "ROCK", non e' più "PROGRESSIVE ROCK". 

Quale è stato per te un tastierista … irraggiungibile, se mai c’è stato?
 
Domanda da "Guinness dei Primati"! Il tastierista irraggiungibile? Ma, io penso che ogni musicista di buon senso, che sia chitarrista, tastierista o batterista, riconosca i suoi limiti e quindi c'e' sempre uno migliore che potrebbe far parte del passato, del presente o del futuro:"And so What ?"direbbero gli Inglesi. David Gilmour dei Pink Floyd, non ha la tecnica di tanti chitarristi di oggi che fanno quarantamila note al secondo, però lui e' David Gilmour, con un suo stile ed un “gusto della Madonna”, gli altri rimangono dove sono. Per ciò che mi riguarda, dal punto di vista tecnico, come pianista, sicuramente Oscar Peterson, come “hammondista”, Jimmy Smith, ma penso che questi due nomi non riguardino solo me come punto di riferimento. Riguardo ai tastieristi odierni, Jordan Rudes dei Dream Theater e' bravissimo sia tecnicamente che come programmatore, solo che suona come un Sequencer, quindi una macchina. Anche io uso molta tecnologia quando serve, ma quando suono voglio suonare come un essere umano, Jordan Rudes non fa per me.

Grazie a Joe Vescovi.

Restiamo in attesa di buone nuove.