Genesis, febbraio 1974 (Palasport-tour di “Selling
England By The Pound”), la Steve Hackett band nel maggio 2019 (Teatro Colosseo -
“Genesis Revisited Tour”) e ancora una volta Hackett & Friends al Colosseo,
il 15 febbraio 2022, per una proposizione in toto di “Foxtrot” e
molto altro.
Il mio percorso musicale e affettivo,
il mio parallelismo con il mondo dei Genesis, approda spesso nel capoluogo piemontese,
anche se sono tante le volte in cui, nel nuovo millennio, ho incrociato e interagito
con Hackett.
Proverò a raccontare quanto accaduto proprio
ieri, secondo la mia percezione delle cose, ancora “carico” per il piacere
provato - fisico e spirituale - un godimento unico che solo certa musica riesce
a regalarmi e che non sono certo di riuscire a far comprendere.
Difficile rimanere neutrali e fornire
elementi tecnici obbiettivi, perché l’emozione provata, in questo caso, ha
superato le aspettative e ha permesso di lasciare alle spalle, almeno per il
tempo del lungo concerto, ogni tipo di preoccupazione: santa musica!
Ma a giudicare dalla reazione del
pubblico, che ha occupato la poltrone in ogni posizione possibile, posso dire
con certezza che il mio giudizio carico di elettricità positiva sarà condiviso
dai presenti che, occorre dirlo, erano tutto fuorché giovani. Eppure,
entusiasmo alle stelle e frammenti di brani cantati da una cospicua parte di
audience, quella che sicuramente ha sentito la musica dei Genesis centinaia di
volte e conosce a memoria ogni singolo passaggio.
La mia serata inizia però un paio di ore prima del concerto quando, assieme ad altre quattro persone, vengo ricevuto da Steve e consorte nel suo camerino: foto di rito, qualche chiacchiera e un’intervista che non potrò proporre perché… mai registrata! L’emozione a volte fa brutti scherzi!
Mi racconta dei progetti futuri, della mancanza di nuove generazioni ai concerti e finiamo per parlare del sesto Genesis, Richard Macphail, con cui avevamo condiviso il palco una decina di anni fa per una lunga intervista genovese: la semplicità e l’umiltà contribuiscono ad incrementare la caratura di questo musicista divenuto ormai mitico.
Quando ritorno in teatro la gente inizia
ad arrivare, sino alla certificazione del sold out.
Alle 21 in punto si inizia, secondo
una scaletta che mi è già nota, grazie a Steve.
Di fatto lo spettacolo prevede una
netta dicotomia tra il lavoro in “solo” di Hackett e quello pieno dei Genesis, come
dimostrato dalla set list a seguire, il tutto separato da un intervallo di
venti minuti.
Tre dei brani della prima sezione
sono estrapolati da “Voyage of the Acolyte”, il primo album da solista
di Steve Hackett, pubblicato nel 1975, quando l'autore era ancora chitarrista
dei Genesis. Si tratta di “Ace of wands”, “A Tower Struck
Down” e “Shadow of the Hierophant”.
A completamento “Spectral Mornings”
e “Every Day”, tratti da “Spectral Mornings”, l’album uscito nel
1979, il terzo pubblicato come solista ed il secondo dopo l'uscita dai Genesis.
E ancora “Camino Royale”, da “Highly
Strung”, disco uscito nel 1982, il sesto pubblicato come solista.
Ma c’è spazio anche per il nuovo
album “Surrender of the Silence”, rappresentato da “Devil’s Cathedral”.
Nessuna sbavatura, performance
tecnicamente ineccepibile, con un Hackett in piena forma supportato da una band
coesa e preparatissima; la sezione ritmica ci regala anche un paio di assoli,
con il bassista Jonas Reingold e il batterista Craig Blundell (nel corso dell’ultimo
bis).
Niente di nuovo da questo punto di
vista, un gruppo che accompagna Steve da anni, affiato e competente.
E arriva la sosta, minuti preziosi
per la ricarica dei musicisti, ma non troppo amata dal pubblico che, in questo
caso, preferisce il concetto di “senza soluzione di continuità”.
Si ricomincia con la parte più attesa,
la riproposizione di un album storico per il mondo del rock progressivo, quel “Foxtrot”
pubblicato nel 1972, quarto album in studio dei Genesis.
Tutti i brani vengono proposti secondo
lo schema originale, mentre le voci del pubblico, nemmeno tanto sommessamente,
si uniscono ai protagonisti sul palco.
Emozioni a gogo e una proposta
perfetta che sollecita memoria e ricordi, miscelando la musica ai sentimenti
più disparati.
Una citazione particolare per “Supper’s
Ready”, la lunga e impareggiabile suite di 22 minuti che ci ha ricordato,
se ce ne fosse stato bisogno, il perché i giovani dell’epoca si innamorarono della
musica del gruppo di Gabriel & C.
Si arriva all’epilogo ma ci attende
il bis, due “pezzoni” che accendono maggiormente l’eccitazione dei presenti: “Firth
of Fifth” (da “Selling England by the Pound”1973) e “Los Endos”
(da “A Trick of the Tail”, il settimo album in studio, il primo
registrato dopo l'uscita dal gruppo di Peter Gabriel).
L’apoteosi!
Tutti in piedi dopo l’ultima nota per
un lungo e appassionato applauso.
La serata perfetta, almeno per me.
Ascoltare la musica dei Genesis dal
vivo non è poi così complicato, giacché esistono numerose e validissime tribute
band nostrane e in giro per il mondo, ma avere davanti chi ha realmente
contribuito all’evoluzione del rock, inventando ciò che prima non esisteva, costituisce
privilegio unico.
Siamo ormai certi che non ci saranno
mai più reunion, gli anni passano, le motivazioni vengono a mancare e la salute
viene minata dal tempo che scorre senza chiederci se siamo d’accordo; avere la
possibilità di riascoltare direttamente da un palco un sound così particolare
da un ensemble che contiene uno dei protagonisti originali è la miglior
garanzia di fedeltà, e così Hackett diventa il marchio della qualità dei Genesis,
una certificazione che non può essere messa in discussione.
E allora non resta che augurare
lunga, lunghissima vita a Steve Hackett, mentre il suo tour italiano prosegue
con la data milanese.
A seguire un medley di scarsa qualità
video ma di discreto audio.
Un grazie al mio “collega” di tante
avventure musicali Mauro Selis - che mi ha aiutato con la registrazione video -
e a Enrico Rolandi, grande fotografo che ancora una volta mi ha fornito
immagini preziose.