Per ricordare la morte di Marvin Gaye, quarant'anni fa, utilizzo
un articolo di Gianni Lucini.
La sera del 1° aprile
del 1984, un'ambulanza arriva a sirene spiegate al 2101 South Grammercy di Los
Angeles, dove c'è la casa del vecchio reverendo Gaye, un pastore evangelico
famoso nel quartiere, oltre che per le sue prediche, per il fatto di essere il
padre del cantante e compositore Marvin Gaye. Il personale dell'ambulanza entra
correndo in casa e si trova di fronte a una scena agghiacciante. Steso a terra
c'è Marvin Gaye immerso in una pozza di sangue, mentre seduto su una sedia con
la testa tra le mani il padre ripete come un automa: «Mi voleva uccidere, mi sono
solo difeso…». All'arrivo della polizia si lascia ammanettare senza opporre
resistenza. Ha ucciso il figlio con un colpo solo al cuore sparato da una
pistola che gli era stata regalata pochi giorni prima dallo stesso Marvin.
Sostiene di non aver avuto alternative perché il figlio, in preda alla droga,
avrebbe tentato d'ucciderlo. I giudici accoglieranno parzialmente la tesi della
legittima difesa e lo condanneranno a cinque anni di carcere. Finiscono così la
vita e la straordinaria carriera di Marvin Gaye alla vigilia del suo
quarantacinquesimo compleanno. Da tempo in preda a frequenti crisi depressive
non aveva mai completamente riassorbito lo shock della morte di Tammi Terrell,
la compagna artistica svenuta in scena tra le sue braccia nel 1969. Non a caso
dopo la scomparsa le sue canzoni erano divenute più problematiche e profonde.
Considerato negli anni Settanta uno dei più grandi solisti neri della storia
del rock aveva saputo rinnovarsi e mantenere inalterata la sua popolarità anche
all'inizio del decennio successivo pur dando l'impressione di non riuscire più
a liberarsi dai problemi derivati dall'eccessivo uso di stupefacenti e da una
vita privata costellata da delusioni. Pochi mesi prima della sua morte si era
trasferito nella casa dei genitori in cerca di aiuto, ma i vicini raccontano di
frequenti liti con il padre, rigoroso predicatore, che lo accusava di essere un
cattivo esempio per i giovani. Pochi giorni prima di morire aveva regalato lui
all'austero genitore la pistola che l'avrebbe ucciso. C'è chi ipotizza che la
sua morte sia stato un atto deciso a freddo, come David Ritz, l’autore una
biografia molto dettagliata del cantante che scrive: «Credo che quel regalo
fosse del tutto intenzionale... Marvin sapeva quello che faceva:
voleva morire. Solo quattro giorni prima di essere ucciso si era buttato fuori
da una macchina che viaggiava a novanta chilometri all’ora su una Freeway di
Los Angeles».