"LA MIA SCIA", il secondo lavoro della band
siciliana Ologram, si presenta come
un'evoluzione naturale e audace rispetto al loro debutto, "LA
NEBBIA". Pur mantenendo un solido ancoraggio nel rock progressivo, questo
nuovo album esplora con intelligenza e sensibilità la forma-canzone,
confezionando brani più concisi e diretti, senza per questo rinunciare alla
profondità lirica e alla ricercatezza sonora, marchio distintivo degli Ologram.
L'intervista
a seguire offre una chiave di lettura fondamentale per comprendere l'anima dell’album.
L'idea
embrionale di un progetto solista, evolutosi in una collaborazione sinergica
tra musicisti talentuosi, traspare chiaramente nell'amalgama sonora che
caratterizza l'album. La band dimostra una maturità compositiva notevole,
riuscendo a fondere un ventaglio di influenze disparate – che spaziano dai
maestri del progressive come Genesis, PFM e Marillion, all'energia rock di Muse
e The Police, fino alla sensibilità del cantautorato italiano (con un sentito
omaggio a Pino Daniele in "Kasbah") – in un sound che, pur
riconoscibile nelle sue radici, suona fresco e personale.
La
scelta di concentrarsi su brani dalla durata più contenuta, ad eccezione della
suggestiva "1997" (quasi 7 minuti) che riprende il tema iniziale del
disco, si rivela una mossa vincente. Gli Ologram dimostrano di saper condensare
la complessità del progressive in strutture pop efficaci, mantenendo alta
l'attenzione dell'ascoltatore senza diluire la ricchezza degli arrangiamenti e
la profondità dei contenuti. Certo è che la voce di Fabio Speranza riporta a
colori e tipicità vocali proprie del prog italiano anni ’70.
Le
liriche si addentrano in territori esistenziali, fotografando la frattura tra
l'autenticità interiore e le pressioni omologanti del mondo contemporaneo. Questa
riflessione profonda si sposa perfettamente con la tessitura sonora, creando
un'esperienza d'ascolto coinvolgente e stimolante. Il processo creativo, che
vede il testo nascere dalla suggestione evocata dalla musica, conferisce
un'organicità notevole all'insieme.
L'apporto
di ogni membro della band nella fase di arrangiamento e registrazione è
palpabile. Si percepisce un lavoro di squadra coeso, arricchito dalla
partecipazione di ospiti come Gabriele Agosta, Matteo Blundo e Raffaele
Schiavo, che aggiungono ulteriori sfumature al paesaggio sonoro.
"LA MIA SCIA" è un album di notevole pregio che conquista sia gli amanti del progressive che un pubblico più ampio con sonorità ricercate e testi profondi, segnando una decisa maturazione artistica per gli Ologram. Pur fedele alla loro identità, la band si apre a nuove sonorità, invitando a un ascolto che svela sempre nuove sfumature.
Ma
qual è la storia del gruppo?
Gli
Ologram nascono nel 2022 da un'idea del musicista Dario Giannì (basso), che ha
risposto alle mie domande nel corso dell’intervista.
Il
15 settembre 2022 viene pubblicato il loro album di debutto, "LA
NEBBIA", un concept album composto da otto brani (due strumentali e sei
cantati in italiano) che viene accolto positivamente dalla critica, sia in
Italia che all'estero.
Il
1° febbraio 2024 la band pubblica il singolo "Come Cera", anticipando
il loro secondo lavoro.
Il 24 gennaio 2025 segna l'uscita sulle principali piattaforme digitali di "LA MIA SCIA", un'evoluzione nel sound della band, pur mantenendo le radici progressive e le liriche in italiano incentrate su temi esistenziali.
La formazione attuale degli Ologram è composta da:
Dario
Giannì - Basso
Fabio
Speranza - Voce
Roberto
Giannì - Tastiere
Lorenzo
Giannì - Chitarre
Giovanni
Spadaro – Batteria
Chiacchierando con Dario Giannì…
Come
è nata l'idea di "Ologram"? Qual è stata l'ispirazione iniziale
per il progetto?
L’idea di Ologram nasce al termine dell’esperienza con la band Anèma. L’intenzione era, in origine, quella di sviluppare un progetto solista per incidere i brani mai realizzati proprio con quest’ultimo gruppo; in un secondo momento, soprattutto in occasione della registrazione di La mia scia, ho deciso di coinvolgere stabilmente i musicisti ai quali mi ero precedentemente affidato. Si tratta di un progetto generalmente afferente al rock progressivo.
Il primo album, "LA
NEBBIA", ha ricevuto recensioni positive: l’esperienza ha modificato il
vostro approccio al nuovo album?
Le recensioni positive mi
hanno spronato a proseguire nella composizione sulla scorta del lavoro
precedente; a differenza di La nebbia, però, in questo caso ho deciso di
esplorare ulteriormente una possibilità di sintesi tra le tinte propriamente
progressive e la forma-canzone: ad eccezione di 1997 - che richiama il tema
iniziale del disco - infatti, i brani hanno la durata propria del pop.
"LA MIA SCIA"
mostra un mix di influenze molto vario. Come descrivereste l'evoluzione del
vostro sound dal primo album a questo nuovo lavoro, anche se il lasso di tempo
è breve?
Le influenze sono varie:
sicuramente il progressive (Genesis, Marillion, PFM, Goblin, Rush...), ma anche
il rock più in generale (Muse, The Police...) e il cantautorato italiano. Una
piccola curiosità: l’assolo di chitarra acustica doppiato dalla voce in “Kasbah”
è un omaggio a Pino Daniele.
Le liriche dei vostri album
affrontano temi esistenziali profondi. Come avviene il processo di scrittura?
C'è un messaggio particolare che volete trasmettere con "LA MIA
SCIA"?
L’idea intorno alla quale
orbita lo spirito lirico de La mia scia è immediatamente
esistenzialista. Si tratta di scattare un’istantanea della slabbratura tra l’io
autentico - sempre più relegato nelle zoni liminali delle nostre esistenze
quotidiane - e i processi di soggettivazione messi in atto da qualsiasi forma
di potere nella contemporaneità. Il testo viene scritto dopo aver composto la
musica e recependo i suggerimenti immaginativi della stessa.
Hai
menzionato modelli come Genesis, PFM, Police, Rush, Marillion e Muse. Come si
fondono queste diverse influenze nel vostro sound?
Per noi è di primaria
importanza rielaborare le influenze in un risultato originale: cerchiamo di
mettere in atto uno scenario sonico che raccolga i suggerimenti del passato in
una forma nuova, evitando di ricorrere agli stilemi didascalici del progressive.
Esistono
differenze significative nel processo di composizione fra il primo album e il
secondo?
Al contrario di La nebbia,
La mia scia è stato lavorato da vera band: ognuno è intervenuto in
maniera diretta e personale alla fase di arrangiamento e registrazione. Abbiamo
impiegato due anni per completare l’opera, avvalendoci anche del sostegno di
alcuni amici esterni alla band: Gabriele Agosta al piano Fender, moog e organo
Hammond; Matteo Blundo al violino e alla viola; Raffaele Schiavo al canto
armonico nella prima traccia del disco.
Avete in programma
presentazioni o concerti per promuovere il nuovo album?
Il 24 gennaio abbiamo
presentato il disco live da Sonica, un live club e circolo Arci molto
importante a Siracusa. Siamo in cerca di altri spazi in cui esibirci, anche al
di fuori della nostra provincia.
Quali
sono i vostri progetti futuri come gruppo?
Per adesso pensiamo alla promozione del lavoro appena finito su riviste web, fanzines, radio; nel futuro c’è sicuramente l’intenzione di scrivere ancora, esplorando sempre nuovi territori e approcci.