giovedì 10 aprile 2025

Ologram-"La mia scia": commento all'album e intervista

"LA MIA SCIA", il secondo lavoro della band siciliana Ologram, si presenta come un'evoluzione naturale e audace rispetto al loro debutto, "LA NEBBIA". Pur mantenendo un solido ancoraggio nel rock progressivo, questo nuovo album esplora con intelligenza e sensibilità la forma-canzone, confezionando brani più concisi e diretti, senza per questo rinunciare alla profondità lirica e alla ricercatezza sonora, marchio distintivo degli Ologram.

L'intervista a seguire offre una chiave di lettura fondamentale per comprendere l'anima dell’album.

L'idea embrionale di un progetto solista, evolutosi in una collaborazione sinergica tra musicisti talentuosi, traspare chiaramente nell'amalgama sonora che caratterizza l'album. La band dimostra una maturità compositiva notevole, riuscendo a fondere un ventaglio di influenze disparate – che spaziano dai maestri del progressive come Genesis, PFM e Marillion, all'energia rock di Muse e The Police, fino alla sensibilità del cantautorato italiano (con un sentito omaggio a Pino Daniele in "Kasbah") – in un sound che, pur riconoscibile nelle sue radici, suona fresco e personale.

La scelta di concentrarsi su brani dalla durata più contenuta, ad eccezione della suggestiva "1997" (quasi 7 minuti) che riprende il tema iniziale del disco, si rivela una mossa vincente. Gli Ologram dimostrano di saper condensare la complessità del progressive in strutture pop efficaci, mantenendo alta l'attenzione dell'ascoltatore senza diluire la ricchezza degli arrangiamenti e la profondità dei contenuti. Certo è che la voce di Fabio Speranza riporta a colori e tipicità vocali proprie del prog italiano anni ’70.

Le liriche si addentrano in territori esistenziali, fotografando la frattura tra l'autenticità interiore e le pressioni omologanti del mondo contemporaneo. Questa riflessione profonda si sposa perfettamente con la tessitura sonora, creando un'esperienza d'ascolto coinvolgente e stimolante. Il processo creativo, che vede il testo nascere dalla suggestione evocata dalla musica, conferisce un'organicità notevole all'insieme.

L'apporto di ogni membro della band nella fase di arrangiamento e registrazione è palpabile. Si percepisce un lavoro di squadra coeso, arricchito dalla partecipazione di ospiti come Gabriele Agosta, Matteo Blundo e Raffaele Schiavo, che aggiungono ulteriori sfumature al paesaggio sonoro.

"LA MIA SCIA" è un album di notevole pregio che conquista sia gli amanti del progressive che un pubblico più ampio con sonorità ricercate e testi profondi, segnando una decisa maturazione artistica per gli Ologram. Pur fedele alla loro identità, la band si apre a nuove sonorità, invitando a un ascolto che svela sempre nuove sfumature.

Ma qual è la storia del gruppo?

Gli Ologram nascono nel 2022 da un'idea del musicista Dario Giannì (basso), che ha risposto alle mie domande nel corso dell’intervista.

Il 15 settembre 2022 viene pubblicato il loro album di debutto, "LA NEBBIA", un concept album composto da otto brani (due strumentali e sei cantati in italiano) che viene accolto positivamente dalla critica, sia in Italia che all'estero.

Il 1° febbraio 2024 la band pubblica il singolo "Come Cera", anticipando il loro secondo lavoro.

Il 24 gennaio 2025 segna l'uscita sulle principali piattaforme digitali di "LA MIA SCIA", un'evoluzione nel sound della band, pur mantenendo le radici progressive e le liriche in italiano incentrate su temi esistenziali.

La formazione attuale degli Ologram è composta da: 

Dario Giannì - Basso

Fabio Speranza - Voce

Roberto Giannì - Tastiere

Lorenzo Giannì - Chitarre

Giovanni Spadaro – Batteria


Chiacchierando con Dario Giannì…

Come è nata l'idea di "Ologram"? Qual è stata l'ispirazione iniziale

per il progetto?

L’idea di Ologram nasce al termine dell’esperienza con la band Anèma. L’intenzione era, in origine, quella di sviluppare un progetto solista per incidere i brani mai realizzati proprio con quest’ultimo gruppo; in un secondo momento, soprattutto in occasione della registrazione di La mia scia, ho deciso di coinvolgere stabilmente i musicisti ai quali mi ero precedentemente affidato. Si tratta di un progetto generalmente afferente al rock progressivo.

Il primo album, "LA NEBBIA", ha ricevuto recensioni positive: l’esperienza ha modificato il vostro approccio al nuovo album?

Le recensioni positive mi hanno spronato a proseguire nella composizione sulla scorta del lavoro precedente; a differenza di La nebbia, però, in questo caso ho deciso di esplorare ulteriormente una possibilità di sintesi tra le tinte propriamente progressive e la forma-canzone: ad eccezione di 1997 - che richiama il tema iniziale del disco - infatti, i brani hanno la durata propria del pop.

"LA MIA SCIA" mostra un mix di influenze molto vario. Come descrivereste l'evoluzione del vostro sound dal primo album a questo nuovo lavoro, anche se il lasso di tempo è breve?

Le influenze sono varie: sicuramente il progressive (Genesis, Marillion, PFM, Goblin, Rush...), ma anche il rock più in generale (Muse, The Police...) e il cantautorato italiano. Una piccola curiosità: l’assolo di chitarra acustica doppiato dalla voce in “Kasbah” è un omaggio a Pino Daniele.

Le liriche dei vostri album affrontano temi esistenziali profondi. Come avviene il processo di scrittura? C'è un messaggio particolare che volete trasmettere con "LA MIA SCIA"?

L’idea intorno alla quale orbita lo spirito lirico de La mia scia è immediatamente esistenzialista. Si tratta di scattare un’istantanea della slabbratura tra l’io autentico - sempre più relegato nelle zoni liminali delle nostre esistenze quotidiane - e i processi di soggettivazione messi in atto da qualsiasi forma di potere nella contemporaneità. Il testo viene scritto dopo aver composto la musica e recependo i suggerimenti immaginativi della stessa.

Hai menzionato modelli come Genesis, PFM, Police, Rush, Marillion e Muse. Come si fondono queste diverse influenze nel vostro sound?

Per noi è di primaria importanza rielaborare le influenze in un risultato originale: cerchiamo di mettere in atto uno scenario sonico che raccolga i suggerimenti del passato in una forma nuova, evitando di ricorrere agli stilemi didascalici del progressive.

Esistono differenze significative nel processo di composizione fra il primo album e il secondo?

Al contrario di La nebbia, La mia scia è stato lavorato da vera band: ognuno è intervenuto in maniera diretta e personale alla fase di arrangiamento e registrazione. Abbiamo impiegato due anni per completare l’opera, avvalendoci anche del sostegno di alcuni amici esterni alla band: Gabriele Agosta al piano Fender, moog e organo Hammond; Matteo Blundo al violino e alla viola; Raffaele Schiavo al canto armonico nella prima traccia del disco.

Avete in programma presentazioni o concerti per promuovere il nuovo album?

Il 24 gennaio abbiamo presentato il disco live da Sonica, un live club e circolo Arci molto importante a Siracusa. Siamo in cerca di altri spazi in cui esibirci, anche al di fuori della nostra provincia.

Quali sono i vostri progetti futuri come gruppo?

Per adesso pensiamo alla promozione del lavoro appena finito su riviste web, fanzines, radio; nel futuro c’è sicuramente l’intenzione di scrivere ancora, esplorando sempre nuovi territori e approcci.