E' uscito il 1 aprile per AMS “Nebulosa”,
l’album dei Nathan
Bruno Lugaro e Piergiorgio
Abba, raccontano come sono arrivati alla realizzazione del disco…
Potete sintetizzare il percorso musicale dei Nathan, utile per chi non conosce la vostra storia?
BL: Arriviamo da lontano! L’anno prossimo è il
ventennale del gruppo. I Nathan sono nati infatti nell’autunno del 1997 come
tribute band dei Genesis. Fabio (Sanfilippo), Mauro (Brunzu) ed io siamo i
membri originari. Nel 2000 alla formazione si aggiunge Marco Milano, pianista e
direttore d’orchestra. Nel 2005 realizziamo un disco tributo ai Genesis, “The
path is clear”, con brani dal 1972 al 1980. Un lavoro di cui andiamo
orgogliosi. L’attività live è sempre intensa. Presentiamo, fra l’altro, in
versione integrale, “The Lamb Lies On Broadway”. E con le Orchestre
sinfoniche di Savona e Alessandria riproponiamo in chiave classica il
repertorio dei Genesis. Nel 2007 arriva
la svolta, con l’ingresso nella band di un vecchio amico, Piergiorgio Abba,
tastierista e apprezzato compositore di musica prog. A quel punto cominciamo a
lavorare al primo disco con materiale originale. La line up cambia ancora: esce
Milano (dopo aver fornito un importante contributo compositivo) ed entra il
talento Daniele Ferro alle chitarre. E nasce “Nebulosa”.
PA: ricordo – era
l'autunno del 2007 - quando fui
contattato da Bruno per collaborare alla stesura delle idee per questo primo
lavoro originale: fu per me davvero il momento giusto, visto il diradarsi degli
impegni con la mia band di allora, i Projecto. L'idea di realizzare un lavoro
personale di musica progressive era davvero attraente, ed era forte anche la
curiosità di lavorare con Bruno, con il quale abbiamo condiviso l'epoca d'oro
del progressive (metà degli anni ‘70), quando c'era veramente un grosso
fermento culturale e particolare attenzione a questo tipo di musica (basta
guardare le classifiche di vendita di allora). Non sapevamo a priori come le
esperienze musicali personali, separate dagli anni ‘80, avessero cambiato il
nostro approccio originale; perciò la sfida si dimostrava molto interessante.
Dopo anni di musica passata a proporre il
prog dei “miti seventies” vi cimentate ora con un vostro album di inediti, che
arriva dopo sei anni di lavoro: a cosa è dovuta la lunga gestazione?
BL: Abbiamo preso in mano e abbandonato molte
volte il lavoro perché cimentarci con il repertorio dei Genesis, poi dei Pink
Floyd, e nell’ultimo anno dei Supertramp, ci divertiva molto. Ma il motivo
principale è un altro. Due anni fa avevamo già tutte le parti composte; mancava
un apporto delle chitarre e non trovavamo il musicista capace di dare un’impronta
con il suo suono. L'arrivo di Daniele è stato un caso fortunato. In quel
preciso momento abbiamo capito che avevamo trovato la persona giusta per finire
Nebulosa.
PA: In realtà avevamo
già inciso in studio qualche parte di chitarra, senza riuscire però ad
amalgamare il tutto; conoscevo Daniele grazie ad un'altra collaborazione e,
dopo aver ascoltato i pre-missaggi, non ha avuto dubbi ad offrire la propria
disponibilità a suonare e registrare le chitarre.
”Nebulosa” è un concept album: potete descrivere
il contenuto dal punto di vista dei messaggi?
PA: Avevamo discusso con Bruno l'ipotesi di costruire una storia, ma in realtà
lui ci stava già lavorando, me ne anticipò alcune parti ed io ne rimasi
convinto.
BL: La reazione positiva di Pier, mi convinse
che ero sulla strada giusta.
Stiamo
uccidendo il nostro pianeta con le guerre e con le violenze sull’ambiente. Io
ho immaginato cosa saremo tra trecento anni. Probabilmente un popolo alla
ricerca della risorsa più preziosa: l’acqua. Ci muoveremo in un mondo fatto di
deserti e rovine cercando ancora uno spazio vivibile. Saremo nomadi. Non
crederemo più in Dio ma idealizzeremo altre figure, come una nebulosa che
diventerà la nostra “stella polare”. Come vedi ci sono richiami alle sacre
scritture, all’esodo biblico. Ogni traccia è una tappa del viaggio. Qui, però,
il popolo non segue il messaggio di una divinità, ma un simbolo silenzioso e
lontano anni luce.
Le sonorità del disco sono tipicamente
prog: come si è evoluta nel tempo la line up e qual è la fotografia attuale?
BL: Nel 1997 siamo partiti io (voce e basso),
Flavio Esposito (tastiere), Mauro Brunzu (chitarre) e Fabio Sanfilippo
(batteria). Tre anni dopo è arrivato a darci manforte Marco Milano (tastiere),
pianista eccellente e direttore d’orchestra. Con lui ho composto le prime
melodie di Nebulosa. Nel 2007 Flavio ha lasciato il gruppo perché non
gli interessava il discorso di lavorare su materiale nostro, ed è arrivato Piergiorgio, una macchina da
guerra. Seguito da Daniele. Senza di loro oggi non ci sarebbe Nebulosa.
Attualmente la line up è dunque composta da Pier alle tastiere, Fabio alla
batteria, Mauro al basso, Daniele alle chitarre, Monica Giovannini ai cori ed
io che mi dedico solo alla voce.
PA: Sono davvero
contento che le sonorità risultino tipicamente prog: è stato un interessante
lavoro di ricerca di suoni, specialmente delle tastiere. La preoccupazione era
che, pur prendendo come riferimento gli anni ‘70, non risultassero “copie”
moderne di quei suoni. Abbiamo ceduto anche alla tentazione di inserire alcune
parti di flauto, suonate dal maestro Davide Rivera che ha dato un ottimo
contributo. Il sound delle chitarre merita un discorso a parte, perchè è
decisamente più contemporaneo, visto che Daniele ha un background musicale
diverso dal nostro.
Quali sono state le maggiori difficoltà
nella costruzione dei brani, molto articolati e complessi?
PA: Alcuni brani sono
stati scritti di getto (ricordo ad esempio, A
ferro e fuoco, La coltre viola e anche L'attesa,
ritoccati marginalmente rispetto alla stesura originale). Nelle prime versioni
alcune parti cantate erano più ridotte, ma il lavoro di Bruno alla melodie è
stato importante per arricchire, e forse rendere più immediato, tutto il
materiale strumentale già prodotto. Completamente strumentali sono rimasti due
brani brevi, La notte prima e Nel profondo (l'ultimo aggiunto per
motivi di narrazione). Comandavo il vento
(rappresentativo il fatto che nelle bozze primitive era indicato con “Apocalisse” di genesisiana memoria) ha,
invece, una parte cantata molto breve ma intensa, giocata sulla difficile
accentazione dell'arpeggio principale. Altri brani hanno invece richiesto un
lavoro più approfondito, soprattutto in fase di scelta della struttura e
dell'arrangiamento: un esempio è la traccia di apertura, che durava 4 minuti, è
stata compressa in poco più di 1: ci è sembrata una scelta più adatta per
focalizzare l'attenzione dell'ascoltatore sul tema portante del disco, un
arpeggio di pianoforte in 9/8 che potete appunto sentire nel primo brano e
ripreso un altro paio di volte durante la storia. Un'altra particolarità è
stata nella scrittura dei finali dei brani, per i quali, volendo trasportare
l'ascoltatore al brano successivo senza interruzione (l'idea del viaggio), abbiamo pensato dei cambi di tonalità
opportuni. Gli arrangiamenti, specialmente di tastiere, sono stati semplificati
rispetto alle idee iniziali, per rendere più diretto l'ascolto.
L’album uscirà con etichetta AMS: come
descrivereste l’impatto con Matthias Sheller e il suo entourage
BL: L’impatto è stato ottimo, molto
professionale. Era quello che cercavamo, anche se devo dire che abbiamo avuto
un ottimo feedback anche dalla Lizard e dalla Black Widow. Con Sheller abbiamo
trovato un accordo nel giro di pochi giorni.
PA: potremmo
rispondere all'unisono: anch'io sono convinto della professionalità della AMS,
soprattutto confrontandola con le personali esperienze con i Projecto, con i
quali la pubblicazione dei due lavori ha avuto una gestazione non cosi lineare.
Mi parlate un po’ dell’artwork, elemento
importantissimo in questi casi?
BL: Un album concept aveva bisogno di un
libretto adeguato. Raccontiamo una storia, dunque, a nostro avviso è importante
che l’ascoltatore possa seguirla passo passo, a partire naturalmente dai testi.
Quanto alla copertina siamo partiti banalmente dall’immagine di una nebulosa,
nel caso specifico la nebulosa della Farfalla che a me piace particolarmente
anche perché dà l’idea di un bacio cosmico. Penso sia stato ottimo, per altro,
il lavoro del grafico della Ams.
PA: Avevamo già
pensato un libretto, di cui abbiamo ancora le bozze, che tutto sommato poteva
funzionare, ma l'attuale e definitiva versione dà una sensazione di maggiore
pulizia e professionalità.
Avete già in programma qualche presentazione
e live promulgativi?
BL: Sì, il 9 aprile presentiamo per la prima
volta l'album a Genova, al Cancello del Cinabro. Il 22 siamo alla libreria Ubik
di Savona per una conferenza stampa e due giorni dopo, il 24 aprile, Live al
Raindogs di Savona, la nostra città.
PA: Nella versione
live racconteremo per intero la storia
con piccoli riadattamenti rispetto al lavoro in studio.
Vorrei tornare indietro, ricordando un paio
di vostri concerti nel prestigioso Teatro Chiabrera, l’esibizione con
l’Orchestra Sinfonica di Savona e la collaborazione con Richard Sinclair: che
cosa vi hanno lasciato le due esperienze?
BL: E' stato un privilegio suonare con Richard.
Per me, poi, la realizzazione di un sogno. Ha accettato di suonare la chitarra
anziché il suo strumento, per consentire a me di suonare il basso. Aver
eseguito con lui per intero la suite Nine Feet Underground, resta forse
la più grande soddisfazione della nostra carriera musicale. Ma suonare con
Richard è anche faticoso. Ha i suoi tempi, i suoi modi, tende a stravolgere i
pezzi. Difficile stare dietro al suo genio un po' sregolato. Al Teatro
Chiabrera, con l'orchestra sinfonica di Savona è stata un'esperienza
indimenticabile, ma quanti problemi a dialogare con un ensemble!
PA: Suonare con
Richard è stato davvero emozionante: ricordo nitidamente la tensione sul palco
quando, all'inizio del concerto abbiamo attaccato Winter Wine: cantava
Sinclair, era proprio lì, non ci potevo credere! Ci tengo a citare un paio di
brani del concerto a cui sono particolarmente affezionato, Signed Curtain dei Matching Mole di Robert Wyatt, che Richard si è
prestato ad interpretare molto bene alla voce, e la mia preferita dei Caravan, In The Land Of Grey And Pink.
Immagino che la soddisfazione legata alla
realizzazione di un disco proprio sia già un grande premio, ma… guardiamo
oltre, che cosa vi aspettate da “Nebulosa”?
BL/PA: Questi dischi non
vengono realizzati per diventare ricchi, ma per stabilire un contatto con
persone appassionate di musica prog, magari anche al di là dei confini
nazionali. Ecco, per noi sapere che
Nebulosa possa essere ascoltato da un giapponese o da un sudamericano, è
una cosa esaltante. E comunque, in tutta franchezza, essere arrivati fin qui è
per noi già motivo di soddisfazione. Siamo molto “carichi” e abbiamo già pronte
7-8 tracce per un nuovo album.