sabato 2 aprile 2016

E' uscito "Nebulosa”, l’album dei Nathan: L'intervista alla band.



E' uscito il 1 aprile per AMSNebulosa”, l’album dei Nathan


Bruno Lugaro e Piergiorgio Abba, raccontano come sono arrivati alla realizzazione del  disco… 


Potete sintetizzare il percorso musicale dei Nathan, utile per chi non conosce la vostra storia?

BL: Arriviamo da lontano! L’anno prossimo è il ventennale del gruppo. I Nathan sono nati infatti nell’autunno del 1997 come tribute band dei Genesis. Fabio (Sanfilippo), Mauro (Brunzu) ed io siamo i membri originari. Nel 2000 alla formazione si aggiunge Marco Milano, pianista e direttore d’orchestra. Nel 2005 realizziamo un disco tributo ai Genesis, “The path is clear”, con brani dal 1972 al 1980. Un lavoro di cui andiamo orgogliosi. L’attività live è sempre intensa. Presentiamo, fra l’altro, in versione integrale, “The Lamb Lies On Broadway”. E con le Orchestre sinfoniche di Savona e Alessandria riproponiamo in chiave classica il repertorio dei  Genesis. Nel 2007 arriva la svolta, con l’ingresso nella band di un vecchio amico, Piergiorgio Abba, tastierista e apprezzato compositore di musica prog. A quel punto cominciamo a lavorare al primo disco con materiale originale. La line up cambia ancora: esce Milano (dopo aver fornito un importante contributo compositivo) ed entra il talento Daniele Ferro alle chitarre. E nasce “Nebulosa”.

PA: ricordo – era l'autunno del 2007 -  quando fui contattato da Bruno per collaborare alla stesura delle idee per questo primo lavoro originale: fu per me davvero il momento giusto, visto il diradarsi degli impegni con la mia band di allora, i Projecto. L'idea di realizzare un lavoro personale di musica progressive era davvero attraente, ed era forte anche la curiosità di lavorare con Bruno, con il quale abbiamo condiviso l'epoca d'oro del progressive (metà degli anni ‘70), quando c'era veramente un grosso fermento culturale e particolare attenzione a questo tipo di musica (basta guardare le classifiche di vendita di allora). Non sapevamo a priori come le esperienze musicali personali, separate dagli anni ‘80, avessero cambiato il nostro approccio originale; perciò la sfida si dimostrava molto interessante.

Dopo anni di musica passata a proporre il prog dei “miti seventies” vi cimentate ora con un vostro album di inediti, che arriva dopo sei anni di lavoro: a cosa è dovuta la lunga gestazione?

BL: Abbiamo preso in mano e abbandonato molte volte il lavoro perché cimentarci con il repertorio dei Genesis, poi dei Pink Floyd, e nell’ultimo anno dei Supertramp, ci divertiva molto. Ma il motivo principale è un altro. Due anni fa avevamo già tutte le parti composte; mancava un apporto delle chitarre e non trovavamo il musicista capace di dare un’impronta con il suo suono. L'arrivo di Daniele è stato un caso fortunato. In quel preciso momento abbiamo capito che avevamo trovato la persona giusta per finire Nebulosa.

PA: In realtà avevamo già inciso in studio qualche parte di chitarra, senza riuscire però ad amalgamare il tutto; conoscevo Daniele grazie ad un'altra collaborazione e, dopo aver ascoltato i pre-missaggi, non ha avuto dubbi ad offrire la propria disponibilità a suonare e registrare le chitarre.

”Nebulosa” è un concept album: potete descrivere il contenuto dal punto di vista dei messaggi?
PA: Avevamo discusso con Bruno l'ipotesi di costruire una storia, ma in realtà lui ci stava già lavorando, me ne anticipò alcune parti ed io ne rimasi convinto.

BL: La reazione positiva di Pier, mi convinse che ero sulla strada giusta.
Stiamo uccidendo il nostro pianeta con le guerre e con le violenze sull’ambiente. Io ho immaginato cosa saremo tra trecento anni. Probabilmente un popolo alla ricerca della risorsa più preziosa: l’acqua. Ci muoveremo in un mondo fatto di deserti e rovine cercando ancora uno spazio vivibile. Saremo nomadi. Non crederemo più in Dio ma idealizzeremo altre figure, come una nebulosa che diventerà la nostra “stella polare”. Come vedi ci sono richiami alle sacre scritture, all’esodo biblico. Ogni traccia è una tappa del viaggio. Qui, però, il popolo non segue il messaggio di una divinità, ma un simbolo silenzioso e lontano anni luce.



Le sonorità del disco sono tipicamente prog: come si è evoluta nel tempo la line up e qual è la fotografia attuale?

BL: Nel 1997 siamo partiti io (voce e basso), Flavio Esposito (tastiere), Mauro Brunzu (chitarre) e Fabio Sanfilippo (batteria). Tre anni dopo è arrivato a darci manforte Marco Milano (tastiere), pianista eccellente e direttore d’orchestra. Con lui ho composto le prime melodie di Nebulosa. Nel 2007 Flavio ha lasciato il gruppo perché non gli interessava il discorso di lavorare su materiale nostro,  ed è arrivato Piergiorgio, una macchina da guerra. Seguito da Daniele. Senza di loro oggi non ci sarebbe Nebulosa. Attualmente la line up è dunque composta da Pier alle tastiere, Fabio alla batteria, Mauro al basso, Daniele alle chitarre, Monica Giovannini ai cori ed io che mi dedico solo alla voce.

PA: Sono davvero contento che le sonorità risultino tipicamente prog: è stato un interessante lavoro di ricerca di suoni, specialmente delle tastiere. La preoccupazione era che, pur prendendo come riferimento gli anni ‘70, non risultassero “copie” moderne di quei suoni. Abbiamo ceduto anche alla tentazione di inserire alcune parti di flauto, suonate dal maestro Davide Rivera che ha dato un ottimo contributo. Il sound delle chitarre merita un discorso a parte, perchè è decisamente più contemporaneo, visto che Daniele ha un background musicale diverso dal nostro.

Quali sono state le maggiori difficoltà nella costruzione dei brani, molto articolati e complessi?

PA: Alcuni brani sono stati scritti di getto (ricordo ad esempio, A ferro e fuoco, La coltre viola e anche L'attesa, ritoccati marginalmente rispetto alla stesura originale). Nelle prime versioni alcune parti cantate erano più ridotte, ma il lavoro di Bruno alla melodie è stato importante per arricchire, e forse rendere più immediato, tutto il materiale strumentale già prodotto. Completamente strumentali sono rimasti due brani brevi, La notte prima e Nel profondo (l'ultimo aggiunto per motivi di narrazione). Comandavo il vento (rappresentativo il fatto che nelle bozze primitive era indicato con “Apocalisse” di genesisiana memoria) ha, invece, una parte cantata molto breve ma intensa, giocata sulla difficile accentazione dell'arpeggio principale. Altri brani hanno invece richiesto un lavoro più approfondito, soprattutto in fase di scelta della struttura e dell'arrangiamento: un esempio è la traccia di apertura, che durava 4 minuti, è stata compressa in poco più di 1: ci è sembrata una scelta più adatta per focalizzare l'attenzione dell'ascoltatore sul tema portante del disco, un arpeggio di pianoforte in 9/8 che potete appunto sentire nel primo brano e ripreso un altro paio di volte durante la storia. Un'altra particolarità è stata nella scrittura dei finali dei brani, per i quali, volendo trasportare l'ascoltatore al brano successivo senza interruzione (l'idea del viaggio),  abbiamo pensato dei cambi di tonalità opportuni. Gli arrangiamenti, specialmente di tastiere, sono stati semplificati rispetto alle idee iniziali, per rendere più diretto l'ascolto.

L’album uscirà con etichetta AMS: come descrivereste l’impatto con Matthias Sheller e il suo entourage

BL: L’impatto è stato ottimo, molto professionale. Era quello che cercavamo, anche se devo dire che abbiamo avuto un ottimo feedback anche dalla Lizard e dalla Black Widow. Con Sheller abbiamo trovato un accordo nel giro di pochi giorni.

PA: potremmo rispondere all'unisono: anch'io sono convinto della professionalità della AMS, soprattutto confrontandola con le personali esperienze con i Projecto, con i quali la pubblicazione dei due lavori ha avuto una gestazione non cosi lineare.


Mi parlate un po’ dell’artwork, elemento importantissimo in questi casi?

BL: Un album concept aveva bisogno di un libretto adeguato. Raccontiamo una storia, dunque, a nostro avviso è importante che l’ascoltatore possa seguirla passo passo, a partire naturalmente dai testi. Quanto alla copertina siamo partiti banalmente dall’immagine di una nebulosa, nel caso specifico la nebulosa della Farfalla che a me piace particolarmente anche perché dà l’idea di un bacio cosmico. Penso sia stato ottimo, per altro, il lavoro del grafico della Ams.

PA: Avevamo già pensato un libretto, di cui abbiamo ancora le bozze, che tutto sommato poteva funzionare, ma l'attuale e definitiva versione dà una sensazione di maggiore pulizia e professionalità.

Avete già in programma qualche presentazione e live promulgativi?

BL: Sì, il 9 aprile presentiamo per la prima volta l'album a Genova, al Cancello del Cinabro. Il 22 siamo alla libreria Ubik di Savona per una conferenza stampa e due giorni dopo, il 24 aprile, Live al Raindogs di Savona, la nostra città.

PA: Nella versione live racconteremo per intero la storia  con piccoli riadattamenti rispetto al lavoro in studio.

Vorrei tornare indietro, ricordando un paio di vostri concerti nel prestigioso Teatro Chiabrera, l’esibizione con l’Orchestra Sinfonica di Savona e la collaborazione con Richard Sinclair: che cosa vi hanno lasciato le due esperienze?

BL: E' stato un privilegio suonare con Richard. Per me, poi, la realizzazione di un sogno. Ha accettato di suonare la chitarra anziché il suo strumento, per consentire a me di suonare il basso. Aver eseguito con lui per intero la suite Nine Feet Underground, resta forse la più grande soddisfazione della nostra carriera musicale. Ma suonare con Richard è anche faticoso. Ha i suoi tempi, i suoi modi, tende a stravolgere i pezzi. Difficile stare dietro al suo genio un po' sregolato. Al Teatro Chiabrera, con l'orchestra sinfonica di Savona è stata un'esperienza indimenticabile, ma quanti problemi a dialogare con un ensemble!

PA: Suonare con Richard è stato davvero emozionante: ricordo nitidamente la tensione sul palco quando, all'inizio del concerto abbiamo attaccato Winter Wine: cantava Sinclair, era proprio lì, non ci potevo credere! Ci tengo a citare un paio di brani del concerto a cui sono particolarmente affezionato, Signed Curtain dei Matching Mole di Robert Wyatt, che Richard si è prestato ad interpretare molto bene alla voce, e la mia preferita dei Caravan, In The Land Of Grey And Pink.

Immagino che la soddisfazione legata alla realizzazione di un disco proprio sia già un grande premio, ma… guardiamo oltre, che cosa vi aspettate da “Nebulosa”?


BL/PA: Questi dischi non vengono realizzati per diventare ricchi, ma per stabilire un contatto con persone appassionate di musica prog, magari anche al di là dei confini nazionali. Ecco, per noi sapere che Nebulosa possa essere ascoltato da un giapponese o da un sudamericano, è una cosa esaltante. E comunque, in tutta franchezza, essere arrivati fin qui è per noi già motivo di soddisfazione. Siamo molto “carichi” e abbiamo già pronte 7-8 tracce per un nuovo album.