Roberto Fedriga, dopo una buona e produttiva gavetta si regala l’album di debutto, omonimo, dieci brani che disegnano un’immagine precisa di quale sia
la sua filosofia musicale e il suo modo di concepire e proporre canzoni.
Gli intenti si svelano
prima ancora di mettere il disco sul
piatto, almeno per chi ha la possibilità e la voglia di preparare l’ascolto
leggendo qualcosa su di lui, perché sapere che il suo attuale maestro è Boris
Savoldelli significa afferrare al volo quanto sia importante per Fedriga
l’utilizzo del mezzo vocale per regalare varietà interpretativa.
Se poi si aggiunge che
il suo mito ed esempio da seguire è un certo Tim Bukley, uno dei cantanti più
innovativi della storia della musica, il quadro si completa in modo definitivo.
Ma i buoni propositi e
i grandi maestri non bastano per arrivare alla costruzione di un prodotto di
qualità, dove l’insegnamento del passato viene utilizzato per creare
originalità, un tocco personale che diventa il brand caratterizzante di un buon
artista.
Roberto Fedriga riesce
nell’intento, confezionando episodi emozionanti, conditi con il giusto
ermetismo, cripticità che, indipendentemente dal volere dell’autore,
garantisce una certa interazione legata alla possibile interpretazione
strettamente personale da parte di ogni ascoltatore.
Jazz, rock, folk,
sussurro intimistico e quadretti che si susseguono brano dopo brano, come
quelli incredibilmente belli contenuti nel booklet a commento di ogni canzone.
Al secondo ascolto,
non me ne voglia Fedriga, ho realizzato che la Musica di “Roberto
Fedriga” avrebbe una sua ragione di esistere
anche se il lato B dell’ipotetico vinile fosse privo di liriche, tanto
sono affascinanti e coinvolgenti le
melodie e le trame proposte.
Ma chi sono i compagni
di viaggio di Roberto?
Luca Finazzi alla batteria, Andrea
Lo Furno alla chitarra, Francesco
“Cico” Benedetti al piano, Nik
Mazzucconi al basso, Guido
Bombardieri al sax e al clarinetto, Lorenzo
Melchiorre alla chitarra, Teo
Marchese alle percussioni.
Ho accennato
all’artwork, davvero pregevole, e dalle note di copertina si evince che il
merito della parte grafica è da attribuire a Armando Bolivar (Alessandro Ducoli), mentre le immagini sono tratte
da un volume della British Library che la stessa ha voluto regalare al mondo.
La serigrafia del disco è invece un omaggio a Renoir, che Fedriga eleva a
“ ideale di Artista votato alla raffigurazione del bello”.
Fare centro al primo
colpo non è risultato che tutti ottengono, ma Roberto Fedriga riesce a
raggiungere l’obiettivo miscelando varie componenti emozionali che si
sintetizzano in una semplicità di base che lascia il segno, sempre più evidente
con il ripetersi degli ascolti.
Un giovane da far
conoscere, una Musica da condividere.
Biografia
Roberto Fedriga nasce
a Lovere (BG) nel 1984. La sua avventura musicale inizia con la partecipazione
come cantante in varie rock band locali. Allievo del vocal performer
rock-funk-sperimentale Boris Savoldelli, si affaccia allo studio del canto
jazz. Dal 2008 al 2014 gestisce gli studi Undersound.
L’ascolto di autori
come Tim Buckley, Tom Waits, Nick Drake e John Martyn lo influenzano
profondamente nella tecnica ma soprattutto nella ricerca dell’interpretazione
come obbiettivo principale dell’espressione musicale. Il suo album d'esordio
Roberto Fedriga esce nel settembre del 2014 e vede la collaborazione di
importanti musicisti dello scenario jazz bergamasco come Nik Mazzucconi e Guido
Bombardieri.