Il 24 maggio, giorno in cui è andata in scena “La Musica di Genova Vol.1”, iniziativa musical-benefica di Aldo De Scalzi, sono entrato in contatto col mondo “Alloisio”, quello di Roberta e Giampiero, nell’occasione in trio con Gianni Martini. Musicisti genovesi di fama e valore assoluto, non rappresentano certo una novità, ma non avevo mai avuto occasione di ascoltarli dal vivo.
In un ristretto spazio
temporale - i molti artisti sul palco hanno determinato un rapido turn over -
ho afferrato una non comune originalità, mista al messaggio tipico del ruolo e
a una buone dose di ironia, peculiarità non sempre diffusa tra gli artisti da
palco.
Genova, i cantautori,
la musica… legami d’acciaio e sentenze che spesso rendono luogo comune la
realtà, fatta di artisti incredibili di cui si parla meno del dovuto, mentre si
rincorrono i tributi a chi è arrivato sul gradino più alto.
Sono rimasto davvero
colpito dal trio citato, e a seguire propongo un piccolo estratto della serata,
un incredibile blues che profuma di pesto e di entroterra ligure.
Nei giorni successivi
al concerto ho chiesto a Roberta Alloisio di soddisfare qualche mia
curiosità, e l’intervista che ne è scaturita rappresenta, a mio giudizio, un
documento davvero interessante.
In attesa
dell’imminente uscita del nuovo album, che presenterò quanto prima, ecco lo
scambio di battute..
L’INTERVISTA
Partiamo dall’ultimo
evento, e dal successo di pubblico di cui è stato testimone il Teatro Verdi:
come ti spieghi una tale partecipazione, che a mio avviso non è giustificata da
tutto ciò che sembrerebbe ovvio (reunion genovese, fine benefico ecc ecc)?
Credo che
nel nostro lavoro ci sia una parte di solitudine, di isolamento, soprattutto
qui a Genova. Non è che noi ci si frequenti molto, ma credo che invece la
curiosità e l’attenzione per il lavoro dell’altro siano forti. La cosa più
bella di questa serata per me è stato vedere le facce (invecchiate bene!) di
tanti colleghi con cui in epoche diverse ho collaborato. E di conoscerne di
nuovi, di cui magari avevo soltanto sentito parlare. Certo la concentrazione
dei talenti era impressionante! Girarsi mentre cantavamo Baxaicò e vedere ai cori Roberto Tiranti, Aldo De Scalzi, Carlo
Parola… insomma è stato davvero esaltante e commovente. Credo che poi il
pubblico, allo stesso modo, abbia fame di questi suoi artisti, di vederli
riuniti. Genova è una città di musica, di musicisti e la gente lo sa bene.
Sono rimasto molto
colpito dal “blues al basilico” che hai proposto con tuo fratello Gian Piero e
Gianni Martini: creazione nata per l’occasione o progetto più solido?
Canzone
nata nei meravigliosi anni ’90 al Teatro della Tosse, dove ogni sera eravamo
costretti ad inventarci qualcosa per il ‘dopoteatro’. Intriganti appuntamenti
che si tenevano a notte fonda nella sala conosciuta adesso come La Claque. Lì,
grazie a Tonino Conte, io e Giampiero abbiamo cominciato ad affrontare il
dialetto genovese, io a cantarlo e lui a comporre.
Sei un’artista eclettica,
tra musica e teatro, ma… qual è il ruolo che prediligi e in cui riesci anche a
divertirti?
E’ il mio
lavoro, quello che so fare. Ormai è anche quello che mi costa meno fatica.
Perché il nostro lavoro si è complicato molto, siamo dovuti diventare quasi
tutti dei piccoli imprenditori, con tutto quel che comporta, per nature come le
nostre ovviamente, non sempre particolarmente portate all’intraprendenza e alla
strategia. Se dovessi risponderti a pelle direi: scelgo la musica per il cuore,
il teatro per la disciplina a cui mi costringe.
In ogni contesto sento
citare Genova come la capitale della musica, ma so che ogni angolo della
nostra regione nasconde meraviglie musicali che restano nel quasi anonimato. E
alla fine si cade sempre su De Andrè: non credi che siano molti altri gli
artisti di cui bisognerebbe rispolverare l’arte, con maggior frequenza?
Ci sono
successi che ovviamente parlano a tutti. Questo è innegabile, ci sono poi
carriere meno ‘blasonate’ ma di tutto rispetto. Certo che se per la città e le
istituzioni questo fosse un valore da conservare e promuovere saremmo tutti
migliori, i talenti più visibili e quelli più nascosti.
Cosa significa potersi
esibire su di un palco assieme ad un affetto solido?
In questo
mestiere ci sono incontri. Che poi siano fratelli o amici non è che cambi
molto. Conta l’incontro, la capacità che l’altro ha di respirare insieme a te.
TARGA TENCO 2011 come
miglior interprete, miglior album del 2011 - “Janua” - per la musica
tradizionale italiana: punti di arrivo o normali successi di un percorso di
vita?
Per me
che mi sono svegliata solista molto tardi (a 43 anni il primo disco) dopo anni
di meraviglioso gregariato, si tratta di un percorso fortunato. Però va detto
che lavoro da quando ne ho 17. Su tutto credo che abbia reso una buona
progettualità. Ogni disco è una puntata di un lavoro lungo e articolato, credo
che questo sia stato premiato.
Al di fuor di retorica,
che giudizio daresti dell’attuale stato della cultura nel nostro paese? Vedi
nascere una controtendenza, dopo aver toccato il fondo?
Vedo un
sacco di localini che fanno concerti interessanti pieni, vedo colleghi che si
inventano formule nuove, intelligenti, vedo artisti che riescono ancora e
nonostante tutto ad avere ‘successo’… vero è che non siamo sostenuti in nessun
modo. Che l’Italia non ha nessun senso della tutela dell’arte e dei suoi
artisti. In Francia, banalmente, credo che avremmo tutti una vita più
dignitosa.
Ripensa alla tua
storia… esistono attimi in cui hai lasciato partire un treno che, col senno di
poi, ti avrebbe portato verso terre piacevoli?
Forse
quando Don Gallo mi ha chiamato a cantare al Carlo Felice per Faber-amico fragile, il grande evento
dedicato a De André, avrei dovuto avere il coraggio di andare sola…ma ero
incinta di otto mesi, mi sentivo vagamente fuori luogo e in generale io non
sono artista da ‘spaccotutto’ quindi, a proposito di affetti solidi, sono
andata accompagnata da mio fratello Giampiero e abbiamo cantato insieme. Noi
eravamo in scaletta prima di Celentano… quando dietro le quinte ho sentito lui
cominciare a sbagliare le parole e poi ho visto la rabbia del pubblico che
montava ho pensato che l’avevo scampata. Ho visto in lui quello che pensavo
sarebbe successo a me. E sono stata felice di essermi concessa la mia
fragilità.
Che cosa c’è nel
presente e nel futuro musicale di Roberta Alloisio?
Ricerche.
Progetti. Ho appena finito il terzo disco. Uno sforzo meravigliosamente
sovrumano che mi ha portato davvero lontano, geograficamente e nella qualità
delle collaborazioni. Mi auguro di avere ancora parecchie sorprese. Voglio
potermi immaginare tra molti anni, vecchia e scalza, ancora a lì a cantare…