Probabilmente
non sarei mai arrivato a Giacomo Lariccia se casualmente, alcuni giorni fa,
non fossi incappato in un servizio a fine TG, dove si affrontava brevemente il
fenomeno dell’emigrazione degli anni 2000, evidenziando come il fenomeno sia
ancora attuale e non riguardi solo i nostri antenati.
A metà
indagine veniva presentato un cantautore italiano, ma residente a Bruxelles,
costretto ad “uscire “ dall’Italia per una specializzazione in chitarra jazz ad
inizio secolo, e tutt’ora lontano da casa, per scelta, per poter lavorare, per
poter vivere.
Il suo nome
è Giacomo Lariccia, ed il giorno dopo l’ho contattato, ricevendo immediata
risposta, e realizzando l’intervista a seguire che fornisce un quadro
interessante e idee su cui occorre riflettere, nonché una canzone, “Povera Italia”, che ha già fatto il giro del mondo.
Ripropongo
subito il servizio del TG, e per chi non volesse vederlo per intero, ma
ascoltare solo la sezione dedicata a Lariccia, consiglio di “saltare” al minuto
3.55.
L’INTERVISTA
Premessa: ho ascoltato casualmente la tua
intervista al TG e il mio interesse per tutto ciò che è novità musicale si è
miscelato a problemi di ordine sociale, che presto riguarderanno anche i miei
figli. La curiosità, musicale e non, mi ha spinto a contattarti. Approfondiamo
qualche concetto captato dall’intervista.
Che cosa ti ha spinto
ad intraprendere una scuola di tipo musicale al di fuori del tuo paese? Anche
dal punto di vista della didattica siamo carenti?
Sono
partito dall'Italia nel 2000 quando i conservatori di Jazz esistevano solo in
forma "sperimentale" quando già da decenni, in tutto il mondo,
costituivano un corso separato dalla musica classica. Le scuole private non mi
davano alcuna fiducia e in più avevo il
bisogno di tagliare i ponti con Roma, dopo la laurea in Scienze della
comunicazione, perché correvo "il rischio" di rimanere invischiato
nell'ambiente dei miei studi. Io volevo avere un periodo di full immersion nel
jazz e la cosa migliore era partire.
Ci si innamora sempre
di paesi diversi dal nostro, per tanti motivi, anche se vivendo realmente
culture altrui, non solo come turista ma come cittadino, si può scoprire che
non ci sono Paradisi sulla Terra. E’ davvero una necessità “lavorativa” la tua
o a Bruxelles hai anche trovato una dimensione di vita più… “civile”?
Come dici
tu quando si viaggia e si vive all'estero ci si rende conto che non esiste il
paese perfetto. Non è perfetto il Belgio come non è perfetta l'Italia. Vivendo
qui da 12 anni mi scontro spesso con quelli che sono i difetti di questo paese
e con situazioni che in Italia non esistono. Detto questo però la mia
permanenza qui è stata caratterizzata dalla realizzazione dei miei sogni. Il
fatto di essermi diplomato in chitarra jazz, di aver girato il mondo per suonare
nei festival più diversi, di aver fatto un primo disco di jazz a mio nome (Spellbound, Label Travers, distr Benelux) e
adesso questo disco di canzone d'autore (Colpo di sole, Avventura in musica,
distr. Benelux) che sta riscuotendo tanta attenzione mi riempie di orgoglio. Se
poi unisci anche il fatto che qui ho conosciuto mia moglie Yael, che mi sono
fatto una famiglia con tre bei bambini capirai che sono molto legato e
"grato" a questo paese e alle opportunità che mi ha dato.
Al di là degli
stereotipi, delle frasi fatte, dei luoghi comuni che tanto amiamo, cosa ti ha portato a
scrivere e a cantare “Povera Italia”… delusione personale o osservazione
oggettiva di una situazione che si fa sempre fatica a capire quanto sia grave?
Povera
Italia è un grido di rabbia, di frustrazione. Ed è lo stesso grido che tanti
italiani hanno sentito e provato ad esprimere. Tanto più che questa rabbia per
una crisi etica e morale coincide in pieno con un periodo di forte crisi
economica. Come è possibile che siamo
andati avanti cosi tanti anni vivendo al di sopra delle nostre possibilità? Con
una politica che ha rappresentato in Italia e nel mondo i peggiori caratteri
dell'italianità? Per questo scrivo " Cambio paese, cambio continente
(...)E' la mia gente che non riconosco". La mia partenza, dovuta a motivi
prettamente musicali, ho iniziato a viverla come una presa di distanza dai valori che hanno
regnato in Italia in questi ultimi 18 anni. Il vuoto pneumatico che ha regnato aveva
come unico modello previsto quello di consumatore. Da consumatori siamo
diventati "consumati", logorati, svuotati e profondamente in crisi. Che sia chiaro:
Povera Italia (come anche nel disco il brano "Nella vasca degli
squali") è anche una autocritica alla mia generazione della quale io mi sento
parte.
Come ti sei avvicinato
alla musica? Che cosa ha fatto scattare la scintilla?
La
scintilla è scattata tanti anni fa. Nei sogni di bambino. Avevo un mito che era
Edoardo Bennato e una sera chiesi a mio padre se davvero nella vita possiamo
diventare quello che vogliamo. Lui mi rispose di si. E dopo tanti anni di
lavoro e passione sono qui.
In questo tuo percorso
fatto di scelte difficili (almeno lo immagino così), che ruolo hanno avuto i
tuoi cari, i tuoi amici, le persone da cui poi ti sei allontanato fisicamente?
I miei
genitori hanno avuto un ruolo determinante nel permettermi di partire con una
serenità e stabilità di fondo. Mia madre è stata quella che, nel mezzo dei miei
studi universitari, mi ha messo davanti all'ultimatum "se non ti laurei non
parti". Mia padre mi ha passato la determinazione nel seguire i
sogni. Ma la persona a cui devo di più è
naturalmente mia moglie che ho conosciuto qui, con la quale sono cresciuto in
questi anni importantissimi e che mi sostiene ogni giorno nella scelta di
continuare a fare musica.
Mi puoi indicare
qualche musicista/band che consideri un esempio da seguire, o un brano che,
anche a distanza di tempo, ti regala qualche brivido?
Il
quartetto americano di Keith Jarret (quello con Jan Garbarek) è per me una fonte
di emozioni pazzesche... Mi ricordo che quando sentii per la prima volta il
disco "My song" rimasi a bocca aperta. Ancora oggi ho lo stesso
effetto. Se passiamo alla musica
classica adoro Bach. Ascolto molto in questo periodo le suite per violoncello. Per
quanto riguarda la canzone Paul Simon rimane un punto di riferimento
indiscutibile. Degli italiani mi piace molto Daniele Silvestri (di cui apriro'
il concerto a maggio qui a Bruxelles) e fra i giovani apprezzo molto Giovanni
Block, Andrea Epifani. Non possono mancare naturalmente altri autori che stimo:
Giorgio Gaber, Gianmaria Testa, De Gregori, De André.
Che idea ti sei fatto
dell’attuale businnes che ruota attorno
alla musica?
Ho smesso
di cercare di farmi un'idea. E' un mondo talmente in crisi da risultare
schizzofrenico e autolesionistico.
E cosa puoi dirmi delle
possibilità- e degli svantaggi- procurate da Internet?
Le
possibilità di internet sono pazzesche. Pensa che il videoclip "Povera
Italia" prima di attirare l'attenzione della televisione era stato
condiviso e ascoltato migliaia di volte
dall'Uruguai al Giappone passando, naturalmente per tutta l'Europa. Tutto
questo è stato possibile solo per la facilità di comunicazione e per il ruolo
dei social network.
E dei Talent Show?
Non ne
penso niente perché non li ho mai visti. Senza voler fare il radical chic ma
vivo da 12 anni senza televisione. Credo solo che se l'industria
discografica per sopravvivere punta solo
su questi meccanismi di popolarità formattata e standardizzata (e imposta) impoverisce
il mondo, la musica e la cultura.
Qual è la dimensione in
cui ti senti più a tuo agio, tra studio e live?
Essendo
di formazione un jazzista e avendo lavorato di più come "performer"
piuttosto che come turnista prediligo il concerto e le situazioni live. A dir la verità penso che la musica sia
nutrita dalla vita: quindi fra il live e lo studio prediligo la dimensione
della vita.
E ora prova a sognare.
Cosa vorresti ti capitasse, musicalmente parlando, nei prossimi tre anni?
Mi piacerebbe riuscire
a portare Colpo di sole in Italia in Francia e in Germania (senza un ordine di
preferenza). Penso che la canzone italiana possa e debba essere ascoltata anche
fuori dai confini dell'Italia e che possa competere con la musica anglofona e
francese.
IL NUOVO DISCO DI GIACOMO
LARICCIA:
"COLPO DI SOLE"
"COLPO DI SOLE"
Giacomo
Lariccia canta favole di mondi vicini e lontani, racconti sentiti nell'infanzia
e frammenti di storia. Pensieri, visioni e sogni catturati su un pezzo di
carta e liberati nella musica.
Le
sue parole esprimono il disagio di
vivere in un’Europa anestetizzata dalla ricchezza e dal benessere. Parlano
delle virtù e dei vizi del nostro mondo.
Le
sue note ci raccontano la storia,
vista dagli occhi di chi non ha potuto raccontarla ma ne ha subito gli effetti
spesso drammatici.
Le
sue canzoni ci parlano della
bellezza dell'amore e della difficoltà di amare, della voglia di vivere e di
guardare avanti.
BREVE BIO
Dopo
aver percorso in autostop le autostrade del nord, chitarra in spalla, Giacomo
Lariccia si innamora, alla fine, di Bruxelles e del Jazz.
Incide il suo primo disco come chitarrista
e, insieme a musicisti di ogni confine e provenienza, viaggia e suona,
percorrendo questa volta, il sud.
Tunisia, Egitto, Israele, Barhain, Italia, Spagna…
All’improvviso, dopo anni di note, assoli
bislacchi e cravatte stonate, scopre la potenza della parola. Inizia a scrivere e scrivere e scrivere ancora,
tranquillizzato dal fatto che in un paese francofono nessuno l’avrebbe capito.
Il suono della chitarra può colpire le
sensazioni ma la parola può toccare nel profondo, può commuovere e divertire,
creare un mondo alternativo e criticare quello in cui viviamo. Con le sue canzoni Giacomo Lariccia percorre le strade dei sogni, e i
binari della memoria e gioca con personaggi inventati e storie meravigliose
Uno dei suoi brani, per un caso fortuito,
finisce nelle mani di un critico che, a sua insaputa, lo iscrive al primo
concorso di canzoni dal quale esce vincitore…. e oggi, insieme cento ammiratori
ha prodotto il suo primo disco da cantastorie: COLPO DI SOLE.