Da quanto si può desumere leggendo questo
articolo, Spirogyra è uno dei gruppi più antichi, ancora in
circolazione, e ingiustamente di estrema nicchia. “La nicchia” di cui parlo non
è legata alla difficoltà di ascolto, ma alla grande distanza esistente tra la
band e ogni forma di media. Mai un’apparizione in radio o tv, anche se non mi è
chiaro se sia precisa scelta o mancanza di occasioni. Eppure negli anni ’70 non era poi così difficile avere
visibilità, per chi realizzava vinili!
Non ho trovato quasi niente in italiano,
salvo una biografia che aggiungo alla fine, e qualche foto.
Evidenzio che “Boots & Bells Shambles”, uno dei loro album, viene considerato dalla critica il “ The Seargeant Peppers of folk".
Non li conoscevo, e mai li avrei conosciuti se non avessi ricevuto da Black
Widow Records “Spirogyra 5”.
L’ho
ascoltato ed è diventato un album da cui non mi separo mai nei viaggi e, cosa
non trascurabile, piace ai miei familiari, che non hanno particolari amori
musicali. Un album per tutti, gradevole, tra il folk e il prog.
Il mio
solito approccio prevedeva un‘ intervista e con il solito iter ho inviato le
domande a Martin Cockerham.
Ci sono
rimasto un po’ male quando il file è tornato indietro con risposte
insufficienti e, soprattutto, col commento di Martin che con estrema sincerità
ammetteva che non aveva potuto svolgere bene il compitino perché poco stimolato
dalle mie domande banali. In realtà dal proseguimento del suo commento ho capito che
era rimasto infastidito dal fatto che non conoscessi la band, fatto innegabile
ma… proprio quello era il mio compito del momento, colmare delle lacune, perché
penso che sia davvero un… meraviglioso
gruppo sconosciuto ai più.
Alla mia
risposta un po’ dura Martin si ammorbidiva e gentilmente mi forniva
l’intervista che una giornalista greca aveva realizzato da poco.
L’ho
tradotta e la propongo perché racconta davvero molto di questo gruppo
incredibile, che potremo vedere in Italia entro un mese.
Quello che
pubblico oggi è forse l’unico documento esistente nel nostro paese e spero che
questo possa far capire a Martin che il suo non è stato tempo perso, e forse
chi andrà ai suoi concerti, tra febbraio e marzo, ci andrà un po’ più
preparato.
Dice Martin Cockerham
“Ho da poco rilasciato un'intervista per la radio “anni 60”, in Grecia, e la ragazza aveva fatto un sacco di ricerche su Spirogyra, e ha fatto molte domande profonde, e io ho risposto di conseguenza. Se vuoi la puoi citare…”.
L’INTERVISTA
Martin
Cockerham è una persona carismatica. Ci siamo conosciuti tramite un amico
comune l'estate scorsa ed è stato originale e unico fin dal primo momento. Si è
presentato con un paio di occhiali da sole vintage e una t-shirt degli Who.
Dopo che lo hai conosciuto puoi dire di lui che
non è uomo comune, ma il suo atteggiamento non è per niente arrogante.
Martin ha
creato i leggendari Spirogyra, e ha
oltre 44 anni di musica alle spalle. E’
compositore e cantante, e suona
molteplici strumenti, come la chitarra,
il bouzouki, ecc.
E’un vero
gentiluomo e racconta storie molto interessanti.
Ci siamo
incontrati recentemente, mentre era in viaggio da Sofia a Altamura in Italia, e
ho avuto il piacere di porgli alcune domande riguardo al suo passato di
musicista, alla” English Psych folk/progressive targata Spirogyra , al suo lavoro
e alla sua vita attuale.
Partiamo dal 1967, anno in cui la
band fu creata, inizialmente con te, Francis e poi, nel 1969, con altri tre
musicisti. Come accadde tutto questo? Fu
il frutto di un tuo bisogno interiore?
Mark ed io abbiamo iniziato a suonare in una blues band sin dal 1966, insieme ad
altri compagni di scuola di Bolton. Io ero il batterista, ma in quei giorni il
chitarrista mi insegnò le basi della chitarra, abbastanza da poter suonare le canzoni di Dylan. Ero anche un fan dell’ The Incredible String Band e, probabilmente ispirato da loro e altri,
formai con Mark un duo folk acustico “acido”. La musica folk pop degli anni 60
è stata fonte di enorme ispirazione per me e ha influenzato le mie scelte
future, indirizzandomi naturalmente sulla via del cantautorato. Quando
andai alla Kent University nel ‘69, Mark non mi seguì, così decisi di andare
avanti con una nuova line up e aggiungere Mark durante le vacanze, quando poteva
raggiungermi a Canterbury. Ecco come è
nata la classica formazione a quattro degli Spirogyra, con Barbara Gaskin,
Steve e Julian. Eravamo tutti studenti della Kent University e abbiamo
condiviso una casa al 5° St St Radigund, nel centro di Canterbury, nei pressi
della cattedrale .
La band ha
registrato tre album tra il 1971 e il 1973. Puoi descriverceli, evidenziando il
tuo preferito, e accennare alla tua vita come membro di una band di primo piano?
A proposito, esiste un quarto album registrato in quei giorni, uscito
con il titolo “Burn The Bridges”, che
raccoglie le nostre prime registrazioni insieme, con quattro brani
realizzati nel periodo “69-70”. Nel 1970 abbiamo ottenuto un contratto
discografico con la September Productions, con l’impegno di realizzare tre album. Era una piccola casa di produzione e ogni album finito,
per poter uscire, dove appoggiarsi ad un’ etichetta discografica diversa. Il
primo è stato “St Radigund”, e prende il nome dalla strada in cui vivevamo a
Canterbury. Ora è cresciuto a tal punto
da diventare uno dei più importanti album seminali di musica popolare progressiva di tutti i tempi,
secondo la critica e gli esperti del settore (folk progressivo), come si può
vedere su:
www.progarchives.com
Al momento dell’uscita fu quasi ignorato e vendette solo 2000 copie circa.
Ma con il passaparola e la sua reale qualità-
e senza alcuna promozione da parte di qualsiasi casa discografica- è salito fino alla top 10 di tutta la musica
progressive degli ultimi 50 anni. Questa è l'opinione degli esperti e dei fan, nei
paesi in cui ottiene sufficiente attenzione dei media, come in Giappone, Corea
del Sud, Italia e Scandinavia. Il secondo album si chiama “Old Boot Wine”, ed è ora un album molto raro. Il terzo è il
mio preferito e si chiama “Boots & Bells Shambles”. Alcuni lo
hanno definito il " Sergeant Peppers
del folk progressivo". Oggi è un importante pezzo da collezione e lo
si vende a oltre £ 1000. Occupa un posto
molto elevato nella classifica stilata
dai critici musicali che lo collocano tra i primi cinque album di progressive
folk.
"Molti pensano che dovrebbe essere
n. 1, ma se ciò non accade è solo perché tanta gente non l’ha l'ha mai
sentito.
Hai
fatto diversi tour in giro per il mondo.
Il tuo ultimo risale al 1974, con Barbara Gaskin (voce e piano elettrico), Rick
Biddulph (basso e chitarre) e Jon Gifford (fiati). Quali sono i ricordi più significativi?
C'è un quinto album di quel periodo che si intitola
“'Swan Songs” , con alcune
registrazioni dal vivo relative
all’ultimo tour del 1974, un
album di canzoni gradevoli subito dopo “Bells Boots & Shambles”, così, con
quello e “Burn The Bridges”, ci sono in realtà cinque 5 album di Spirogyra,
nel periodo1969-1974. Quella line up è stata molto buona, specialmente per come
Barbara stava suonando il piano elettrico e anche perché tutti abbiamo utilizzato al massimo le esperienze fatte con le
formazioni precedenti, quando era la norma
lavorare con un bel po’ di tensione artistica e personale. Ho un
bellissimo ricordo dei tempi in cui abbiamo suonato nei folk club olandesi,
come il Melkweg di Amsterdam Elettrica e l’ Electric Centre di Haarlem. Il pubblico olandese era
formato da ascoltatori che apprezzavano il nostro genere “tranquillo”, e per
noi è sempre stato piacevole suonare per
loro ".
Qual era la
ragione per cui vi siete divisi, e pensi che sia stato un bene oppure no? E
perché?
"Non avrei mai voluto che ci
dividessimo. Di sicuro se fossimo
rimasti stati insieme, con con la line up completa, come nell’album “Old Boot Wine”, con Mark, Julian, Steve, Barbara e Martin, avremmo finalmente raggiunto il top. Era solo una questione
di tempo. Purtroppo Julian decise di diventare politico e banchiere, essendo un ruolo che dava maggiori garanzie
economiche, e Steve si mise in affari. Nessuno di loro due quindi
fece il musicista professionista come
abbiamo fatto io, Barbara e Mark. E 'stato un peccato.
Hai vissuto all'estero per molti anni. Quali sono
stati i paesi che hai visitato e qual è stata l'esperienza peggiore e quale la migliore in cui ti sei
trovato?
Ho vissuto in India, Bali, le Hawaii, Thailandia e
California a partire dal 1975, e per tutti gli anni '80 e '90. L’esperienza
peggiore è relativa ad un viaggio che ho fatto nel sud dell’India, quando ebbi
un problema con una doppia ernia e fui costretto a farmi operare in condizioni
molto “primitive”; presi un’infezione che mi costrinse a soggiornare
per due mesi in un albergo economico, vicino ad un cantiere dove c’era
un sito in costruzione, con un martello pneumatico in marcia continua, e senza
nulla da mangiare, tranne il pessimo cibo derivante dal disastroso servizio in camera dell’hotel,
e senza alcun aiuto o anche solo qualcuno a farmi visita, mentre
colava pus dalla ferita ed i medici mi riempivano inutilmente di antibiotici. Ma ero troppo debole per fuggire e non avevo
l'assicurazione di viaggio! Dopo quasi due mesi di questa inaccettabile
situazione decisi di provare a tornare
in Thailandia e affrontai un viaggio in
treno di tre giorni per tutta l'India,
in infima classe, cambiando la benda di
protezione della ferita che ancora spurgava pus nelle toilette dei treni, le
più sporche che abbia mai visto in vita mia, condividendo il vagone letto con
un gruppo di uomini, forti fumatori,
maleducati e aggressivi. Sopravvissuto in qualche modo, sono riuscito a
prendere un volo per la Thailandia, e
una volta arrivato lì sono andato dritto verso il miglior ospedale di Bangkok e
ho pagato 25 dollari per un chirurgo thailandese di livello
superiore che, utilizzando l’opportuno anestetico ha pulito la ferita e ha eliminato gli antibiotici. A poco a poco sono guarito. E tutto questo per ricercare una
spiaggia esotica!
E 'stato un brutto periodo… astrologico!
Questo il ricordo peggiore (ma forse… ci sono molti
altri episodi niente male!)
La migliore ... beh questo è relativo ... potrebbe
essere quando un contadino irlandese mi lasciò parcheggiare il mio carro con i
cavalli nel suo fienile, in una notte di tempesta e poi mi invitò a casa per la cena. Ma è giusto sottolineare che
non è consigliabile essere fuori, di notte, se è prevista una tempesta di
pioggia e vento, e molte cose me le sono andate a cercare, come ottenere l'uso gratuito di una capanna molto
semplice, in una valle isolata alle Hawaii, dove ho vissuto senza soldi, ma con
la libertà di mangiare cibi selvatici, come avocado, banane, mango e ananas,
frutti che letteralmente mi circondavano. Un'altra cosa da ricordare riguarda
una permanenza di 40 giorni in una
grotta buia sotto una montagna, e con solo un bicchiere di latte al giorno,
come sostentamento alla meditazione. In effetti sto pensando di rifarlo alla
fine del 2012… dopo tre mesi esco fuori e guardo cosa è rimasto del mondo!
Forse solo io! O forse incontro Brigitte Bardot e sua sorella più bella e più giovane, bloccati su di una strada di montagna in
Francia…. le salvo e loro condividono
con me il loro patrimonio, ma… sono cose che accadono solo nei film!
Sei
vegetariano e segui la filosofia Yoga. Cosa ti ha spinto a queste scelte e
quanto è duro seguirle?
E' abbastanza facile. Devi solo convincerti
che non hai altra scelta, e tutto verrà naturale.
Le copie dei tre album di Spirogyra sono ormai sempre più rare e
costose. Quanto costano all’incirca e dove si possono trovare?
"Bells
Boots & Shambles” è il più costoso e raro. Una versione originale
Polydor vale più di £ 1000, se in buone condizioni. Ci sono anche valide edizioni
della Brain Records, con un suono eccellente e con delle belle
copertine apribili, e anche della coreana Si-Wan records. E’ anche uscito un cofanetto con i CD
ed un booklet relativo alla band. E naturalmente, “Burn The Bridges”, ma finora non è mai uscito su vinile. Inoltre
stiamo progettando di far uscire “Swan Songs”, e cioè le canzoni
scritte subito dopo “Bells Boots &
Shambes” intorno al 73-74. Possiamo mettere sul mercato le registrazioni
originali, che sono per lo più solo dal
vivo, o potremmo ri-registrare l'intero album.
Con Francis e parecchi colleghi hai realizzato un
altro album di Spirogyra, nel 2011, intitolato "Spirogyra 5". Che
tipo di musica stai suonando ora?
Ebbene sì, Mark, Francis ed io abbiamo fatto un
album insieme, tra il 2006 e il 2008, intitolato “Children’s Earth”, che è uscito su cd. Ho continuato a lavorare con Mark e altri amici e fatto uscire un album da solista, “Rainbow Empire”, alla fine del 2009. Dopo aver fatto alcuni concerti
nel 2010, ho aggiunto diversi musicisti
che avevano fatto alcune apparizioni con
Spirogyra nei concerti promozionali dell’album ”'Rainbow Empire”, e poi è
uscito il vinile “'Spirogyra 5”. Tutti questi album -e molto materiale
precedente- sono disponibili sul sito web di Spirogyra:
Mi piacerebbe ascoltarti dal vivo! Sono
previsti concerti nel futuro prossimo?
E’ previsto un tour
in Italia, tra febbraio e marzo, e faremo alcuni concerti in Grecia,
soprattutto nella zona di Salonicco.
BIOGRAFIA
Gli
Spirogyra sono un gruppo fondamentale perché rappresentano il tramite fra
l’area folk e quell’espressione particolare della musica progressive che fu il
suono di Canterbury. Il gruppo si formò alla fine degli anni Sessanta, proprio
in quel di Canterbury, per iniziativa del chitarrista-cantante Martin
Cockerham, e ne facevano parte la vocalist Barbara Gaskin, il bassista Steve
Borrill e il pianista-violinista Julian Cusack. È questa la formazione che nel
1971 – con l’aiuto di Dave Mattacks alla batteria e Tony Cox (il produttore dei
Trees) al sintetizzatore – pubblicò “St. Radigunds” su etichetta B & C. Il
disco, nonostante fosse un po’ acerbo e grezzo, ottenne un’ottima accoglienza
per la capacità dimostrata dal gruppo nel miscelare folk progressive, dylanismi
e jazz-rock canterburyano. La replica arrivò nel 1972, con “Old Boot Wine”
(Pegasus), quando Cusack s’era già perso per strada e il gruppo iniziava a dare
i primi segni di sbandamento. Al posto del violinista c’era Mark Francis,
chitarra elettrica e tastiere, ma Cusack appariva come ospite di studio insieme
al solito Mattacks e ad una nutrita serie di comparse (Alan Laing, Rick
Biddulph, Peter Ball, Steve Hillage…). Il disco, che con A Canterbury Tale
presenta il doveroso omaggio di Cockerham alle proprie radici, abbandona la
freschezza dell’esordio senza raggiungere però il solido equilibrio della
maturità. Un equilibrio che verrà finalmente toccato nello splendido, e
conclusivo, disco del 1973. Raffinato e moderatamente notturno, fin dalla
copertina che ricordava vagamente quelle della Blue Notes, “Bell, Boots And
Shambles” venne realizzato da una formazione ormai scremata ai soli Cockerham e
Gaskin. Ma, in linea con i precedenti lavori, c’erano gli ospiti di turno che,
oltre ai soliti Borrill, Cusack - i quali, evidentemente, non si erano mai
staccati completamente dal gruppo - e Mattacks, avevano in questa occasione i
nomi di Stan Sulzman (flauto), Henry Lowther (tromba) – entrambi attivi
nell’ambiente del jazz inglese, John Boyce (violoncello) e Steve Ashley
(zufolo). Quest’ultimo proveniva dalle fila dell’Albion Country Band, ma la
vera ciliegina nella torta era un’altra ed era simboleggiata dagli
arrangiamenti di flauto, tromba e violoncello curati dalla dark lady Dolly
Collins. I brani sono tutti dei piccoli capolavori d’equilibrio fra le varie
componenti che da sempre confluivano nella musica del gruppo, ma l’ondeggiante An
Everyday Consumption Song e la sorprendente suite In The Western World
(autentica saga progressive non distante dai Genesis di “Nursery Cryme”)
restano assolutamente inarrivabili. Nel 1974 ci fu lo split, e solo la delicata
voce della Gaskin continuò a tessere la tela della continuità, in ambito più
propriamente canterburyano, con Hatfield & The North (prima) e in coppia
con Dave Stewart (poi).
Commento del giorno dopo di Innocenzo Alfano:
Ciao
Athos, ho appena terminato di leggere il tuo articolo-intervista dedicato a
Martin Cockerham degli Spirogyra. Ottimo, complimenti! In effetti, da ciò che
leggo, non è chiara neppure a me la ragione per cui Cockerham si sia rifiutato
di rispondere alle tue domande, che immagino - conoscendoti - fossero serie e
sincere. Nello specifico, leggendo l’articolo da te tradotto pare che Cockerham
apprezzi solo domande “profonde”, rispondendo “di conseguenza”. Poi però vedo
che ci tiene molto a raccontare di quanto fosse straordinaria e unica la sua
band, apprezzata da tutti, nei primi posti in classifica per critici e addetti
ai lavori, del Sgt. Pepper del folk, e delle quotazioni stratosferiche (in
sterline) dei loro dischi in vinile, rari e ricercati. Detto tra noi, tutti
questi argomenti, senz’altro interessanti per certi aspetti, a me non paiono
affatto “profondi”. Ma forse il concetto di “profondità”, per Cockerham, è
diverso dal mio... Saluti.