Roberto Gualdi
Ritmologia-Il musicista e la gestione consapevole del tempo
Volontè & Co
Con molto piacere mi appresto a
commentare un libro molto particolare, quello di Roberto
Gualdi, intitolato “Ritmologia-Il
musicista e la gestione consapevole del tempo”.
Gualdi è mio concittadino ed è stato
quindi grande il piacere trovato nel chiacchierare con lui nel corso della
presentazione alla Ubik di Savona.
Ma vorrei concentrarmi maggiormente sul contenuto e fornire qualche chiarimento per il lettore curioso.
Devo dire che, nonostante avessi
conosciuto Roberto in tempi lontanissimi, mi ero perso l’intensità del suo
percorso, sino a quando l’ho scoperto parte della PFM, ovvero una delle band
dedita alla mia musica di riferimento, l’amato (per qualcuno odiato) prog.
In realtà i suoi oltre quarant’anni
di carriera gli hanno permesso di calcare palchi di ogni genere ed importanza,
ed il suo nome è abbinabile al gotha della musica italiana e non, fatto
ragguardevole se si pensa alle difficoltà che ogni musicista incontra quando decide
di perseguire i suoi sogni e la sua passione, perché è chiaro a tutti come
certe attività legate alla proposizione di progetti sonori, qualunque siano gli
strumenti di riferimento, diventino nell’immagine comune corollario ad un’una
attività principale, ed è famoso - e certificato - il dialogo seguente: “Ma tu che mestiere
fai?”, “Il musicista…”. “Ok, ma per vivere cosa fai?”.
In tutto questo non c’entrano nulla
le skills specifiche, l’attitudine verso l’impegno costante, lo studio ecc…, il
siparietto appena descritto mette sullo stesso piano tutti… i comuni mortali.
E poi ci sono quelli che arrivano, come Roberto, esempio da seguire per giovani e meno giovani, che oltre a tutte le sue positività avrà avuto la giusta sliding door, perché alla fine, come qualcuno ha scritto, “Il destino ha strade che non si possono cambiare…”.
Un esempio da seguire dicevo, e conscio del fatto che le esperienze vanno condivise - e chi meglio di un musicista può descrivere il rapporto osmotico con il proprio pubblico! - Gualdi ha deciso di mettere nero su bianco la sua esperienza, e ha confezionato una sorta di manuale che proverò a sviscerare.
Non avevo idea del contenuto, pensavo
ad un primo bilancio di vita, a qualcosa di esclusivamente discorsivo, e ho
trovato invece una metodologia, una serie di indicazioni, non solo prettamente
tecniche - che comunque saranno manna piovuta dal cielo per tutti i batteristi/percussionisti
-, ma un contenitore di tipo olistico che tocca svariati argomenti utili agli
addetti ai lavori.
Dopo questa premessa verrà da chiedersi
a chi è rivolto il progetto, idealizzando magari un contenitore indirizzato
alla nicchia di seguaci dello strumento.
Sbagliato.
Sono dentro, da sempre, alle cose
della musica, ma non tanto da poter dare giudizi legati ai dettagli specifici. È
un po' come quando si parla con un musicista alla fine della sua performance - argomento
peraltro trattato nel libro -: difficile trovarlo felice di sé o della band, ci
sono sempre aspetti negativi di cui il pubblico non si è accorto, e anche chi
ha captato l’eventuale errore nemmeno lo considera perché lo scopo di un live
va oltre la perfezione esecutiva.
Pertanto, oltre agli addetti alle bacchette/casse/timpani, ogni tipo di musicista troverà utili e interessanti i consigli che Gualdi regala in ogni capitolo. Dirò di più, per un lettore lontano dall’argomento “musica”, ma curioso e scevro da preconcetti, la lettura potrebbe diventare una gradevole scoperta e pura didattica di vita, con la proposizione di concetti che superano l’idea tradizionale di musica e sua applicazione.
Il libro si fa aiutare dalla
tecnologia esistente, nel senso che nella pima pagina esistono indicazioni per
poter accedere ad un portale che, dopo rapida e gratuita registrazione,
permetterà di visionare 30 brevi video (tra i 2 e i 3 minuti) nei quali Roberto
fornisce esempio diretto da collegare alla parte scritta.
Sono 19 i capitoli suddivisi concettualmente nei seguenti macro-argomenti:
TECNICA-FOLOSOFIA-STRATEGIE-ROLASSAMENTO-CONCETRAZIONE
Partiamo dalla prefazione nobile,
quella di Gavin Harrison, genio della batteria, tra Porcupine Tree, King
Crimson e Pineapple Thief.
Harrison è punto di riferimento
dichiarato per Gualdi e lo scritto introduttivo appare come qualcosa di
sentito, e non un atto dovuto e legato a relazioni durature nel tempo.
Ma sono molte altre le testimonianze:
Chistian Meyer, Massimo Varini, Paolo Costa, Paola Folli e Corrado Bertonazzi.
Sono utili alla comprensione le
citazioni nobili che l’autore utilizza all’inizio di ogni capitolo, giacché
esistono menti illuminate che riescono a condensare in poche parole concetti
che pesano come macigni e che magari albergano da sempre nella testa di ogni singola
persona, senza avere mai uno sfogo, sino a quando nasce l’incontro fortunato,
quello che probabilmente ha permesso a Gualdi di abbinare i vari assiomi alla
sua esperienza.
E così troviamo il pensiero di Nikola Tesla accostato a quello di Platone sino ad arrivare a Sant’Agostino (un punto di riferimento per chi studia musica), a Mozart, Hugo, Eraclito, Goethe, tanto per citarne alcuni.
Uno dei concetti che si ripetono come
un mantra nel corso della lettura riguarda l’apertura dell’apprendimento a
tutti i musicisti comuni, ovvero quelli non baciati dal Dio della musica, che
probabilmente diventeranno nel tempo più costanti e “vincenti”, perché lo
studio e l’impegno avrà creato in loro un consolidamento che spesso non arriva
in chi è dotato di genio e sregolatezza. Insomma, il libro nasce anche per ostacolare
il vecchio pensiero che “Il senso del ritmo o lo hai o non lo hai”,
concetto frustrante per ogni giovane che potrebbe avvertire immediatamente che
il raggiungimento del suo sogno si trasforma da subito in utopia.
Roberto Gualdi ci racconta e fornisce prove di tale falsità!
Il ritmo fa parte del nostro
quotidiano, anche se non abbiamo dimestichezza con “il tamburo”. Difficile
pensare alla poliritmia applicata alla vita di ogni giorno e al normale suo incedere,
eppure il nostro corpo ne è un esempio, e la presenza per qualche istante in
una camera anecoica diventerebbe esperienza icastica in tal senso.
Ci aiuta nella comprensione la differenziazione
universale tra “sentire ed ascoltare”, utilizzando in toto il nostro corpo per
percepire le vibrazioni che ci circondano e ci stimolano, facendo maturare un
ascolto consapevole che Roberto propone attraverso una metafora molto efficace
relativa al mare - e forse il luogo di nascita contribuisce ad elaborare il
pensiero! -, un mare che può essere contemplato in tutto il suo fascino, oppure
utilizzato nuotando in superficie o ancora meglio approfondito attraverso l’immersione.
Così può essere la relazione con la musica.
In questo senso sarà interessante imparare
come l’apprendimento musicale possa essere interpretato in modo tridimensionale,
con una crescita verticale (lo studio della storia), una orizzontale (la
conoscenza della suddivisione geografica e delle differenti culture) e la misura
della profondità, spesso trascurata ma capace di dare un senso a tutto quanto
si suona.
Gualdi sottolinea come non esista controllo sulla genetica (l’orecchio assoluto è un dono per pochi!), e una volta preso atto dei limiti personali le contromisure passano attraverso le TRE P (pratica, perseveranza e pazienza).
Un’altra condizione su cui non è possibile intervenire è il tipo di cultura, frutto esclusivo del luogo in cui si nasce e quindi indipendente dalla nostra volontà, ma determinante per ciò che diventeremo durante il nostro percorso.
Abbiamo invece il controllo su un ascolto
senza pregiudizi, che allargherà gli orizzonti personali e che porterà il
musicista “ortodosso” a dividere il tutto in tre categorie, che mettono in
discussione le grandi liti da bar provocate dagli amori per un preciso genere,
creando spesso barriere invalicabili tra epoche distanti tra loro: la musica
che piace (quella più facile da seguire per chi ne è appassionato), quella più
interessante per uno strumentista e quella che non si conosce e che quindi deve
diventare oggetto di studio.
In questo panorama Gualdi ci descrive una sorta di atlante, suddividendo il mondo nei continenti conosciuti, legati tra loro da un comune denominatore chiamato “ritmo”.
Ma quali sono i requisiti minimi
necessari per un batterista, o meglio, quale deve essere il suo obiettivo?
Un assoluto controllo tecnico, ovvero
il possedere talmente tanta tecnica da non pensare ad essa mentre si suona.
Una conoscenza del repertorio, perché anche quando si è molto bravi ci si prepara studiando.
Per ogni musicista esistono dei condizionamenti
psicologici, come l’ansia da prestazione, la difficoltà di concentrazione, il
senso di inadeguatezza, la paura del giudizio di terzi, la sensazione di non
essere all’altezza. Con tutto questo occorre convivere, anche se nel libro
vengono sottolineate possibili azioni correttive. Ad esempio, attraverso la
meditazione e lo sviluppo della concentrazione per mezzo dello Yoga, a cui viene
dedicato un capitolo intero e che appare pratica imprescindibile per Gualdi,
alla ricerca di quella condizione in cui emerge l’armonia nascosta, quella
che vale più di quella apparente (Eraclito).
Non sarà lo Yoga a far migliorare la prestazione e il livello di performance, ma la sua pratica potrà aiutare per far sì che non ci esprima al di sotto del top, diverso per ogni strumentista.
Pratica fino al punto in cui la mente
dimentica e il corpo ricorda
(Bruce Lee)
Gualdi ci racconta come il nostro
corpo abbia bisogno di una sorta di manutenzione, esattamente come una
qualsiasi macchina, cercando di bilanciare le tre tensioni, muscolari, mentali
ed emozionali.
Ma come si superano ansie, paure, magari la noia legata ad un genere che proprio non va giù? Il libro, passando anche attraverso il buddhismo, fornisce un punto di vista esaustivo.
Una parte importante che troviamo verso la fine è denominata “Conversazioni”, una serie di interviste con persone significative nel percorso di vita dell’autore, incontri con uomini e donne che hanno avuto ruolo formativo, non dimenticando mai che “Niente è veramente nostro finché non lo condividiamo” (C.S. Lewis). Si parte da Bruno Genero e si arriva a Elio Marchesini, Stefano Bagnoli, Omar Cecchi per terminare con la maestra di Yoga Gabriella Cella.
Tutti i concetti presentati hanno la finalità di indicare una strada per poter “vivere la musica”, quella con la “M” maiuscola, non solo quella realizzata dai grandi di ogni tempo ma, considerando la sua peculiarità di saper unire e comunicare attraverso l’azione quotidiana del semplice appassionato - ascoltatore o strumentista - le indicazioni fornite dovrebbero/potrebbero indicare quali siano le giuste porte da aprire, attraverso il seme della curiosità.
La lettura mi ha portato a fantasticare, a confrontare ere e musicisti lontani tra loro per mero elemento anagrafico, immaginando l’evoluzione di un ruolo che vedeva generalmente il batterista relegato a status di comprimario, superato nel tempo dall’evoluzione naturale delle cose, e pensare ai “tempi portati” nel beat, in relazione, ad esempio, all’uso dei "tempi dispari", induce a immaginare mondi distanti anni luce, che Roberto Gualdi, con questo progetto, contribuisce a chiarire con il suo esempio, una didattica che non si ritrova soltanto nella capacità di essere un bravo batterista, ma si allarga ad aspetti comportamentali ed etici che riguardano ogni aspetto della vita.
Conclude l’autore…
“La musica è magia quando viene
fatta insieme agli altri e questo e questo è anche ciò che la accomuna alla
vita. La bellezza della condivisione e del viaggio con una meta comune.
Per quanto mi riguarda la scoperta della Musica mi ha definito, mi ha indicato una via da percorrere, mi ha fatto capire che persona volevo essere e mi ha stimolato una crescita continua, come musicista ma ancora di più come essere umano”.
Grande lavoro che resterà nel tempo!