Un
concerto di martedì potrebbe voler dire scarsissima affluenza, ma ciò che è
andato in scena l’11
ottobre alla Raindogs
House ha
portato audience, qualificata e preparata ad un evento che ha chiaramente
riscosso successo.
Sul palco
- ma la presenza si è estesa a tutto il locale - una band giapponese, gli Acid Mothers Temple & The Melting Paraiso U.F.O, che
ha ormai superato i quattro lustri di vita e ha rilasciato un gran numero di album,
che alcuni dei presenti hanno portato con sè per la firma di rito, con qualche
esagerazione relativa alla quantità!
Conoscevo
pochissimo della loro musica, salvo alcune registrazioni carpite dalla rete, ma
dalle presentazioni online - e attraverso i miei limitati ascolti - avevo ben chiara
la tipologia della proposta.
Elementi
pittoreschi, apparentemente di un altro pianeta, accolgono i presenti dietro al
banco del loro merchandising, e la socializzazione pare li tenga lontani dal reale motivo per cui il pubblico
riempie il Raindogs… il concerto.
Ma quando
decidono di partire, attorno alle 22.30, si trasformano in stakanovisti
musicali.
Tutto
ruota - da sempre - attorno al chitarrista Kawabata
Makoto, che a ben vedere è un signor polistrumentista.
Questa
la formazione attuale, rinnovata da poco nella sezione ritmica:
Kawabata Makoto: electric guitar, acoustic
guitar, fretless bass, bouzouki, electric saz, sitar, synthesizer, electronics,
tape, short wave, voice, speed guru
Higashi Hiroshi: synthesizer, noodle king
Tabata Mitsuru: electric guitar, guitar-synthesizer, acoustic 12 strings guitar, tape, voice, maratab
Satoshima Nani: drums
Higashi Hiroshi: synthesizer, noodle king
Tabata Mitsuru: electric guitar, guitar-synthesizer, acoustic 12 strings guitar, tape, voice, maratab
Satoshima Nani: drums
S/T: bass
Non sono
in grado di parlare dei brani in successione, non conoscendo la loro
discografia, ma credo che buona parte del live sia stato dedicato alla
presentazione del nuovo album, Wake To A New Dawn of Another Astro Era. Poco
importa, mi premeva l'apprendimento della loro proposta, che mi era stata
presentata, soprattutto, come psichedelica.
Difficile
per me estrarre un’etichetta conosciuta - e mi accorgo che mi sta capitando
sempre più spesso! - ma la musica che propongono - così come il modo
di presentarsi - è davvero “alternativa”, pur ripescando in un contenitore che
pare appena uscito dai seventies, carico di modus lisergico, con dilatazione
estrema dei brani, ritmi ossessivi e passaggi ipnotici che fanno perdere
l’orientamento e trasportano in altre galassie.
Colorati,
utilizzatori di effetti e di atteggiamenti plateali e vistosi, sembrano
capitati per caso sul pianeta terra, ma sanno perfettamente come stimolare chi è
posizionato in front of them.
Se negli
anni ’70 fossero esistiti i rave, gli Acid Mothers Temple avrebbero fatto
scuola anche tra le generazioni più giovani!
Quando
assisto ai concerti mi guardo spesso intorno, nel tentativo di captare il mood
del mondo circostante, e in questo caso l’entusiasmo e la dinamicità spontanea
sono stati un segnale preciso di gradimento/sconvolgimento.
L’unico
elemento a mio giudizio precario va riferito all’utilizzo di volumi impossibili…
decibel da galera… decibel che conducono a sicura ipoacusia… decibel probabilmente
totalmente assimilabili alla filosofia musicale della band.
Ma ad una
buona organizzazione come quella del Raindogs non poteva sfuggire questo
particolare, e la distribuzione degli otopotrettori - come accaduto
recentemente in un tour dei Pearl Jam - ha consentito il pieno godimento del
concerto senza alcun risvolto negativo.
Mi sono
divertito, e sono entrato in contatto con una sfera sonora tutta da scoprire, fatta di
congiunzione tra passato e attualità, sulla via di quello che mi è capitato di
vivere, ad esempio, con i Gong.
Un po’ di
esempio video stimolerà, spero, la curiosità dei lettori…