Articolo apparso sul numero
di Settembre di MAT2020
ROCK PROGRESSIVO-Una guida- Stefano
Orlando Puracchio
Stefano Orlando Puracchio è un giovane giornalista, autore dell’eBook “ROCK PROGRESSIVO-Una guida”.
L’aggettivo “giovane”
non è buttato lì casualmente, e per chi come me si appropria per prima cosa della
premessa, del contorno - nel caso di un book, le note sull’autore, le
partecipazioni, le immagini - e solo dopo dell’elemento centrale, il conoscere
l’età del propositore mi ha portato a due considerazioni iniziali che, pur
avendo la stessa direzione, hanno verso opposto.
La prima mi ha spinto
a pensare che un poco più che trentenne, interessato ad affrontare un tale
argomento - non ciò che di prog esiste attualmente, ma quello legato al periodo
d’oro a cavallo tra gli ani ’60 e ’70 - è da far risaltare a prescindere, per l’impegno, lo
studio, l’applicazione verso una sezione musicale che, per quanto mi riguarda,
ha assunto il livello della assoluta nobiltà, titolo che non si acquisisce per
meriti di anzianità, ma per una valutazioni di valori che dopo circa quarantacinque
anni appaiono cristallini.
La seconda
riflessione è meno positiva, ed è basata sulle barriere che ogni volta sono
portato a costruire quando mi trovo a parlare con chi racconta un qualsiasi
punto di vista legato alla Musica Prog senza averla vissuta in prima persona,
atteggiamento poco intelligente, se perseverante: come se fosse impossibile
spiegare la teoria della relatività perché non si è stati compagni di banco di
Albert Einstein!
Spogliatomi
quindi di ogni mia corazza ho provato a lanciarmi in un una lettura priva di
paletti autocostruiti, aperto al nuovo, ad un ulteriore opinione sulla “mia”
materia della vita.
La conformazione
data al libro da Puracchio è quella delle linee guida per neofiti, una sorta di
bignami didattico con il valore aggiunto dato dalla voce di alcuni miti di quei
giorni, ovviamente ancora in piena forza e attività. Il tutto con l’utilizzo di
un linguaggio adatto a far presa su ogni tipo di pubblico.
Un prima parte
dedicata alla storia, alla terminologia (geniale quella di “metagenere”) e al
racconto di interessanti particolari, induce ad alcune riflessioni legate ai
protagonisti citati, non tutti, nella concezione comune, inseriti nel
contenitore della Musica Progressiva, ma fondamentali per la nascita del
movimento. Una band su tutte, quella dei Vanilla Fudge, ensemble prog seminale,
nota per hits di successo, ma con il
merito supplementare di aver dato il via alla libera espressione progressiva
italiana, dopo la vittoria al settembrino Festival di Venezia del 1969, a cui
parteciparono con “Some Velvet Morning”.
La seconda considerazione
si basa sulla “Guida all’ascolto”, con la premessa costituita da differenti
modalità - quella sensoriale e quella analitica - che è un qualcosa su cui non
si riflette mai abbastanza, ma che è stato oggetto di personale autocritica
negli ultimi tempi: come si ascolta un album? E’ sufficiente esaminare il lato
“tecnico”? E il contesto quanto vale? E l’istinto è più importante? E poi… come
trascrivo le mie impressioni?
Puracchio mi ha regalato
qualche spunto interessante e suppongo che chiunque si avvicini alla lettura,
con qualsiasi obiettivo - casualmente o con cognizione di causa - troverà
vantaggio nella spiegazione fornita, magari da modellare a propria immagine e
somiglianza, ma assolutamente nello spirito della “guida alla lettura”.
Anche perché, la
parte che segue fornisce coraggiosamente nomi e cognomi, album consigliati e
giudizi dell’autore, con l’applicazione di un semaforo ad ogni step, atto a
dichiarare le difficoltà di accesso per i principianti.
I gradimenti di
Puracchio sono naturalmente contestabili e ampliabili, perché ogni italiano ha
in testa la sua Nazionale di calcio, e inoltre il criterio di scelta appare
dinamico e non univoco, ma le fondamenta ci sono, e tutto il resto è motivato,
con uno sforzo teso a sottolineare realtà meno visibili, ma che hanno lasciato
il segno.
Per chi si
avvicinasse al Prog solo ora questo libro potrebbe rappresentare un punto di
partenza che, se fosse seguito da un buon effetto domino, porterebbe alla
scoperta di centinaia di perle che, ovviamente, non potevano trovare spazio
all’interno del book.
Dei più
“grandi”, come detto, non manca nessuno… dei minori (mi riferisco alla
visibilità) c’è cospicua traccia, così come appare interessante lo spazio
aperto al versante ungherese (ma sono tantissimi i luoghi prog che vanno scoperti, quelli che
solo il “nostro” Mauro Selis conosce e perlustra nei dettagli, dall’ Oriente
all’estremo opposto).
Il tutto va
visto nel corretto contesto, evitando classifiche e graduatorie di merito, ma
pensando alla finalità e al tentativo, riuscito, di dare le giuste coordinate
per percorrere un antico e infinito sentiero, perché la Musica Progressiva è
nuovamente materia, anche, per giovani anime, che la ascoltano e la amano, ma,
soprattutto, la creano.
Nel corso della
lettura, mentre soffocavo il mestiere di allenatore della nostra nazionale, mi
è venuta in mente una di quelle peculiarità di cui quasi mai si parla quando si
bazzica la materia, e cioè l’unicità delle voci prog, capaci di caratterizzare
una band, al pari del tocco chitarristico di Steve Howe, della maestria
tastieristica di Keith Emerson o del drumming di Bill Bruford: molto più della
strumentazione usata, oltre il moog e il mellotron - novità tipiche di quei
giorni antichi - la timbrica vocale di Jon Anderson, Peter Hammill, Ian
Anderson, Greg Lake, Petre Gabriel e Derek Shulman ha dato l’impronta alla
Musica specifica, produzioni di infinita grandezza e, ed è bene ricordarlo, una
differente dall’altra.
Quale potrebbe
essere il ruolo supplementare del “cantante”?
“Il musicista sente la Musica e vede un
mondo, vede… una casa, l’appartamento, le stanze, non ha bisogno di ascoltare
tante volte un brano perché ha visto la casa nella sua totalità. Un amico
diceva: “Io quando sento un accordo, anche complesso, non sento la Musica,
io vedo una famiglia: il papà è il basso, la mamma è la tonalità e così via,
sino ai nipotini… le undicesime, le tredicesime… “ , e quindi per loro diventa tutto naturale, mentre io per capire
come è fatto un accordo devo chiamare uno che me lo spieghi; però, per quanto
riguarda il canto… qual è il trucco? Si fa una nota alla volta (a parte Stratos
che ne faceva due!) ed è quindi più facile da gestire e alla fine la voce è
l’unico strumento che può cantare le parole e quindi noi vocalist abbiamo un
grosso vantaggio, quello di arrivare prima alla gente. Anni fa mi hanno chiesto
a cosa penso mentre canto e allora mi sono impegnato nel dare una risposta:
quando canto, con una mano richiamo i miei maestri (molti non ci sono più!) e
con l’altra cerco un futuro, se futuro ci sarà; poi con lo sguardo mi protendo
verso l’infinito e a questo punto il canto diventa facilissimo…(Bernardo
Lanzetti).
Una bella
immagine, una possibile pista di lavoro per Stefano Orlando Puracchio e per i
lettori di questo indovinato “Rock
progressivo- Una guida”.
Stefano Orlando Puracchio nasce a Roma il 2 luglio 1980. Ha
vissuto la prima parte della vita tra Roma e l'Abruzzo mentre adesso vie tra
l'Abruzzo e l'Ungheria. Si è laureato in scienze della comunicazione
all'università di Teramo; dopo aver lavorato nel campo giornalistico, ha conseguito
il master in Giornalismo all'università di Teramo e nel 2009 è diventato
giornalista professionista. Ha diretto un giornale online, ha lavorato come
autore radiofonico e conduttore per Radiofrequenza, la radio comunitaria
dell'università di Teramo, producendo programmi di critica musicale, televisiva
e di spettacolo in genere. Ha anche curato uno speciale radiofonico sul Rock
Progressivo per Radio Rai3 chiamato: "L'ultimo guerriero". Alcuni
suoi scatti fotografici sono stati utilizzati per il booklet del cofanetto del
"Prog Exhibition 2". Attualmente è un freelance e si occupa
esclusivamente di scrittura.
Info:
Rock Progressivo. Una
Guida:
Synpress44 Ufficio
stampa: