La tecnologia offre
ormai possibilità incredibili e credo che un articolo come questo sia quanto di
meglio si possa proporre, in termini di disegno generale e di presentazione, ad
un pubblico che… ancora deve scoprire. E in tutto questo ovviamente io c’entro
ben poco!
Nel corso dell’intervista
a seguire, molto precisa ed esaustiva, ponevo come sempre l’accento sul
versante live, ricevendo la risposta di Vittorio
Sabelli. A fine scrittura, come sempre accade, provavo a cercare un filmato
adeguato, che potesse dare un assaggio dell’album che presento oggi. Nella
rapida ricerca sono immediatamente inciampato in un video live, di oltre un’ora,
di ottima qualità - immagine e sonora - e così… non ho resistito e l’ho
inserito ( a fine post). Da guardare per intero!
Ma di cosa sto
parlando? Di una assolutà novità, The Dark Side of the
Wall della R-Evolution Band.
Nel titolo ci sono
indizi palesi, ma per capire il succo della proposta occorre spendere qualche
parola (in questo caso direi non troppe, vista la qualtità di oggettività
presente), da aggiungere al pensiero dell’ideatore del progetto, appunto, Vittorio Sabelli.
La band è di
costituzione recente, ma quello appena realizzato è già il terzo album. Percorso
davvero inusuale, se si pensa che questo " The
Dark..." segue i primi due dischi inediti.
Originale l’idea, ma
non credo l’esigenza sia quella di stupire, di stordire un popolo, quello dei pinkflodiani, che non ha ancora subito
momenti di crisi da accettazione. Appare invece una sorta di esigenza
personale, quella di riprendere in mano un amore giovanile, smontarlo pezzo
dopo pezzo, aggiungere tutti gli ingredienti e le contaminazioni accumulati nel
tempo, e provare a ridisegnare le 26 tracce fornendo una visione totalmente
differente da quella originale. Nessuna coverizzazione, ma un atto di estremo
coraggio, una sfida ed un tributo personalissimo a chi, probabilmente, ha
contribuito a creare la colonna sonora di una vita.
Il risultato è
sorprendente, emozionante e il veder applicato un importante know how - fatto
di “scuola”, di jazz, di rock, di tecnologia - ad un simile tema, fa emergere
qualcosa di unico, e credo che la R-Evolution
Band sia la prima entità musicale che si cimenta con un progetto simile.
Proviamo a pensare di
inserire gli elementi “antichi” in un miscelatore, e dopo avere stabilito la
nuova formula rivediamo la logica musicale, esercizio facile da descrivere a
parole, ma è molto più complicato ricostruire una nuova struttura - tenendo conto della possibile critica per
eccesso di velleità - pittosto che creare dal nulla.
The Dark Side of the
Wall è in realtà
un disco assolutamente nuovo, complicato, piacevole, che sottolinea, al di là
di ogni considerazione, l’amore, la devozione e la gratitudine per chi è stato capace di
regalare enormi emozioni, durature nel tempo: ci vuole cuore per fare musica
simile!
L’INTERVISTA, risponde Vittorio Sabelli/R-Evolution Band
Chi è la R-EVOLUTION
BAND? Che tipo di percorso musicale avete alle spalle?
La R-Evolution band nasce nel 2010 con lo scopo
di rompere gli schemi ripetitivi e standard di cui si abusa a dismisura da
tempo, e allo stesso tempo intaccare forme pre-esistenti, fondendo generi e
materiali sonori in un blend in cerca sempre di soluzioni nuove. La band parte
da un discorso improntato su un jazz moderno che apre all’avanguardia, al rock
e alla musica etnica. L’incontro tra i componenti della R-Evolution Band è stato a volte casuale, altre meno, ma
l’impulso e la voglia di sperimentare ci
ha subito accomunato e portato a scoprire ed esplorare nuove formule che
andassero al di là dei singoli generi musicali. È ovvio che per affrontare
questa sfida era essenziale che ciascun membro si mettesse in gioco dando prova
di grande flessibilità e sacrificio,
fondamentali per creare la giusta sintonia tra di noi e dar vita a un’amalgama
di più generi e sottogeneri.
Leggendo la vostra
discografia si avverte una sorta di percorso inverso, il passaggio da composizioni
proprie a materiale già esistente, seppur rielaborato, vedremo come: è una
sensazione sbagliata la mia?
Non è
affatto una sensazione sbagliata! Dopo due dischi composti esclusivamente di miei
brani originali (“One way… no way!”
del 2010 e “Versus” del 2011), ho voluto
provare a mettere in campo degli esperimenti su materiale pre-esistente, e la
scelta tra tante opere che avrei potuto manomettere è caduta quasi
inevitabilmente su “The Wall”. Il
disco ha subito un processo di destrutturazione e solo in un secondo momento
abbiamo iniziato a rimettere insieme i vari mattoni per ricostruire il ‘lato
oscuro’. Naturalmente il materiale usato è di vario tipo e il fatto di
miscelare i diversi generi rispecchia la mia esperienza musicale,
dall’orchestra sinfonica al jazz, dalla musica metal a quella contemporanea, e
da quando ho iniziato a comporre mi diverte far convivere i generi con cui mi
sento più a mio agio, sperimentando dei blend che possano risultare più o meno
fruibili, ma che non sono mai prevedibili e scontati, soprattutto se inseriti
in un contesto già pre-esistente come “The
Wall”.
Come siete arrivati a “The
Dark Side of the Wall”… quale l’anima del progetto?
Arrivare
a compromettere “The Wall” in maniera irreversibile è stato prima di tutto un
lungo (e faticoso) processo d’interiorizzazione dell’opera originale che ha
coinvolto aspetti non solo musicali, ma anche concettuali e grafici. Ad esempio
l’opera in parallelo di Scarfe per la creazione dei vari personaggi, il film di
Alan Parker e tanti piccoli dettagli che hanno richiesto oltre sei mesi di solo
studio per poi affrontare il passo seguente, cioè quello della distruzione
completa di tutto ciò seguito dalla sua lenta e lunga ricostruzione. Quel che
c’è dietro The Dark Side Of The Wall va ben oltre il solo mondo
floydiano, e spazia da Brahms al reaggae, dall’hardcore al blues al free jazz
come in un frullatore di idee.
Rivisitare un’opera
rock che è entrata nella storia potrebbe essere un tributo ad un gruppo di
riferimento… una sfida, un atto di incoscienza … o qualcos’altro?
Un po’
tutte queste cose, direi! Senz’altro il tributo ai Pink Floyd e in particolare
a Roger Waters è pagato in termini di profondo rispetto e studio accanito
dell’opera originale prima della sua trasformazione e della scoperta del suo ‘lato
oscuro’. La sfida è stata senz’altro affrontare quest’opera in tutta la sua
enormità, e allo stesso tempo è rivolta ai fan dei Pink Floyd che pensano di
conoscere tutte le varie sfaccettature di “The Wall”. L’incoscienza è abbastanza
evidente, ma con cognizione di causa. Non è stato semplice affrontare il disco
integralmente, soprattutto a causa della sua lunghezza, cercando di tenere
unite le sue 26 tracce attraverso un nuovo sottile filo conduttore che andasse
a sostituire quello originale ben visibile in “The Wall”. In ‘altro’ metterei
il lavoro immenso fatto dai musicisti che mi hanno ‘assecondato’ in questo
lavoro e mi accompagnano in questa entusiasmante avventura. Insieme abbiamo
cercato le migliori soluzioni per arrivare al risultato finale, mettendoci
molta farina del nostro sacco.
Di cosa parla il
concept e come si differenzia dall’originale?
Come detto in precedenza abbiamo cercato di
differenziarci il più possibile dal disco originale, pur conservandone le caratteristiche
principali trasformate sotto nuove forme e concetti. Di cosa parla il nostro concept? Sarebbe come chiedere
a un regista di svelare il nome dell’assassino alla ‘prima’ del suo ultimo thriller!
Diciamo che l’idea di un nuovo concept che legasse tutte le sue tracce è stata
necessaria per mentenere affinità col disco originale. Tenere separati i
diversi episodi che si susseguono nel disco sarebbe stato impensabile. Il
nostro concept non è un’entità tangibile ed evidente come lo sono le idee
intime e personali di Waters sul disco originale, ma ognuno può cercarlo nei
suoi 67 minuti.
Avete già avuto
occasione di presentarlo dal vivo?
Abbiamo
fatto dei concerti estivi in alcuni festival Rock e Jazz, constatando un’ottima
reazione da parte del pubblico, e ricavando nuovi stimoli per il nostro prosieguo.
Siamo coscienti che il primo impatto potrebbe essere sconvolgente, l’importante
è lasciare a casa i pregiudizi e lasciarsi trascinare. Ora siamo più coscienti
delle nostre potenzialità e in futuro potrebbero esserci alcuni cambiamenti e
diverse sorprese in sede live.
Che tipo di sorprese
possiamo aspettarci nell’immediato dalla R-EVOLUTION BAND?
Di
soprese ce ne saranno eccome, a iniziare da un nuovo progetto che abbiamo già
iniziato in parallelo con la promozione di “The
Dark Side Of The Wall”; quel che è certo è che dopo aver stuzzicato The Wall molte band potrebbero non
dormire sogni tranquilli.
R-EVOLUTION BAND: biografia tratta
dal comunicato stampa
La R-EVOLUTION BAND nasce nel 2010 da
un’idea del polistrumentista e compositore Vittorio
Sabelli. L’obiettivo della band è quello di distruggere forme pre-esistenti
e rivoluzionarle con elementi contemporanei (da qui il nome R-E
Revolution/Evolution Band).
Nel 2011 la band ha
inciso il primo disco Versus per l’etichetta Wide Sound, costituito interamente da
brani originali. Ha partecipato a diversi Festival e tenuto concerti in Club da
Bari a Milano, e a novembre 2012 un live con intervista per Rai Radio3. Dopo
vari avvicendamenti in line-up la band finalmente riesce a trovare la giusta
quadratura per mettere in campo il suo potenziale. Il nuovo progetto The
Dark Side Of The Wall mette in risalto l’apertura a 360 gradi da parte
dei musicisti, che riescono a spaziare tra vari generi, esaltando le sonorità e
le forme più adatte ai vari contesti, pur tenendo ferma l'idea di base.
Line-up:
Vittorio
Sabelli: clarinetto, voce, sax alto e baritono, arrangiamenti
Marcello Malatesta:
keys, cpu programming
Gabriele
Tardiolo 'Svedonio': chitarre, bouzuki, lap steel
Graziano
Brufani: basso, contrabbasso
Oreste
Sbarra: batteria
Info:
R-Evolution
Band: