L’amico Francesco Pullè regala la sua recensione del concerto di Ian Anderson e Jethro Tull, evento andato in scena
a Modena un mese fa.
Fantastiche le foto di Francesco.
Serata di grazia per i rockettari più attempati il 4 dicembre al Pala Modena.
Il buon Ian, 65 primavere sul
groppone, con l'aiuto di una calibratissima band, di un talentuoso giovane
ballerino-mimo-cantante dotato di versatile ed eccentrica teatralità, nonché di
svariati inserti video autoironici e particolarmente divertenti (così mi hanno
detto alcuni fortunati della platea poiché dal mio scranno popolare era
impossibile apprezzarli), ci ha regalato una passionale e vibrante esecuzione
di Thick As A Brick Part 1 & 2.
Il vecchio pastiche proggy in salsa folk, hard e blues,
funziona ancora alla grande e la ripresa ne è decisamente all'altezza, con gli
incisivi e coerenti movimenti di un song cycle caratterizzato dal generoso
contrappunto flautistico, reminescente del miglior Roland Kirk, dai capaci
polmoni del bardo celtico.
Bella l'idea di esplorare le diverse possibili
esistenze di un quasi cinquantenne Gerald Bostock, ora banchiere, poi gay
senzatetto, quindi militare in Afghanistan o tele evangelizzatore ed infine
modesto bottegaio in un corner shop.
Impeccabile pure la resa scenica, tra
dissertazioni sulla prostata nella tarda età, interruzione della suite per
improvvisa chiamata sul cellulare dell'artista e jam con una violinista in
teleconferenza.
Due ore scivolate piacevolmente tra nostalgiche
sonorità seventies e tagliente humour britannico.
E confesso che quando al fatidico bis il leader ha
intonato le magiche ed agognate paroline "in the shuffling madness..." l'emozione accumulata si è
quasi sciolta in un lacrimone, liberatorio per molti di noi.
Respiro della locomotiva da pelle d'oca e arcani della
settima musa, niente come la catarsi del vecchio prog per un trip
spazio-temporale coi fiocchi.
No way to slow down.