Foto di Enrico Rolandi
Dopo UT e PFM, per il terzo giorno
di fila Genova presenta il suo volto prog, e nell’occasione utilizza uno
scenario da favola, Villa Serra, dotata di un parco molto suggestivo che ha dato
spazio alla storia del rock italiano attraverso le esibizioni di BANCO e ORME,
nell’ambito del “Goa Boa Festival”.
Sono passati
molti anni dagli esordi e le due formazioni continuano a regalare momenti
significativi e non pare accusino stanchezza.
Entrambe differenti
rispetto alle origini, presentano linee guida simili alla maggior parte
dei gruppi storici ancora in attività,
vale a dire uno zoccolo duro unito a nuova linfa che, anagraficamente e
ideologicamente, reca i segni del rinnovo e della “rivisitazione moderna”.
Villa Serra è un
luogo molto decentrato e ci si va solo con l’obiettivo di partecipare ad un
evento ben preciso, ma i nomi in gioco
erano di grande peso, e i posti a sedere non sono bastati per contenere il
pubblico presente.
Un piccolo
aneddoto iniziale appare come significativo e rappresentativo di quanto certe
musica sia ormai immortale e attecchisca anche con le ultime generazioni.
Il merchandising
del BANCO è gestito dal mio amico Aldo Pancotti, alias Wazza Kanazza.
Un’ora prima del concerto, tra i tanti ricercatori di novità, c’erano due
giovanissimi che, volendo acquistare un cimelio/ricordo, hanno iniziato un
controllo approfondito delle proprie tasche, alla ricerca delle monete utili
per arrivare all’obiettivo finale. Ma nonostante l’impegno, il fondo del barile
era già stato raschiato e qualcosa mancava. Si può negare una piccola
soddisfazione a giovani così appassionati? Ovviamente no, hanno avuto ciò che
desideravano.
Iniziano le ORME, con un
po’ di ritardo dovuto a problemi tecnici.
Come noto la
band è molto diversa da quella nata a fine anni ’60 e di quella formazione l’unico
testimone è un certo Michi
Dei Rossi, di professione drummer. Accanto a lui Michele Bon, tastierista
che avevo già visto in altre occasioni e con altra formazione. Alla voce Jimmy Spitaleri,
con William Dotto alla chitarra.
Completa la sezione ritmica il bassista Fabio Trentini.
Il set iniziale
non è stato lunghissimo, ma ci sarà spazio alla fine per un abbondante “incontro
on stage” con Nocenzi e soci, che ha rappresentato un momento davvero godibile
e inusuale, che ho cercato di condensare nel filmato di fine post.
Le formazioni
cambiano, gli uomini - tutti - si modificano, ma ciò che l’appassionato di
musica cerca in queste occasioni è il feeling da concerto, e per chi come me ha
avuto l’opportunità di vivere certi eventi antichi, ritrovare parte di quei
protagonisti miscelati su di un palco, con l’obiettivo - questo è ciò che mi è
arrivato - di divertire divertendosi, è quanto di meglio ci si potesse
attendere.
Dei Rossi e
company ripropongono brani del repertorio conosciuto, in bilico tra “Collage”, “ Uomo di Pezza” e “Verità
Nascoste”, arrivando all’apice con il condensato di “Felona e Sorona”, una sorta di bandiera della musica progressiva
italiana, molto gradito dal pubblico che ha sottolineato più volte lo stato di
apprezzamento.
Viene richiesto
a gran voce “Gioco di Bimba” - certi brani rimangono
appiccicati per sempre addosso - ma la canzone/simbolo sarà tenuta per l’atto
finale, quando Spitaleri e Di Giacomo duetteranno in scioltezza.
La band presenta
un buon amalgama e l’audience ripagherà con il sostegno continuo.
Ecco un sunto da
Felona e Sorona:
Il BANCO si
presenta con la formazione da anni collaudata, con la sola assenza giustificata
di Rodolfo Maltese. I “vecchi cardini” sono ancora Vittorio Nocenzi
e Francesco Di Giacomo, rispettivamente tastiere e voce, mentre il resto
della truppa comprende Tiziano Ricci al basso, Filippo Marcheggiani
alle chitarre, Alessandro Papotto ai fiati e Maurizio Masi
alla batteria.
Anche in questo caso
il ripercorrere alcune tappe passate è d’obbligo, con pillole di saggezza di
Big Francesco che ci riporta al triste presente, commentando tra un brano e un
altro.
Ma la musica
riesce a dare messaggi positivi e la soddisfazione di riuscire a far passare
ore “sane” a chi ti è di fronte mentre suoni e canti è, credo, lo stimolo
supplementare che induce a proseguire della strada della condivisione e
proposizione musicale.
L’energia che
scaturisce dal palco attraverso pezzi come “R.I.P.”
o il “Il Ragno”, trova il giusto
contrappunto nella ballad “Non mi Rompete”
o nella perfetta “750.000 anni fa…
l’amore?”, sempre capace nel far
scaturire emozionanti brividi.
La sensazione
che si avverte dall’esterno è che la band abbia trovato un nuova forza, un
rinnovata motivazione nel macinare chilometri per proporre il proprio credo
musicale. Difficile esaltare il singolo perché non è con isolate unità che si possono
raggiungere certi risultati.
Ascoltare per
credere:
Circa tre ore di
musica per una serata indimenticabile che arriverà al perfetto epilogo attraverso la congiunzione di anime, undici musicisti che troveranno il giusto innesco per
completare un lungo set capace di deliziare i fortunati spettatori.
E io, ancora una
volta, ero presente.