giovedì 4 aprile 2024

Roberto Storace-“Un racconto per la mia 2 CV”


Qualche anno fa, in questo spazio, ho raccontato un pezzo di vita di Roberto Storace, che sino a quel momento avevo identificato nel solo ruolo di musicista, ma che in realtà si esprime attraverso differenti talenti e passioni.

In quella occasione, il focus era il book “Irish People”, che fa riferimento a viaggi specifici in uno dei suoi luoghi di riferimento, l’Irlanda, e tanto per riannodare i fili del racconto ecco quanto avevo scritto…

https://athosenrile.blogspot.com/2020/07/roberto-storace-irish-people.html

La parte di “sua” vita che evidenzio oggi, torna maggiormente indietro nel tempo, quando un giovane Roberto Storace, in modalità “solitaria”, si dedicava ad una zona specifica del mondo, utilizzando un mezzo ben preciso, mettendo alla prova la resistenza personale, la resilienza, la capacità di sapersi adattare e reagire all’imponderabile, tanto per testare le possibilità personali.

Il “mettersi alla prova” è uno dei temi che mi pare alla base del suo percorso, e il soprannome di “Rambo”, affibbiatogli in quelle occasioni, appare il più appropriato per un lettore esterno, quello che si basa sulle parole e sulle immagini contenute nel libro “Un racconto per la mia 2 CV”.

Vorrei fermarmi un attimo per mettere sul piatto una delle mie certezze, quella che ogni persona che calpesta la nostra terra, arrivata alla maturità, possegga potenzialmente storie di vita importanti, che di sicuro potrebbero essere di interesse comune e, forse, potrebbe illuminare e far riflettere chiunque avesse voglia di ascoltare e fosse ben predisposto verso le esperienze altrui.

La Storia con la “S” maiuscola non è solo quella legata ad eventi epocali, quella raccontata a scuola o nei luoghi previsti per il “passaggio delle informazioni”. Tutti posseggono cose interessanti da raccontare, che si incrementano mano a mano che si “cresce”.

Certo è che chi ha avuto la possibilità di viaggiare possiede qualche carta in più per affascinare, illuminare, insegnare.

C’è modo e modo per visitare nuove terre, e ogni modalità presenta differenti caratteristiche e possibilità; quella strettamente legata a questo libro ha a che fare con l’avventura, con un ignoto voluto, cercato, spingendosi verso un limite accettabile, aborrendo il modus super organizzato, anche se in quegli anni non era ancora una tipologia vacanziera spinta.

Il titolo mette in rilievo il mezzo utilizzato per gli spostamenti, non uno casuale, ma quello essenziale, che rientra nella perfetta filosofia avventurosa di quegli anni: la 2 CV (deux chevaux), utilitaria della Citroen, oramai accantonata ma molto in voga all’epoca.

L’idea alla base del progetto “2CV” era quella di realizzare una vettura “ruspante” dalla bassa velocità e i consumi ridotti, con sospensioni adatte ai percorsi perturbati, offrendo un buon confort.

Dalla lettura emerge come l’autore abbia “tirato la corda”, sperimentando i limiti di un mezzo davvero amato e personalizzato, reso unico dalla sapiente opera manipolatoria, tra vernici cangianti e affreschi di brani rock “disegnati” sulla carrozzeria.

I luoghi di perlustrazione?

Turchia, Grecia, Bosnia, Jugoslavia… un film che prende forma mentre al concetto di “avventura” se ne unisce uno imprescindibile in queste occasioni, quello di “fiducia”, predisposizione senza la quale gli incontri fondamentali raccontati nel libro non avrebbero potuto prendere vita.

Fiducia nel prossimo, fiducia nei confronti di situazioni non del tutto chiare, fiducia in altre lingue e culture, fiducia in chi… non ispira fiducia!

In quell’occasione Storace trova veri amici, di quelli che si perdono nel tempo ma poi basta una parola per risentire lo stesso feeling di trent’anni prima, come Hakan, conosciuto ad una festa della polizia turca nel 1987, capace, in quella occasione, di ospitare uno “straniero”, un perfetto sconosciuto di cui si è appresa la capacità musicale e il repertorio rock. Nulla di più, se non istinto e fiducia.

I racconti da film si susseguono con dovizia di particolari, tanto che, a un certo punto, il coinvolgimento è totale e pare di essere in viaggio nel tempo, in luoghi lontani, in situazioni da film.

Ho omesso un fatto fondamentale: la descrizione delle diverse situazioni può contare su elementi importanti tanto quanto le parole scritte, ovvero le immagini, quelle scelte con cura da Storace per commentare ogni passaggio narrativo. Di fatto è un libro fatto di parole e fotografie.

Ho lasciato per l’epilogo il nome della compagna di viaggio di Roberto, che quindi non era davvero solo come segnalato all’inizio!

Marilyn… “In viaggio verso l’Est, via il sedile posteriore, al suo posto un vecchio materasso, uno zaino militare con pochi vestiti e l’altro mio amore, la mia prima vera inseparabile chitarra, una Cimar 12 corde comprata nel ’75 con i soldi guadagnati facendo alcuni lavoretti. Marilyn la battezzai e a poso a poco si trasformò in una flower-power guitar. Una vera hippy, figlia dei fiori, e lei mi seguì ovunque!”.


“Le montagne non si avvicinano alle montagne, ma gli uomini agli uomini”

“Proverbio turco”

 

Roberto Storace è contattabile su FACEBOOK