Il Natale appena passato ci ha portato una nuova proposta editoriale
di Claudio Sottocornola - “il filosofo del pop” - che ho avuto
modo di conoscere personalmente nel corso di un paio di presentazioni dei suoi
libri.
Ordinario di Filosofia e Storia a Bergamo, giornalista,
cantante, performer… una vita totalmente legata alla cultura e al promuovere il
concetto di “pop” nella sua più completa accezione.
Parto dall’oggettività e dal contenuto, una sorta di testamento
spirituale che l’autore dona ai suoi lettori.
Tomo corposo costituito da 628 pagine di testo, 96 di
fotografie (testimonianti il viaggio della vita di Sottocornola) e un DVD-ROM allegato
in omaggio che ingloba 435 tracce MP3 che fanno riferimento alle sue
lezioni-concerto con un pubblico vario.
In quarta di copertina sono posizionati codici che, mediante
QR code, permettono di accedere all’archivio integrale delle lezioni-concerto e
delle presentazioni on line di C.S.
Sono stato partecipe delle ultime attività di Sottocornola, commentando
alcuni suoi lavori, guidando alcune presentazioni, e “Occhio di Bue” - è questo il titolo della
nuova proposta - appare come compendio
di buona parte del lavoro pregresso, un condensato dei suoi due ultimi saggi - “Varietà”
(Marna, 2016) e “Saggi pop” (Marna, 2018) -, raccolte di interviste
relative al mondo della canzone e dello spettacolo, un’indagine capillare sulla
“popular culture” di cui è divenuto protagonista attraverso un’azione svolta in
prima persona, che va ad abbinarsi alla lettura e decodificazione del lavoro di
terzi, completandolo con riflessioni personali.
Sottocornola, nella sua introduzione, sottolinea il
significato del titolo:
<< “L’occhio di bue” è quella potente lampada che si
usa in ambito teatrale e musicale per proiettare un fascio di luce concentrato
e altamente definito sul performer in scena, che viene costantemente seguito da
un operatore che ne illumina la presenza e i movimenti sul palco. È una sorta
di immagine-metafora della sua centralità, cassa di risonanza dell’essere, suo
microcosmo e monade. “L’occhio di bue” sta quindi a rappresentare efficacemente
quel fenomeno che nel contesto della contemporanea cultura di massa noi
chiamiamo successo, equivalente della gloria nello scenario postmoderno.>>
Ho ritrovato molte cose che avevo già fatte mie, a cui si sono
aggiunte novità, come gli scritti su Maradona, Woodstock o il pensiero rivolto
a Raffaella Carrà, ma a sezionare il lavoro ci pensa già l’autore, razionale
nella sua dicotomia; al potenziale nuovo lettore, quello che, magari casualmente,
si avvicina per la prima volta al pensiero di Sottocornola, rimarrà, ne sono
certo, un “mondo antico… da scoprire”, un concetto di musica che, magari
è davanti agli occhi, ma si materializza solo quando un illuminato ci apre la
strada.
Il libro consta di tre prefazioni e una postazione. Tra i
vari interventi c’è anche il mio, che ripropongo come chiarimento dell’opera
del “filosofo del pop”.
Sulle ali della musica
La vita è tempo, quindi la musica è
l’arte di misurare il tempo
(Agostino d'Ippona, 354 - 430)
La preparazione della prefazione
dedicata ad un nuovo libro presenta sempre differenti approcci e in questo caso
ha grande peso la mia personale amicizia con Claudio Sottocornola, di cui
conosco gran parte dei progetti editoriali e con cui ho avuto modo di
chiacchierare in differenti occasioni ufficiali.
La citazione nobile che dà inizio al
mio commento non è casuale né rappresenta la ricerca della frase ad effetto, ma
si può considerare l’estrema sintesi di un pensiero che trova piena forma
quando mi capita di rivisitare il percorso dell’autore, caratterizzato da passione
e impegno costante verso la musica e la sua divulgazione.
Non è solo questo, ovviamente, ma è
un buon inizio.
La mia formazione tecnica mi pone
spesso davanti alla necessità di dare un peso alle cose, di trovare una unità
di misura che ne possa determinare dimensioni certe, di conoscerne la reale
consistenza superando la mera definizione, quasi sempre insoddisfacente perché
racchiusa nell’ortodossia di un pensiero.
Ragionando sui tanti significati del
termine “Musica” e sui benefici che essa è in grado di donare agli esseri
sensibili e virtuosi, il pensiero di Agostino d’Ippona, riletto nel periodo
della mia maturità, suggerisce che le differenti trame sonore possano
rappresentare l’unità di misura del tempo che scorre: ogni brano del passato mi
riaccende un attimo di vita vissuta, un odore, una emozione, permettendomi di
viaggiare nel tempo a piacimento.
Claudio Sottocornola rappresenta per
me il paladino di questo stato mentale, per la capacità di perlustrare, andare in
profondità, mettendosi in gioco in prima persona, donando agli altri esperienze
e anni di indagini e introspezioni.
Riannodiamo il filo della storia.
Claudio Sottocornola è un
intellettuale, un filosofo, un seminatore, un divulgatore, un musicista. Non
sto parlando della categoria dei “tuttologi”, ma di una sintesi di skills, una
risultante positiva messa al servizio della comunità più ricettiva.
Il professor Claudio vive a contatto
con i giovani, ma non solo, essendo l’insegnamento rivolto a chiunque abbia
voglia di scoprire o approfondire argomenti poco noti o… male interpretati e
quindi non esistono per lui costrizioni generazionali.
Per tutti Claudio Sottocornola è “Il filosofo del pop”, anche se la copertina di questa sua nuova fatica lo definisce più estensivamente “il filosofo che canta”, a evocare la dimensione di interprete che più propriamente si addice al suo “pensare”.
Ma “filosofo del pop” è l’appellativo che gli è stato cucito addosso, una sottolineatura che unisce caratteristiche e competenze professionali ad aspetti apparentemente ludici - trattar di musica, spesso, appare come attività minore -, il tutto affrontato con un approccio olistico, sino al calarsi nella parte, a mettersi in gioco in prima persona trasformandosi in narratore, artista, educatore specifico e - soprattutto - performer.
Il racconto storico musicale che
impegna seriamente e quotidianamente l’autore - forse inizialmente corollario
dell’attività principale - è diventato didattica e, mi spingo oltre, missione;
non è importante l’elemento anagrafico degli eventuali discenti, qualunque sia
l’età resta forte l’esigenza di dare nobiltà e significato ad una musica che
per molti pseudo esperti è relegata al concetto di leggerezza estrema, di
quell’effimero essenziale di cui Sottocornola spesso racconta. E se le “canzonette”
- quelle “facili” da canticchiare, tanto amate dal popolo - vengono inserite
nel giusto contesto storico, sviscerate e accompagnate da un’analisi
approfondita, si realizza che brani molto criticati per la loro semplicità -
anche se di grande successo di vendita - si impregnano di nobiltà, magari
indotta, che giustifica la grande considerazione dovuta a posteriori.
La razionalità che è tipica dell’età
adulta è condizionata, se parliamo di musica, dal vissuto, soprattutto quello
adolescenziale, quell’inzupparsi dell'atmosfera del momento assorbendo ogni
tipo di evento e profumo, un accostamento di immagini ed elementi sonori che ci
seguiranno per sempre, stimolando memorie piacevoli o forse no, sviluppando
odori e sentimenti, costruendo la colonna sonora della nostra vita.
Claudio Sottocornola ha vissuto la
sua giovinezza in un periodo storico di grande rivoluzione musicale,
influenzato da ciò che arrivava dal resto del mondo, vivendolo dall’interno per
effetto della sua condizione - occasionale - di studente decentrato (negli
USA): il rock & roll, il blues, il beat, il prog, generi musicali molto
diversi e apparentemente distanti dalla tradizionale canzone italiana.
La conseguenza è che il suo lavoro appare
completo, complesso, e gli argomenti che affronta diventano accerchianti,
avvolgenti, elementi di riflessione che, uniti tutti i punti periferici,
portano alla meta, ad una conclusione.
Ma l’analisi approfondita del lavoro
di Sottocornola può indurre a seriose riflessioni e vorrei citare quella che mi
tocca maggiormente - e quindi immagino possa essere estesa a un buon numero di
lettori -, una tematica che non prevede una sola verità, ma variegate sfaccettature
che permettono di assumere posizioni differenti a seconda del momento. Mi
riferisco a quell’atteggiamento particolare che porta a giudicare e a decidere
quale sia la musica degna di essere chiamata con tal nome, e a
denigrare/deridere/ non considerare ciò che è ritenuto facile, commerciale, di
presa immediata.
Io faccio parte del gruppo degli
intransigenti… moderati, anche se i ragionamenti di Sottocornola mi fanno
tirare il freno a mano, per una sosta prolungata nel campo del dubbio: esiste
la musica di seria A e quella di serie B?
Probabilmente non è molto importante
rispondere, in fondo non si potrebbe vivere senza le sonorità da cui siamo
circondati e se per assolvere il compito di arricchimento quotidiano viene
scelto un brano da tre minuti piuttosto che una suite di stampo classico, beh,
entrambi troveranno una giustificazione esistenziale e presenteranno la giusta
dignità.
Quando penso a Claudio Sottocornola
mi sovviene il termine “Ermeneutica” - non certo usuale, ma molto caro
all’autore -, il cui significato di origine filosofica riconduce all’interpretazione
dell’esistenza umana attraverso l’analisi dei testi. Ed è questo il percorso
preferito dall’autore, che conduce per mano il suo seguace attraverso sentieri
non certo semplici, sviscerando l’elemento canzone, soffermandosi di volta in
volta sul ruolo della donna, sugli aspetti religiosi, sul divismo e
sull’immagine, sul cinema, sul festival italiano per antonomasia,
sull’evoluzione delle mode.
Il discepolo Claudio Sottocornola non
dimentica mai, in nessuna occasione, gli educatori che hanno favorito la
formazione del suo pensiero, quelli che gli hanno permesso di costruire il proprio
status di studioso, intellettuale e pensatore, con un valore aggiunto
rappresentato dalla propensione alla condivisione, all’insegnamento, alla
capacità di rendere evidente - in totale controtendenza rispetto al mainstream
istituzionale - l’importanza di quel sottobosco culturale che si nasconde, ad
esempio, dietro a pochi minuti di una canzonetta divenuta ormai insopportabile
agli estimatori eletti della cosiddetta “musica colta”.
Ma anche questo è lecito, perché se
mettiamo da parte l’elemento razionale e ci lasciamo andare all’interno del
mondo fantastico dell’effimero, esaltazione e distruzione diventano facce della
stessa medaglia, una riconciliazione degli opposti che porta allo stato di
entropia, modalità dell’equilibrio a cui il mondo tende in modo naturale.
Sottocornola, esperto della materia,
propone le sue idee, la sua musica e il contesto in cui è nata e ha prolificato,
e nel suo percorso l’elemento didattico si sposa con quello espressivo-performativo
e persino ludico, favorendo l’interattività di studenti, pubblico e compagni di
viaggio.
Ogni occasione è buona - scuole, centri
culturali, librerie, teatri, auditorium e i più svariati luoghi del quotidiano -,
per dare corso all’indagine, utilizzando una dimensione personale che miscela
la performance canora alle parole, parole parlate e parole cantate, ma anche
parole scritte, a sostegno e fondamento dell’esperienza live.
Anche il testo che farà seguito a
questa introduzione - un’avvincente silloge degli incontri realizzati in tutta
Italia fra musica e parole - si può abbinare ad una azione ben precisa che vede
l’impegno costante e lodevole di Claudio Sottocornola e che in termini pratici
si traduce con il “fare cultura musicale”, concetto facile da sottolineare, un
po' meno da realizzare, soprattutto nell’accezione dell’autore che,
trasformando i suoi cultural studies in occasione ermeneutica, ne fa uno
strumento di indagine sulla realtà che è filosofica tout court.
Filosofia cantando? O forse, canto
della filosofia?
Non perdiamo l’occasione per
approfondire, il libro che vi apprestate a leggere sarà cibo per la mente, per
il cuore, per l’anima!