giovedì 3 febbraio 2022

Claudio Sottocornola-"Occhio di bue"


Il Natale appena passato ci ha portato una nuova proposta editoriale di Claudio Sottocornola - “il filosofo del pop” - che ho avuto modo di conoscere personalmente nel corso di un paio di presentazioni dei suoi libri.

Ordinario di Filosofia e Storia a Bergamo, giornalista, cantante, performer… una vita totalmente legata alla cultura e al promuovere il concetto di “pop” nella sua più completa accezione.

Parto dall’oggettività e dal contenuto, una sorta di testamento spirituale che l’autore dona ai suoi lettori.

Tomo corposo costituito da 628 pagine di testo, 96 di fotografie (testimonianti il viaggio della vita di Sottocornola) e un DVD-ROM allegato in omaggio che ingloba 435 tracce MP3 che fanno riferimento alle sue lezioni-concerto con un pubblico vario. 

In quarta di copertina sono posizionati codici che, mediante QR code, permettono di accedere all’archivio integrale delle lezioni-concerto e delle presentazioni on line di C.S.

Sono stato partecipe delle ultime attività di Sottocornola, commentando alcuni suoi lavori, guidando alcune presentazioni,  e “Occhio di Bue” - è questo il titolo della nuova proposta - appare come  compendio di buona parte del lavoro pregresso, un condensato dei suoi due ultimi saggi - “Varietà” (Marna, 2016) e “Saggi pop” (Marna, 2018) -, raccolte di interviste relative al mondo della canzone e dello spettacolo, un’indagine capillare sulla “popular culture” di cui è divenuto protagonista attraverso un’azione svolta in prima persona, che va ad abbinarsi alla lettura e decodificazione del lavoro di terzi, completandolo con riflessioni personali.

Sottocornola, nella sua introduzione, sottolinea il significato del titolo:

<< “L’occhio di bue” è quella potente lampada che si usa in ambito teatrale e musicale per proiettare un fascio di luce concentrato e altamente definito sul performer in scena, che viene costantemente seguito da un operatore che ne illumina la presenza e i movimenti sul palco. È una sorta di immagine-metafora della sua centralità, cassa di risonanza dell’essere, suo microcosmo e monade. “L’occhio di bue” sta quindi a rappresentare efficacemente quel fenomeno che nel contesto della contemporanea cultura di massa noi chiamiamo successo, equivalente della gloria nello scenario postmoderno.>>

Ho ritrovato molte cose che avevo già fatte mie, a cui si sono aggiunte novità, come gli scritti su Maradona, Woodstock o il pensiero rivolto a Raffaella Carrà, ma a sezionare il lavoro ci pensa già l’autore, razionale nella sua dicotomia; al potenziale nuovo lettore, quello che, magari casualmente, si avvicina per la prima volta al pensiero di Sottocornola, rimarrà, ne sono certo, un “mondo antico… da scoprire”, un concetto di musica che, magari è davanti agli occhi, ma si materializza solo quando un illuminato ci apre la strada.

Il libro consta di tre prefazioni e una postazione. Tra i vari interventi c’è anche il mio, che ripropongo come chiarimento dell’opera del “filosofo del pop”.


Sulle ali della musica

 

La vita è tempo, quindi la musica è l’arte di misurare il tempo

(Agostino d'Ippona, 354 - 430)

 

La preparazione della prefazione dedicata ad un nuovo libro presenta sempre differenti approcci e in questo caso ha grande peso la mia personale amicizia con Claudio Sottocornola, di cui conosco gran parte dei progetti editoriali e con cui ho avuto modo di chiacchierare in differenti occasioni ufficiali.

La citazione nobile che dà inizio al mio commento non è casuale né rappresenta la ricerca della frase ad effetto, ma si può considerare l’estrema sintesi di un pensiero che trova piena forma quando mi capita di rivisitare il percorso dell’autore, caratterizzato da passione e impegno costante verso la musica e la sua divulgazione.

Non è solo questo, ovviamente, ma è un buon inizio.

La mia formazione tecnica mi pone spesso davanti alla necessità di dare un peso alle cose, di trovare una unità di misura che ne possa determinare dimensioni certe, di conoscerne la reale consistenza superando la mera definizione, quasi sempre insoddisfacente perché racchiusa nell’ortodossia di un pensiero.

Ragionando sui tanti significati del termine “Musica” e sui benefici che essa è in grado di donare agli esseri sensibili e virtuosi, il pensiero di Agostino d’Ippona, riletto nel periodo della mia maturità, suggerisce che le differenti trame sonore possano rappresentare l’unità di misura del tempo che scorre: ogni brano del passato mi riaccende un attimo di vita vissuta, un odore, una emozione, permettendomi di viaggiare nel tempo a piacimento.

Claudio Sottocornola rappresenta per me il paladino di questo stato mentale, per la capacità di perlustrare, andare in profondità, mettendosi in gioco in prima persona, donando agli altri esperienze e anni di indagini e introspezioni.


Riannodiamo il filo della storia.

Claudio Sottocornola è un intellettuale, un filosofo, un seminatore, un divulgatore, un musicista. Non sto parlando della categoria dei “tuttologi”, ma di una sintesi di skills, una risultante positiva messa al servizio della comunità più ricettiva.

Il professor Claudio vive a contatto con i giovani, ma non solo, essendo l’insegnamento rivolto a chiunque abbia voglia di scoprire o approfondire argomenti poco noti o… male interpretati e quindi non esistono per lui costrizioni generazionali.

Per tutti Claudio Sottocornola è “Il filosofo del pop”, anche se la copertina di questa sua nuova fatica lo definisce più estensivamente “il filosofo che canta”, a evocare la dimensione di interprete che più propriamente si addice al suo “pensare”.

Ma “filosofo del pop” è l’appellativo che gli è stato cucito addosso, una sottolineatura che unisce caratteristiche e competenze professionali ad aspetti apparentemente ludici - trattar di musica, spesso, appare come attività minore -, il tutto affrontato con un approccio olistico, sino al calarsi nella parte, a mettersi in gioco in prima persona trasformandosi in narratore, artista, educatore specifico e - soprattutto - performer.

Il racconto storico musicale che impegna seriamente e quotidianamente l’autore - forse inizialmente corollario dell’attività principale - è diventato didattica e, mi spingo oltre, missione; non è importante l’elemento anagrafico degli eventuali discenti, qualunque sia l’età resta forte l’esigenza di dare nobiltà e significato ad una musica che per molti pseudo esperti è relegata al concetto di leggerezza estrema, di quell’effimero essenziale di cui Sottocornola spesso racconta. E se le “canzonette” - quelle “facili” da canticchiare, tanto amate dal popolo - vengono inserite nel giusto contesto storico, sviscerate e accompagnate da un’analisi approfondita, si realizza che brani molto criticati per la loro semplicità - anche se di grande successo di vendita - si impregnano di nobiltà, magari indotta, che giustifica la grande considerazione dovuta a posteriori.

La razionalità che è tipica dell’età adulta è condizionata, se parliamo di musica, dal vissuto, soprattutto quello adolescenziale, quell’inzupparsi dell'atmosfera del momento assorbendo ogni tipo di evento e profumo, un accostamento di immagini ed elementi sonori che ci seguiranno per sempre, stimolando memorie piacevoli o forse no, sviluppando odori e sentimenti, costruendo la colonna sonora della nostra vita.

Claudio Sottocornola ha vissuto la sua giovinezza in un periodo storico di grande rivoluzione musicale, influenzato da ciò che arrivava dal resto del mondo, vivendolo dall’interno per effetto della sua condizione - occasionale - di studente decentrato (negli USA): il rock & roll, il blues, il beat, il prog, generi musicali molto diversi e apparentemente distanti dalla tradizionale canzone italiana.

La conseguenza è che il suo lavoro appare completo, complesso, e gli argomenti che affronta diventano accerchianti, avvolgenti, elementi di riflessione che, uniti tutti i punti periferici, portano alla meta, ad una conclusione.

Ma l’analisi approfondita del lavoro di Sottocornola può indurre a seriose riflessioni e vorrei citare quella che mi tocca maggiormente - e quindi immagino possa essere estesa a un buon numero di lettori -, una tematica che non prevede una sola verità, ma variegate sfaccettature che permettono di assumere posizioni differenti a seconda del momento. Mi riferisco a quell’atteggiamento particolare che porta a giudicare e a decidere quale sia la musica degna di essere chiamata con tal nome, e a denigrare/deridere/ non considerare ciò che è ritenuto facile, commerciale, di presa immediata.

Io faccio parte del gruppo degli intransigenti… moderati, anche se i ragionamenti di Sottocornola mi fanno tirare il freno a mano, per una sosta prolungata nel campo del dubbio: esiste la musica di seria A e quella di serie B?

Probabilmente non è molto importante rispondere, in fondo non si potrebbe vivere senza le sonorità da cui siamo circondati e se per assolvere il compito di arricchimento quotidiano viene scelto un brano da tre minuti piuttosto che una suite di stampo classico, beh, entrambi troveranno una giustificazione esistenziale e presenteranno la giusta dignità.

Quando penso a Claudio Sottocornola mi sovviene il termine “Ermeneutica” - non certo usuale, ma molto caro all’autore -, il cui significato di origine filosofica riconduce all’interpretazione dell’esistenza umana attraverso l’analisi dei testi. Ed è questo il percorso preferito dall’autore, che conduce per mano il suo seguace attraverso sentieri non certo semplici, sviscerando l’elemento canzone, soffermandosi di volta in volta sul ruolo della donna, sugli aspetti religiosi, sul divismo e sull’immagine, sul cinema, sul festival italiano per antonomasia, sull’evoluzione delle mode.

Il discepolo Claudio Sottocornola non dimentica mai, in nessuna occasione, gli educatori che hanno favorito la formazione del suo pensiero, quelli che gli hanno permesso di costruire il proprio status di studioso, intellettuale e pensatore, con un valore aggiunto rappresentato dalla propensione alla condivisione, all’insegnamento, alla capacità di rendere evidente - in totale controtendenza rispetto al mainstream istituzionale - l’importanza di quel sottobosco culturale che si nasconde, ad esempio, dietro a pochi minuti di una canzonetta divenuta ormai insopportabile agli estimatori eletti della cosiddetta “musica colta”.

Ma anche questo è lecito, perché se mettiamo da parte l’elemento razionale e ci lasciamo andare all’interno del mondo fantastico dell’effimero, esaltazione e distruzione diventano facce della stessa medaglia, una riconciliazione degli opposti che porta allo stato di entropia, modalità dell’equilibrio a cui il mondo tende in modo naturale.

Sottocornola, esperto della materia, propone le sue idee, la sua musica e il contesto in cui è nata e ha prolificato, e nel suo percorso l’elemento didattico si sposa con quello espressivo-performativo e persino ludico, favorendo l’interattività di studenti, pubblico e compagni di viaggio.

Ogni occasione è buona - scuole, centri culturali, librerie, teatri, auditorium e i più svariati luoghi del quotidiano -, per dare corso all’indagine, utilizzando una dimensione personale che miscela la performance canora alle parole, parole parlate e parole cantate, ma anche parole scritte, a sostegno e fondamento dell’esperienza live.

Anche il testo che farà seguito a questa introduzione - un’avvincente silloge degli incontri realizzati in tutta Italia fra musica e parole - si può abbinare ad una azione ben precisa che vede l’impegno costante e lodevole di Claudio Sottocornola e che in termini pratici si traduce con il “fare cultura musicale”, concetto facile da sottolineare, un po' meno da realizzare, soprattutto nell’accezione dell’autore che, trasformando i suoi cultural studies in occasione ermeneutica, ne fa uno strumento di indagine sulla realtà che è filosofica tout court.

Filosofia cantando? O forse, canto della filosofia?

Non perdiamo l’occasione per approfondire, il libro che vi apprestate a leggere sarà cibo per la mente, per il cuore, per l’anima!