lunedì 29 gennaio 2018

Valerio Billeri-“Gospel”



Valerio Billeri presenta il suo nuovo album, “Gospel”, un lavoro acustico, minimalista, dove appare forte l’esigenza di dare sottolineatura alle storie, alle atmosfere, ad elementi trascendenti che diventano tali dopo aver esaminato la crudezza di personaggi veri, concreti, capaci di ispirare pensieri e sentimenti “superiori”.
Valerio Billeri è cantautore versatile, abile nel muoversi in armonia con le diverse sfumature che la musica da sempre ci fornisce, ma questo “Gospel” appare mirato, voluto con tutte le forze, probabilmente il più rappresentativo possibile dell’attuale momento della sua vita.
E’ probabile che la mano del produttore Gian Luca Figus - definito come “architetto del mio sapere musicale” - abbia favorito la svolta, ma resta in ogni caso un quadro molto preciso, una serie di canzoni che ci trasportano in un mondo fatto di uomini e natura, tradizioni e usi, stagioni fredde e avventurose.
Sono 10 in totale le tracce, all’interno delle quali troviamo due rivisitazioni, “La mia morosa la va alla fonte”- di Jannacci e Fo - e “Boots of spanish leather” - bonus track - rilasciato nel 1964 da Bob Dylan.
E’ lo stesso Billeri che, a seguire, ne spiega le motivazioni e racconta i dettagli del progetto.
Il titolo del disco è emblematico dell’orientamento voluto, una espressione spirituale - non necessariamente religiosa - proposta a bassa voce, con toni soffusi e melanconici. Ed è con questo mood che si propongono i ricordi, le feste popolari (“San Domenico delle serpi” ispirata alla festa dei serpari che si svolge ogni anno nel giorno di San Domenico a Cucullo, in Abruzzo), i quadretti agresti (il già citato brano di Jannacci), i conflitti interni e i presagi funesti (“Le mille e una morte”, ispirata dal racconto di Jack London), le radici profonde che niente come il blues può rappresentare (“Blues del treno nero”).

Bastano poche note, a volte, per captare e afferrare l’essenza di un disco. In questo caso il brano di apertura, la title track, mi ha riportato immediatamente ad un mio ascolto legato alla giovinezza, un ricordo in bianco e nero che non mi ha mai lasciato e che ho ritrovato al primo start. Improbabile, per fattori anagrafici, che Billeri abbia avuto l’occasione di vedere e ascoltare (in rete se ne trova traccia) la serie televisiva “Vidocq”, in onda in Italia nei primi anni ’70, ispirata alle memorie di Eugéne-Francois Vidocq, un ex detenuto diventato poliziotto a  Parigi nel  XIX secolo, ma il profumo di quell’antico arpeggio di chitarra - legato alla tipicità del personaggio - regala un’immagine perfettamente congruente con le storie che racconta Valerio Billeri in “Gospel”, album che verrà presentato ufficialmente tra pochi giorni:


Disco senza fronzoli, da ascoltare con cura, pregno di tanto contenuto intrinseco: musica basica e voce delicata per raccontare e raccontarsi, per delineare storie che potrebbero essere di tutti, per regalare stati d’animo e fornire un contributo alla ricerca di dimensioni che superano la materia.

A me è piaciuto, e molto!



L’INTERVISTA

Ti ho lasciato con la nascita delle Ombre Elettriche: che ti è successo, musicalmente parlando, da quel giugno 2015?
Abbiamo pubblicato due dischi, (Lapis NigerGiona) con tematiche diverse: “Lapis Niger” incentrato sulla mia città, Roma, come si evince dal titolo, l'altro su storie di mare e dintorni, ispirato dai grandi romanzi come Moby Dick e su storie di migrazione, pirateria e lavoro; ci siamo tolti anche parecchie soddisfazioni dal vivo portando il nostro suono a raschiare la ruggine.

Di cosa parla il tuo nuovo album, “Gospel”? Quale lo spirito?
Gospel è un disco dello spirito e del silenzio, l'opposto degli ultimi due, suoni prettamente acustici e folk; ho cercato di dar vita a personaggi che vengono inghiottiti dalla natura, si muovono in paesaggi fatti di fiumi, monti e foreste sotto cieli burrascosi, sospesi sulla linea di confine, che sia tra due stati vicini, tra due mondi o tra la parte buona e cattiva che c'è in ognuno di noi. Chiedono il consenso a qualcosa di superiore, forse Dio o forse la potenza che sprigiona la natura stessa o la nostra natura. Questo senso è ben presente nella nostra cultura millenaria: anche io oscillo tra l'essere ateo e l'affidarmi agli dei dell'Olimpo.

Il disco è registrato nella quasi totalità in presa diretta: da dove nasce la scelta?
La scelta nasce dall'istintività, c'è troppa tecnologia nella musica moderna, click, tagli, suoni perfettamente puliti, ma non era ciò che volevo. Robert Johnson non penso abbia mai usato un click, cosi come Bob Dylan non ha registrato senza sbavature le vecchie canzoni folk. Le registrazioni di Lomax per esempio sono tra le cose più belle mai ascoltate, non potevo di certo raccontare la storia del serparo del brano "San Domenico delle serpi" adoperando una tecnologia troppo spinta, bastava cliccare sul rec e cantare.

Chi ti ha aiutato nella realizzazione di “Gospel”?
Per quanto riguarda la parte musicale, le "Ombre" Damiano Minucci alle chitarre e banjo, Emanuele Carradori in qualche pezzo, Lucia Comnes al Violino, Emanuele Luzi ha suonato il basso su un brano; il lavoro grosso lo ha fatto Gian Luca Figus, il produttore artistico, suonando un pò tutto qua e la; per quanto riguarda la parte letteraria… ho letto molti libri, tra cui "Sue e Magia" di De Martino, e ascoltato parecchia vecchia vecchia musica popolare e blues.

Cosa puoi dire della produzione di Gian Luca Figus e della sua etichetta discografica, appena nata?
Lui è l'architetto del mio sapere musicale, capisce subito cosa voglio, niente fronzoli, ed è una vera enciclopedia musicale, conosce gruppi e suoni a me ignoti... me li fa sentire, ha allargato i miei orizzonti senza creare un distacco con il mondo da dove venivo e il mio pensiero, credo farà bene anche con artisti più giovani di me e tecnicamente più preparati; mi ha anche regalato un accordatore moderno che riesco ad usare senza vergogna! 

Tra i brani troviamo anche profumo di cantautorato milanese…
Da un romano purosangue come me "La mia morosa la va alla fonte", di Jannacci e Fo. E' la seconda volta che incido un brano di Jannacci, era già successo con "Sfiorisci bel fiore", ma io lo adoravo, mia madre mi faceva sempre ascoltare da piccolo i suoi Lp, molto più dei romani, e sono cresciuto a forza di Jannacci e De Andrè; da notare che il brano in questione poi non è altro che la madre e il padre di "Via del campo", basta ascoltarla. E' un brano di una forza unica, semplice nella struttura e magnifico nel testo, sembra non avere età, per me molto più bello della versione del Faber perchè privo della ricerca della frase ad effetto.

… e una sorpresa nella bonus track…
La traduzione di “Boots of spanish leather”, del grande Dylan. Altro brano perfetto, non posso dire altro, quando ascolto la potenza letteraria e musicale di questo gigante dei nostri tempi rimango sospeso come quando vedo un dramma di Shakespeare o un quadro del Caravaggio.

Chi ha curato l’artwork? L’immagine di copertina riporta all’anima del gospel…
La foto è della mia compagna Cristina Sbordoni: un giorno mi ha mandato questa foto e ne sono rimasto colpito… ho detto: “… Devo scriverci un album..”, e cosi è stato.

Tra pochi giorni l’album sarà presentato ufficialmente: sono previsti altri eventi live per portare a conoscenza del pubblico il tuo nuovo lavoro?

Non lo so, è l'etichetta del dottor Figus che si occuperà di ciò, di certo non mi voglio trovare a suonare in posti non mirati dove nessuno ha voglia di ascoltare storie, perciò ci muoveremo con molta cautela a protezione mia e dei miei musicisti, ormai ho 45 anni, vedo tanti sciommiottamenti in giro, da una parte e dall'altra, un senso di fenomenite acuta che non mi si addice, ho altro da fare... abbiamo una missione per conto di Dio, Blues Brothers!


Tracklist:
Gospel  3.35
San Domenico delle Serpi 3.25
La mia morosa la va alla fonte 1,37
Canto del  gallo 3.14
Sotto un cielo di rame 2.41
Racconto di inverno 3.23
Verso sud 3.15
Le mille e una morte 3.20
Blues del treno nero 2.17

Bonus:
Boots of spanish leather 4.26