lunedì 4 settembre 2017

Veruno Prog Festival 2017: commento alla SECONDA giornata


Mentre mi accingo a scrivere queste righe il "2 Days Prog+1" di Veruno, appuntamento fisso per gli amanti del prog, è in pieno svolgimento, e l'atto finale culminerà con l'esibizione dei Procol Harum.
Avevo a disposizione un solo giorno e ho scelto quello che più mi interessava dal punto di vista del programma, non perché ci fosse qualcosa di “minore”, ma risale a tre anni fa la mia domanda a Steve Babb - leader dei Glass Hammer, uno dei miei gruppi preferiti - relativa ad un possibile concerto italiano: la sua risposta non fu certo improntata all'ottimismo! E invece eccoli per la prima volta in Italia - e in Europa -, preceduti addirittura dai Discipline!
Quello che cercherò di fare, quindi, è la mera proposizione di un’immagine, di un’atmosfera - come sempre magica quando si parla di Veruno -, con un po’ di commento ma, soprattutto, qualche spezzone video utile al “farsi un’idea propria”.

Per l’intero racconto della tre giorni - immagini e parole - rimando ad un prossimo numero di MAT2020 che sarà redatto dai collaboratori presenti all’intera manifestazione.

Accennavo a quel feeling che colpisce qualsiasi appassionato del genere si trovasse a passare da quelle parti: musica, conoscenze, artisti importantissimi, socializzazione, piena comunione di intenti, raduno di intere famiglie, e appena finita la kermesse si comincia di già a fantasticare su quanto accadrà l’anno successivo. Difficile da spiegare a parole!
Il regista supremo è Alberto Temporelli - tra i sui collaboratori ho conosciuto solo Octavia Brown -, capace  di dare continuità ad un evento che è diventato di caratura internazionale e, difficile da credere, completamente gratuito per l’audience.

Dopo una prima giornata rovinata in parte dal mal tempo - con la pioggia che ha infastidito i presenti ma non ha fermato la musica - si arriva al secondo atto aperto dai tedeschi Deafening Opera, una giovane band che non conoscevo, capace di fornire buoni elementi visual, con il frontman Adrian Daleore calato nel ruolo, e leader di un ensemble che pare ispirarsi maggiormente ad un generico rock, ma che mi riesce difficile giudicare dal poco che ho visto; lo spezzone di video a seguire fornisce l’idea della loro proposta. La line-up presenta: Adrian Daleore - lead vocals -, Moritz Kunkel - lead guitar, backing vocals -, Thomas Moser - rhythm guitar - Christian Eckstein - bass, backing vocals -, Gérald Marie - keyboards, backing vocals -  e Konrad Gonschorek - drums.


Quando entrano in scena i Karfagen c’è ancora piena luce, e i concerti di giorno, all’aperto, hanno un buon fascino.
Fa anche un certo effetto avere di fronte un gruppo ucraino, perché è la dimostrazione che la composizione creata dagli organizzatori va anche nella direzione della ricerca e della proposizione di novità: la musica progressiva si nasconde in molti angoli del pianeta, anche in quelli più impensati, e puntare su qualche alternativa permettere di ampliare le conoscenze.
Il “conduttore” del progetto è il musicista e polistrumentista Antony Kalugin, che negli ultimi undici anni ha pubblicato un numero impressionante di album partecipando a numerosi eventi in tutta Europa.
Nell’insieme una musica piacevole, basata sulle skills del leader Kalugin e su una buona preparazione del chitarrista Velychko Maksym, che contribuisce alla creazione di un rock con buona venatura romantica. Meno incisiva mi è parsa l’azione di Olga Vodolazhska e di Olha Rostovska, tra tastiere, chitarra acustica e backing vocals, ma ciò che resta è la voglia di approfondire, e questo è di per sè il raggiungimento di un obiettivo.


Arrivano i Discipline, è ormai buio ed entra in gioco la magia, la commistione tra musica, audience e mood positivo, con l’emozione che cresce al cospetto di una band cult.
Americani, in pista dal 1987, prediligono l’unione di musica immaginifica e teatralità, con un meccanismo perfetto che ruota attorno al tastierista e vocalist Matthew Parmenter; non è certo il caso di raccontare che cosa abbia rappresentato il gruppo per il movimento new prog, ma preferisco raccontare di un’alchimia, quella che si è manifestata sul palco di Veruno, dove il presente è andato ad incrociarsi col lontano passato, e la musica dei Discipline ha dato continuità alle atmosfere che avevo vissuto nei concerti dei Van der Graaf a cui presenziai nei seventies. Parmenter come Hammill, e quando arriva il solo al piano, dedicato a Temporelli, la pelle d’oca non tarda ad arrivare.
Non li avevo mai ascoltati dal vivo e sono rimasto estremamente soddisfatto della loro performance, per qualità e intensità: il pubblico ha dimostrato grande apprezzamento.
Questa la formazione: Paul Dzendzel - batteria -, Mathew Kennedy - basso -, Chris Herin - chitarra -, Matthew Parmenter - voce, tastiere.
Ascoltiamoli…


Con l’avvento dei Glass Hammer il desiderio di Steve Babb - e il mio - si avvera.
Il prog americano è meno considerato rispetto a quello britannico e a quello italiano, ma trovo che certi gruppi andrebbero maggiormente considerati.
E’ curioso che Babb e soci arrivino dal Tennessee, una terra certamente dedita alla musica, ma non a quella progressiva; quando salgono sul palco queste fini considerazioni geografico musicali svaniscono, e i Glass Hammer fanno vedere di che pasta sono fatti.
Il loro set è incentrato sull’ultimo album, “Valkyrie”, ma ci sarà spazio per altre divagazioni e anche per un bis, canonico, ma al limite dell’orario consentito
Quindici album all’attivo - a cui si aggiungono due live -, si presentano a Veruno con la seguente formazione: Fred Schendel (tastiere, chitarre, batteria e voce), Steve Babb (basso, tastiere e voce), Susie Bogdanovicz (voce), Kamran Alan Shikoh (sitar e chitarre), Aaron Raulston (batteria).
I due fondatori - Shendel e Babb - a guidare con energia e competenza l’ensemble, con un giovane e geniale Shikoh - chitarrista di livello superiore - e la Bogdanovicz che fornisce una prestazione di grande qualità, inserendo la sua particolare vocalità in trame decisamente articolate. Sorprendente il voluminoso drummer Raulston, la cui destrezza all’interno del mondo dei ritmi composti pare quasi innaturale.
Ho apprezzato davvero moltissimo e… valeva la pena esserci!


Un serata davvero unica, di quelle da ricordare, ringraziando senza condizioni chi crede in questa musica - e in queste unioni di intenti - e chi ha voglia di tuffarsi a capofitto nell’organizzazione necessaria per la realizzazione di un festival di tale portata.
Perché queste cose non nascono per caso, ma sono il frutto di un lunghissimo lavoro… e se i risultati sono confortanti la speranza è quella che la motivazione non venga mai a mancare.