Intervista già
pubblicata sul web magazine UNPROGGED (http://www.unprogged.com)
Qualche parola con Marcello Capra…
Marcello Capra è un chitarrista che ha segnato la storia della Musica
Progressiva con i suoi Procession, partecipando ad appuntamenti storici
avvenuti nei primi anni ’70.
Il suo percorso è
proseguito tra studio, professione e passione, e la sua discografia è una lunga
lista di perle da cui si può attingere senza possibilità di restare delusi.
Vive a Torino, e
partecipa a numerosi progetti, l’ultimo dei quali è quello dei Glad Tree.
Lo scambio di battute a seguire è
l’occasione per ridisegnare una parte di storia, volgendo lo sguardo al futuro…
L’INTERVISTA
Marcello, spiegami,
cosa ha significato per te il passaggio dalla “copiatura” dei modelli
stranieri, tipica di fine anni ’60, alla “tua” Musica Progressiva.
Non era una copiatura stile “tribute band” come avviene oggi,
era un omaggio ai nostri fratelli maggiori che seguivamo con grandissima
ammirazione; le opere prime, quelle rimaste per decenni patrimonio dell’umanità,
ancora oggi vengono ascoltate da differenti generazioni di pubblico e addetti
ai lavori.
Le mie prime musiche, erano certamente influenzate da quello
che ascoltavo; iniziai subito sulla chitarra acustica, anche per i brani del
primo album dei Procession: i miei studi di contrabbasso al conservatorio,
hanno avuto sicuramente un certo peso.
Quali sono stati i
momenti più importanti vissuti con i Procession, e come definiresti quella
musica all’interno del contesto prog italiano?
Avevamo un programma di
prove tutti i giorni dal primo pomeriggio a sera, e qualche volta si proseguiva
in nottata; naturalmente passando tante ore insieme, si creava un bel clima di
“cameratismo”, giravamo con furgone Ford con un tecnico tuttofare; i momenti più belli forse li abbiamo vissuti a
Roma, nella settimana dell’incisione di “Frontiera”, al Festival di Villa
Pamphili e al Piper, quando abbiamo presentato il nostro primo album… il nostro
sound era sicuramente influenzato da grandi bands oltremanica, ma siamo
riusciti con i testi in italiano, a ritagliarci una nostra dimensione personale;
senza più le tastiere del primo periodo di cover tutto si reggeva sulle due
chitarre acustiche ed elettriche, una sezione ritmica molto incisiva e la
potente ispirata voce del compianto Gianfranco Gaza, siamo stati tra i primi in
Italia ad utilizzare live le acustiche e il mandolino elettrico.
Come nasce il tuo amore
per la chitarra e come hai curato la tua evoluzione tecnica e compositiva?
Shadows, Beatles,
Rolling Stones, Equipe 84, Rokes, Nomadi, mi hanno dato tali emozioni, che la
chitarra divenne per me un desiderio impellente, persino “l’odore” mi piaceva,
così da autodidatta, con qualche metodo semplice e qualche lezione da un
chitarrista già esperto, studiando prevalentemente il “pop” evoluto negli anni
seguenti; ho cominciato a maturare sempre più il desiderio di suonare
l’acustica, che mi permetteva un linguaggio armonico, melodico e ritmico più
completo che con l’elettrica, indubbiamente era più difficile trovare un equilibrio
tra “pulizia” del suono ed espressione; ho cominciato ad ascoltare Rembourn,
Kottke, Gismonti, Mc Laughlin principalmente, poi ho scoperto che potevo
elaborare un mio personale modulo espressivo.
Esiste un chitarrista,
italiano o straniero, che ha realmente influenzato il tuo modo di suonare, tra
tecnica, gusto stilistico e innovazione?
Sinceramente anche
quelli citati prima, non mi hanno influenzato al punto di volerli “copiare”;
tra gli italiani ho ammirato fin dai suoi esordi Mussida, un altro che stimo
moltissimo è Cifarelli, aggiungo Towner e Di Meola, ma nessuno di loro “sento”
come ispiratore del mio stile.
Come definiresti la tua
lunga discografia: episodi rappresentativi di un momento di vita o esiste
un’evoluzione, un fil rouge, che alla fine unisce tutta la tua produzione?
Esiste un fil rouge… se
parliamo dei lavori dopo i Procession, “Aria Mediterranea” con 4 brani in solo
e 4 con altri musicisti è stata una prima esperienza decisamente coraggiosa, in
pieno periodo punk e “cantautoriale”… interamente strumentale, in Italia solo
Riccardo Zappa uscito un anno prima, ma decisamente differente dal mio stile di
autore ed esecutore; un critico di Ciao 2001, mi definì presuntuoso perché
“osavo” presentare quattro composizioni in solo guitar, salvo riconoscermi una
notevole preparazione tecnica; poi “Imaginations” con una decina di
composizioni inedite miste tra acustico ed elettrico, oltre la ristampa di
“Aria Mediterranea”, arrivate dopo un lungo periodo di assenza dai palchi, che
mi ha fatto conoscere anche all’estero, in particolare Francia, Inghilterra e
Giappone… i lavori di “acoustic solo guitar”, dove ho cercato di trovare una
dimensione di “microcosmo” carico di variazioni armoniche sottolineate con un
“tratto in rilievo” di fantasie colorate in piena solitudine, in seguito ho
sentito il bisogno di aggiungere nuovi rami espressivi, con la collaborazione
di bravi ed esperti colleghi, lasciandoli “interpretare” a modo loro, le mie
composizioni.
Le definizioni si
sprecano, ma vorrei sapere come chiariresti tu il concetto di Musica Prog,
spiegandolo ad un giovane che si affaccia ad un mondo nuovo.
Il progressive non è un
“genere” e neanche uno “stile” musicale, è un moto dell’anima, un sentimento di
“crescita” non solo musicale, uno spirito di ricerca interiore che non si accontenta
di un percorso facile, ma che s’inoltra in sentieri virtuosi di bellezza non
convenzionale, dove il suo ormai “passato glorioso” non dovrebbe essere
riproposto camuffato da un vestito moderno, il progresso è innovazione, per la
tradizione ci sono altre proposte da seguire…
Nei miei questionari,
sottoposti ad esperti del settore, non manca mai la domanda dolente, o meglio,
l’argomento doloroso: come vedi il futuro della nostra Musica?
Se guardiamo il
presente, le premesse sono buone, anzi eccellenti secondo me; sono passate le
mode del tutto facile, tanto ci pensano le macchine o gli effetti a fare il
“sound”, sta crescendo tutta una generazione di strumentisti eccellenti, hanno
solo bisogno di maturare ancora un po’ e di “soffrire” con la gavetta, che
sempre è salutare per quelli che non mollano, i tempi difficili temprano
l’animo, inoltre abbiamo tanti maestri con un bagaglio d’esperienze enorme da
trasmettere a quelli che vogliono studiare con passione.
Mi parli del progetto
Glad Tree, su cui sei impegnato attualmente?
Siamo una band! Per uno
come me, abituato da decenni a ragionare “in solo” è già una bella
soddisfazione… le mie composizioni eseguite e interpretate da due ottimi
collaboratori, hanno un “respiro” molto ampio, si colorano di nuove sonorità,
si estendono a momenti di completa improvvisazione, ogni volta che suoniamo
insieme miglioriamo….musica che avvicina l’Occidente all’Oriente, con sapori
“speziati” che stimolano la fantasia e l’introspezione, fanno partecipare gli
ascoltatori ad un “viaggio” immaginario, bello vedere quanta attenzione
riusciamo ad ottenere in ogni concerto… speriamo per il 22 gennaio 2015, dove
suoneremo in uno storico teatro torinese che ci ha espressamente richiesti,
interessato al nostro progetto, di poter presentare anche il nostro primo CD
con Kamod Raj alle tabla e canto, Lanfranco Costanza ai flauti e armonica.
Ma… com’erano i
Procession dal vivo?
Eravamo molto tosti,
determinati e spettacolari…
Un’ultima domanda… lasciati andare e disegna il futuro
musicale di Marcello Capra.
Lascerò come ho sempre
fatto, “galoppare” la mia immaginazione, per il resto vedremo, non mi pongo
obbiettivi di “carriera”, mi auguro di poter ancora suonare a lungo e spero
anche di incontrare sul mio sentiero, persone interessanti, musicisti di
talento e qualche idea geniale da musicare…