Dietro ad ogni angolo
è nascosta una sorpresa. I pessimisti non amano l’ignoto, carico di profumo
negativo; chi vede tutto rosa immagina altri scenari, e la possibile delusione
finale non li smuove più di tanto. Forse accettare tutta la gamma delle
possibilità ha a che fare con l’equilibrio. Filosofia spicciola, che mi serve
per raccontare come sia rimasto stupito e allo stesso colto dal rammarico,
quando un amico “esterno”, proveniente da Genova, è venuto a raccontarmi che,
praticamente a casa mia, Albisola
Superiore, esisteva un mago capace di trasformare la terra in musica,
creando strumenti musicali unici e irripetibili: “Ma come, sono passato
davanti al suo laboratorio stamattina e non me ne sono accorto? Ma perché
nessuno mi ha avvisato negli ultimi quarant’anni?”.
La prima immagine che
ho visualizzato mi ha portato nel campo delle realizzazioni da mostra,
ceramiche da esporre, come le tante miniature di chitarra che ho bene in vista
su una mensola di casa: “Ma no! Roba vera, materiale che suona, percussioni
varie, chitarre, forse un flauto!”.
E ancora: “ … ed è tutto amplificabile!”.
Incuriosito da tanto
ben di Dio mi faccio immediatamente accompagnare nel rifugio delle meraviglie e
conosco di persona Marco Tortarolo, più o meno mio
coetaneo, appassionato da sempre di musica, e quindi non esiste una
giustificazione plausibile al fatto che non ci siamo mai incontrati, nemmeno
per caso. In realtà, a forza di scavare, abbiamo poi trovato un’occasione di
vicinanza, quando a Genova erano di scena i Soft Machine Legacy e Il Tempio
delle Clessidre, ed eravamo entrambi presenti, io sul palco come diligente
presentatore e lui tra il pubblico: “Ecco dove ti avevo visto!”, mi dice lui.
Il suo luogo di
lavoro è nascosto, e la scritta murale, su di una delle due possibili entrate,
ricorda un vecchio negozio da elettricista. Tutto sa di storia, cultura,
mestieri che sembrano quasi spariti e che invece potrebbero diventare uno
sbocco salutare per giovani intraprendenti. Ma Albisola è mondo a parte, quando
si parla di ceramica, e al cospetto dell’evidente nobiltà occorre inchinarsi.
Mi racconta un po’ di
cose Marco, ma ciò che più mi colpisce è la sua passione musicale, assimilabile
alla mia, con due tipi di espressione finale diversi, ma convergenti negli
ideali.
Il forno, il tornio,
gli attrezzi manuali, il lavoro quotidiano, la routine gestita con amore, e
alla fine la sintesi di tutte le possibili passioni: la MUSICA.
Una breve
descrizione, pochi minuti, e mi si apre davanti un mondo nuovo.
Ci accordiamo per un
successivo incontro, per fissare alcune immagini che possano essere veicolo
verso una diffusione doverosa dell’opera di pionieri e innovatori, capaci di
adattare gli elementi antichi ad un’arte differente, ma anch’essa primitiva.
Mi esprimo al
plurale, non è un errore. Il secondo incontro a distanza di tre giorni, mi
permette di scoprire come alla base del progetto ci sia una seconda persona, Camogli, insegnante di professione, ma col DNA
dell’alchimista: forse non conoscerà il segreto per trasformare ogni cosa in
oro, ma pare che il suo “dialogo” con la terra conduca alle caratteristiche
principali delle creazioni musicali che sto cercando di descrivere.
Tutto nasce una
decina di anni fa, con un “progetto scuola” che forse presentava un mero
modello didattico, casualmente applicato alla musica, un iter in cui Camogli
credeva e che ha trovato piena soddisfazione nell’incontro con Marco Tortarolo:
come dimostrano le prime righe di questo articolo, si può vivere anche a
stretto contatto con uomini dai simili interessi, senza che le strade portino
ad un crocevia.
Ma il crocicchio è
arrivato per Marco e Camogli e la sperimentazione è partita.
Tutto nasce dalla
ricerca della terra che Camogli riconosce “a naso”, tanto da affermare come
quella di Albisola, ottima per le note ceramiche, non sia invece la migliore
per creare un mondo di suoni. Esiste il feeling tra l’elemento basico e chi ne
va alla ricerca, e il tatto, il profumo ed il colore indirizzano verso una
scelta sicura, che solo un “mago” può determinare con precisione. E una volta
colta la merce preziosa inizia un percorso, non lunghissimo, ma mirato e
delicato, fatto di selezione granulometrica, di dosaggio dei componenti, di
miscela accurata fatta a mano, di cottura finale del manufatto.
Non esistono
miscelatori, setacci automatici, gestione di loop di temperatura, e di fatto
nasce un ciclo che da solo dovrebbe lasciar tutti di sasso… se solo ci si
pensasse un attimo: la ricerca della terra nel luogo in cui si vive, la sua
lavorazione e trasformazione utilizzando mani, testa e cuore, e alla fine del
giro la polvere di casa
diventa suono! Questa è sapienza, tradizione, cultura e… segreto
connaturato al mestiere.
Ciò ne che scaturisce
è qualcosa di unico, perché mai e poi mai esisteranno due strumenti uguali, e
chi casualmente o volutamente verrà in possesso di un pezzo di “terra
suonante”, sarà sicuro che ciò che ha tra le mani non potrà essere clonato con
la precisione che solo il modello industriale può regalare.
Camogli e Marco
Tortarolo hanno un chiodo fisso, che non è legato al businnes, ma alla
ricerca di qualcuno che possa farli crescere, non essendo loro tecnici
specifici, e quindi non in grado di realizzare una buona progressione
evolutiva. Ma alla stesso tempo concordano su un dogma, quello che le loro
creazioni possono finire solo nelle mani di chi le può amare come loro, meglio
se in grado di usarli con perizia e talento.
Qualcuno lo ha già
fatto, all’estero ad esempio. Marco è da tre anni ospite d’onore di un famoso
festival francese della ceramica, e in un’occasione ha avuto modo di incontrare
musicisti che hanno utilizzato dal vivo una serie di sue percussioni, con buon
entusiasmo da parte di tutti i presenti.
Eccone un esempio:
Un set completo
dell’equipaggiamento di Marco Tortarolo e Camogli sarà presente al
prossimo FIM (Fiera Internazionale della Musica) che si terrà
a Genova nei giorni 16-17-18 Maggio, e il
musicista Giorgio Cesare Neri darà dimostrazioni pratiche
delle possibilità ritmiche e sonore connaturate al progetto.
Come cambiano i
suoni? Dimensione delle lamelle? Superficie? Spessore? Qualità
dell’impasto?
L’intervista a
seguire ci permette di entrare un pò nel dettaglio, mentre I due protagonisti
ci parlano di un iter affascinante, fatto anche di delusioni, raccontate a
telecamera spenta.
Una cosa fondamentale manca, e occorrerà fare in fretta per colmare il vuoto, c’è solo un mese di tempo: come si chiama l’invenzione di Marco Tortarolo e Camogli? In dieci anni di impegno e duro lavoro sul pezzo, l’ultima cosa che poteva venire in mente era perdere tempo nella ricerca di un marchio di fabbrica, eppure… se ogni creazione è un figlio un appellativo mi sembra doveroso… siete d’accordo?
Una cosa fondamentale manca, e occorrerà fare in fretta per colmare il vuoto, c’è solo un mese di tempo: come si chiama l’invenzione di Marco Tortarolo e Camogli? In dieci anni di impegno e duro lavoro sul pezzo, l’ultima cosa che poteva venire in mente era perdere tempo nella ricerca di un marchio di fabbrica, eppure… se ogni creazione è un figlio un appellativo mi sembra doveroso… siete d’accordo?