Ho seguito la genesi
di Abbaddarò, di Marcello Faranna. In origine era La Città
del Rock, titolo che è in
qualche modo rimasto, come si evince dall’intervista a seguire. Marcello è
siciliano e la sua terra è presente fortemente nella sua musica. Lunga la
gavetta, fatta come sempre di strada, delusioni e soddisfazioni che alimentano la
passione. Il tutto sfocia ora in questo concept album atipico, carico di
messaggi e di problematiche sociali, affrontate quasi con religiosità.
Dodici i brani che
delineano un percorso preciso, stimolando la riflessione e lanciando importanti
input a cui verrebbe spontaneo rispondere.
Nel suo contenitore
Faranna rovescia gli insegnamenti assorbiti nel corso di una vita, provando a
incidere con il tocco personale, che è appunto quello che deriva dal suo naturale
ambiente di vita, e alla fine l’autodefinizione “Prog Made in Sicily”
appare calzante e sintesi di un preciso modo espressivo.
Anche l’art work
contribuisce a creare un disco che profuma di antico e che sarebbe naturale
vedere su vinile.
Tutto è pronto, il
prodotto è confezionato e i motori caldi e pronti a partire… la speranza è che
l’album veda preso la luce… etichette discografiche fatevi avanti!
L’INTERVISTA
Potresti sintetizzare “Abbaddarò”, il concept album che hai
realizzato?
“Abbaddarò” è un viaggio alla ricerca di
una città, un luogo, forse utopico, dove vivere bene fra suoni e colori. Per
raggiungerlo però bisogna attraversare, affrontare e possibilmente risolvere,
la nuda e cruda realtà quotidiana che la vita ci mette davanti. I temi
affrontati fanno riflettere su tutto
quello che di negativo ci circonda: prostituzione, droga, eutanasia, amori
impossibili, sfruttamento sul posto di lavoro, immigrazione, solitudine. Ognuno
potrà interpretare a modo suo il finale con lo strumentale “La Porta del Futuro”… raggiungere “Abbaddarò”
o annegare nella quotidianità descritta.
Quali sono gli elementi
stilisticamente rilevanti… che tipo di musica proponi?
Dal punto
di vista musicale, mi sono ispirato al rock\sinfonico\progressivo, con puntate
alla psichedelia, fondendo fra loro melodie ed armonie con strumenti classici
come l’ensemble di violini, gli strumenti standard del rock come chitarra, basso
e batteria. Ho utilizzato in alcuni brani anche strumenti tradizionali del prog
anni ’70, come l’organo hammond e il
moog, in altri, il synth con suoni più moderni. Alcuni arrangiamenti sono
volutamente arabeggianti per inquadrare anche geograficamente il lavoro, che
con orgoglio mi sento di definire “Prog Made in Sicily”.
Quello che proponi è il
tuo primo lavoro, ma… chi è il musicista Marcello Faranna?
Umilmente
mi definisco “operaio della musica”, canto e suono un paio di strumenti come il
pianoforte e la chitarra, da autodidatta, e ho la grande passione per la
composizione. Ho iniziato a vent’anni a strimpellare le prime canzoni dei miei
cantanti preferiti (Pooh, New Trolls, Enrico Ruggeri), da allora centinaia e
centinaia di live… gavetta su gavetta, numerose composizioni di vario genere.
Da un po di tempo mi diverto anche ad arrangiare musiche e canzoni di colleghi
e amici, scoprendo una notevole predisposizione verso questa altra forma di
creatività. In ultimo, anche se tardiva, è esplosa la mia passione per la
musica progressiva italiana degli anni ’70, che inequivocabilmente ha ispirato
la mia ultima e più importante composizione “Abbaddarò”.
Mi parli delle persone
che hanno collaborato con te alla realizzazione del disco?
Nella
prima fase compositiva, quando “Abbaddarò” non aveva una sua ben definita
identità, mi sono avvalso della collaborazione di due autori come Andrea Gallo
di Padova - “Quale Amore”- e Nicola
Bontempi di Brescia - “La pace del cielo” e ” Mobbing”. Nell’opera definitiva e con mio immenso
piacere, ho collaborato con Enrico Lanciaprima di Genova, bassista e leader del
gruppo Blue Dawn, che ha composto “Qualcosa
mi dice” e Dario Lastella di Foggia, leader del gruppo Ifsound, che ha
scritto il testo de La parte migliore di
te, e insieme a me Abbaddarò, la
title track, nella quale ha anche partecipato agli arrangiamenti. Mi sento di
spendere due parole per Dario,
conosciuto per caso in un social network, quando facevo ascoltare la prima demo
casalinga di Abbaddarò, che
inizialmente avevo chiamato “La Città del
Rock”, e per la quale chiedevo consigli e opinioni. Si è creato così un bel rapporto di amicizia. E’
stato l’unico che ha seguito pazientemente l’evolversi del mio lavoro,
sapendomi ascoltare e consigliare, sempre in maniera schietta e precisa, rispondendo sempre alle mie numerosissime e-mail. Durante
una lunga telefonata, in un momento di mia massima titubanza nel far ascoltare
i miei demo, chiaramente non all’altezza, mi ha così consigliato: “Marcello, se vuoi farti ascoltare, devi
fare le cose per bene. La tua opera deve essere valorizzata per come si deve.”
Da lì è scattata la mollache mi ha portato alla versione definitiva di Abbaddarò,
e per questo non smetterò di ringraziarlo. Per la fase di produzione e
realizzazione del disco, passaggio molto
complesso e delicato, ho avuto la fortuna di rivolgermi ad uno studio di
registrazione a Palermo, gestito da due ottimi professionisti: Simone Campione (chitarra,
basso e cori) e Dario Di Matteo (programmazione, orchestrazione e cori) che,
con grande maestria, hanno saputo realizzare alla lettera tutto quello che era
la mia idea finale dell’opera. Si è lavorato in sinergia, armonia e soprattutto
con passione, per me elementi importantissimi per una buone resa del prodotto
finale. Completano ancora la line-up ottimi professionisti come: Danilo Spinoso
alla batteria, Angelo Spadafora violinista e Fatima Lo Verde, mia moglie, voce
solista in Quale amore.
Non solo musica ma
anche forti messaggi: quale quello che vorresti arrivasse prepotentemente?
Sicuramente
viviamo in un epoca poco felice, il futuro nostro e dei nostri figli non si
presenta sotto i migliori auspici, Abbaddarò
vuole essere si una denuncia di quello che di negativo ci circonda, ma anche la
consapevolezza che ognuno di noi può e deve fare qualcosa per migliorare il
proprio vivere. Non piangiamoci addosso scaricando ad altri le colpe, se non
iniziamo il “viaggio” che ci può portare ad “Abbaddarò”, saremo tutti complici
di questo malessere, svegliamo le coscienze, rimbocchiamo le maniche, dobbiamo
essere testimoni partecipi e non passivi del nostro futuro.
Decisamente vincente
l’art work: me ne parli?
L’art
work, è un particolare di “H 10”, una delle tante opere pittoriche astratte
realizzate da Fatima, laureata all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Come per
il resto del lavoro svolto la scelta è stata molto ricercata. La copertina,
adeguata allo stile dell’album in classica iconografia prog, mi lasciavano
interdetto. Il cambio di titolo dell’album, ha poi offerto una nuova visione
anche su questo punto. L’opera è saltata ai miei occhi in modo più chiaro; l’ho
sempre avuta a portata di mano, è infatti appesa ad una delle pareti di casa
mia, ma non l’avevo mai “letta” come completamento del mio progetto; luce,
forma, colori, andamento delle linee, armonia nel caos degli schizzi di
pittura, tutto mi portava alla sua giusta corrispondenza al significato della
mia “Abbaddarò”. Ritengo che abbia il giusto impatto visivo/emotivo, creando
interesse e curiosità nell’osservatore e corrispondenza con quello che con la
mia musica voglio esprimere.
Hai realizzato qualcosa
che al momento non ha una prosecuzione distributiva: come pensi di muoverti da
ora in avanti… immagino sia grande la voglia di venire allo scoperto!
In
effetti ad oggi non esiste una data fissata per l’uscita dell’album, ma non ho
fretta, sono fermamente convinto di aver fatto un buon lavoro, anche a detta di
quelle poche persone alle quali l’ho fatto ascoltare, tutto ciò al di là di
ogni mia più rosea aspettativa. Per questo motivo voglio trovare ad “Abbadarò”
la collocazione che merita. Sono già in contatto con un paio di etichette
discografiche specializzate nel prog, vediamo cosa succede, attendendo con la
giusta pazienza evoluzioni positive, cercando di anteporre la voglia matta di
fare ascoltare il lavoro a più persone possibili, alla razionalità che questo
tipo di situazioni richiede. L’ottimismo è d’obbligo. Per concludere, utilizzo
una frase rivoltami dal compianto Claudio Rocchi in risposta ad una mia mail: “
La vicenda si svela on the way, con
automatismi naturali!”.
Un’ultima cosa, perché
hai cambiato il titolo originale del tuo album?
In una
delle frequenti conversazioni con Dario Lastella, siamo arrivati a questa sua
considerazione: “Marcello, secondo un mio
modesto parere, dovresti, sempre che tu lo voglia, cambiare il nome alla tua
opera, La Città del Rock, risulta
banale, infantile, troppo da “a.c.r.”, dovresti dare un nome a questa città,
immagina se “Palepoli” degli Osanna si fosse chiamata “la città vecchia”, o
“Felona e Sonora” delle Orme si fosse chiamata “il pianeta della luce ed il
pianeta delle tenebre… poi vedi tu”. Ho passato una notte insonne, in
effetti chi poteva dar torto al buon Dario? Dovevo trovare un titolo adatto che
facesse un certo effetto: marasma generale, quale sarebbe stato il nome
migliore? Lunga riflessione, e a un certo punto si accende la classica
lampadina; vivo a Palermo… dove potrei trovare un posto pieno di suoni, colori
ed armonia? Forse nello storico mercato di “Ballarò”? Souk el Ballara, mercato
degli specchi in arabo - questo dovrebbe essere il significato della
parola. Il nome era quasi convincente, ma troppo usato… ci voleva qualcosa di
particolare! A questo punto, continuando la mia riflessione - e qui entrano in
gioco affetti familiari lontani nel tempo – penso a quando la mia nonna
paterna, che risiedeva vicino al mercato, una volta mi chiese, in stretto
dialetto palermitano, tipico del quartiere della Kalsa: ”Marcello vieni con
me Abbadarò?”. Ecco svelato l’arcano mistero… grazie a mia nonna, e con
sincera commozione, avevo trovato il nome alla mia opera. Ma non finisce qui:
piccola curiosità! Il titolo originale, anche se in maniera celata, è presente
nella copertina del CD: infatti la scritta presente sotto il nome “Abbadarò”,
tradotta fedelmente in arabo da un amico marocchino, significa proprio “la
città del rock”.
“Abbaddarò” è il primo
lavoro da Cantautore Progressivo di Marcello Faranna;
è un concept album, un viaggio alla
ricerca di una città, un luogo, forse utopico, dove vivere bene fra suoni e
colori. Per raggiungerlo però bisogna attraversare, affrontare e possibilmente
risolvere, la nuda e cruda realtà quotidiana che la vita ci mette davanti. I
temi affrontati fanno riflettere su
tutto quello che di negativo ci circonda: prostituzione, droga, eutanasia,
amori impossibili, sfruttamento sul posto di lavoro, immigrazione, solitudine. Ognuno
potrà interpretare a modo suo il finale con lo strumentale “La Porta del
Futuro”… raggiungere “abbaddarò” o annegare nella quotidianità descritta.
Dal punto di vista
musicale, Marcello si ispira al rock\sinfonico\progressivo, con puntate alla
psichedelia, fondendo fra loro melodie ed armonie con strumenti classici, come
l’ensemble di violini, ai tradizionali strumenti rock, come chitarra\basso e
batteria.
Da sottolineare l’utilizzo,
in alcuni brani, di strumenti tipici del prog anni ’70, come l’organo hammond ed il moog, e in altri il synth, con suoni più moderni.
Alcuni arrangiamenti
sono volutamente arabeggianti per inquadrare anche geograficamente il lavoro
che con orgoglio Faranna definisce “Prog Made in Sicily”.