venerdì 17 gennaio 2014

Marcello Faranna-Abbaddarò




Ho seguito la genesi di Abbaddarò, di Marcello Faranna. In origine era La Città del Rock,  titolo che è in qualche modo rimasto, come si evince dall’intervista a seguire. Marcello è siciliano e la sua terra è presente fortemente nella sua musica. Lunga la gavetta, fatta come sempre di strada, delusioni e soddisfazioni che alimentano la passione. Il tutto sfocia ora in questo concept album atipico, carico di messaggi e di problematiche sociali, affrontate quasi con religiosità.
Dodici i brani che delineano un percorso preciso, stimolando la riflessione e lanciando importanti input a cui verrebbe spontaneo rispondere.
Nel suo contenitore Faranna rovescia gli insegnamenti assorbiti nel corso di una vita, provando a incidere con il tocco personale, che è appunto quello che deriva dal suo naturale ambiente di vita, e alla fine l’autodefinizione “Prog Made in Sicily” appare calzante e sintesi di un preciso modo espressivo.
Anche l’art work contribuisce a creare un disco che profuma di antico e che sarebbe naturale vedere su vinile.
Tutto è pronto, il prodotto è confezionato e i motori caldi e pronti a partire… la speranza è che l’album veda preso la luce… etichette discografiche fatevi avanti!


L’INTERVISTA

Potresti sintetizzare “Abbaddarò”, il concept album che hai realizzato?

Abbaddarò” è un viaggio alla ricerca di una città, un luogo, forse utopico, dove vivere bene fra suoni e colori. Per raggiungerlo però bisogna attraversare, affrontare e possibilmente risolvere, la nuda e cruda realtà quotidiana che la vita ci mette davanti. I temi affrontati  fanno riflettere su tutto quello che di negativo ci circonda: prostituzione, droga, eutanasia, amori impossibili, sfruttamento sul posto di lavoro, immigrazione, solitudine. Ognuno potrà interpretare a modo suo il finale con lo strumentale “La Porta del Futuro”… raggiungere “Abbaddarò” o annegare nella quotidianità descritta.

Quali sono gli elementi stilisticamente rilevanti… che tipo di musica proponi?

Dal punto di vista musicale, mi sono ispirato al rock\sinfonico\progressivo, con puntate alla psichedelia, fondendo fra loro melodie ed armonie con strumenti classici come l’ensemble di violini, gli strumenti standard del rock come chitarra, basso e batteria. Ho utilizzato in alcuni brani anche strumenti tradizionali del prog anni ’70, come  l’organo hammond e il moog, in altri, il synth con suoni più moderni. Alcuni arrangiamenti sono volutamente arabeggianti per inquadrare anche geograficamente il lavoro, che con orgoglio mi sento di definire “Prog Made in Sicily”.

Quello che proponi è il tuo primo lavoro, ma… chi è il musicista Marcello Faranna?

Umilmente mi definisco “operaio della musica”, canto e suono un paio di strumenti come il pianoforte e la chitarra, da autodidatta, e ho la grande passione per la composizione. Ho iniziato a vent’anni a strimpellare le prime canzoni dei miei cantanti preferiti (Pooh, New Trolls, Enrico Ruggeri), da allora centinaia e centinaia di live… gavetta su gavetta, numerose composizioni di vario genere. Da un po di tempo mi diverto anche ad arrangiare musiche e canzoni di colleghi e amici, scoprendo una notevole predisposizione verso questa altra forma di creatività. In ultimo, anche se tardiva, è esplosa la mia passione per la musica progressiva italiana degli anni ’70, che inequivocabilmente ha ispirato la mia ultima e più importante composizione “Abbaddarò”.

Mi parli delle persone che hanno collaborato con te alla realizzazione del disco?

Nella prima fase compositiva, quando “Abbaddarò” non aveva una sua ben definita identità, mi sono avvalso della collaborazione di due autori come Andrea Gallo di Padova - “Quale Amore”- e Nicola Bontempi di Brescia  - “La pace del cielo” e ” Mobbing”.  Nell’opera definitiva e con mio immenso piacere, ho collaborato con Enrico Lanciaprima di Genova, bassista e leader del gruppo Blue Dawn, che ha composto “Qualcosa mi dice” e Dario Lastella di Foggia, leader del gruppo Ifsound, che ha scritto il testo de La parte migliore di te, e insieme a me Abbaddarò, la title track, nella quale ha anche partecipato agli arrangiamenti. Mi sento di spendere due parole  per Dario, conosciuto per caso in un social network, quando facevo ascoltare la prima demo casalinga di Abbaddarò, che inizialmente avevo chiamato “La Città del Rock”, e per la quale chiedevo consigli e opinioni. Si  è creato così un bel rapporto di amicizia. E’ stato l’unico che ha seguito pazientemente l’evolversi del mio lavoro, sapendomi ascoltare e consigliare, sempre in maniera schietta e precisa, rispondendo  sempre alle mie numerosissime e-mail. Durante una lunga telefonata, in un momento di mia massima titubanza nel far ascoltare i miei demo, chiaramente non all’altezza, mi ha così consigliato: “Marcello, se vuoi farti ascoltare, devi fare le cose per bene. La tua opera deve essere valorizzata per come si deve.” Da lì è scattata la mollache mi ha portato alla versione definitiva di Abbaddarò, e per questo non smetterò di ringraziarlo. Per la fase di produzione e realizzazione del disco,  passaggio molto complesso e delicato, ho avuto la fortuna di rivolgermi ad uno studio di registrazione a Palermo, gestito da due ottimi professionisti: Simone Campione (chitarra, basso e cori) e Dario Di Matteo (programmazione, orchestrazione e cori) che, con grande maestria, hanno saputo realizzare alla lettera tutto quello che era la mia idea finale dell’opera. Si è lavorato in sinergia, armonia e soprattutto con passione, per me elementi importantissimi per una buone resa del prodotto finale. Completano ancora la line-up ottimi professionisti come: Danilo Spinoso alla batteria, Angelo Spadafora violinista e Fatima Lo Verde, mia moglie, voce solista in Quale amore.

Non solo musica ma anche forti messaggi: quale quello che vorresti arrivasse prepotentemente?

Sicuramente viviamo in un epoca poco felice, il futuro nostro e dei nostri figli non si presenta sotto i migliori auspici, Abbaddarò vuole essere si una denuncia di quello che di negativo ci circonda, ma anche la consapevolezza che ognuno di noi può e deve fare qualcosa per migliorare il proprio vivere. Non piangiamoci addosso scaricando ad altri le colpe, se non iniziamo il “viaggio” che ci può portare ad “Abbaddarò”, saremo tutti complici di questo malessere, svegliamo le coscienze, rimbocchiamo le maniche, dobbiamo essere testimoni partecipi e non passivi del nostro futuro.

Decisamente vincente l’art work: me ne parli?

L’art work, è un particolare di “H 10”, una delle tante opere pittoriche astratte realizzate da Fatima, laureata all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Come per il resto del lavoro svolto la scelta è stata molto ricercata. La copertina, adeguata allo stile dell’album in classica iconografia prog, mi lasciavano interdetto. Il cambio di titolo dell’album, ha poi offerto una nuova visione anche su questo punto. L’opera è saltata ai miei occhi in modo più chiaro; l’ho sempre avuta a portata di mano, è infatti appesa ad una delle pareti di casa mia, ma non l’avevo mai “letta” come completamento del mio progetto; luce, forma, colori, andamento delle linee, armonia nel caos degli schizzi di pittura, tutto mi portava alla sua giusta corrispondenza al significato della mia “Abbaddarò”. Ritengo che abbia il giusto impatto visivo/emotivo, creando interesse e curiosità nell’osservatore e corrispondenza con quello che con la mia musica voglio esprimere.

Hai realizzato qualcosa che al momento non ha una prosecuzione distributiva: come pensi di muoverti da ora in avanti… immagino sia grande la voglia di venire allo scoperto!

In effetti ad oggi non esiste una data fissata per l’uscita dell’album, ma non ho fretta, sono fermamente convinto di aver fatto un buon lavoro, anche a detta di quelle poche persone alle quali l’ho fatto ascoltare, tutto ciò al di là di ogni mia più rosea aspettativa. Per questo motivo voglio trovare ad “Abbadarò” la collocazione che merita. Sono già in contatto con un paio di etichette discografiche specializzate nel prog, vediamo cosa succede, attendendo con la giusta pazienza evoluzioni positive, cercando di anteporre la voglia matta di fare ascoltare il lavoro a più persone possibili, alla razionalità che questo tipo di situazioni richiede. L’ottimismo è d’obbligo. Per concludere, utilizzo una frase rivoltami dal compianto Claudio Rocchi in risposta ad una mia mail: “ La vicenda si svela on the way, con automatismi naturali!”.

Un’ultima cosa, perché hai cambiato il titolo originale del tuo album?

In una delle frequenti conversazioni con Dario Lastella, siamo arrivati a questa sua considerazione: “Marcello, secondo un mio modesto parere, dovresti, sempre che tu lo voglia, cambiare il nome alla tua opera,  La Città del Rock, risulta banale, infantile, troppo da “a.c.r.”, dovresti dare un nome a questa città, immagina se “Palepoli” degli Osanna si fosse chiamata “la città vecchia”, o “Felona e Sonora” delle Orme si fosse chiamata “il pianeta della luce ed il pianeta delle tenebre… poi vedi tu”. Ho passato una notte insonne, in effetti chi poteva dar torto al buon Dario? Dovevo trovare un titolo adatto che facesse un certo effetto: marasma generale, quale sarebbe stato il nome migliore? Lunga riflessione, e a un certo punto si accende la classica lampadina; vivo a Palermo… dove potrei trovare un posto pieno di suoni, colori ed armonia? Forse nello storico mercato di “Ballarò”? Souk el Ballara, mercato degli specchi in arabo - questo dovrebbe essere il significato della parola. Il nome era quasi convincente, ma troppo usato… ci voleva qualcosa di particolare! A questo punto, continuando la mia riflessione - e qui entrano in gioco affetti familiari lontani nel tempo – penso a quando la mia nonna paterna, che risiedeva vicino al mercato, una volta mi chiese, in stretto dialetto palermitano, tipico del quartiere della Kalsa: ”Marcello vieni con me Abbadarò?”. Ecco svelato l’arcano mistero… grazie a mia nonna, e con sincera commozione, avevo trovato il nome alla mia opera. Ma non finisce qui: piccola curiosità! Il titolo originale, anche se in maniera celata, è presente nella copertina del CD: infatti la scritta presente sotto il nome “Abbadarò”, tradotta fedelmente in arabo da un amico marocchino, significa proprio “la città del rock”.


NOTE DAL COMUNICATO STAMPA…

“Abbaddarò” è il primo lavoro da Cantautore Progressivo di Marcello Faranna; è un concept  album, un viaggio alla ricerca di una città, un luogo, forse utopico, dove vivere bene fra suoni e colori. Per raggiungerlo però bisogna attraversare, affrontare e possibilmente risolvere, la nuda e cruda realtà quotidiana che la vita ci mette davanti. I temi affrontati  fanno riflettere su tutto quello che di negativo ci circonda: prostituzione, droga, eutanasia, amori impossibili, sfruttamento sul posto di lavoro, immigrazione, solitudine. Ognuno potrà interpretare a modo suo il finale con lo strumentale “La Porta del Futuro”… raggiungere “abbaddarò” o annegare nella quotidianità descritta.
Dal punto di vista musicale, Marcello si ispira al rock\sinfonico\progressivo, con puntate alla psichedelia, fondendo fra loro melodie ed armonie con strumenti classici, come l’ensemble di violini, ai tradizionali strumenti rock, come chitarra\basso e batteria.
Da sottolineare l’utilizzo, in alcuni brani, di strumenti tipici del prog anni ’70, come  l’organo hammond ed il moog,  e in altri il synth, con suoni più moderni.
Alcuni arrangiamenti sono volutamente arabeggianti per inquadrare anche geograficamente il lavoro che con orgoglio Faranna definisce “Prog Made in Sicily”.