Il post di oggi è il primo di una serie di
articoli che tratteranno l’argomento Spring Awakening.
Incuriosito dalla tipologia di spettacolo -
musical rock - ho cercato di saperne di più e mi è stato detto che…
Spring Awakening è il musical rock di Steven Sater e Duncan
Sheik, finalmente arrivato in Italia. E' stato allestito da una compagnia
indipendente che, viste le tematiche dell'opera
(parla di masturbazione, aborto, suicidio e ribellione scolastica), ha avuto
notevoli difficoltà di accettazione nel nostro paese, ma finalmente il 29
ottobre si parte dal Teatro Pavarotti di Modena, e si andrà in scena fino a
maggio 2014.
E’ un musical con rock band live ogni
sera (niente basi, tutto dal vivo), in USA è andato fortissimo e la versione
italiana, ambientata durante il Fascismo, è piuttosto provocatoria.
Questo il sito ufficiale:
Mi piacerebbe poter
descrivere lo spettacolo dopo averlo visto, fornendo un giudizio personale, e in attesa di poter partecipare a
uno dei tanti eventi presenterò alcuni punti di vista interessanti
che sono riuscito ad ottenere, e che inizio a pubblicare oggi, partendo dall’intervista
che Synpress 44 ha realizzato con Emanuele Gamba,
il regista di Spring
Awakening.
L’intervista
Per temi e struttura, Spring Awakening si presenta immediatamente come
un’opera coraggiosa: che tipo di approccio alla regia hai dovuto impostare?
Ho conosciuto Spring Awakening vedendo un video pirata della
versione americana; e mi sono divertito, e molto commosso. Mi parlava di me; di
me di quasi 30 anni fa, ma mi ricordavo tutto. E bruciava ancora. Broadway ha
prodotto un capolavoro semplice e franco e questo – a mio avviso – ne ha
decretato il grande successo. Quella prima visione e il seguente studio del
copione ha indicato la via, obbligatoria, l’unica per me che potesse far
vibrare quel rigoglio stupito che è il fondamentale humus di questa storia: la
semplicità franca dell’emozione, questa era l’unica maieutica capace di far
vivere i personaggi. Il resto, avendo a disposizione il cast che abbiamo, è
stato semplice e bellissimo.
Gli argomenti, le caratteristiche, il rapporto con la musica: Spring è un
lavoro decisamente sui generis. A tuo avviso quali sono i suoi maggiori
elementi di originalità?
Il maggiore elemento di originalità di Spring risiede a mio avviso
nell'intuizione dei due autori di “manomettere” un testo cruciale di uno dei
massimi drammaturghi europei del XIX secolo. Da questa iniziale
spregiudicatezza, da questa iniziale libertà di approccio – qui è proprio il
caso di parlare di approccio – derivano tutte le coraggiose scelte stilistiche
che compongono la drammaturgia dei testi e della musica. Del testo di Wedekind
– ovviamente – rimane un distillato alle volte forse troppo asciutto ma il suo
alternarsi ai numeri musicali, permette di riformulare un continuo riequilibrio
delle necessità della narrazione.
Dirigere un’opera come Spring significa anche confrontarsi con la versione
americana, che ha avuto un incredibile successo: che differenze ritieni ci
siano tra l’originale e la vostra?
Forse deluderò qualcuno ma ho visto lo Spring americano soltanto una volta; quella prima volta e neanche
tutta d’un fiato. Visto il grande successo volevo sinceramente evitare di
rimanere incastrato in una forma di soggezione spaventata e quindi mi sono
buttato sullo studio solitario della drammaturgia.
Prima di tutto grazie all’intuizione di Pietro Contorno abbiamo spostato
il racconto nei giorni bui del ventennio, da lì siamo partiti per raccontare la
nostra storia e ci siamo avvitati per un po’ di tempo su un progetto
scenografico che guardasse all’architettura dell’Eur. Dopo settimane di colonne
ed emicicli è arrivata l’idea semplice e funzionale: trattandosi di storia in
cui la scuola incarna quel conformismo feroce e aggressivo che frustra e
violenta i nostri personaggi, perché non ridurre tutto ad un grande banco di
scuola semovente. E dietro a questo banco perché non immaginare una grande lavagna,
che forse per problemi di autorevolezza si è accidentata incastrandosi nel
terreno, perdendo centralità ed equilibrio. E perché su questa lavagna, come si
faceva quando si segnava sul retro il nostro dissenso o i nostri segreti... non
scriviamo a grandi lettere le ragioni cantate dai ragazzi? Ed ecco nascere l’idea
del racconto video che è una specie di traduzione in segni e disegni della
traduzione linguistica delle canzoni.
Il resto – che rimaneva addirittura di importanza centrale per me – si sostanziava
nella preoccupazione che la parte recitata dello spettacolo fosse preziosa e
curata come fosse stata un Wedekind originale.
Un musical, un’opera rock, una pièce teatrale: ti sei fatto un’idea su
come poter presentare Spring? E soprattutto, che cos’è?
Sinceramente non mi interessa troppo includere Spring in una categoria; Spring
Awakening è semplicemente una storia bella e coraggiosa che narra di
giovani vite alla ricerca di un senso. Spring
è il “Canto della Natura”, di quella selvaggia che ci circonda coi suoi monti,
i suoi boschi, i suoi laghi, i mari, i cieli e di quella intima che visitiamo –
e che ci visita – ogni giorno e ogni notte della nostra vita per indicarci la
via e spingerci su un cammino di crescita e conoscenza.
Quali sono le componenti di Spring che ti hanno maggiormente stimolato e
incuriosito come regista? Quali invece ti hanno messo in difficoltà?
Per me fare una regia significa percorrere parallelamente due strade,
realizzando una specie di accerchiamento verticale del testo. La strada che
passa sopra il testo me lo fa vedere dall’alto, medianicamente, mi regala una
veduta del tutto, mi aiuta più che a capirne il significato ad averne un’impressione,
a farmene sentire la temperatura emotiva; l’altra strada che passa sotto il
testo mi aiuta ad organizzare un sottosuolo sul quale possa poggiare la
traduzione scenica del racconto: il gioco degli interpreti, la loro relazione
nello e con lo spazio, la dinamica fra parola e canto. Con gli anni ho imparato
a non avere paura delle difficoltà che spesso un testo ti presenta; ho chiesto
e ottenuto da tutti onestà, generosità e fiducia e in questo clima nessuna
particolare difficoltà ha spaventato né me né i miei attori.
Spring è un’opera coraggiosa: è una scelta
coraggiosa anche il portarla sui palchi italiani oppure pensi che il nostro
pubblico sia effettivamente pronto?
Portare Spring sui palcoscenici
italiani è senz'altro un atto coraggioso; ma il tempismo con cui Stefano Brondi
ha tirato fuori il titolo è stato addirittura perfetto, e per certi versi
taumaturgico. In Italia siamo alla fine di un altro – l'ennesimo – ventennio e
al momento di un bilancio di questa importanza serve da parte di tutti (palco e
platea) onestà, verso i temi da affrontare, generosità nel cedere per ricevere
qualcosa, e fiducia nel fatto che questa sia l'unica via che meriti di vedere
tante primavere.
Che tipo di pubblico immagini per Spring?
Chiunque sia stato adolescente è lo spettatore ideale di Spring; unica altra condizione è che se
ne ricordi e si intenerisca per quella imbarazzante sconvolgente età dello
slancio e del disagio che ci ha fatto sentire tutti sulle montagne russe. Un
giorno fra le nuvole e il giorno dopo – o anche 5 minuti dopo – sottoterra.
La giovinezza e il conflitto generazionale sono la chiave di lettura
dell’opera: oggi la conflittualità tra genitori e figli, tra studenti e scuola,
tra singolo e istituzione, sembra essersi affievolita. Secondo te Spring è un
lavoro anacronistico oppure gli autori hanno avuto la capacità di intravedere
nuovi dati sociali difficili da scorgere?
Risveglio di primavera (1891) di Wedekind era pura avanguardia, sconvolgente e scandaloso e
infatti dovette aspettare 15 anni e un grandissimo ed influente regista come
Max Reinhardt per essere messo in scena; Spring
Awakening è la sua metamorfosi rock più di 100 anni dopo e l’amore che
decine di migliaia di “giovani adolescenti e adolescenti vecchi” gli hanno
regalato è la dimostrazione che il conflitto – seppur magari sotterrato di gran
fretta – rimane aperto e doloroso.
Azzardo? Se Frank Wedekind fosse nato a New York negli anni ‘60, non
avrebbe scritto Risveglio di primavera;
ne sono sicuro, avrebbe scritto Spring
Awakening.