RECENSIONE
“ 13 ”
BLACK SABBATH
2013
A cura di Simone Ricatto
Udite! Udite! I re sono tornati a riprendersi lo scettro del
metal. Ebbene si, dopo quindici anni dall'ultimo album in studio, Forbidden, ed addirittura trentacinque
dall'ultimo con Ozzy Osbourne alla voce, i padri fondatori dell'heavy metal
tornano con “ 13
” il nuovo album di brani inediti. Il progetto prevedeva la
definitiva reunion con la formazione classica, ma il batterista Bill Ward
rifiutò alla fine di parteciparvi a causa di problemi ( a detta di lui )
contrattuali. Così i Black Sabbath reclutano Brad Wilk dei Rage Against
Machine e degli Audioslave per le sessioni di registrazione.
Quest'album era già in cantiere per il 2001, ma i membri del
gruppo non riuscirono a dargli la giusta attenzione a causa dei progetti
solisti di Osbourne e anche per le sessioni degli Heaven and Hell (la
formazione dei Black Sabbath del post Osbourne con il compianto Ronnie James Dio alla voce). Quando
tutto sembra pronto purtroppo un'altra brutta tegola si abbatte sul gruppo. Nel
gennaio del 2012 viene diagnosticato a Tony Iommy un tumore. La malattia del
chitarrista rallentò la registrazione del disco tanto da trasferire le sale di
incisione da Los Angeles in Inghilterra a casa di Iommy. Per questo triste
problema vennero anche cancellate parecchie date del tour. Dopo un anno la
salute di Iommy sembra rispondere bene e nell'aprile del 2013 esce il tanto
desiderato album e prosegue il tour di promozione del medesimo con prima
destinazione l'Australia.
La copertina raffigura il numero 13 incendiato ai ceppi come si
faceva con le streghe nel medioevo che ha come sfondo un paesaggio cupo ed un
cielo coperto da nubi minacciose.
Come parte la prima traccia End Of
The Beginning sembra di essere
trasportati indietro nel tempo. Esattamente quaranta anni fa nel momento di
massimo splendore del gruppo; sì perché il riff di Iommy è aggressivo come
quello di un tempo e la voce di Osbourne è la solita come se l'avessero
congelata per qualche anno e rimessa al caldo per cantare le nuove canzoni. La
seconda traccia è God is Dead? . Parte con un riff lento che dopo pochi attimi
diventa coinvolgente e trascinante grazie all'accompagnamento del basso di Butler
che segna note secche come una ghigliottina, quasi a dire siamo tornati e non
c'è né per nessuno, in seguito inizia la cantata tipica di Osbourne e il brano
diventa un susseguirsi di cambio di ritmi e assoli di Iommy che fanno venire la
pelle d'oca. Segue Loner, tipico brano
Sabbath che richiama la vecchia
e indimenticabile Sabbath Bloody Sabbath. La quarta traccia è un bel lento che io definirei una moderna Planet Caravan , infatti la voce di
Osbourne che accompagna il dolce tocco di chitarra classica rende il brano
delizioso. Esso viene impreziosito dal
bel finale targato sempre Iommy. Segue Age of Reason canzone molto
interessante, grazie ai cambi di tempo ben coadiuvati tra loro tra basso e
batteria sempre il tutto condito dai devastanti riff e assoli di Iommy. Da
considerare anche la buona prova canora di Osbourne in questo pezzo. La sesta traccia, Live Forever, è una tipica cavalcata sabbathiana che si
potrebbe tranquillamente candidare come singolo grazie anche al ritornello che
si imprime subito nella mente, naturalmente da sottolineare l'ennesimo assolo
dell'immortale riffmaker. Damage Soul è un brano dalle influenze
blues e l'aggiunta dell'armonica nel bel mezzo della canzone è una bella
sorpresa che porta l'ascoltatore nel passato ricordando gli esordi del gruppo. Chiude l'album Dear Father, che sembra quasi il
testamento del gruppo, con un Ozzy in grande spolvero a cantare sopra i riff
secchi e determinati di Iommy. Da evidenziare il ritornello malinconico e lo
stop finale della canzone seguita dai tuoni e dalle campane a morto avvolte
dallo scrosciare della pioggia; lo stesso intro del brano di apertura
dell'esordio discografico dei Sabbath ossia la venerabile Black
Sabbath.
Un album da apprezzare, capace di fornire un messaggio importante
alle nuove generazioni, dimostrando che i “ nonni ” hanno sempre molto da
insegnare ed è emblematico questo esempio discografico che fa gridare i veri
fan al capolavoro; per i più critici è un buon disco per il sottoscritto penso
che sappiate già la risposta.
Tutto da ascoltare…