UNA COLLANA DI PERLE
Ian Anderson, come è noto, è sempre stato geloso della sua vita privata.
Da artista vero e da uomo di profondi valori,
fin dall’inizio della carriera ha seguito la regola per cui un anche un
musicista rock, più di altri esposto dalle leggi dello showbiz, alla curiosità
del pubblico, va giudicato per la propria produzione e non per le vicende personali. Solo i suoi
stretti collaboratori e pochissimi rappresentanti del mondo dei media hanno
avuto il privilegio di entrare nella sua quotidianità familiare. Negli ultimi
anni, però, sempre mantenendo comunque le giuste distanze, Anderson ci ha
concesso scampoli della sua vita fuori dal palco e dell’universo domestico in
cui vive. Ne sono un esempio un paio di recenti
video in cui il musicista, nella sua dimora del Berkshire, ripropone due
famosissimi brani acustici, Life Is A
Long Song e Wond’ring Aloud,
accompagnato dal figlio Duncan James alla batteria, dal fido Andrew
Giddings al piano e da un compassato quartetto d’archi...
LP
(Luoghi e Personaggi)
Gli archeologi del lontanissimo anno 4.000 d.C
si gratteranno sicuramente la testa nel cercare di stabilire a chi esattamente
appartiene la lapide funeraria - ormai quasi illeggibile tranne il nome a
caratteri cubitali - del piccolo cimitero adiacente la chiesa di St
Bartholomew, a Lower Basildon, contea del Berksire,
in Inghilterra.
La maggior parte di loro penserà all’omaggio che qualche
rivoluzionario prelato della Chiesa d’Inghilterra volle fare ad un gruppo
musicale famoso oltre duemila anni prima. Solo dopo attente controprove,
risulterà che sotto quella pietra tombale riposa un meno noto agronomo dallo
stesso nome, Jethro Tull, assurto ad una
certa celebrità all’inizio del 1700 per aver inventato l’allora moderna
seminatrice.
IPSE DIXIT/SCRIPSIT
[…] Misfortune like a
sparrow hawk hangs over you […] da Saboteur (album Under Wraps, 1984). Trovo
questa frase incredibilmente suggestiva nel suo triste riferimento ai momenti
più sfortunati e ai fallimenti che spesso costellano la vita di noi umani.
L’immagine del falco sospeso sopra la nostra testa e pronto a ghermirci mi
ricorda l’ultimo verso della stupenda poesia di Eugenio Montale “Spesso il male
di vivere ho incontrato”. Che Ian Anderson abbia letto l’edizione inglese di Ossi di
seppia…?