Cosa c’entra Patti D’Arbanville con i miei ragionamenti a seguire?
Arrivare a fine post, please.
Spesso sono intollerante nella rappresentazione
del quotidiano.
L’esperienza (l’età) mi ha un pò ammorbidito, ma ci sono cose che
non riesco proprio a sopportare, ma non
potendo/non volendo fare il Don Chisciotte evito ciò che mi infastidisce,
trattandolo con una certa aria di
superiorità. Insomma, piuttosto che trascendere giro lo sguardo altrove,
cercando di autoconvincermi che
al mondo ci sono cose importanti su cui si possono indirizzare le proprie
energie.
Questo mio modo di essere decade, ovviamente, quando ci sono in
ballo argomenti seri.
Tra le cose “leggere”, la musica è per me tra le più serie.
Mi riempie la vita, mi fa stare bene, mi fa anche stare male, ma
mi accompagna quotidianamente, praticamente da sempre.
Nella mia evoluzione naturale ho perso la rigorosità della
giovinezza, periodo in cui esisteva solo ciò che ritenevo adeguato, perché era
adeguato anche per il mio “gruppo”: la solita necessità di conformarsi a uno
standard, tipico dell’adolescenza.
Ma in tanta testardaggine c’era comunque un ascolto rivolto alla
qualità.
Nel tempo del beat, a fine anni sessanta, avevo l’orecchio teso
verso i primi vagiti d’oltremanica e per chi, in Italia, li ricalcava. Mai e
poi mai avrei ascoltato i Morandi e i Ranieri in voga all’epoca … che vergogna!
A inizio anni settanta mi innamorai del Prog, e mai e poi mai
avrei potuto ascoltare la Disco… che vergogna!
Ora non sono più così, non mi interessano le etichette, ma ciò che
la musica realmente mi da.
Non mi interessa più definire ciò che è bello e ciò che non lo è,
ciò che è “cool” o cosa è da
disprezzare.
ll mio amico, critico/scrittore musicofilo Enzo Alfano, dice che è
un dovere stabilire quale sia la bella musica e quale quella di grado
inferiore.
Io francamente non ci bado più, e se caso mai uscisse un
fantastico concept album di Orietta Berti, e per qualche strana alchimia
riuscisse a farmi stare bene, beh … non proverei alcuna vergogna nell’acquistarlo.
Ma da cosa scaturiscono tutti questi pensieri?
Ieri sera, per una serie di sfortunate coincidenze, ho dovuto
guardare, mentre cenavo, quindici minuti di “Amici”, programma che detesto a
priori. E qui viene fuori la mia intolleranza.
E’ probabile che in quello spazio, come in tutte le trasmissioni
che ci vengono propinate ogni giorno, siano presenti veri talenti.
Una delle domande che pongo spesso nelle mie interviste a chi ha
vissuto la musica nel periodo d’oro è proprio legata al confronto tra i talenti
di allora e quelli odierni: “ ce
n’erano di più rispetto ad oggi, o era solo più facile emergere?”
Il forte prurito che provo quando sento la parola De Filippi( che
associo soprattutto ad Amici) è legato al contorno del programma, a tutta
quella gente che ha già una professione, ma che trova la popolarità in TV
(grande malattia la necessità di apparire ad ogni costo!) attraverso giovani di
belle speranze.
Ieri sono rimasto allibito, durante quei pochi minuti di
trasmissione.
Un ragazzo di cui non conosco il nome e il cui nome non voglio
conoscere, ha cantato una canzone da lui scritta. Credo sia l’autore di un
brano che ha vinto Sanremo.
Sicuramente sarà un ragazzo promettente, magari come i Jalisse,
quelli che hanno vinto un festival e poi sono spariti dalla faccia della terra.
Mi auguro di no … per lui.
Ma dopo la sua esibizione ho sentito dei commenti che non credo abbiano mai
fatto nemmeno a Lennon,
dopo che scrisse “Imagine”.
“Sei l’unico autore italiano che scrive canzoni che si
ricordano dopo il primo ascolto…” Autore
italiano?
“Il tuo modo di cantare mi emoziona, sei prefetto..”
Perfetto?
Battisti e De Andrè si saranno rivoltati nella tomba
mentre critici e discografici presenti, ognuno col proprio orticello da
coltivare, si lasciavano andare a
lodi sperticate.
Povero ragazzo … ma lo aiutano davvero così?
Saranno talentuosi, avranno una bella voce, ma a me non regalano
proprio niente, non mi fanno stare bene, e mi innervosisco domandandomi perché
la gente non sa distinguere una bella canzone da una mediocre.
A quel punto sono entrato in rete e sono andato a cercarmi un paio
di canzoni d’amore, proprio come quelle che ci propinano tutti , dalla mattina
alla sera.
Cosa ho contro questo tipo di brani? La maggior parte delle volte
sono dei “falsi d’autore”, non arrivano dal cuore, ma sono la cosa più facile
da scrivere, per vendere.
Ma io cosa ho trovato in rete?
E’ tutto quanto riportato nel post di ieri:
Layla e Something, Clapton e Harrison, due uomini che muoiono per
la propria donna.
In quel caso anche le canzoni romantiche possono entrare in casa
mia.
Dedica di Cat Stevens a Patti D'Arbanville
(http://it.wikipedia.org/wiki/Patti_D%27Arbanville)
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