martedì 25 agosto 2020

Marco Damiani, il jolly della PFM

Marco Damiani, seduto in basso a sinistra

In ogni settore lavorativo, in ogni nuovo progetto, in qualunque gruppo di anime in movimento organizzato, esistono elementi che lavorano nelle retrovie, che non hanno - e non amano - i riflettori, che sono in ogni caso motore della progressione, e di loro il grande pubblico, quando va bene, si accorge solo nel momento dell’epilogo, alla fine del percorso di una vita.

Non conoscevo Marco Damiani - mea culpa -, ma scopro oggi quale grande merito abbia avuto nella svolta storica della PFM, con il passaggio dal pop di I QUELLI al nascente prog, che avvenne proprio grazie a lui.

Questo fatto mi ha incuriosito e ho ricercato le origini, chiedendo a Giorgio “Fico” Piazza, bassista di quelle formazioni, come siano andate le cose. 
Rendergli omaggio mi sembra il minimo.
Sono passati tanti anni, la memoria non può riportare ai dettagli, ma il suo racconto mi sembra interessante…

“Ho avuto la brutta notizia da “Zeta”, uno dei nostri roadie dell’epoca.
Marco Damiani era chiamato all’epoca “Il gorilla”, anche se non ne ricordo il motivo.
Era di Brescia, all’epoca quasi avvocato, e sentì suonare I QUELLI al PARADISE, locale cittadino in cui suonava anche Mauro Pagani con il suo gruppo.
Noi de I QUELLI proponevamo il rock dell’epoca, quello dei Deep Purple, dei Led Zeppelin e degli Uriah Heep ma lui, dopo aver intuito il nostro potenziale, ci spinse ad ascoltare il nuovo che stava arrivando, e ci fornì il materiale per toccare con mano la musica dei King Crimson e dei Jethro Tull, tanto per fare un paio di esempi. Sintetizzando al massimo, Mauro Pagani si unì a noi e… nacque così la PFM!
Marco - riconoscibile ai tempi per barba e occhiali - diventò il nostro fonico, facendo parte dell’entourage assieme a Lombardi - conosciuto tramite il nostro manager Franco Mamone - che ci forniva gli strumenti e che crebbe professionalmente assieme a noi.
All’interno del PARADISE provammo per mesi il genere suggerito da Marco, lavorando su musica “vecchia” e nuova, e quando fummo pronti iniziammo ad aprire i concerti dei grossi nomi, favoriti dall’attività internazionale del nostro manager che ci inseriva in contesti più prestigiosi.
Ricordo che non c’era mai una seconda data simile, perché la nostra bravura rappresentava un problema per gli headliner che temevano di vedere ridimensionata la loro performance.
Andammo avanti così per un paio di anni, ma ridurre il ruolo di Marco Damiani a quello di fonico e illustratore sarebbe ingeneroso, e penso al contrario che possa essere considerato il fautore dell’inizio della storia della PFM.
L’ultima volta che lo vidi fu una decina di anni fa, nella cascina in cui abitavo all’epoca, e la visione della mia casa, un po' isolata e di ampie dimensioni, lo portò a viaggiare con la mente, pensando alla costituzione di una comune… uno spirito libero, il jolly della PFM!”



Sulla pagina facebook della PFM si legge:


“Un grande abbraccio a Marco Damiani, nostro primo fonico e autore dell'immagine interna di "Storia di un minuto", che ci ha lasciato. BUON VIAGGIO e grazie per essere stato uno di noi.”










Anche Franco Mussida ha un pensiero per Marco.

"Oggi se n’è andato Marco Damiani, un sensibile e bravo compagno di Musica in un periodo magico, quello in cui la PFM si stava formando. Amico di Mauro, mi è rimasto nel cuore per la sua coraggiosa eccentricità anticonformista e, soprattutto, per la capacità di governare il suono del gruppo in modo magistrale, con mezzi e impianti voce della prima ora. Con un Mixer Lombardi, con pochi canali e poche casse, era capace di creare amalgama sonori di grande suggestione. Lavorava con i reverberi creando effetti, per quei momenti, unici e di grande fascino. Ha contribuito a dare una ulteriore personalità al suono live del gruppo.
Di lui mi rimane il ricordo di una persona buona ed entusiasta, che ha sempre visto la realtà fisica come una porta da superare, come apparenza, e il mondo del suono una magia capace di creare mondi fantastici.
Devo a lui una delle sensazioni più belle che un musicista possa vivere su un palcoscenico: quella di ascoltare il suono complessivo del gruppo con tutti i suoi giusti equilibri naturali. Il modo con cui disponeva le casse a semicerchio attorno ai locali e non di fronte al pubblico (alcune quindi rivolte dalla sala verso di noi) era tale da restituirmi la magia dei suoi mix integrali, cosa che con i monitor davanti non è mai possibile avere. Un vero godimento. Grazie Marco… buon viaggio.
Franco".

Eccolo in un video storico della RAI