“La luce sul Prog non si è mai spenta, è stata solo offuscata
in attesa di nuova energia dal risveglio delle coscienze”.
E’ questa la frase di
chiusura del booklet dell’album omonimo di Aurora Lunare. Questo concetto, al contempo una
dichiarazione di appartenenza, mi appare come limitante se applicato ad un
album che merita molto di più della, purtroppo, nicchia prog: gioie e dolori collegati
ai generi precostituiti!
L’oceanica intervista
a seguire racconta nei particolari cosa significa amare la MUSICA, e certifica
che i fatti che ci impongono cambiamenti quotidiani, spesso assunti come alibi,
rappresentano solo una distrazione, un cambio di percorso momentaneo, perché alla
fine la passione prevarrà, e quella musicale è qualcosa di davvero unico.
Aurora Lunare nasce in un momento sbagliato, perché proporre la musica
progressiva alla fine degli anni ’70 significava essere in ritardo di un lustro
e un pezzo, spazio temporale gigantesco in quell’ambito. Qualche live importante
nella zona di Livorno, qualche registrazione da palco e in studio, ma mai nulla
fu messo su disco… ormai il calo di attenzione non permetteva alcun
investimento. Poi il miracolo, il destino, o forse solo la chiusura del cerchio
che spesso arriva nelle nostre fasi di vita, ed ecco che tutte le combinazioni
astrali portano ad una naturale reunion, che passa attraverso la tecnologia e l’amicizia,
con un gran cerimoniere che ci crede, Loris
Furlan della Lizard Records, e
spinge verso la realizzazione di ciò che un tempo fu atto impossibile, e tutto
il vecchio materiale viene riesumato, rivisitato, modellato e, con le aggiunte
necessarie, ne esce fuori un album capolavoro.
Pochi giorni fa, un
amico, musicista e giornalista, mi descriveva un concerto di un paio di band,
prog, di estremo valore. La sintesi era: “ …
ho visto musicisti mostruosi, pieni di talento e virtù, ma non è stato un bel
concerto…”, il tutto a sottolineare uno dei limiti di questa amata musica,
ovvero l’ipertecnicismo a discapito della fantasia armonica, i passaggi complicatissimi
e poca melodia. Aurora Lunare mi sembra il disco simbolo della perfezione prog,
e nessun abituale ascoltatore potrebbe tacciare di “antico” un album così…
fresco.
Dopo un emozionante
inizio di alcuni secondi, che ripropone uno stralcio originale di un concerto
del 1980, la storia della band si apre al mondo, con il susseguirsi di episodi
antichi che non costituiscono la concettualità, non nel modo tradizionale
almeno.
Liriche come poesia…
musiche come mezzo per ritornare ad amori del passato che si scoprono sempre
vivi, forse più di prima, e il rock anni ’70 - un tempo era solo rock! - ritrova
una dimensione che è un delitto mantenere nascosta.
Gli ospiti aiutano a
fornire il tocco in più, come l’eclettico Alessandro
Corvaglia, già legato al mondo degli A.L.,
polistrumentista - ma soprattutto voce incredibile - della Maschera di Cera e
di altri progetti paralleli … Gianluca
Milanese, flautista di valore assoluto capace di adattare il suo know how
classico ad una musica “diversa”… Tolo
Marton, un chitarrista trasversale, il cui universo musicale spazia da
Hendrix alla ORME. Ed è proprio del gruppo veneziano la chiusura del disco, con
la doppia proposta “All’infuori del
tempo/Ritorno al nulla”, brani che servono a rimarcare le origini e a sottolineare l'importanza di alcuni maestri/riferimenti, almeno all’interno dei nostri
confini.
Mi fermo qui, perché a
seguire le parole di Luciano e Mauro perlustreranno ogni antro, buio e nascosto, e un buon aiuto oggettivo potrà arrivare dalla consultazione del sito, elemento
determinante per la rinascita di Aurora
Lunare.
Raccolgo un altro
commento della rete, una frase dove si evidenziava come il non sentire il
bisogno di ascoltare due volte la stessa musica sia fatto preoccupante e terribile
giudizio per quella proposta: ecco quello che non potrà accadere con Aurora
Lunare, un gioiello che credo potrà essere tra i più amati di quest’anno
appena iniziato.
Di piccola pecca si può anche parlare, nella speranza che una soluzione possa essere trovata: una
musica così interessante deve essere rappresentata su di un palco, abbattendo
ogni tipo di barriera, e se dopo trent’anni si è ritrovato lo spirito giusto
per unire gli intenti, una formula magica per azzerare le distanze - tra i
componenti - dovrà pur saltar fuori, e quel giorno il pubblico arriverà copioso…
L’INTERVISTA
Provate a sintetizzare
la storia dell’Aurora Lunare, le
origini, la lunga sosta, la ripresa.
Luciano: Eravamo
un gruppo di amici che, ad un certo punto (era il ’77 … o ’78), sull’onda della
passione per quello che allora si chiamava pop-rock sinfonico, decise di
mettere su un “complesso”. Inizialmente ci si misurava con delle cover di
gruppi come la PFM, Le Orme, qualcosa del BMS e degli Area, mentre delle grandi
prog band internazionali ascoltavamo prevalentemente EL&P, Pink Floyd, Yes e Genesis. Sin da subito
iniziammo ad esibirci, avendo allora la fortuna di utilizzare un piccolo
cinema-teatro come sala prove. Successivamente
sentimmo l’esigenza di una personale espressione musicale, sulla linea
tracciata da quei gruppi, e così nacquero alcuni dei brani che ritroviamo oggi
nel CD. Nel contempo iniziammo una serie di concerti che ci portò a girare la
provincia e che ci permise di fare le aperture anche a nomi famosi (PFM, Alan
Sorrenti, Ivan Graziani, Tullio De Piscopo). Teniamo a ricordare che, in quei
tempi, l’unico modo per proporsi era suonare dal vivo, ovunque e comunque,
oppure diffondere qualche registrazione, spesso presa in diretta, tramite
qualche “radio libera” locale. Così, tra vari cambi dei componenti e modifica
del sound, con momenti più o meno intensi, andammo avanti per una decina
d’anni. Poi, per un lungo
periodo, più o meno dalla fine degli '80 fino al nuovo millennio, ognuno è
andato per la sua strada, anche se personalmente ho sempre mantenuto i contatti
con Mauro, pur separandoci circa 700 Km di distanza. Comunque, fatto sta, che ad un certo punto, era il 2001 (… potremmo
proprio dire: “Ciao 2001”), e visto che con il PC me la sono sempre cavata
abbastanza bene, decisi di realizzare un sito-web su AL (www.auroralunare.it), giusto per mantenere
la memoria storica del gruppo e di quello che avevamo fatto, quasi una celia
per me. Da quel momento in poi sono cominciati ad arrivare messaggi di
apprezzamento e inviti sia da appassionati del genere di tutto il mondo, che da
etichette che volevano pubblicare i nostri brani "restaurati", o
meglio "reincisi". All'inizio abbiamo preso la cosa poco seriamente
in quanto eravamo solo in due e distanti, come avremmo potuto fare? Poi, piano
piano, è cominciato ad insinuarsi il tarlo musicale nella nostra mente (come ci
diceva un vecchio amico, la passione per la musica non sparisce mai nel nulla)
e grazie anche all'incontro con il vecchio amico Stefano Onorati (jazzista ad
alti livelli con sconfinamenti anche su altri generi) abbiamo realizzato un
restyling delle vecchie registrazioni ottenendone un doppio CD, autoprodotto
nel 2006 da distribuire agli appassionati. E poi, come colpo finale, c'è stata
l'improvvisa quanto inattesa ricomparsa di Marco che, come in uno strano
scherzo del tempo, rieccolo dietro la batteria con noi. Era il 2007 e di lì
abbiamo ripreso, incidendo delle cover di brani usciti in CD Tribute per Mellow
e Musea Records insieme ad altri gruppi, coadiuvati in questo anche dai giovani
musicisti di Percorsi Musicali - il luogo “fisico” dove ci ritroviamo per le
prove e le registrazioni - che voglio ricordare: Daniele, Valentina, Greta e
Lorenzo.
E’ un periodo pieno di
reunion e di recupero di materiale “nascosto” che per molti motivi non ha mai visto
la luce, e al tirar delle somme il “filo
della musica” impedisce che ci si perda e favorisce i legami che durano nel
tempo: che dimensione dareste al vostro “ritrovarsi”?
Luciano: Come
dicevo, con Mauro non ci siamo mai persi di vista, mentre la molla propulsiva
per farci uscire dalle “nebbie del tempo” è stata il nostro Marco e
riallacciare i contatti con Stefano, con il quale, nonostante la sua
“imbarazzante” professionalità (suona, fra altri bravissimi musicisti, con Ares
Tavolazzi, membro storico degli Area e Walter Paoli, il loro attuale batterista),
ci siamo sempre trattati come vecchi amici. Inoltre abbiamo ricontattato altri
“ragazzi” che in passato avevano suonato con noi e che, guarda caso, con la
musica hanno mantenuto sempre un rapporto particolare: Simone Catellacci, bravo
chitarrista rock-blues, attualmente in Spagna ad Alicante, Marcello Bonetta,
tastierista in gruppi di Gospel e di tributo a Mina, Corrado Pezzini,
tastierista-compositore, nonché esperto tecnico-elettronico, inventore di alcune
particolari strumentazioni come il sintetizzatore vocale midi. E poi non possiamo
non citare Graziano, voce “difuoristica”, nonché tecnico del suono del gruppo,
oggi valente progettista di software industriali. Si, direi proprio che è come
se, nonostante il fiume della vita ci abbia disperso in mille rivoli, avessimo
mantenuto una dimensione parallela, quasi sognante, dove credevamo e crediamo
ancora che i nostri grandi progetti possano realizzarsi sempre e comunque.
All’interno del booklet
del vostro album omonimo, nella sezione ringraziamenti presentate l’apologia
del prog: che cosa è stata e che cosa è attualmente la musica progressiva per
voi?
Luciano: Al di la
delle definizioni da musicologi, riprendendo la frase che campeggia sul nostro
sito, "... Il progressive era per
noi non solo ascoltare o fare musica, ma anche un modo di vivere, di
convogliare le energie giovanili in qualcosa di costruttivo e comunicativo
delle nostre esigenze interiori, rifiutando di fatto i modelli precostituiti e
gli schemi dei manovratori economici...", aggiungerei che in quel
“qualcosa” c’era un mondo di creatività, impegno, programmazione, sudore,
rabbia e gioia. Oggi, alla luce di diverse esperienze di vita, possiamo dire
che quel periodo è stato altamente formativo e utile per affrontare situazioni
e difficoltà anche in altri contesti. Musicalmente questo genere ci permette di
spaziare su variazioni ritmiche, armoniche, melodiche e timbriche infinite con
una grande libertà compositiva. Come autore dei testi posso dire che mai come
qui il vocabolo deve avere, oltre che al suo significato anche una musicalità
in sintonia con l’armonia del brano. Credo che nei brani si possa cogliere,
oltre che lo spirito di quegli anni, anche lo sforzo naturale di dare con gli
arrangiamenti una veste più contingente che li renda in sintonia coi
cambiamenti interiori, un connubio di passato e presente che spero ci conduca
ancora nel tempo che verrà perché il progressive, lo dice la stessa parola, è
un qualcosa che progredisce, che si evolve e non può rimanere ancorato ai
vecchi cliché, benché dell’idea generatrice di questi continua a nutrirsi e a
sopravvivere.
Parliamo dell’album e
del suo contenuto, sia dal punto di vista musicale che da quello del mero
messaggio.
Luciano: Diciamo
subito che tra gli scopi che doveva avere questo CD c’era quello di “chiudere i
conti col passato”, e di fatto doveva riprendere i migliori brani composti nei
tardi ’70 e riproporli in una veste più dignitosa, completando così quella operazione
di recupero a cui tanto tenevamo noi e chi ci ha supportato. Così è stato in
parte; infatti si passa dalla più conosciuta triade iniziale (Evasione di un idea, Eroi
invincibili… son solo i pensieri, Mondo
fantasmatico) a Riflessi Indicativi,
un brano praticamente inedito, la cui struttura fu ideata in quegli anni, ma il
cui testo è stato composto in questo millennio. Con “Corsa senza meta”, brano centrale della track-list, si è voluto
riprendere la vena di sperimentazione che sempre ci ha attratto sin dagli
inizi, in quella insana voglia di osare oltre i limiti imposti da canoni
classici e regole convenzionali, pur cercando di non “infastidire” più di tanto
chi ci ascolta, anche a voler richiamare quella parte di follia presente in
qualche recondito angolo della mente umana. Secondo
dubbio è stato composto a cavallo tra i ’70 e gli ’80. Era nato per avere
un carattere decisamente jazz-rock, ma con gli arrangiamenti abbiamo inteso
dargli un suono più corposo e più sinfo-etno. Interlunio è l’unico brano realizzato
recentemente ed appositamente per questo CD: anche questo strumentale, con solo
organo e flauto, tende ad uscire dai canoni della composizione classica, ma il flauto
traverso del bravo Gianluca lo rende gradevole e scorrevole all’ascolto. Infine, Sfera Onirica, nasce nel lontano ‘78 come un pezzo con testo, quasi
“cantautorale”, abbandonato per lungo tempo e poi ripreso nella sua parte
musicale e profondamente rivisitato, assume una connotazione più possente e
graffiante, direi sinfo-hard. Per
quanto sopra detto, l’album non è un concept con uno specifico assunto; ogni
brano ha la sua storia e il suo concetto più o meno inconscio e soggettivo. Se poi,
lungi dal voler pretendere di lanciare messaggi di alcun tipo, vogliamo dargli
un significato comune, si tratta dei grandi interrogativi che l’uomo si pone da
sempre: il suo senso in questo mondo, le sue angosce, le paure, i suoi scopi
nella vita, la forza interiore che lo spinge a superare arditi ostacoli, la
disperazione e la rinascita. Potrebbe sembrare, ad un primo ascolto, un album
un po’ oscuro, velato di pessimismo, ma ritengo vi sia anche la speranza di una
luce che si può accendere in qualsiasi momento e alla quale rivolgersi nei
momenti difficili.
Un buon contributo
arriva dagli ospiti, tra cui Alessandro Corvaglia, Tolo Marton e Gianluca
Milanese, per citare chi conosco bene: come nasce la collaborazione con questi
musicisti?
Mauro: Allora, con Ale(ssandro) ci si conosce fin da ragazzi e,
per un certo periodo, ha fatto parte del nostro gruppo come chitarrista, registrando
in sala prove anche qualche brano, ed è stato presente nei momenti salienti
della nostra attività live. Abbiamo seguito e apprezzato la sua escalation
musicale (anche) con la “Maschera”, convinti che esprima una delle vocalità più
interessanti e talentuose del neoprogressive italiano (beh, ammettiamo che non
siamo obiettivi!). Ci ha fatto enorme piacere l’entusiasmo con il quale ha
accettato la proposta di far parte del disco che intende ripercorrere la nostra
storia. Seguivamo Tolo per i suoi trascorsi
giovanili con le Orme (vedi Smogmagica) e successivamente nella sua carriera
solista, salutando con particolare piacere il suo ritorno sul palco con Aldo
Tagliapietra e Tony Pagliuca al ProgExibition del 2010. Dobbiamo ringraziare
l’amico Tino Tozzi, forse uno dei più profondi conoscitori al mondo delle Orme,
per aver favorito il primo contatto con Tolo, i cui positivi sviluppi hanno
reso possibile la presenza della sua prestigiosa chitarra in “Ritorno al nulla”.
Conoscevamo
Gianluca attraverso Aria Palea (Zoicekardi'a) e l’album realizzato in duo con
Nicola Andrioli (Tessere) per Lizard Records; a dirla tutta, inizialmente non
pensavamo di (re)inserire il flauto, volendo dargli un taglio più marcatamente
tastieristico. Loris ci ha stimolato a riconsiderare questa iniziale posizione,
convincendoci dell’importanza di tale strumento per il taglio progressive che
ci caratterizzava: e quello di Gianluca non poteva che essere la soluzione
ottimale, visto che risentendo le sue parti di flauto, si ha l’impressione che
abbia suonato sempre con noi, per la perfetta sintonia con il nostro sound. Naturalmente,
ci sentiamo fortunati ed “onorati”, e non solo per il cognome del nostro
Stefano …, di queste collaborazioni, sul piano musicale come in quello umano.
All’interno del disco è
presente un tributo alle ORME: è questo il gruppo italiano che più avete amato?
Qual è stato il vostro riferimento assoluto, capace di influenzarvi per sempre?
Mauro: Da quando abbiamo iniziato a suonare insieme, nel crepuscolo
dei seventies, le Orme sono fra le storiche band italiane che seguiamo e
apprezziamo maggiormente. Difficile tuttavia, se non impossibile, individuare
un riferimento “lunare” assoluto, tanto più che Stefano - vicino a noi da molti
anni sul palco e fuori, ed entrato nella line-up con la reunion, sebbene abbia
suonato un po’ di tutto, progressive compreso - viene dal mondo del jazz. Non
ci provo neanche a fare l’elenco dei miei artisti preferiti, che finirebbero
inevitabilmente (lo si voglia o meno) per influenzarti, altrimenti, vista la
mia bulimia musicale, domattina saremmo sempre qua; cerco di spaziare più
possibile nei territori del progressive e del metal, storici ma soprattutto
attuali, italiani e internazionali.
Che cosa ha significato
l’incontro con Loris Furlan e la Lizard Records?
Mauro: Non mi piacciono le
sviolinate o il linguaggio “politically correct” perché sanno sempre di
inautentico, ma credo che persone come Loris, che riescono a coniugare binomi
complessi come passione-competenza a operatività-efficienza in campi musicali
assai lontani dal business e dalle leggi dei grandi numeri, siano preziose:
basti pensare al coraggio di continuare ad esplorare con le produzioni legate
all’Alt-rock e alla sperimentazione di Lizard Records. Loris ha iniziato ad
interessarsi a noi fin dai primi tempi della reunion e, passando dai tribute,
non ha mai smesso di credere nella nostra proposta musicale (inizialmente, in
misura forse superiore alla nostra). La sintonia artistica e umana è andata
consolidandosi nel tempo (per citarne una, vedi quanto sopra detto per il
flauto), consentendo di portare a termine un progetto che solo pochi anni fa
appariva irrealizzabile.
Trovo che anche dal
punto di vista grafico sia stato fatto un lavoro notevole: come è stato ideato
l’art work?
Luciano: Come nella migliore
tradizione del progressive, anche per la parte grafica ci doveva essere la
stessa particolare attenzione data alla musica. A dire il vero una buona base
di partenza c’era già, non è stato tutto progettato appositamente per il CD. Si
trattava delle immagini di miei quadri realizzati in gran parte negli anni ’90,
o di particolari tratti da essi. In effetti era come se fosse già pronto da
tempo, in attesa di essere messo su questo nostro primo disco; anche
l’accostamento di ogni quadro ai brani non era programmato, ma la scelta è
venuta naturale, come se, inconsciamente, quelle immagini rappresentassero in
qualche modo le composizioni realizzate diversi anni prima. Poi, va beh, c’è
stato tutto un lavoro di assemblaggio delle immagini per il front, creazione
dello sfondo e, soprattutto, l’ideazione del logo, che ha richiesto un bel po’
di tempo, ma tengo a precisare che il tutto è sempre stato condiviso con gli
altri del gruppo. Poi, nella stesura finale della bozza da inviare a stampa, ci
ha dato una mano Roberto, il grafico della Lizard, che ringraziamo ancora per
il competente aiuto. Qualcuno mi ha chiesto a quale corrente artistica mi fossi ispirato, ma
a dire il vero nessuno, anche se ammetto qualche influenza di De Chirico; se
proprio si dovesse dare un’etichetta al mio genere di pittura, lo definirei un
“metafisico-onirico”.
Avete programmato una pubblicizzazione live dell’album?
Mauro: Ahimè, hai toccato un
punto dolente. La dispersione geografica, sia di noi quattro componenti della
line-up, che dei musicisti a noi più vicini (pensiamo ad Alessandro e
Gianluca), nonché le rispettive differenze negli impegni professionali, rendono
al momento impraticabile la realizzazione di eventi live, che pure hanno
segnato le nostre esperienze e i nostri attuali desideri… lunari. Vediamo il
bicchiere mezzo pieno: consideriamo un risultato importante la pubblicazione
del disco che intende riassumere la nostra storia ed accettiamo i limiti
attuali, senza ipotecare il futuro o mettere limiti alla provvidenza (con la p
maiuscola o minuscola? ).
Ripensando alla vostra
storia… forse nascere qualche anno prima vi avrebbe musicalmente favorito: c’è
spazio per rimpianti e rimorsi in qualche attimo di… riflessione?
Mauro: Credo che la nostra
strada, come del resto quella di tutte le band che si approcciavano al
progressive dalla seconda metà dei ‘70, sia iniziata in salita, cercando di
bussare a un palcoscenico le cui luci si stavano spegnendo. Quando facevamo
sentire le nostre cassette, a fine anni Settanta e inizio degli Ottanta, nel
tentativo di avere uno sbocco discografico, sentivamo più o meno il solito
ritornello: “E’ fuori dai tempi, dovete
cercare di fare brani meno lunghi, più commerciali, più ballabili; non vedete
che anche i vostri grandi miti internazionali (leggi: Yes, Genesis, EL&P
Pink Floyd e via di seguito) si stanno adeguando ai cambiamenti o non ci sono
più?”. Tuttavia, mai (e guai) fissare lo sguardo all’indietro, neanche
nella musica, progressive in primis, tanto più che l’etimologia del suo nome
contiene in sé una connotazione evolutiva. Non riesco a capire chi si approccia
al prog con una specie di “visione museale”, ingessandolo in determinate
formule o ancorandolo nel solito arco temporale (i primi Settanta e dopo… il
diluvio!). Gli anni successivi, superata la crisi, hanno prodotto delle
splendide realtà, a livello sia italiano che internazionale: anche qui i nomi
sarebbero troppi, solo i primi “internazionali” che vengono in mente: Marillion,
Porcupine Tree, Flower Kings, IQ, Spock Beard, Arena … mi fermo qua solo per
motivi di spazio.
E ora… cosa c’è dietro
l’angolo per gli Aurora Lunare?
Mauro: A parte la promozione
del disco, abbiamo aderito al progetto Mellow per il Tribute album dei Procol
Harum, dove saremo impegnati nell’arrangiamento del famoso “A wither shade of pale”, con Ale alla
voce. Le idee per un eventuale prossimo disco poi non mancano, considerando che
abbiamo del materiale composto di recente, oltre a inediti da riprendere. Senza
pensare poi che non ci piace ripeterci… ma non scopriamo troppe carte.
Aurora Lunare è composta da:
Mauro Pini: voce, tastiere addizionali
Luciano Tonetti: basso elettrico
Marco Santinelli: batteria
Stefano Onorati: piano, tastiere, chitarra
elettrica, arrangiamenti
Nell’album:
Alessandro Corvaglia - voce e chitarra elettrica
Special guests:
Gianluca Milanese - flauto
Tolo Marton - chitarra elettrica
Partecipano:
Corrado Pezzini - sintetizzatore vocale midi
Graziano Di Sacco - effetti vocali
Nicola Santinelli - chitarra classica
Greta Merli - voce
Valentina Cantini - violino