Nello spazio di tre mesi ho assistito a tre eventi nati per
ricordare e raccogliere fondi a favore degli alluvionati liguri dell’
ottobre/novembre scorso.
Manifestazioni molto diverse tra loro, da quella popolare di Piazzale Adriatico, a
Genova, all’elite musicale del ProgLiguria di La Spezia, sino ad
arrivare al 17
marzo, quando il Teatro
Politeama Genovese ha ospitato lo spettacolo “La Pioggia, il vento… e ritorna il sereno”.
Tre situazioni diverse dicevo, e quest’ultima è senza dubbio
la più “nobile” nella forma: un teatro prestigioso, una coreografia curata e la
partecipazione/organizzazione del Rotary Club Golfo di Genova e dei Rotary
genovesi, oltre al patrocinio del Comune di Genova.
Le distinzioni servono solo per fotografare i differenti contesti
in modo oggettivo, perché nella sostanza l’obiettivo è stato il comune
denominatore. Parlo ovviamente di una raccolta di fondi.
In questo ultimo caso ci si è prefissati l’acquisto di
un’automedica, inghiottita dall’acqua e dal fango ad inizio novembre.
Partecipazioni artistiche importanti, quelle disegnate da Ivana Saio
e Mauro La Luce,
direttori artistici, per un progetto
che ha visto un susseguirsi di musicisti, stilisticamente e musicalmente
diversi tra loro, ma legati dal tema della serata, sviluppato dal punto di
vista della supervisione culturale
da Francesca Perrazzelli con il
valore aggiunto del light show di Gabriel Rapetti.
Buona affluenza di pubblico anche se, in un’occasione come
questa, considerando il fine, il cast e la numerosa popolazione cittadina, ci
si dovrebbe contendere i biglietti. Ma è questa una nota dolente che riguarda
la musica live in toto.
“L’Angelo del fango”
è una "poesia" scritta da Mauro La Luce, storico paroliere dei Delirium, e la
lirica proiettata sullo sfondo, e riportata sull’opuscolo regalato a tutti i
presenti, ha messo in evidenza la figura del “soccorritore muto”.
“L’Angelo” di cui parla Mauro è colui che è presente laddove
esiste un grave problema determinato dall’esplosione negativa della natura, e
dalle scelleratezze compiute dall’uomo.
Arriva, in silenzio, si rimbocca le maniche, si sporca e si
fonde con la popolazione indigena, diventando anch’esso genovese, spezzino,
palermitano, napoletano o fiorentino. Un vero esempio di cosmopolitismo
operativo!
E a opera compiuta sparisce, senza cercare una qualsiasi
ribalta.
Se tutti traessimo insegnamento da ciò, facendo vera squadra,
e agendo con lo stesso spirito degli “Angeli del fango”, ma in modo preventivo…
chissà!!!
Apre lo spettacolo il sorprendente -per me- Max Manfredi che, in trio, cattura
l’attenzione dei presenti, molto caldi e concentrati per tutta la serata.
Non lo avevo mai ascoltato dal vivo, se non come ospite, e ho
trovato la sua proposta coinvolgente, tra giochi di parole, musica e teatro. Marco Spiccio al piano e Matteo Nahum alla chitarra permettono
la realizzazione di trame musicali che vanno oltre le parole, e Max, che appare
capitato sul palco quasi per caso, da dimostrazione di semplicità applicata al
talento e alle idee.
A seguire i Delirium che presentano un set più intimistico
dell’usuale, in bilico tra l’ultimo album, “Il nome del vento”, e qualche brano storico, con l’obbligato finale
di Jeshael che infiamma il pubblico.
Ma la parte dedicata ai Delirium è ricca di sorprese. In
primis l’ospite consolidato, Sophya Baccini, che “interviene” al piano su un
tema targato Delirium, per poi passare al canto, altro suo grande talento,
proponendo il proprio “When the Eagles
Flied”.
Ma la parte più toccante della prima parte di spettacolo riguarda la presentazione di un brano nato in
un attimo, frutto della collaborazione
di Sophya e Mauro La luce, intitolato-se ricordo bene-“Nelle Terre sommerse”. Sophya al centro del palco, con alle
spalle il Coro
di Sant’Olcese, Ettore Vigo
alle tastiere e Martin Grice -
anch’esso membro del coro - ai fiati, hanno regalato un momento davvero
suggestivo che propongo a seguire, anche se la qualità delle immagini non è
delle migliori.
Seconda parte di spettacolo nelle mani- e nella voce- di Shell Shapiro,
indimenticato leader dei Rocks, gruppo beat seminale di fine anni ’60.
La vita artistica di Shell è mutata nel tempo e oggi lo si può definire
una sorta di “cantattore”.
Canta, recita, parla, descrive, racconta, infilando lustro
dopo lustro, e ricordando con la sua proposta che molte cose del suo repertorio
antico sono, purtroppo, tremendamente attuali.
Ci descrive quasi un secolo Shapiro, dal crollo della Borsa di Wall Street alle uccisioni dei fratelli Kennedy e M.L King, passando per gli autori della
beat generation, Kerouac, Ginsberg, Burroughs e Ferlinghetti,
e toccando il menestrello Dylan,
acustico ed elettrico.
Anche Shell, come Manfredi, in trio, per uno spettacolo ridotto-rispetto
all’originale-ma pieno di momenti significativi, e per molti versi doloroso se
si pensa che oggi, come quarant’anni fa siamo ancora nel giusto quando cantiamo
“… ma
che colpa abbiamo noi?”.
Un bella serata di musica e sentimenti positivi, e un
ringraziamento particolare va rivolto a chi ha voluto fortemente la
realizzazione dello spettacolo, Ivana
Saio e Mauro La Luce.
E che “La pioggia… “ di Shell, e “Il Vento… “ dei Delirium possano spazzare per sempre le
nubi e la polvere, affinché tutti possano godere di ciò di cui hanno bisogno e
che ampiamente meritano… il “ritorno del sereno…”.